Cucina Lucana

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Tiella di patate, riso e cozze (Bari)

Tiella di patate, riso e cozze (Bari)

Intervista a Caterina Ostello realizzata da Domiziana Piscopo

Caterina Ostello, ho 78 anni e sono di Bari.

Ti sei alzata presto per cucinare?

 

Alle cinque.

 

Quanto tempo impieghi per la cucina?

 

Un’ora, un’ora e mezza, secondo le pietanze che si preparano.

 

Sei andata a fare la spesa?

 

Sì.

 

Hai dei fornitori che preferisci?

 

Supermercato… la Dok.

 

Perché?

 

Perché piace molto, è una cosa che ha molto le cose genuine.

 

Che significa genuino?

 

Freschissime.

 

Hai comprato solo quello che occorreva oggi?

 

Sì.

 

Quale ricetta ti esce meglio?

 

Tutte… patate riso e cozze è la prima minestra. Poi ce ne sono tante, tante e tante!

 

Tutte tipiche del tuo paese?

 

No.

 

Chi ti ha insegnato a cucinare?

 

Vedevo la nonna e mia madre. Avevo 9 anni.

 

Hai imparato per gioco o sei stata costretta?

 

No no, per gioco, così. Ho imparato. A me nessuno m’ha imparato. Da sola, gli occhi… vedevo e ho imparato.

 

E ora come impari nuove ricette?

 

Lo stesso. A volte vedo pure la televisione, certe ricette che mi piacciono le faccio pure… ma io so fare tutto.

 

La dieta alimentare è cambiata rispetto al tuo passato?

 

Sì, molto!

 

In che modo?

 

A me piace meglio l’alimentazione di prima, era più saporita… mo (ora)…

 

Ci sono pietanze che non si preparano più?

 

No, ci sono ancora le pietanze che si preparano. A Bari sempre quelle sono le pietanze.

 

 

Non sono cambiate?

 

No no, non sono cambiate perché: la Puglia è la Puglia! Mangiano molto quando arrivano a Bari!

 

Hai nipoti, figli che stanno fuori?

 

No, nessuno stanno fuori. Tre nipoti a Bari, studiano.

 

Da chi hai imparato a cucinare questa pietanza?

 

Mia nonna e mamma… mia madre.

 

E qual è la cosa più importante di questa ricetta?

 

Di niente, tutta in una volta si fa questa ricetta. Compri… si comprano le cozze, si sbucciano… si sbucciano le patate, prendi la ‘tiella’… fai il rotondo delle patate, condisci: pomodoro, aglio, prezzemolo, cipolla… poi prendi le cozze e fai la stessa cosa che hai fatto sotto, prendi il riso, li copri e metti aglio, prezzemolo, pomodoro, olio, sale e poi prendi le patate e condisci le stesse come abbiamo fatto il riso.

 

Quale sapore deve avere questa ricetta per essere buona?

 

Il sapore del mare!

 

E che significa il sapore del mare?

 

Perché la cozza è del mare…

Allora iniziamo la preparazione di patate riso e cozze. Si trita una cipolla bella grossa, poi uno spicchio d’aglio bello tritato, si prende il prezzemolo, si sciacqua, si trita bene, si mette il pepe, il sale e il formaggio.

Mo c se la mangj… tuo pa’ a va discj chess jè la tiell [Quando la mangerà… tuo padre dirà che questa è la ‘tiella’]. La facciamo nella stagnola, hai capito? Che è meglio, così te la porti nella stagnola.

Quella di alluminio…

 

Eh…

Apposto, questi qua… mo prendiamo il formaggio.

 

Che formaggio usi?

 

Pecorino.

 

Come mai il pecorino?

 

Pecorino romano, questo si mette.

Ora fammi prendere la teglia per sbucciare le patate.

La facciamo un pochino dolce, capito?

 

Cosa ci hai messo?

 

Vedi questo impasto va tutto dentro, capito? … Apposto.

 

Quante patate servono?

 

Mo vediamo alla tiella, hai capito? Di solito un chilo di patate si mette.

Ora affettiamo le patate, inizio…

 

Che dimensione devono avere?

 

Non so capsciut.

 

Che dimensione devono avere?

 

Tonde, tonde, lunghe secondo la patata com’è… però tonde, di dimensione tonde.

Ecco vedi…

Allora… Mo le dobbiamo prima lavare.

 

Di solito compri le cozze chiuse o aperte già?

 

No, chiuse le compro io. Quelle aperte non mi fido mai.

 

In che senso non ti fidi?

 

Che quelli tolgono quell’acqua. Poi non sappiamo se è lì per lì che te le aprono, oppure il giorno precedente li conservano… capito? Allora io non mi fido.

 

Hai un fornitore particolare?

 

Eh… no, non li compro mai perché io so fare tutto, hai capito? Non mi serve a me. Quelli che magari non li sanno sbucciare allora li prendono così ma… io li prendo sempre sfusi.

Vedi… sotto mettiamo l’umido proprio.

Ecco… gratinate…

Mo mettiamo un altro poco di riso.

Ecco… mo fammi prendere una manciata di formaggio… a do’ ste la pezz? [dov’è lo straccio?] Vedi il pecorino? Poi lo mettiamo sopra. Allora il riso dove sta mo?

 

In genere quanto riso metti?

 

Questo è meglio perché voi siete: tuo padre, zio Diego che se la mangia, zia Marilena. A te piace? Questa il giorno precedente (successivo) è ancora più buona perché prende tutto il sapore. Beh, su per giù mezzo chilo, secondo (in base a) le persone che sono… non c’è…

Deve riempire la cozza?

 

Eh… non c’è da fare magari… se sapevo accendevo il gas…

Questa mo la dobbiamo coprire.

Ho messo al posto il formaggio?

Ecco, questa è fatta. Ora accendiamo il gas. L’acqua la metto qui dentro, se no se ne va per terra.

Apposto… mettiamo un’altra ciambata  … Apposto…

 

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Pasta al forno (Laterza)

Pasta al forno (Laterza)

Intervista a Francesca Ramunno, realizzata da Elena Carrera

Ciao Franca, cosa ci prepari oggi?

Pasta al forno.

Hai comprato oggi gli ingredienti?

Sì sì.

Vai da qualche negozio o rifornitore in particolare?

Dal macellaio, il prosciutto dal negozio di alimentari, carote e cipolle dal fruttivendolo… e questi sono gli ingredienti.

Vai sempre da loro o cambi?

No, cambio, dipende…una volta vado da uno, dipende da quanto è lontano o vicino.

Ti sei alzata presto per cucinare?

Sì, sì! Alle 6:30, col pensiero che dovevo preparare questa cosa qua e allora mi sono alzata presto.

Quindi ti piace cucinare?

Sì, sì.

Solitamente cosa ti piace cucinare?

Di tutto.

C’è qualche piatto che ti riesce meglio?

Tutto, tutto! Però la pasta al forno guarda…i cannelloni anche! Sì, mi piace farlo.

A che età più o meno hai iniziato a cucinare?

Bho, non mi ricordo…

Chi ti ha insegnato?

Con mia madre poco e niente, dopo essermi sposata ho imparato da sola.

Oggi a pranzo ci cucini pasta al forno: quali sono gli ingredienti?

Il macinato, carota, cipolla, formaggio, prosciutto e il burro. Allora, il burro lo metto un po’ nel tegame, poi grattugio cipolla e carota, soffriggo, dopo aver soffritto questi qui ci metto il macinato, lo faccio soffriggere, ci metto la polpa…la salsa e poi lo faccio cucinare, quando è pronto il sugo prendo il tegame, ci metto un po’ di sugo sul tegame prima e poi comincio a mettere le lasagne, il formaggio, la mozzarella…ah, la mozzarella! M so scurdt a mozzarell (Mi sono dimenticata la mozzarella), la devo sfilacciare! E poi prepariamo tutto il tegame .

La salsa la fai tu in casa?

No, la compro. Prima la facevo io, però adesso la compro perché non è più possibile e quindi la compro.

La facevi con i tuoi genitori?

Sì, sì, anche da sola, anche dopo sposata. Ora non c’è il posto dove farla, gli attrezzi…

Quindi non hai un garage o una tavernetta in cui farla?

No, no. Il garage è piccolissimo e non si può fare.

E la pasta invece è fatta in casa?

No, no comprata. Aspetta che la vado a prendere.

Franca, prima avevate un orto in cui coltivavate le verdure oppure le compravate?

Sì, sì le abbiamo sempre comprate , però noi facevamo i fagiolini…queste cose qua, ma era mio padre che lo faceva.

Questo piatto che stai cucinando lo facevate anche prima quando eri più piccola?

Sì, ma non ero proprio piccola, un po’ più grande…l’abbiamo sempre fatto, però facevamo la pasta fatta in casa, fatta a mano, la impastavamo, facevamo le tagliatelle e la preparavamo .

Hai imparato a fare la pasta fatta in casa grazie a tua madre, tua nonna?

Sì, sì però anche da sola dopo.

Ora grattugio la cipolla…

Solitamente quando cucini la pasta al forno? Per qualche occasione o anche in settimana?

Quando vengono le feste e anche nei giorni normali.

Per esempio anche la domenica?

Sì.

Quando rimane un po’ di pasta al forno poi la mangiate il giorno dopo?

Sì, o il giorno dopo oppure la metto a congelare e poi nei giorni che mi serve la tiro fuori,  la riscaldiamo e la mangiamo.

Questa ricetta per quante persone è più o meno?

Una decina, un dieci persone.

Ora faccio soffriggere cipolla e carota … Poi queste minestre le vedo anche in tv e mi piace vedere come lo fanno, insomma

Quindi prendi spunto anche dai programmi di cucina in tv?

Sì, sì, qualche ricetta la prendo.

E ti piace ciò che propongono da cucinare in tv?

Certo, molto!

Ora prendiamo il macinato, lo facciamo soffriggere con cipolla e carota.

E’ uno dei tuoi piatti preferiti questo?

Sì, mi piace molto.

C’è un piatto che non ti riesce bene?

Fino ad ora sono usciti tutti bene.

C’è né qualcuno che non ti piace cucinare?

No, no, la cucina quando mi metto faccio tutto quello che c’è da fare e lo faccio.

Quindi lo fai con passione?

Sì, sì!

Per esempio i tuoi famigliari ti chiedono di preparare qualche piatto in particolare che piace a loro?

No, faccio da me. Quello che preparo loro lo mangiano.

Adesso prendo la salsa…

In quella stanza conservi le salse etc…?

Sì, sì, tutto…le salse, l’acqua, la frutta…

Ora metto la salsa.

Metto un po’ d’acqua, così macina meglio.

Questa carne macinata qui la conservi?

Questa sì, quella che rimane la conservo. Poi quando mi serve la esco e faccio il sugo…

Oltre al sugo con questa carne fai qualcos’altro?

Eh, anche le polpette faccio!

Franca, anche prima usavate il burro per questa ricetta come stai facendo ora?

Sì, almeno io ho sempre usato il burro, oppure un po’ di olio e un po’ di burro.

L’olio lo compravate?

No, lo facevamo noi perché avevamo la campagna, invece adesso lo compro.

Lo vendevate oppure lo usavate solo per voi?

No, no, solo per noi, però vendevamo le olive quando le andavamo a raccogliere.

Partecipavi anche tu alla raccolta delle olive?

Sì, sì, mi piaceva molto…da quando avevo 11 anni.

Di chi erano questi alberi di olivo?

Di mio padre, perché questa azienda ce lo dettero l’Ente Riforma si chiamava…lo diedero al nonno e noi coltivavamo. C’era la terra dove mettevano il grano, i ceci, i fagioli, tutto!

Li coltivavate voi quindi?

Sì, sì, andavamo a zappare!

Li usavate tutti per voi?

Sì, per noi. Non li vendevamo, mettevamo ciò che serviva a noi, poi magari lo davi a un figlio…capito.

Quindi questi alimenti li usavate solo per la vostra cucina?

Sì, li facevamo seccare, li battevamo con la mazza…e poi con un farinaio facevamo togliere tutte le bucce.

Ora prendiamo la mozzarella, la sfilacciamo…

Quando la sfilaccio la faccio bella sottile, finissime.

Perché?

Mi piace così, non mi piace troppo spessa.

E’ un consiglio che hai imparato  da qualcuno?

No, da sola. Quando stavo con mia madre non le facevamo spesso queste cose, loro facevano più la pasta in casa…orecchiette, cavatelli lunghi che si facevano con le rape.

Le rape le coltivavate voi?

Sì, sì. Siccome avevamo la terra. Poi facevamo le tagliatelle per il brodo,  piccole così…quelle lunghe che si fanno con il sugo, però tutti i giorni pasta fatta in casa!

Anche il pane lo facevate in casa?

Anche, sì! Lo abbiamo fatto noi! Preparavamo il forno, mettevamo la legna.

Era vostro il forno?

Sì, ce lo avevamo noi, però in campagna. Avevamo il forno… impastavamo il pane la mattina, quando era pronto lo facevamo a panelline e lo mettevano nel forno. Quando era cucinato lo uscivamo e lo mangiavamo, era buonissimo!

Lo facevate tutti i giorni oppure no?

Una volta a settimana fisso, facevamo giusto il pane che serve per una settimana.

C’era un giorno in particolare quando dovevate farlo?

No, no quando finiva il pane. Avevamo un po’ di pasta, quello era il lievito che poi quando si faceva il pane si metteva dentro e  faceva fare il pane.

E il grano lo coltivavate voi?

Sì, sì! Quello lo vendevamo perché era assai.

 

 

Oltre quello vendevate altro?

Ricordo di più il grano, ma anche i ceci quando erano troppi. Se era poco lo tenevamo solo per noi. Era bello però…solo che poi a stare a stare ci stancavamo perché non andavamo da nessuna parte… pure là stava un’azienda, un po’ più lontano che faceva una festa di una Madonna e andavamo a guardare quando lo facevano, mi sembra lo facessero a settembre. Poi c’ero lo spaccio là, sì, stavano le altre cose…

Che festa era questa?

Eh non mi ricordo come si chiama, era una Madonna ma non mi ricordo più.

Si fa tutt’ora?

Sì, dicono che la fanno ancora.

Era una festa che si faceva a Laterza?

No, no…era una festa che si faceva là… veniva un prete di Castellaneta, faceva la messa perché stavano dei locali un po’ vecchi in cui da una parte c’era una chiesa, veniva una maestra anche che insegnava perché c’era la scuola, insomma, c’erano tutte queste cose qua.

Ti ricordi in cosa consisteva questa festa?

Era come la festa patronale a noi. Vaniva tanta gente, anche da Castellaneta.

Si chiamava “Il Ponte” questa azienda dove stavamo noi.

Era vicino a Laterza?

No, dalle parti di Castellaneta…facevano parte di Castellaneta queste cose qua. Ci vit mo’, ne ‘ng st cchiù nudd (Se vedi ora, non c’è più niente)…perché noi i terreni li avevamo in tre zone:  uno si chiamava “San Felice” questa azienda  qua, stavano gli alberi delle olive e la terra dove seminavi quello che volevi; poi avevamo l’uliveto, erano tutti alberi di olive e c’era la terra dove mettevamo il grano; e poi un’altra parte che si chiamava “Le Terre”, “Andiamo giù alle Terre!” dicevamo… dove lì era tutta terra e facevi il grano, l’insalata e i legumi, ceci, fagioli, fave…andavamo a “tirarle” quando erano cresciute, feci anche una scommessa con mio fratello, stava anche mio padre che disse: “Bhe, vediamo chi deve vincere!”, a scippare le fave, a tirarle con le mani… e io vinsi!

“Ti sei fatto fregare da tua sorella! disse il padre al fratello.

Quanti figli eravate?

Quattro fratelli e sei donne, sei sorelle.

Quindi dieci figli?

Dieci, sì sì!

Tu sei una delle più piccole?

No, io ero la quinta…perché stava Giovanna, Teresa, Peppino, Elisa, io… poi gli altri. Eravamo dieci. Eh, avevamo le mucche con cui facevamo il latte, la ricotta! Le galline, conigli, li crescevamo e li mangiavamo anche, sì. Facevano le uova le galline, avevamo tutto, c’era tutto.

 

Li cucinavate per fare dei piatti per occasioni particolari? Feste o per tutti i giorni?

Sì sì, anche nei giorni così…quando per esempio non c’era niente prendevamo una cosa di quelli e si faceva.

Chi è che per esempio uccideva il coniglio, la gallina…chi faceva il lavoro sporco?

Non ricordo se era mio padre o mio fratello…eh mio padre e mio fratello! Davano una botta in testa, mamma mia…e poi li pulivamo.

Le donne li pulivano?

No, la gallina le donne, anche io l’ho fatto però mi dispiaceva, non volevo farlo più.

Cosa cucinavate con la gallina?

Il brodo, che era buonissimo! Invece il coniglio con il sugo.

Ti affezionavi a loro?

Io avevo paura, delle mucche specialmente. Allora mio padre mi disse “Vai, vai Franca, fai bere alla mucca!” e io con la fune così lontana… “Non ti fa niente, non ti preoccupare, non avere paura!” però io avevo lo stesso paura. Poi avevamo anche una cavalla, mamma mia che paura con quella, sono stata una paurosa di tutti gli animali. Poi avevamo le terre anche in paese, verso la via di Santeramo .

Che fine ha fatto la cavalla?

Si è venduta.

Vi serviva per arare la terra?

Sì, per arare la terra, quando si faceva il grano si faceva a mazzi, lo mettevano sul traino e lo portavano nella masseria…che poi veniva quello che faceva il grano…la trebbia! Facevamo un bel mucchio là.

Non mangiavate carne di cavallo?

Quando mio padre veniva in paese lo prendeva, prendeva anche il pesce…oppure venivano là quelli che portavano il pesce, le bevande, tutte queste cose qua, venivano da Castellaneta.

Lui si occupava della spesa?

Sì.

Cucinava qualcosa?

No, si occupava delle terre, altri servizi…

Quindi l’arrosto lo faceva tua madre?

No, mio padre, mio fratello.

Quando stavamo con i miei genitori facevamo le cose più tradizionali.

Cosa significa per te tradizionale?

Le cose per esempio…pasta e ceci, pasta e fagioli, le fave, paste e fave oppure da sole che a mio padre piacevano molto.

Ci sono quindi dei piatti che possiamo chiamare non tradizionali?

Eh certo! Quelli che fanno adesso, sì. Invece prima…

Io vado sempre sul tradizionale. Per esempio facevamo il brodo con la carne, poi cucinavamo le cicorie e questo si chiamava la callarella.

Lo cucini ancora?

Adesso è da molto, però lo faccio. L’ho cucinato anche a Valerio (nipote più grande), sì…e gli piace molto.

Questo quindi è un piatto tradizionale?

Sì. Quando è mangiamo sempre insieme la pasta al forno.

Quindi i tuoi nipoti ti chiedono di cucinare qualcosa in particolare?

Eh, Valerio mi chiedeva spesso questa qua…il brodo con le cicorie. Ogni tanto me lo chiedeva lui stesso “Bhe nonna, facciamo la callarella?” e io gliela facevo. Noi cucinavamo tutto tradizionale , tutto quello che ti ho detto…e si stava bene!

E ora?

Adesso un po’ male.

Quindi non si mangia bene ora?

Sì, si mangia bene, però ora con tutte queste cose che mettono vicino le piante…non si sta più bene come prima.

Quindi il cibo prima lo consideravi più “naturale”?

Sì, sì era molto bello…

Per caso sai se il fruttivendolo in cui vai di solito usa concimi, insetticida oppure è tutto naturale?

No, no…però stanno alcuni fruttivendoli che dicono che ciò che vendono è di loro produzione…e lo andiamo a comprare.

Metto un altro po’ di sugo, che ce ne vuole ancora.

Fai tutto ad occhio?

Sì, ad occhio! Quando vedo che viene come piace a me, come dico io. Tutto ad occhio, niente a misura!

Hai imparato nel tempo?

Sì, ma io quando vedo una cosa, la imparo subito .

Io quando metto a posto pulisco subito! Così non sporco niente, mi piace così.

Ti piace l’ordine?

Sì, molto! Non sono una disordinata.

 

Anche i piatti ti piace presentarli bene?

Sì, sì, molto, abbastanza.

Io ero una ragazza molto ubbidiente, che come mi chiedevano di fare qualcosa subito lo facevo e mio padre era molto orgoglioso! La mattina mi alzavo, preparavo la roba in una vasca e lavavo…poi mio padre rimproverava le mie sorelle perché non lo facevano! Però io sono stata sempre così, ho lavorato molto.

Già da piccola?

Sì, già da 11 anni… anche sua madre (Pina, una delle tre figlie, madre del nipote più grande Valerio) e Angela (un’altra figlia) già a 12 anni sapevano fare tutto! Cucinare, lavare a terra… Ricordo che ognuno si andava a lavare il piatto suo dopo aver mangiato, iniziammo così.

Quindi hai insegnato tu a cucinare alle tue figlie?

Sì, sì.

Hai insegnato loro a fare anche la pasta in casa?

Sì, ci mettevamo con Angela e Pina…le orecchiette, quante volte le ho fatte!

Come le facevi le orecchiette? Al sugo?

Sì, sì, col sugo! Sono più buone così, fatte con altro non rendono bene…oppure a pasta al forno si possono fare . Qualche giorno facciamo i cannelloni, vi piacciono? Che mo’ è da molto che non li faccio, li devo fare.  I cannelloni invece si prende  un po’ di macinato, il prosciutto a dadini , la mozzarella anche, si fa l’impasto e poi si riempiono, sono buoni.

Per te questo è un piatto tradizionale?

Sì, sì…ma quelli non tradizionali sai quali sono, Elena? Tutte quelle minestre che fanno ora. Invece queste sono tradizionali.

Perché usate gli stessi ingredienti che si usavano prima? E quindi non si aggiunge niente di nuovo?

Sì, sì, invece quelli che fanno adesso…e li vedo quando lo fanno in tv , vedo tante minestre. Una volta vidi una ricetta con i calamari e piselli, volevo farla però non sono riuscita ancora.

Questa pasta al forno rispetta tutta la preparazione tradizionale o c’è qualcosa di nuovo?

No, no tutto tradizionale, non c’è niente di nuovo. Perché stanno certi che la pasta al forno mettono le polpettine, il salame, però a me così non piace perché viene troppo pesante , invece così è più leggera e più buona.

Le mie figlie mi dicono “Me ne dai un po’ anche a me?” e io lo faccio…mo’ chiediamo se lo vuole oggi stesso (si riferisce a una delle figlie).

Le tue figlie ti chiedono se avanza un po’?

Sì, anzi certe volte  lo faccio apposta in più e glielo do, sai quante volte? Non so mangiare niente da sola, senza di loro non riesco.

Sono loro che vengono qui a mangiare oppure vai tu?

No, sono andata spesso da loro…adesso no, perché non coincidono gli orari perché vanno a lavorare.

Quando ci sono delle occasioni, loro ti lasciano cucinare?

Sì, certe volte quando Pina non riesce mi dice “Mamma mi prepari questa minestra?” e io lo faccio. Un giorno per esempio voleva i fagiolini e li venne a prendere.

Ora ho quasi finito e cominciamo a preparare il tegame.

Perché metti ogni tanto l’acqua nel sugo?

Quando fa un po’ doppio , ogni tanto ne metto.

Tolgo le punte di là (la pasta) così si incastra meglio.  Mo mettiamo il sugo.

Allora, io ne metto uno dritto così e l’altro di traverso, una fila così…

Te l’ha insegnato tua madre questo modo di mettere la pasta?

No,  lo fanno così…così quando lo tagli dicono che è meglio.

Quando faccio qualcosa, mi piace farlo con precisione, voglio essere bella precisa!

Bhe, io dico che sta bene così… se no anzic spttr dop. Che io di solito, quann i fascv chjn chjn po spttrv.

Cosa vuol dire spttrv?

Quando il sugo esce dai bordi del tegame. Quante cose non sapete voi! Così fanno i figli di Angela ,“Cosa significa questa cosa?”.

Ora mettiamo la carta d’alluminio sopra e lo infiliamo nel forno.

Ora lo usciamo così lo facciamo raffreddare un po’, se no non si può tagliare.

Franca, grazie!

Grazie anche a te per avermi fatto questo video, sono molto contenta di quel che abbiamo detto e tutto quanto.

Grazie, buon appetito.

Grazie, grazie, buon appetito.

 

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Ziti con polpettine al forno (Santeramo in Colle)

Ziti con polpettine al forno (Santeramo in Colle)

Intervista a Teresa Plantamura realizzata da Francesca Di Tinco

Buongiorno, mi chiamo Teresa e ho 51 anni, oggi vi preparo un piatto tipico santermano che si preparava nei giorni di feste o di ricorrenze all’epoca delle mie nonne, di mia madre e delle mie zie e mi ricorda che nei giorni di festa ci riunivamo tutta la famiglia ed era una gioia stare insieme e preparare questo piatto.

Il piatto si chiama ziti con polpettine al forno.

Allora iniziamo con la preparazione: del macinato misto bovino e suino, aggiungiamo due uova, prezzemolo e aglio tritati; questo è l’impasto per le polpettine, sale, pepe e del pangrattato che verrà aggiunto man man che impastiamo gli ingredienti, perché la consistenza non deve essere ne troppo morbida e ne troppo dura.

Di solito da dove compri gli ingredienti?

Allora gli ingredienti, tipo la carne, mi fornisco da un supermercato dove c’è il mio macellaio di fiducia che mi prepara dei buoi pezzi di carne.

Mentre il prezzemolo, l’aglio da dove?

Dal mercato della frutta rionale che si tiene il giovedì mattina oppure dai ipermercati o i fruttivendoli di fiducia; non ho un fruttivendolo dove vado sempre, di solito dove trovo.

Questo piatto chi ti ha imparato a cucinarlo?

Questo piatto è un piatto che faceva mia nonna,mia madre, le mie zie, nei giorni di festa; tipo natale, pasqua oppure il nostro Santo patrono che è Sant’Erasmo, dove ci si riuniva tutta la famiglia e quindi si preparava questa pasta al forno che era una specialità molto buona che tutti apprezzavano.

Quindi da mia nonna.

Cosa facevi davi una mano in cucina oppure guardavi?

Essendo bambina più che dare una mano, assaggiavamo mentre loro preparavano oppure ci piaceva fare le polpettine, perché loro ci preparavano l’impasto e noi bambine iniziavamo ad arrotolarle, così per tenerci impegnate più che altro.

Queste polpette, tu stai seguendo una tradizione per farle?

Allora in queste polpette manca un ingrediente che è il formaggio, loro usavano il formaggio vacchino che all’epoca era molto usato e siccome nella mia famiglia non è molto gradito, non lo uso e quindi integro con pan grattato, però gli ingredienti erano questi insomma, quelli principali erano questi.

Ora sto aggiungendo man man il pangrattato per vedere la consistenza.

Mi ricordo che all’epoca non avevano uso di bilancia perché facevano tutto ad occhio, mia nonna mi ricordo che lei impastava, anche i dolci li preparava ad occhio, non usavano molto la bilancia e le preparazioni venivano comunque in modo perfetto.

Anche tu usi questo metodo oppure usi la bilancia?

No, io sono un po’ più moderna e uso anche la bilancia, però in questo caso non serve e quindi non la sto usando.

Ecco direi che l’impasto è quasi pronto, aggiungiamo un altro po’ di pangrattato, per renderla un po’ più consistente.

Volendo si può aggiungere anche un po’ di noce moscata, cioè le polpette uno le può variare a piacimento.

Ora proviamo se l’impasto va bene.

Sono molto apprezzate queste polpette a casa tua?

Certo, infatti, non faccio in tempo a prepararle che subito iniziano ad assaggiarle.

Direi di mettere un altro po’ di pangrattato e l’impasto è pronto.

Possiamo iniziare a fare le palline prendendo un po’ di impasto poggiandolo sul palmo della mano e con l’altra arrotolandolo, dando una forma tonda, facendole più o meno della stessa misura.

E questa era la preparazione che mia nonna faceva fare a noi bambine, per tenerci impegnate.

Diciamo che era più per gioco?

Si , si per noi era un gioco, anche perché ci divertivamo tanto a  fare queste palline, a cercarle di fare tutte uguali oppure a vedere chi ne faceva di più.

Nel frattempo le nonne, le zie, le mamme preparavano il sugo di pomodoro, che tra poco inizieremo a preparare.

Allora stiamo terminando di fare le polpettine.

E lì in quel piatto cosa c’è?

Qui abbiamo la farina, perché prima di friggerle nel’olio di semi, bisogna infarinarle altrimenti, si bruciano, quindi è bene infarinarle.

La farina di solito da dove la compri?

Da un alimentari che la vende anche al dettaglio oppure nei super mercati in confezioni.

Prima di infarinarle prepariamo il tegame con l’olio di semi che deve riscaldarsi abbastanza.

Anticamente si usava l’olio di oliva, però siccome l’olio di oliva, brucia, è bene usare l’olio di semi.

Diciamo che questa ricetta nel corso del tempo è cambiata?

Si, ha avuto delle evoluzioni, che si addicono anche ai giorni moderni.

A che serve lo stecchino?

Lo stecchino serve a vedere se la temperatura dell’olio è arrivata, ed è giusta per poter friggere le polpette.

Allora iniziamo a poggiarle nella farina.

Quali altri piatti tipici conosci?

Allora qui a Santeramo ce ne sono tanti che poi sono gli stessi della tradizione pugliese: orecchiette con le cime di rape oppure nelle feste le braciole con le orecchiette al ragù, il ragù misto, le melanzane ripiene; poi come dolci a Natale abbiamo le cartellate cotte al forno e poi con il vin cotto, che sono comunque della tradizione pugliese.

Ma tutte queste ricette la maggior parte si fanno ancora oppure stanno scomparendo?

No, molte ricette si fanno ancora.

Quali?

Tipo le cartellate, le orecchiette con le rape oppure anche le melanzane ripiene, tutte quelle che ho elencato ancora si fanno.

Mentre il piatto che ci stai preparando, viene ancora eseguito?

Questo non molto,  ci sono delle varianti, sempre pasta al forno con delle varianti.

Nel frattempo sto infarinando le polpettine.

Quando iniziano a fare le bollicine vicino lo stecchino, vuol dire che l’olio è a temperatura.

Ti aiuta qualcuno a cucinare di solito oppure fai tutto da sola?

No, di solito ho la mia famiglia che mi aiuta, le mie figlie, mio marito aiutano nella preparazione domenicale.

Questo è un piatto che solitamente faccio la domenica, che ha bisogno di molta preparazione.

Infatti a che ora ti sei svegliata sta mattina per prepararlo?

Verso le sette, sette e mezza.

Allora la temperatura dell’olio è ottimale, iniziamo a mettere le polpettine, iniziano a soffriggere, bisogna spolverarle bene altrimenti rimane la farina.

Oggi il concetto di tipico secondo te, sta un po’ perdendo, cioè non esiste più?

Ci sono alcuni paesi che comunque la stanno portando avanti ancora insegnando e facendo dei corsi di cucina alle nuove generazioni , perché comunque le nuove generazioni questi piatti tipici non li sanno più preparare perché ci vuole molto tempo e quindi non si ha più tempo.

Però in molte città si stano riscoprendo di nuovo questi piatti antichi.

Le polpette hanno terminato la cottura e adesso le scoliamo bene dall’olio e le mettiamo  in un piatto con dei tovaglioli per assorbire l’olio in eccesso e quando si sfornavano queste polpettine, noi bambine stavamo tutte intorno a cercare di rubarne qualcuna per mangiarcele.

Anche le tue figlie hanno imparato a fare questo piatto?

Loro collaborano, però non sò se da sole riusciranno a farlo, penso di si, perché anche io guardando ho imparato a farle.

La preparazione delle polpette è terminata e ora le lasciamo raffreddare.

Iniziamo con la preparazione del sugo.

Allora olio extra vergine di oliva un po’, poi verdure per il soffritto: carota, sedano, cipolla, tritati e iniziamo con il soffritto.

Chi ti ha insegnato a fare il battuto (soffritto)?

Sono verdure che si usano da sempre, la carota, il sedano e la cipolla per fare il soffritto.

Si è sempre fatto in questo modo?

Si, io l’ho sempre visto fare in questo modo, sin da quando lo faceva mia nonna.

Anzi loro invece di tritare lo facevano in piccolissimi pezzettini di verdure.

Facciamo friggere un pochettino…

Invece queste verdure da dove le hai comprate?

Le ho comprate dal fruttivendolo o dal mercato della frutta e verdure che si fa il giovedì, non ho un negozio di fiducia, sono ingredienti che si trovano dappertutto.

Quando le verdure iniziano ad imbiondire aggiungiamo la passata di pomodoro e un po’ di acqua per diluire.

In questo non abbiamo l’uso di carne nel sugo, altrimenti si faceva soffriggere la carne nelle verdure tritate e poi si aggiungeva il vino si faceva evaporare e poi la passata di pomodoro.

Di solito usi la passata di pomodoro fatta in casa, quella tradizionale oppure usi questa comprata dal supermercato?

Allora per mancanza di tempo uso quella confezionata, però all’epoca si usava la passata di pomodoro fatta in casa, che si faceva a fine Luglio e i primi di Agosto e anche lì era un giorno di festa perché tutta la famiglia si riuniva per preparare i pomodori, la passata di pomodoro, poi si metteva nelle bottiglie per conservarla, ed era il pomodoro naturale.

Aggiungiamo sale, pepe e facciamo cuocere il sugo, portiamo ad ebollizione.

A metà cottura del sugo mettiamo le polpettine nel sugo, per farle insaporire; non tutte, alcune le lasciamo per decorare la pasta.

Quali piatti cucini oltre a questo?

I piatti tipici, anche piatti moderni, un po’ di tutto.

Cucini di più piatti moderni oppure quelli tradizionali?

Sia uno che l’altro, perché mi piacciono entrambi, sia sperimentare nuove ricette e anche mantenere le nostre tradizioni.

Queste nuove ricette chi te le dà?

Tramite amiche, social; quando vedo una nuova ricetta che mi piace, voglio sperimentarla.

Aggiungiamo qualche fogliolina di basilico e continaumo la cottura del sugo.

Il basilico lo compri oppure?

Lo coltivo nel mio balcone, quindi è sempre a portata di mano, mi piace usarlo.

Nel frattempo che cuoce il ragù iniziamo la preparazione della pasta, allora facciamo bollire l’acqua.

Nel frattempo che bolle l’acqua prepariamo la pasta.

Questa pasta si chiama gli zitoni, questa è una pasta tipica che mia nonna usava fare in questo piatto, è trafilata in bronzo, ed è ruvida per mantenere il condimento (il sugo).

Questa pasta io la spezzetto in tre.

Questa pasta prima si faceva a mano?

Questa pasta io non l’ho mai vista fatta a mano, però penso che anticamente la facevano.

Io mi ricordo che mia nonna la comprava da un pastificio santermano che preparava dei grandi pacchi di pasta, perché le famiglie erano molto numerose e mia nonna proprio in questi giorni di festa, di riunioni famigliari, mi ricordo che il spezzava così e coinvolgeva anche noi bambine a partecipare, a spezzare anche perché le quantità erano maggiori rispetto a quelle che si fanno oggi con le famiglie meno numerose.

Per noi anche questa era una gioia, spezzettare la pasta.

Diciamo che era un gioco?

Si era un gioco, nel frattempo imparavamo da loro queste tradizioni.

Ti piace molto cucinare?

Si mi piace cucinare, però mi piace di più preparare dolci.

L’acqua bolle adesso mettiamo la pasta a cuocere in acqua già salata.

Questo è un tuo piatto preferito?

Si, è un mio piatto preferito però ce ne sono anche altri.

Tipo?

Le braciole con le orecchiette, le orecchiette e cime di rapa, i legumi, pasta e lenticchie, pasta e fagioli, pasta e ceci, con i cavatelli piccolini fatti a mano, ci sono tanti pranzi, in particolare preferiti non ne ho.

C’è qualcosa che non ti piace?

I formaggi stagionati in genere non li mangiamo nella nostra famiglia.

Mentre come piatti cosa non ti piace cucinare?

Come piatti non mi piace cucinare la verdura ad esempio le cicorie, le verdure un po’ amarognole non piace prepararle e mangiarle.

Quindi prepari piatti in base a quello che piace alla tua famiglia?

Si, io preparo piatti che gradiamo tutti quanti.

Il sugo sta continuando a cuocere,mettiamo a fuoco lento.

La pasta deve cuocere fino a metà cottura perché poi continuerà la cottura nel forno.

Nel frattempo io preparo la freccia,  che è un latticino, sfilacciato che si mette nella pasta al forno.

Anche prima si metteva questa treccia?

Si treccia e formaggio, io metto solo la treccia perché mi piace di più.

Adesso sfilacciamo la treccia che è un latticino, fatto di pasta di mozzarella un po’ più dura, fatta a forma di treccia e questa si può utilizzarla o tagliata a pezzettini o sfilacciata, io l’ho sempre fatta sfilacciata, perché anche mia nonna, mia mamma l’hanno sempre fatta così.

Da dove la compri?

Questa viene da un caseificio di fiducia, dove vado sempre, perché fa degli ottimi prodotti caseari.

Ma in passato oltre la treccia si metteva anche il formaggio?

Si, si mette tutt’ora il formaggio o il parmigiano, mentre prima usavano il formaggio vacchino, che aveva un odore e un sapore particolare, oggi si usa il parmigiano o grana, a seconda dei gusti, io non lo uso perché non piace.

Allora una volta che abbiamo scolato la pasta al dente, mettiamo un po’ di sugo e la besciamella.

Ma la besciamella l’hai fatta tu?

Si, l’ho fatta io con burro, latte, farina e un pizzico di noce moscata.

Questa non è la ricetta originale, ma è una mia aggiunta.

Io adesso aggiungo anche delle melanzane tagliate a cubetti e fritte nell’olio di semi, per arricchire il piatto.

Questa cosa l’hai aggiunta tu?

Si, è una mia aggiunta, l’aggiungo nella pasta.

Quindi hai rinventato un po’ la ricetta?

Si, per renderla un po’ più ricca.

Per te è importante saper cucinare?

Si, certo è importantissimo anche per la propria famiglia, per se stessi, per avere delle soddisfazioni personali; poi a me piace cucinare.

Questa passione per la cucina cerchi di tramandarla anche alle tue figlie?

Certo, infatti loro nella preparazione di molti pasti mi aiutano così imparano.

Adesso prepariamo il tegame, sul fondo mettiamo un po’ di sugo con la besciamella.

Prima invece della besciamella cosa si metteva?

Solo sugo, c’è chi prima la preparava, non era usata molto.

Io mi ricordo che mia nonna non l’ha mai usata.

Metteva il formaggio invece della besciamella?

Si, oppure la treccia sfilacciata.

Adesso mettiamo la pasta e facciamo il primo strato di pasta.

Questa è la quantità per quante persone?

Questo è mezzo kilo di pasta per circa sette o otto persone.

In famiglia quanti siete?

Noi siamo in quattro

Mentre prima ne preparavate di più?

Si, perché ci si riuniva anche venti, trenta, quaranta persone, la famiglia era numerosa e quindi si preparavano dei grossi tegami.

Poi mettiamo un po’ di treccia sfilacciata.

Questo piatto come veniva chiamato?

Con un nome dialettale questo si chiama “ù tmbn” (timballo), che significa piatto molto ricco.

Perché molto ricco?

Perché contiene carne, pasta, latticini in più ho aggiunto la verdura e quindi è un piatto ricco e completo.

Mettiamo la besciamella e terminiamo con il ragù e le polpettine.

E facciamo un secondo strato di pasta.

Tu sai cucinare molto bene?

Si, per quello che dice la mia famiglia … si

Per te è molto gratificante?

Si, certo è molto gratificante saper di cucinare bene e fa piacere.

Dopo aver fatto l’ultimo strato di pasta, mettiamo di nuovo la treccia sfilacciata.

La dieta di oggi secondo te è cambiata?

Si, è cambiata moltissimo, perché si sono ridotti i tempi di preparazione, poi anche gli ingredienti sono cambiati; prima gli ingredienti erano molto più naturali e molte persone li coltivavano nei propri terreni come gli ortaggi; oppure allevavano anche gli animali come galline, ovini, mucche, prima era diverso e si potevano trovare prodotti freschi e naturali, mentre oggi sono ricchi di conservanti e concimi chimici.

Anche i sapori sono cambiati, ora non sono più tanto buoni.

Questo, secondo te dipende dagli ingredienti che mettono?

Si,  gli ingredienti e anche la preparazione di questi ingredienti, come ho detto prima ora si producono per la grande distribuzione con prodotti chimici, conservanti, concimi e quindi il prodotto non è più buono e perde anche il sapore.

Adesso finiamo con il sugo e terminiamo con le polpettine rimanenti per decorare, così si abbrustoliscono e diventano più buone.

Adesso il tegame viene messo nel forno a 180 gradi, forno ventilato, per una trentina di minuti.

Spegniamo il forno e il nostro tegame è pronto.

Come lo presenti a tavola questo piatto?

Lo taglio a pezzi, preparo le porzioni, lo metto nel piatto e  poi lo presentiamo.

 

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A Culummr (Nova Siri) – Intervista completa

A Culummr (Nova Siri)

Intervista a Maria Vincenza Milione, Marenza D’Armento, Nicola D’Armento Realizzata da Maria Pastore

Intervista

Allora, mettiamo sei chili di farina e sei cucchiai di sale, poi un lievito e una metà perché fa freddo altrimenti bastava solo un lievito. Poi metto dodici uova. (Cenzina)

Sono tue le uova?  

Sì, le uova sono produzione propria.  Quindi dodici uova, un bicchiere a chilo di vermouth bianco, un po’ di magnesia. (Cenzina)

Perché la magnesia?                                                                                                                                                        

Per farli crescere e poi metto sei cucchiai di strutto.

Lo hai comprato (lo strutto)?                                                                                                                             

No,no, è mio! (Cenzina)

Quindi fai il maiale?                                                                                                                                                     

 Sì .L’ho fatto io. (Cenzina)

Marenza conta ! (Cenzina si riferisce ai bicchieri di strutto da versare nell’impasto).                                                     Nonna, quanto hai detto che ce ne devi mettere? (Marenza)                                                                                                 Uno a Chilo. (Cenzina)                                                                                                                                                                          E quanti chili sono? (Marenza)                                                                                                                                                        Sei. (Cenzina)                                                                                                                                                                                    Allora sei bicchieri di strutto, siamo ancora a tre! (Marenza)

Un po’ di acqua tiepida (Cenzina la versa nell’impasto)  e un altro pezzettino di lievito perché fa freddo.

Ai tempi nostri la impastavamo a mano, ora c’è l’impastatrice. (Cenzina)                                                                           Nonna, ma deve essere dura la pasta? (Marenza)                                                                                                                            E insomma deve essere né troppo dura né troppo umida, deve essere giusta. (Cenzina)

Quando eri piccola hai imparato a fare questi Culummr?   

E si con mia madre li abbiamo sempre fatti, le tradizioni antiche! (Cenzina)

Ora possiamo impastare! (Cenzina)

Quanto tempo deve impastare?                                                                                                                                       

Un quarto d’ora.

Nonna, ma tua mamma era di Terranova? (Marenza) Sì! (Cenzina)

Era di Terranova?         

Sì! Questa è una ricetta di Terranova che ha fatto sempre mia madre, poi io mi sono trasferita qua (a Nova Siri), sono sessant’anni che sono qua, mi sono adeguata con mia suocera e lo stesso li abbiamo fatti. (Cenzina)

Ma tua suocera li faceva uguali alla tua ricetta di Terranova?   

E sì, più o meno sì. (Cenzina)

Quindi questa ricetta è proprio tipica di Terranova?

Sì!(Cenzina)

L’olio ti serve per l’impasto?       

Sì, per l’impasto. (Cenzina)

Quando impastavi a mano ci voleva più tempo?                                                                                                                  

E sì, fatica! Ci volevano le braccia per lavorare la pasta. Ora se non ci fosse l’impastatrice non ne farei più perché le braccia non ce la fanno. (Cenzina)

Ascolta, ma in questa casa ci fai tutti i lavori?                                                                                                                

Sì. Ci ammazzavamo il maiale una volta, ora nemmeno quello facciamo più, il pane di casa e poi ci facciamo tutti questi servizi qua, la salsa anche. La teniamo solo per fare questi servizi qua, è una cucina grezza. (Cenzina)

Ma tu cucini sempre?                                                                                                                                                                                  

E insomma, tutti i giorni! Ci sono i miei nipoti e allora … Ora ho Marenza che mi aiuta un po’, altrimenti sola sola che farei, Marenza mi aiuta invece Floriana non ne vuole sapere. (Cenzina)

Floriana è l’altra nipote?                                                                                                                                              

Sì,è l’altra nipote. (Cenzina)

Nonna, ma nessuno dei giovani ne vuole sapere. (Marenza)

Non ne vuole sapere più nessuno quindi queste tradizioni vanno a finire, maiale, salsa, pure la cucina tra poco! (Cenzina)

Ci vuole un altro po’ di acqua nell’impasto! (Cenzina)

Ora dobbiamo prendere la coperta perché deve stare al calduccio un po’! (Cenzina)

Nonna, quante generazioni ha questa coperta! Era di nonna Maria? (Marenza)

Era di nonna Maria, di  mia madre, l’ha fatta lei. Io però la tengo solo per fare questi lavori. (Cenzina)

Quindi ci metti a riposare la pasta?                                                                                                                                  

Sì, ci metto a riposare la pasta. Dopo che ha finito di impastare l’impastatrice la metto a riposare un pochino al calduccio, e poi facciamo le forme, la Corona di Gesù si chiama questa ( Cenzina fa riferimento alla Culummr)

Nonna, fammi capire, quando tua madre ti ha insegnato come ti ha detto, dobbiamo fare? (Marenza)

No, non è che mia madre mi ha insegnato, dietro a lei ho fatto pure io: vedendo di fare, saper di fare. (Cenzina)

Nonna, quanti anni avevi? (Marenza)

Avevo dodici, tredici anni, già facevo tutto con mamma, facevo il pane, perché come lo faceva mamma lo facevo anche io. A quel tempo poi non andavamo sempre in giro, stavamo sempre intorno alle mamme e allora abbiamo imparato anche noi a fare tante cose, abbiamo imparato a fare il maiale, a fare tutto. Invece i giovani di oggi stanno con il computer in mano, stanno con il telefonino, non ne fanno di queste cose.                                                                                                                    Poi ci vuole anche passione, noi eravamo due sorelle, mia sorella non ne voleva sapere, a lei  piace solo mangiarle queste cose, già mi ha raccomandato: “Non fare queste cose perché poi ti stanchi e non stai bene”! Però poi se gliele mandi, le mangia! (Cenzina)

A San Severino c’era un giorno tipico per fare questi Culummr?                                                                                        

E sì, a Pasqua. (Cenzina)

Nella settimana Santa?                                                                                                                                             

 

Sì, nella settimana Santa. (Cenzina)

E poi cosa ci facevate con questi Culummr?                                                                                                                       Li mangiavamo! Uno lo regalavi ad un amico, come facciamo anche ora, non li mangiamo tutti noi! Uno ad un amico, uno ad un fratello, un altro ai nipoti e si consumano. E’ la tradizione di Pasqua! Poi ai tempi nostri non c’era niente, c’erano solo questi e allora questi cullur che sapore avevano! Oggi, non ne vogliono! (Cenzina)

Hai assaggiato la pasta?                                                                                                                                                         Sì, se è buona di sale. (Cenzina)

E’ buona di sale?                                                                                                                                                                

 Mi pare che è buona! Speriamo! (Cenzina)

Buona di sale che significa?                                                                                                                                              

E beh, se è salato è brutto e se è dolce non hanno sapore. La minestra deve essere giusta di sale, con la speranza che ce la facciamo venire giusta. (Cenzina)

Questa è una casa che è sempre in disordine! (Cenzina)

Prima si sentiva di più la tradizione perché li facevano tutti, ora non ne fa più nessuno, la gente è diventata moderna, non ne fanno più. C’è qualcuno che ancora li fa’! (Cenzina)

Quanto tempo devono lievitare? (Marenza)

Un paio d’ore. (Cenzina)

A cosa serve quell’acqua?                                                                                                                                     

Serve per riscaldarla e metterla nell’ impasto, se è necessario un altro goccino la devo mettere calda altrimenti poi non lievita bene. (Cenzina)

Quando eri giovane ti aiutava qualcuno?                                                                                                                  

Mia mamma, mia zia, queste cose si facevano in compagnia. A Natale, per esempio, facevamo i crisp (le crispe o pettole), anche lì ci voleva gente per friggerli, eravamo in tre a friggere; ora a fare queste cose (i culummr) da sola li fai però se c’è qualcuno che ti aiuta è buono. Piano piano li farò, poi viene Nicola, mio figlio, a fare il forno e mi aiuta. Poi tante cose da sola non si possono fare, anche perché ho la mia età. (Cenzina)

Quanti anni hai?                                                                                                                                     

Settantanove. (Cenzina)

Prendiamo un altro po’ di acqua tiepida altrimenti si raffredda la pasta. (Cenzina)

Cumma Cenzina, come si chiama questo strumento?

Questo lo chiamiamo u scanatur (spianatoio), dove scaniamo tutto; ora in italiano non so come si chiama, figlia mia! (Cenzina)

Lo hai comprato o lo hai fatto fare?                                                                                                                                             

Lo ha fatto il falegname. Questo è più nuovo, quello lì invece è di quando mi sono sposata, ha settanta anni. (Cenzina)

Sai che legno ha usato il falegname?                                                                                                                

Noce. Abete o noce. (Cenzina)

E questa che hai in mano cos’è?                                                                                                                                               

Questa è a crscend, ci si taglia la pasta con questa. (Cenzina)

Ma soprattutto a crscend serve perché u scanatur deve essere sempre pulito, questa è la prima cosa che mi hai insegnato. (Marenza)

E infatti. U scanatur sempre pulito. Non deve essere sporco, tutto roccl ( grumi di farina) deve essere pulito perché devi farci la pasta. (Cenzina)

Quanto tempo deve stare nell’impastratrice? (Marenza)

Ha quasi finito. Poi deve stare una mezz’oretta o più là (indica le coperte). (Cenzina)

Quindi qui è già pronto per riposare?                                                                                                                         

Per riposare un po’. La copriamo bene perché non si raffredda (la pasta). (Cenzina)

Perché la copriamo?                                                                                                                                                  

  Perché deve lievitare altrimenti se si raffredda non lievita bene. (Cenzina)

A Nova Siri si chiamano allo stesso modo?                                                                                                                  

A Nova Siri li chiamano I Clummr, questa che facciamo con l’uovo. (Cenzina)

Perché si chiamano così?                                                                                                                                         

Prima li chiamavano così gli antichi, ora nemmeno li chiamano più così. Sembra la Corona di Gesù, intrecciata con le uova, come quando hanno messo la corona a Gesù, li chiamavano I Culummr.   Invece nel dialetto di Terranova li chiamavano I Czzol c l’ ov. (Cenzina)

E tu ora li chiami così, I Clummr?                                                                                                                                             

E sì, li chiamo così perché sono sessant’anni che sono qua. Avevo quattordici anni quando sono venuta qua a Nova Siri. Mio padre, per lavoro, è venuto qua a lavorare e ci siamo trasferiti a Nova Siri. Dal 1954 che siamo qua. Poi mi sono fidanzata, mi sono sposata e sono venuta in questa zona. Prima stavamo vicino lo Scalo (Nova Siri Marina) a lavorare in una campagna con mio padre e mia madre. Poi sono venuta qua, dal 1958, quando mi sono sposata. (Cenzina)

La domenica, per esempio, fai qualcosa fatto in casa?                                                                                           

Sì, faccio la pasta fatta in casa: tagliatelle, rascatell, così con le dita, poi faccio quella con il ferro, i frzzull. Ai miei nipoti piacciono e allora li faccio sempre. (Cenzina)

Ti piace quando ti dicono sei una brava cuoca?                                                                                                          

Insomma, la stanchezza c’è, dico “mi prendete in giro”.Oh Dio, i complimenti piacciono a tutti, però ormai siamo grandi. (Cenzina)

Penso sia buona! Ecco, ora la prendiamo! (Cenzina)

Più o meno, quanti ce ne vengono in questi chili di pasta?                                                                                      

Una decina.

Adesso che fai?                                                                                                                                                             

Adesso la scano un po’, faccio i bastoncini e la metto qui a riposare, vedi?

Marenza , coprila che è calda! (Cenzina)

Che significa la scani?                                                                                                                                      

L’aggiusto un po’, faccio i bastoncini perché poi devo fare I Cullur. Li prendo uno alla volta e ci faccio u Cullur. (Cenzina)

Ma perché dici che non si deve raffreddare? Perché non lievita? (Marenza)

Sì, non lievita e poi non vengono bene. L’accortezza che devono lievitare, anche il pane si fa così. (Cenzina)

Ma il pane ha una ricetta diversa da questa?                                                                                                           

E sì, è un’altra ricetta, un altro impasto, senza strutto solo acqua e sale. (Cenzina)

Marenza, a te piace guardare la nonna fare queste cose?                                                                                     

Certo! Se non le portiamo avanti noi queste cose chi le deve portare avanti! (Marenza)

Marenza è cresciuta con me e quindi li ha visti di fare quando era piccola, veder di fare, poi, saper di fare. (Cenzina)

Cosa hai messo, non è origano, come si chiama? Finocchietto? (Marenza)

Finocchietto sì. (Cenzina)

E il finocchietto dove l’hai preso?                                                                                                                            

L’ho preso nelle campagne, veramente da Terranova che è bello profumato. Si vende anche nei negozi, però io preferisco questo qui perché è bello profumato. (Cenzina)

E dà un sapore diverso alla pasta?                                                                                                                              

Sì. Magari c’è qualcuno che non potrebbe piacergli, a me piace e lo metto. (Cenzina)

Quindi hai messo una coperta più fine e un’altra più pesante?                                                                                

Sì, e ci vuole una coperta di lana che deve stare calda la pasta. E poi facciamo le forme, anche quelle le mettiamo a crescere di nuovo, dopo devono  crescere un’oretta. (Cenzina)

Quindi adesso quanto deve riposare?                                                                                                                                

Una mezz’oretta, tre quarti d’ora. (Cenzina)

Quante uova hai raccolto?                                                                                                                                               

Ne ho messe dodici nell’impasto e altri trenta sono qua, li devo mettere sopra. (Cenzina)

Quante ne metti per ogni cullur?                                                                                                                             

Dipende, alcuni li faccio ad un uovo, altri a due, per esempio ai miei figli lo faccio a tre (uova), ora vediamo, se ci bastano (le uova) anche ai nipoti lo faccio a tre. (Cenzina)

Adesso che fai?                                                                                                                                                                       

Adesso sto tagliando per fare questa culummr, per fare la forma. Questa, la prima, la faccio a mio figlio. (Cenzina)

Perché proprio a tuo figlio per prima?                                                                                                                                        

E noi facciamo così, ai grandi. Quando c’era mio marito, la prima la facevo a mio marito, ora la faccio ai miei figli, poi ai nipoti, a seconda di come sono nati, insomma. Era l’usanza di una volta, ora non c’è più usanza. (Cenzina)

Quindi cosa hai fatto, hai intrecciato?                                                                                                                          

E sì, la sto intrecciando per mettere le uova. (Cenzina)

Quante trecce fai ogni uova?                                                                                                                                        

Due. Un paio di trecce ogni uova, ora la vado a chiudere e qui ne metto un altro. Questo è di mio figlio Tonino. (Cenzina)

Perché è il più grande?                                                                                                                                                        

E’ il più grande.

Tu fai le decorazioni.(Si rivolge alla nipote)

Eccola qui la corona di Gesù. (Cenzina)

Perché proprio le uova?                                                                                                                                                    

E cosa metti altrimenti! La tradizione dell’uovo di Pasqua, perché c’è l’uovo di Pasqua; questa è quella naturale, poi c’è il cioccolato di Pasqua, la colomba Pasquale. (Cenzina)

Fai un po’ più grande! (Cenzina)

Più lunghi o più grandi? (Marenza)

Più lunghi. (Cenzina)

Quindi queste sono le decorazioni?                                                                                                                                     

Sì. Questa qui è di zio Tonino. Questa qui la faccio a Nicola. (Cenzina)

Al piccolo. (Marenza)

Fai un fiocchettino uno qua e un altro là. (Cenzina)

Marenza, da quanto tempo fai queste cose con la nonna?                                                                                         

Da quando era piccola ha fatto sempre le cose con me, voleva sempre fare, invece Floriana no. (Cenzina)

I cullur ho iniziato a farli quando ero grande. (Marenza)

Avevi sette o otto anni. (Cenzina)

La pasta facevo quando ero piccola. Questi invece quando sono diventata più grande. (Marenza)

Posso prendere un po’ di pasta? (Marenza)

Si certo, tieni. (Cenzina)

Come devo fare qua, devo incastrarle? (Marenza)

Sì, il giusto perché deve reggere.

Ora fai la nocchettina (fiocchetto) e la metti una qua, un’altra qua e un’altra ancora qua. (Cenzina)

Come la fai la nocchettina (fiocchetto), così?

No, non viene bene, questa è troppo fine. Fammi vedere come la fai e poi la faccio anche io. (Marenza)

Questa di papà invece la fai intrecciata, così la riconosciamo. (Cenzina)

Come intrecciata? (Marenza)

La pasta intrecciata. (Cenzina)

Ah sì, ho capito. (Marenza)

Devi fare due bastoncini … (Cenzina)

Poi uno sopra, uno sotto e stringo in mezzo. (Marenza)

Sì, e hai fatto la nocchetta (fiocchetto). (Cenzina)

Un’altra mettila qua e quella è finita. (Cenzina)

Quanto è brutta la mia nocca (fiocco)! (Marenza)

Chi te l’ha detto che è brutta!

Intrecciata poi si fa così, guarda. (Cenzina)

Ti piace decorare i piatti che prepari?                                                                                                                           

Sì mi piace, quando ci riesco. Io ora sono anziana non so fare tante cose,  faccio alla meglio. (Cenzina)

Come è venuta quella? (Marenza)

E’ venuta bella, bellissima. Quella è di zio Tonino e questa è di papà. (Cenzina)

Devo fare sopra (l’ uovo)? (Marenza)

Sì, intrecciato. (Cenzina)

Queste decorazioni intrecciate e i fiocchetti, li hai inventati tu oppure li hai visti fare?                               

Li ho visti fare a mia mamma, da piccola, e poi qualche decorazione l’abbiamo anche inventata. (Cenzina)

Questa pasta non mi piace, ora fad a crusc (fa la crusca). (Cenzina)

Cosa stai mettendo adesso?                                                                                                                                      

Sto mettendo un tovagliolino bagnato, perché ha fatto un po’ a crusc, è un po’ ruvida, allora bagnata si mantiene di più. (Cenzina)

Come mai fa la crusca?                                                                                                                                                      

Eh beh, un po’ il freddo, l’aria. (Cenzina)

Questa a chi la stai facendo?                                                                                                                                                      

A Giuseppe. (Cenzina)

Perché è il primo nipote?                                                                                                                                                     

E’ il primo nipote, sì. (Cenzina)

A Giuseppe che decorazione fai?                                                                                                                                      

Ora vediamo. A Giuseppe la facciamo così. (Cenzina)

Quando facevate queste cose a Terranova era festa? (Marenza)

E sì, era un festa. Prima non c’era niente, figlia mia, non c’erano colombe pasquali, non c’era niente ai tempi nostri. Quando facevamo queste cose eravamo ricchi. (Cenzina)

E queste qua erano per i maschi. (Marenza)

Per i maschi.  A me mamma, faceva una Pup (Pupa) grande così! (Cenzina)

E poi le facciamo anche le Pupe? (Marenza)

E certo, le facciamo. (Cenzina)

Questa quindi rappresenta la corona di Gesù e si dava ai maschietti. Ma si metteva anche a centro tavola? (Marenza)

Sì. (Cenzina)

Ma si metteva al centro quella del capofamiglia o una qualsiasi? (Marenza)

E beh, quella del capofamiglia. (Cenzina)

E l’uovo come si mangia?                                                                                                                                        

L’uovo lo mangi come vuoi. Quando vuoi mangiarlo lo mangi l’uovo. (Cenzina)

Questo di papà è finita. (Marenza)

Anche quello di Giuseppe è finito. L’ho fatta così quella di Giuseppe, guarda Maria.

Questa ora la mettiamo a crescere. (Cenzina)

Questa è di Luigi?                                                                                                                                                                     Sì. (Cenzina)

Che è l’altro nipote?                                                                                                                                                                  

E’ l’altro nipote, sì. (Cenzina)

Prima i maschi, poi le femmine. (Marenza)

Beh, prima i maschi perché sono nati per primi. La tradizione, prima, voleva così, prima ai maschi. (Cenzina)

Cumma Cenzina cosa vuol dire tradizione?                                                                                                                          

Beh la tradizione di paese tenevano a queste cose. Era un buon augurio di Pasqua. Per esempio quando li mettiamo al forno, le uova fanno tutte fiorite, è buon augurio perché le uova sono fiorite! (Cenzina)

Che vuol dire sono fiorite? (Marenza)

Ora che li mettiamo al forno, vedi. Poi certi non fioriscono e dicono “e perché la mia non è fiorita”! (Cenzina)

Ma le uova come diventano? (Marenza)

Sono tutte picchiettate le uova e allora dicono che sono fioriti. (Cenzina)

Mi pare che quella di Luigi è venuta piccola. (Cenzina)

E beh, Luigi è il piccolo! (Marenza)

Ora a tre uova ho finito, da adesso tutti ad uno. Con la speranza che crescano. (Cenzina)

E quando crescono che fanno?                                                                                                                                        

E fanno più grandi, fanno più grossi. (Cenzina)

E questo come lo facciamo? (Marenza)

Ora vediamo. (Cenzina)

Posso farci le trecce? (Marenza)

Fai le trecce. (Cenzina)

La treccia a tre. (Marenza)

La farina per fare la pasta dove l’hai presa?                                                                                                                  

Al supermercato ho preso quella bianca, poi quella di grano l’abbiamo fatta al mulino, a Francavilla, c’è un mulino che la fa, noi avevamo il grano. (Cenzina)

Quindi avete anche la campagna?                                                                                                                                          

Sì, abbiamo un po’ di campagna. Prima riuscivamo a tirarci avanti, ora il mondo è cambiato. (Cenzina)

E tu continui a fare qualcosa in campagna?                                                                                                                    

E non più perché non ce la faccio. Facevo un po’ di orto, fino all’anno scorso l’ho fatto quest’anno non lo so se ce la faccio. (Cenzina)

Produceva l’orto?                                                                                                                                                                   

Sì, per la casa non è che vendevamo qualcosa, lo facevamo solo per la casa. (Cenzina)

Questo per chi è?                                                                                                                                                               

Questo lo faccio ad un cognato mio che è anziano ed è senza moglie. (Cenzina)

C’erano anche gli uomini a farli? (Marenza)

Eh no, l’abbiamo fatti sempre e sole donne. (Cenzina)

E gli uomini cosa facevano?                                                                                                                                           

Qualche volta il forno, avvicinavano la legna per il forno. Papà poi andava a lavorare, non stava sempre con noi. Io e mamma li facevamo  insieme con  qualche parente, cognata. Un giorno li facevamo da me, un giorno da mia cognata, era così prima. Ora non ne fa più nessuno, le mie cognate, una è morta, l’altra è più anziana di me e allora non le facciamo più. (Cenzina)

Ma l’uovo simboleggia qualcosa? (Marenza)

Per esempio, la corona di Gesù l’hanno messa con i chiodi, i chiodi sono le uova, è un simbolo. (Cenzina)

 Hai raccolto stamattina le uova?                                                                                                                                  

No sono di una settimana, dieci giorni. Le galline ne fanno sette o otto al giorno. (Cenzina)

Allora questa la metto così. (Marenza)

Sì. Puoi anche non metterci niente sull’uovo, metti la treccia intorno e basta. (Cenzina)

Conosci persone che a Pasqua non fanno i cullur, ma qualcos’altro?                                                                                  

Fanno la torta, le crostate, per esempio a Rotondella fanno i pastizz. (Cenzina)

A San Giorgio fanno u pcllat. (Marenza)

Sì, ma è sempre questo. (Cenzina)

Quindi è sempre questo ma ha un nome diverso. (Marenza)

Sì , loro lo chiamano u pucclat a San Giorgio. (Cenzina)

Vicino il tuo paese, invece a Terranova lo chiamano u cullur? (Marenza)

No. A czzol di Pasqua. (Cenzina)

E ha lo stesso significato?                                                                                                                                                        

 Sì, siamo lì. (Cenzina)

Ma quando ve li scambiavate questi, il giorno di Pasqua a tavola o in un’altra occasione?  (Marenza)

Ma li mangiavamo quando capitava, ad esempio come stasera. (Cenzina)

Si consegnava ai maschi e alle femmine, o come capitava? (Marenza)

Insomma, come capitava, ognuno il suo,si diceva “Ti ho fatto u cullur”.                                                             Per esempio, io a Tonino glielo faccio perché la moglie non ne fa. Se la moglie lo avesse fatto , non glielo avrei fatto. Ora siccome non li fa nessuno, io sono la mamma e glielo faccio. (Cenzina)

A Pasqua cosa si faceva prima oltre ai cullur , come si svolgeva?                                                                                 

Si faceva l’agnello arrostito, l’agnello si è sempre mangiato a Pasqua, chi ce l’aveva, chi poteva comprarlo, figlia mia, prima c’era più miseria. (Cenzina)

E come si cucinava?                                                                                                                                                                 

Arrosto, al forno. (Cenzina)

Il giorno di Pasqua, di solito, c’era tutta la famiglia?                                                                                                                       

Sì, ci invitavamo, un giorno mangiavamo da una sorella, un giorno dall’altra. Eravamo più affamigliati , ora si è finito il mondo. Chi aveva i figli grandi sposati, (si mangiava) un giorno dai figli, un giorno dalla mamma, come si fa anche adesso. (Cenzina)

Ma quando eri piccola tu, che sei del ’39, quando il nonno è partito per la guerra, la nonna li faceva lo stesso queste cose? (Marenza)

Quando poteva, poverina, li faceva lo stesso. (Cenzina)

Il nonno è stato in guerra cinque anni? (Marenza)

O cinque o sette, non mi ricordo. (Cenzina)

Cinque, cinque. (Marenza)

Marenza, il tuo bisnonno?                                                                                                                                                   

Il mio bisnonno. La nonna mi ha raccontato di quando è andato in guerra, lui era stato mandato in Grecia, durante la seconda guerra mondiale. (Marenza)

Dunque io sono nata nel ’39, e lui è partito nel ’40, poi è ritornato uno o due mesi. (Cenzina)

Nel ’41. (Marenza)

E mamma è rimasta incinta di zio Antonio. (Cenzina)

Il fratellino. (Marenza)

Poi l’hanno richiamato di nuovo (Cenzina)

Lo avevano mandato in licenza insomma. (Marenza)

No , no. Gli avevano detto che non c’era più bisogno, invece poi l’hanno richiamato, il bambino è nato e lui non c’era quando è nato mio fratello. Quando è ritornato dalla guerra lo ha trovato che aveva quattro anni. Mio fratello non lo voleva in casa, diceva “Io non lo conosco”. (Cenzina)

E dove ha combattuto?                                                                                                                                              

In Grecia, in Germania. Poverino, mangiava le patate crude. (Cenzina)

La buccia delle patate. (Marenza)

Una volta sono andati da un signore che aveva un po’ di campagna, come questa nostra, (il signore  ha detto) me la lavori con la zappa così vi faccio mangiare oggi. Subito hanno iniziato a farla i militari, non solo mio padre, erano tre, quattro persone. (Cenzina)

Il nonno faceva quel lavoro là, era contadino. (Marenza)

Allora si sono messi a farlo questo lavoro, al momento che dovevano mangiare lo hanno chiamato. (Cenzina)

E poi non c’era anche quella storia che aveva aiutato quella ragazza e quindi lo avevano accolto? (Marenza)

E sì lo avevano accolto in casa, lo facevano stare in casa. (Cenzina)

I Greci (lo avevano accolto). (Marenza)

E poi è ritornato, Questa ragazzo voleva anche fidanzarsi con mio padre ma lui ha detto: “Io ho la famiglia”. (Cenzina)

Quindi ha salvato una ragazza?                                                                                                                                   

Ha salvato una ragazza dallo stupro, o no? (Marenza)

E sì una ragazza, ora non mi ricordo, sono tanti anni. (Cenzina)

Da quello che mi ricordo io, che mi ha raccontato lei, c’erano i soldati che volevano approfittarsi di questa ragazza. (Marenza)

A nonna, non lo so se è così, non mi ricordo. (Cenzina)

Allora, I Pup. (Cenzina)

Ah I Pup. (Marenza)

La tua , la fai tu? (Cenzina)

Eh Sì. (Marenza)

I Pup, che significa?                                                                                                                                                          

 Una bambolina, alle ragazze, alle femmine, facevamo la bambolina. (Cenzina)

Le Pupe, tu ci giocavi quando eri piccola! (Marenza)

E no, le mangiavamo. Ci andavamo a fare Pasquetta. (Cenzina)

Che facevate a Pasquetta?                                                                                                                                                       

E che facevamo, prendevamo questa Pupa, un po’ di salame che facevano. (Cenzina)

La devo allungare ancora? (Marenza)

Sì. (Cenzina)

Però forse è poca la pasta. (Marenza)

Ora vediamo, altrimenti ci metti questa. (Cenzina)

Quindi prendevate la Pupa, il salame                                                                                                                                   

 Eh sì, il salame lo faceva mamma. (Cenzina)

Ma infatti queste come si mangiano, con il salame? (Marenza)

Sì, come no, con il salame sono buoni, anche così. (Cenzina)

Allora Marenza, questa è la tua, ti piace? (Cenzina)

Quella è la mia, sì mi piace. (Marenza)

E nella Pupa l’uovo cosa rappresenta?                                                                                                                               

La faccia. (Marenza)

Sempre la tradizione di Pasqua. (Cenzina)

Sto facendo i piedini, sono venuti un po’ male, li ho fatti bene? (Marenza)

Sì. Questa è la tua, ora facci la sciarpa. Dobbiamo fare un’altra pupa. (Cenzina)

Quella a chi la fai? (Marenza)

Una a Floriana e un’altra a te. Altre le facciamo così le regaliamo, capita che viene qualche bambino, un’altra a Maria. (Cenzina)

Quindi questa cos’è?                                                                                                                                                           

E’ la bambolina per Floriana. (Cenzina)

E cosa stai mettendo adesso?                                                                                                                                  

Questa è una decorazione, una sciarpa, la bambola con la sciarpa, guarda! Ecco, la decoriamo così questa.

Alla tua ora, metti questo intorno all’uovo, e ci fai una nocchettina (un fiocchetto) in testa. (Cenzina)

Va bene. (Marenza)

Io li ho fatti sempre così, altri invece l’uovo lo mettono qui. (Cenzina)

A Nova Siri? (Marenza)

A Nova Siri. (Cenzina)

Prima ci facevo anche le braccia. (Cenzina)

Sì? Non l’ho mai viste con le braccia. (Marenza)

Mia mamma li faceva, quanto li faceva belli ! (Cenzina)

Ah queste erano le braccia! (Marenza)

Questa a Floriana, la facciamo che prega, eccola qui. (Cenzina)

Ma in Chiesa, quando eri piccola o più giovane, si mangiavano questi?                                                                                                     

Sì. E ancora c’è la tradizione che fanno i cullur di Pasqua. (Cenzina)

E cosa rappresenta?                                                                                                                                               

L’ultima cena di Gesù, lo vedi che lo fanno il giovedì. Stasera benedicono questi qua e poi li distribuiscono. (Cenzina)

Quindi li preparavate anche per la Messa?                                                                                                                    Beh sì, a volte sì, io non li ho fatti quasi mai pero’ c’era la gente che li faceva. Ora invece li fanno i forni, perché ora le persone anziane sono finite, chi li fa più! Prima li facevano. (Cenzina)

Una nocchettina (un fiocchetto) e basta. Eccola qui! (Cenzina)

Quando stendi la pasta, come la senti nelle mani?                                                                                                           

E’ bella morbida. (Cenzina)

Quindi è riuscito l’impasto?                                                                                                                                             

 Sì sì, è bello! (Cenzina)

Cullur e Culummr sono la stessa cosa?                                                                                                                

Questo è il cullur, senza uovo, si chiama cullur e basta. (Cenzina)

Ma c’è differenza tra cullur e culummr? (Marenza)

Quello è con l’uovo, è la tradizione di Pasqua che si fa solo a Pasqua. U cullur invece  lo facciamo sempre. (Cenzina)

Quindi adesso ci vogliono quante ore?                                                                                                                           Un paio d’ore, un’ora e mezza. Ora devono lievitare ancora. (Cenzina)

Nell’impasto hai messo il vino?                                                                                                                                       

Sì, un po’ di vino e di vermouth bianco. (Cenzina)

Allora, che dobbiamo fare i taralli? (Marenza)

I tarallini sì. (Cenzina)

Come si fanno? (Marenza)

Così, piccolini. Sempre con la stessa pasta, anche se questi qua li faccio senza lievito, questi tarallini piccoli, però ora è rimasta la pasta e li faccio. Eccoli. (Cenzina)

Ha fatto un po’ la crusca. Marenza, bagnati un po’ le mani. (Cenzina)

Hai messo il panno umido? (Marenza)

Sì. Per non far fare la crusca. (Cenzina)

Deve venire grande così? ( Marenza)

Va bene. Puoi già farlo questo. Puoi farlo come questo qui.(Cenzina)

Devo girarlo e fare così. (Marenza)

Sì. (Cenzina)

Forse è un po’ grosso. (Marenza)

E’ buono. (Cenzina)

Questi ora dobbiamo bollire l’acqua e dobbiamo farli. (Cenzina)

Solo i taralli?                                                                                                                                                                             

Solo i taralli. No, I culummr no. Quelli vanno fatti un po’ con l’uovo prima di infornarli. (Cenzina)

Quello è troppo fine, però ora lo fai lo stesso. (Cenzina)

Ah, ok, devo farlo più spesso. (Marenza)

Tua mamma oltre alla cucina cosa ti ha insegnato?                                                                                                         

A fare tutto,noi facevamo tutto in casa, la cucina, il pane di casa, la salsa, tutto facevamo. (Cenzina)

E la nonna andava anche a lavorare? (Marenza)

E sì, avevamo un po’ di proprietà e andavamo a lavorarci. Avevamo il grano, i pomodori, le patate. (Cenzina)

E quando il nonno è andato in guerra la nonna ha preso in mano la situazione? (Marenza)

E certo. (Cenzina)

Stavate in campagna voi, sì?                                                                                                                                            

Sì, siamo stati sempre in campagna. (Cenzina)

Ma il nonno poi si è ritirato dalla guerra? (Marenza)

Sì. Nel ’45. (Cenzina)

Come è andato il racconto? (Marenza)

Si è ritirato così bello! (Cenzina)

Ma bello, cioè?                                                                                                                                                                

Stava bene, non era sciupato, brutto dalla guerra. E’ tornato che stava bene. Gli ultimi tempi è stato bene dove è stato. (Cenzina)

Voi lo sapevate che stava tornando o ha fatto la sorpresa? (Marenza)

Ci ha fatto il telegramma, è arrivato prima papà e poi il telegramma. (Cenzina)

Ce l’hai ancora il telegramma?                                                                                                                                            

No, no. (Cenzina)

Com’era, i vicini sono venuti a chiamarvi (Marenza)

Avevo le comare nostre, come fossero loro (si rivolge alla telecamera), che abitavano in paese, allora la posta la prendevano loro e ce la portavano in campagna, da noi. Papà è venuto a piedi, la posta è andata in paese, ha preso una scorciatoia ed è venuto direttamente in campagna. Le comare sono venute in campagna e ci hanno detto “Cummà ( comara) vedete che c’è il telegramma, torna cumba (il compare) Nicola”, papà invece era già tornato.

Cumba (il compare) Nicola è a casa. (Marenza)

Ma quando era in guerra vi scriveva le lettere? (Marenza)

E certo, non ce n’erano telefonini. (Cenzina)

Ma sapeva scrivere il nonno? (Marenza)

Sì, ha imparato a scrivere durante il militare. (Cenzina)

Quindi in guerra? (Marenza)

No. Durante il servizio di leva. (Cenzina)

Questi (taralli) anche ai matrimoni li facevano. Facevano mezzo quintale di farina, mettevano dieci persone , due o tre giorni, e per i matrimoni facevano questi biscotti. Non quelli, questi!. E il vino, avevamo le vigne e facevamo il vino. (Cenzina)

Lo fate ancora?                                                                                                                                                             

Qua sì lo facciamo ancora, ma non abbiamo la vigna, compriamo l’uva. La vigna ormai chi la fa più, non ne facciamo più! (Cenzina)

Eccolo qui il forno. Questo scanatur (spianatoio) è del 1958, quando mi sono sposata. (Cenzina)

Ma non lo usi più però?                                                                                                                                                

Sì, ci metto le focacce quando le tiro dal forno. (Cenzina)

Ho capito.

Il forno,invece,quando lo avete costruito? (Marenza)

L’abbiamo costruito nel ’68 /’69. (Cenzina)

E’ sempre rimasto questo?

Sì è sempre rimasto questo. Ora è diventato vecchio, però è inutile fare il nuovo, chi lo fa il pane? (Cenzina)

Quanto è grande?                                                                                                                                                          

Ci vanno dieci pani. (Cenzina)

Come si chiama questo strumento?                                                                                                                        

Questa è la pala per infornare e per sfornare. Ora sto togliendo un po’ di cenere perché è troppa. Questo straccio qui è u munnl,  per pulire il forno. Questo è u rambin, per tirare la brace.(Cenzina)

E questi oggetti li avete fatti voi?

Quali?(Cenzina)

Questi qua che stai usando.                                                                                                                                                

Sì, li ha fatti mio figlio. (Cenzina)

Dobbiamo iniziare ad accendere il fuoco? (Nicola)

Sì. Oggi ho questi ragazzi che mi animano. (Cenzina)

E beh sì, è bello questo che in qualche modo vengono riprese e che portiamo avanti queste tradizioni. (Nicola)

Tu che stai facendo?                                                                                                                                                               

Io devo iniziare ad accendere il forno perché dobbiamo infornare tra un po’, la nonna mi dice che è tutto pronto. (Nicola)

Tra un’ora (si inforna). (Cenzina)

Ci vuole un’ora per portarlo a temperatura giusta. Questa è la prima legna che servirà a dare fuoco alla miccia. Possiamo no, Marenza? (Nicola)

Credo di sì. (Marenza)

Ecco. Abbiamo dato fuoco alla prima legna. (Nicola)

La legna è vostra?                                                                                                                                                                  

Sì, la legna la facciamo noi. E’ la potatura delle olive che poi  facciamo a fascine, vengono così’ chiamate, si secca e quando servono li usiamo per ardere  il forno. (Nicola)

Vedi Maria, il forno va benedetto, mettiamo  nel forno un pezzo di palma benedetta e si benedice. (Nicola)

Si mette (la palma) per far benedire il forno?                                                                                                                   

Sì, è una nostra tradizione del periodo pasquale. (Nicola)

I biscotti fini così, vanno messi nell’acqua bollente. (Cenzina)

Quanto tempo?                                                                                                                                                       

Il tempo che se ne vengono sopra (vengono a galla). Li metti nella pentola e se ne devono venire. Eccoli vengono a galla. (Cenzina)

Metto?(Marenza)

Tieni vuoi fare tu? Solo che devi stare attenta a non imbrogliarli, quelli cotti li metti qua. (Cenzina)

Come si chiama questo strumento che stai usando per prenderli?                                                                              

Si chiama il mestolo per fare questi lavori. E’ tutto buchi, così esce l’acqua. Prima non c’erano tante cose, con questo ci prendevano la pasta nella pentola.(Cenzina)

Come scolapasta. (Nicola)

Ora c’è lo scolapasta e non lo usano più. (Cenzina)

Allora cosa devo fare? Devo stendere l’uovo e poi devo metterci la palma o prima la palma e poi l’uovo? (Marenza)

Metti l’uovo ora. (Cenzina)

Dappertutto? (Marenza)

Sì, ungilo bello bello. (Cenzina)

Devono venire lucidi, giusto? (Marenza)

Ma l’uovo perché lo metti?                                                                                                                                                    

Per farlo venire lucido. (Cenzina)

Non farlo andare sull’uovo, altrimenti non sappiamo se fiorisce o no. (Cenzina)

Forncè (forno) non mi far arrabbiare! (Cenzina)

Ah Maria, dobbiamo mettere la palma. Nonna, la palma in prossimità dell’uovo? (Marenza)

O vicino l’uovo o uno per parte, dove vuoi metterlo lo metti. (Cenzina)

Una palma grande o piccola? (Marenza)

Una fogliolina. (Nicola)

Ma vanno bene queste piccoline? (Marenza)

Prendila sopra che sono più grandi. (Cenzina)

C’è un significato perché mettete la palma?                                                                                                                    

Per benedire questo prodotto che facciamo. (Nicola)

La palma benedetta, perché sono per Pasqua. (Marenza)

Beh, datevi una mossa, venite bene! (Cenzina)

Che devo fare?Ti passo la bambolina? (Marenza)

No, metto prima i culummr. Poi le bambole le metto davanti. Marenza mettili in una sportcell(cesta in vimini), con un panno umido, altrimenti si inumidiscono. (Cenzina)

Ma sono cotti? Chi lo sa? (Cenzina)

Mamma, sono la fine del mondo. (Nicola)

Speriamo. (Cenzina)

Poi come si dice a Nova Siri, o cott o crud u forn ha vist (O cotto o crudo il forno lo ha visto). Ha doppio significato: il forno lo ha visto perché (u culummr) c’è entrato dentro e poi lo ha visto se è cotto o crudo.(Nicola)

Quanto tempo nel forno?                                                                                                                                             

Una mezz’oretta. (Cenzina)

Abbiamo fatto una bella mangiata, in grazia di Dio, abbiamo lavorato ma abbiamo anche mangiato anche se in questo disordine, però. (Cenzina)

Se vuoi far vedere come sono belle cotte ora. Ora si vedono bene.(Nicola)

E’ fiorito?                                                                                                                                                                                                                               

 Sì, sì. (Cenzina)

Quindi cosa significa che è fiorito?                                                                                                                       

Significa che chi deve mangiarsi questa clummur, è fortunato. (Cenzina)

Questa che cos’è quindi?                                                                                                                                                        

Questa è a culummur per i maschi, invece per le femminucce abbiamo fatto la Pupa , eccola qui. E’ cotta bene nel forno, mi pare, l’abbiamo fatto bene, anche per questa volta. Ormai siamo anziani! Questa è la bambolina di mia nipote che è così legata a voler fare queste cose, per lei mi trovo che li faccio altrimenti non li avrei fatti. Lei mi ha incoraggiato tanto a farli. Prima sai come si diceva? Non c’era niente ai tempi nostri, ottanta anni fa, allora noi bambini piangevamo perché volevamo la Pupa con l’uovo, che è questa qui.

“Ven Pasqu candann, candann,                                                                                                                                  

tutti i bambini van piangend,                                                                                                                                      

 van piangend d cor, d cor                                                                                                                                                   

ca von fatt a Pup c l’ov.”

(Viene Pasqua cantando, cantando,                                                                                                                              

tutti i bambini vanno piangendo,                                                                                                                

  vanno piangendo di cuore, di cuore,                                                                                                                                  

perché vogliono fatti la Pupa con l’uovo).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Calzoncelli di ricotta dolce con il ragù (Altamura)

Calzoncelli di ricotta dolce con il ragù (Altamura) preparati da Paola Schiavino Patella intervistata da Angela Devito

Allora, come ti chiami?

Paola Schiavino.

Quanti anni hai?

Ho 56 anni, sono sposata e ho tre figli, sono casalinga.

Ti piace cucinare?

Molto! E si vede…

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Dunque, la mia mamma, che adesso non c’è più, ma era anche a mia zia proprio che piaceva cucinare. Per cui in famiglia ho imparato da loro, la loro passione.

Quindi hai imparato dai tuoi familiari?

Sì.

E a quanti anni hai imparato più o meno?

Ma… Io mi sono sempre dedicata alla cucina da ragazza, anche se andavo a scuola, però siccome con mia madre e con mia zia si preparavano in casa tante di quelle prelibatezze (anche i biscotti si facevano in casa e mia madre addirittura faceva il pane) per me è stata una cosa naturale imparare. Non c’è una data ben precisa da cui mi sono messa a cucinare.

Ci sono delle ricette che sai cucinare meglio rispetto ad altre?

Mi piace provare tante ricette, anche quelle nuove vedendo su Internet, le provo e magari utilizzo nuovi prodotti… insomma mi piace, provo tante ricette.

Cosa ti riesce meglio?

Beh, le ricette della tradizione sicuramente sono quelle più cucinate. Ricette di legumi, verdure, sono quelle della nostra tradizione. Poi è logico che se uno vuole cambiare si leggono le ricette e si impara dal ricettario o dalla televisione. Io cucino la nostra dieta mediterranea: legumi, verdure, sughetti e il ragù, che ora non si riesce più a fare tanto spesso, però alcune volte lo faccio.

Cosa intendi per tradizione?

Praticamente la tradizione è la cultura dei nostri genitori, delle nostre nonne. È la cultura alimentare, ma anche della loro terra; loro hanno tramandato a noi queste ricette, in virtù del fatto che c’era una tradizione contadina. Noi siamo al Sud, ad Altamura, per cui una tradizione contadina che prevede prodotti sia della terra, come tutte le verdure, che prodotti caseari, che da noi sono molto buoni.

Ho capito. Ma tu hai qualcuno che ti aiuta, in famiglia, mentre cucini? Ti fai aiutare? Oppure fai tutto da sola?

Beh, adesso che mia figlia è diventata più grande, mi aiuta.

E rispetto al tuo passato pensi che la dieta alimentare, di cui tu hai parlato, sia cambiata?

Per continuare le tradizioni, più o meno le ricette sono sempre quelle a base di verdure e legumi, ripeto. Però se si vuole fare una ricetta innovativa la si prova, la si cucina, però ritorna sempre la nostra tradizione nelle nostre cucine.

Oggi cosa ci prepari?

Oggi vi farò proprio un piatto della tradizione, che sono i calzungérre con la ricotta dolce. L’ho detto in dialetto; l’ho detto proprio nel nostro vernacolo. I calzungérre con la ricotta dolce sono un piatto tipico altamurano, ma più di tutto il Sud. Sono dei ravioli (li chiamiamo così in questo modo) ripieni di ricotta dolce e conditi con ragù e parmigiano o grana, quindi ragù e formaggio. Per cui c’è questo sapore agrodolce, che verrà fuori, che a non tutti piace. Ecco, ovviamente non è un piatto che si cucina tutti i giorni; è un piatto che richiede anche un po’ di tempo, perché bisogna impastare la pasta in casa, fare i ravioli e ci vuole anche un po’ di dimestichezza ed è anche un piatto elaborato perché c’è il ragù. È un piatto che si usava soprattutto nei giorni di festa, soprattutto nel periodo di carnevale.

Hai detto che è un piatto tipico: in che senso tipico? Cosa significa per te “tipico”?

Tipico perché è della tradizione, soprattutto del nostro Sud. È un piatto che riesce ad unire sia la maestria delle vecchie massaie, che sapevano veramente lavorare bene la pasta ed io mi cimenterò, quindi non è che faccio tutti i giorni la pasta in casa. E quindi unisce, ripeto, sia la pasta in casa, che è un lavoro che non tutti adesso fanno, perché molte donne, anzi quasi tutte lavorano, e sia i prodotti della nostra terra, quindi prodotti caseari, come la ricotta. Perché prima c’erano molte masserie, ce ne sono tutt’ora, però prima la nostra tradizione era prettamente agricola e quindi si prendeva tutto dalla terra, no?

Oggi questo piatto che ci cucini, hai detto questi Calzoncelli di ricotta dolce col sugo, per quante persone sono?

È un primo piatto, devo dire, ed è per quattro persone e magari dopo dirò anche le dosi per quattro persone. È un primo piatto che negli agriturismi è usato, più che come primo piatto, è usato come assaggino. Quindi danno 4\5 raviolini a testa, perché, ripeto, è un piatto agrodolce, perché dentro c’è la ricotta dolce, che si unirà al ragù e al formaggio. È un piatto a cui prima, nelle nostre cucine, dei nostri genitori, delle nostre nonne, si usava anche abbinare delle tagliatelle, fatte con la stessa pasta. Quindi si assaggiavano sia le tagliatelle che i ravioli.

Questo piatto richiede molto tempo per la preparazione?

Inizieremo prima di tutto con il ragù, a preparare il ragù, perché richiede un paio d’ore di cottura, 2\3 ore. Poi faremo il ripieno, perché ha bisogno di stare un po’ nel frigorifero, perché ha bisogno di essere più sodo, più rassodato e poi, la pasta in casa che ha bisogno di una mezz’oretta di lavorazione e di riposo, per essere meglio lavorata e gustata.

Quindi adesso prepariamo il ragù?

Prepariamo il ragù prima di tutto.

Inizio a mettere un po’ di olio sul fondo del tegame. Oggi faccio il ragù di braciolette.

Di solito fai sempre il ragù di braciolette o cambia?

No, cambia. C’è anche il ragù alla bolognese, oppure con pezzetti di carne che vengono sempre rosolati nell’olio.

Adesso facciamo andare la carne in olio in modo tale che si rosoli bene bene e poi ci aggiungeremo la cipolla, sfumeremo con il vino e infine la salsa. E poi daremo tempo alla cottura delle braciole.

Noi le chiamiamo braciole, ma sono involtini di carne di manzo. Nel nostro “linguaggio” le chiamiamo braciole, braciolette.

Questo piatto piace ai tuoi figli? Piace alla tua famiglia?

Sì, ma non tanto spesso. Bisogna farlo, ma non sempre, una volta ogni tanto lo prepariamo… lo preparo.

Ti fanno molti complimenti?

Quando mangiano la pasta in casa, mi fanno sempre i complimenti, perché ricordano la nonna che preparava sempre la pasta in casa. Quindi io cerco di mantenere la tradizione con la preparazione della pasta in casa.

Ti piace sentirti dire che sai cucinare bene?

Beh, fa piacere! Anche perché la cucina non è soltanto la cottura dei cibi fine a sé stessa; la cucina è soprattutto la condivisione del piatto tutti insieme. È condividere, passare una giornata insieme, in compagnia. Quindi lo si fa per unire le famiglie, perché, secondo me, soprattutto la domenica quando ci si dedica ancora molto di più alla cucina, con anche la preparazione del dolce, di un contorno diverso, allora la famiglia si riunisce. Questo è quello che la cucina crea; crea condivisione. E questo mi piace, perché io in questa maniera riesco ad accontentare tutti quanti in famiglia.

Quindi è una forma d’amore per te?

Eh sì. È curare gli affetti! La cucina è anche questo.

Tu passi molto tempo in cucina?

Abbastanza. Passo molto tempo, però non tutti i giorni. Perché ci sono giorni in cui devo fare altro e quindi c’è una cucina un po’ più semplice.

Di solito ti svegli presto per cucinare? In settimana o la domenica?

Sì, la domenica mi sveglio prima; in settimana ci sono anche altri servizi da adempiere.

Adesso aggiungo la cipolla. La taglio a pezzettini, così rosola un po’ insieme alla carne… non tutta perché è tanta. E una volta che rosola anche bene la cipolla, lo sfumerò con il vino.

Per questo piatto hai fatto la spesa in giornata o avevi già qualcosa?

Ho fatto la spesa di questi ingredienti in giornata, come la ricotta e le braciolette. Mentre la farina, la Semola, che utilizzeremo per la pasta in casa, ce l’ho sempre.

Dove vai a fare la spesa? Da un fornitore di fiducia?

Per il macellaio, ne ho uno di fiducia, da cui mi servo sempre da tanti anni. Per cui lui capisce anche quello che mi deve dare come carne. La ricotta dalla latteria. Insomma, giro tanti negozi perché non faccio la spesa esclusivamente da un negozio solo.

Per te è importante fare attenzione alla qualità dei prodotti?

Soprattutto alla qualità! La qualità è la prima base della cucina, poi viene la cottura.

Secondo te, rispetto a prima si mangia più genuino ora? O prima c’era una cucina più sana?

Sicuramente prima i prodotti della terra avevano tutto un altro gusto, perché forse si dava più attenzione alla terra. Mentre adesso con le serre… Bisognerebbe però soprattutto usare i prodotti della stagione ed evitare i prodotti di serra.

Voi prima avevate un orto? Che lavoro facevano i tuoi genitori?

Nono, non avevamo un orto, non avevano una campagna. Mia madre era casalinga e mio padre lavorava al comune.

Adesso sfumiamo con un po’ di vino. Lo facciamo evaporare.

Perché sfumi con il vino?

Così si assorbe bene l’odore del vino, si rosola meglio e ha questo buon sapore la carne. E una volta che il vino sarà evaporato metteremo la passata di pomodoro.

Prima si usava sempre fare la salsa fatta in casa; adesso ci sono molti che la stanno riproponendo, invece di usare queste salse già pronte. Io un paio di anni fa l’ho fatta e devo dire che era molto buona, però anche lì ci vuole tempo, ci vuole molta dedizione e l’aiuto di tanti. Tutta la famiglia deve collaborare alla salsa fatta in casa, perché da soli non si può fare.

Adesso non hai molto tempo per farla?

Sì, volendo il tempo c’è. Ripeto, ci vogliono un po’ più di aiuti. Insomma è impegnativo fare la salsa fatta in casa.

Secondo te il sapore è diverso da quella che si acquista? La senti diversa?

Beh certamente il pomodoro fresco è molto più genuino. Io adesso cerco di fare i pomodori a pezzi e conservarli per l’inverno.

Tu hai un garage o una tavernetta in cui conservi il cibo?

No, perché abitiamo in un condominio adesso. Mentre prima mia madre aveva una cantina in cui conservare, per esempio, i pomodori de’ la cocchj. I pomodori de’ la cocchj (della cocchia) sono quei pomodori rossi che si prendevano in estate, si appendevano ad un filo o ad una corda e li tenevi per tutto l’inverno. E lì, veramente, in quelle cantine si mantenevano molto bene. Adesso non avendo più queste cantine con il fresco e facendo molto caldo in casa, questi tipi di conserve non si possono tanto tenere. Chi ce l’ha può sempre farlo.

Quanto tempo ci vuole per la cottura del sugo?

Almeno per il ragù 2\3 ore le dobbiamo considerare. Adesso mettiamo un po’ di passata e poi deve andare al minimo. Una volta che ha preso il bollore, il ragù deve cucinare coperto e al minimo, con il fuoco al minimo sotto. Così deve sobbollire piano piano per 2\3 ore. Ci aggiungo un po’ di acqua, perché la passata ha bisogno di un po’ di acqua. Nel frattempo mettiamo il sale, un po’ di alloro per dare sapore al sugo.

Allora prendiamo l’alloro…

Perché metti l’alloro?

Perché dà un buono profumo. In verità io uso molto le erbe aromatiche. Infatti ho i vasetti con la salvia, il basilico, la menta… perché mi piace utilizzare queste erbe aromatiche in tutte le mie pietanze.

Questo l’hai visto fare dai tuoi genitori?

Sempre da mia madre. Ma diciamo che la cipolla e l’alloro sono quelle cose che si mettono sempre.

Adesso abbassiamo al minimo e lo portiamo dietro…

Nel frattempo fai i calzoncelli?

No, nel frattempo preparerei il ripieno dei calzoncelli, dei calzungérre, perché deve stare un po’ in frigorifero, si deve rassodare. Non deve essere molto lento, perché altrimenti se è lento e morbido, si rischia che i calzoncelli si disfino nella cottura. Allora gli ingredienti sono 250gr di ricotta. La ricotta l’ho comprata ieri, quella del giorno prima, così almeno è più soda e più asciutta.

E non caccia l’acqua…

Esattamente e non caccia l’acqua… ecco 250gr di ricotta e possiamo metterci qua. Nei 250gr di ricotta si mette lo zucchero, circa 100\80gr, ma lo possiamo anche assaggiare, e poi 2 tuorli d’uovo.

Servono soltanto i tuorli?

Qui sì, per non rendere l’impasto molto morbido con i bianchi.

Poi conservi il bianco dell’uovo?

Si potrebbero fare anche con le mandorle le Spumette, che sono molto buone. Oggi no, magari lo conserverò e domani lo utilizziamo, perché in cucina non si butta mai niente.

Hai detto che in cucina non si butta mai niente, come mai?

In cucina, no, non si butta mai niente! Bisogna anche fare il recupero dei prodotti che ti avanzano, perché altrimenti è uno sciupio di soldi e dispiace buttare.

Allora nella ricotta con lo zucchero e i tuorli, ci metto anche una grattatina di buccia di limone.

Perché?

Dà quel buon profumo. Abbiamo detto che il ripieno è fatto da ricotta dolce e uovo e si mette il limone per dare questo buon profumo e sapore. Però si mette soltanto la parte gialla e non quella bianca, perché è più amara. Questo è un limone non trattato, quindi prima l’ho anche lavato. Volendo si può mettere anche della cannella, però è facoltativo. Io in genere non la metto, perché dà quel gusto molto più forte, ma alcuni mettono giusto un pizzico di cannella.

Hai detto che non è trattato il limone; come fai ad esserne sicura?

Beh, sì, almeno non ci mangiamo i pesticidi. Insomma sono limoni biologici.

Lo hai comprato sempre dal tuo fornitore di fiducia?

Sì sì, l’ho comprato dal fruttivendolo di fiducia.

Allora si lavora il ripieno con un semplice cucchiaio. Non c’è bisogno di utilizzare il passatutto, perché la ricotta è comunque molto fresca; è di ieri, però si può lavorare bene. Basta un cucchiaio per poterla amalgamare bene. Questo composto va tenuto in frigorifero, fino a che faremo i ravioli.

Io metterei un altro poco di zucchero, perché se non sono abbastanza dolci non c’è quel contrasto.

Hai detto che questo è un piatto tipico di carnevale; ci sono altri piatti tipici del periodo di carnevale che cucini, conosci o che hai mai assaggiato?

Questo è un piatto di carnevale, anche perché richiede molto lavoro. Altri piatti tipici, no… a Pasqua si fanno piatti tipici nel nostro Sud. Ah! A Carnevale ci sono i dolci. Ma questo è un po’ un piatto tipico, poiché era anche come un dolce.

Io metto in frigorifero questo composto, in modo tale che si rassoda ancora meglio, fino a che prepariamo la pasta.

Ma non ci sono altri piatti di Carnevale che tu hai cucinato o cucini? Cucini spesso solo questo?

Gli gnocchi, ma non sono della nostra tradizione. C’è un altro piatto tipico, ma più che altro da giugno in poi: la pecora alla r’zzaul. Ma questo è più in estate quando la pecora è più tenera.

Che cos’è la pecora alla r’zzaul?

La pecora è proprio la carne di pecora; alla r’zzaul perché praticamente viene cucinata in un coccio al forno a legna. Si preparano tutte le verdure (patate, peperoni, cipolle, cicorielle, cardoncelli) e si mettono insieme alla pecora e si lasciano cucinare 4 ore, coperte in questo coccio, in questo tegame di coccio, addirittura nel forno a legna, e ad Altamura ce ne sono tanti.

Adesso prepariamo per fare la pasta. Prendiamo la spianatoia. Per 4 persone, servono 250gr di semola rimacinata.

Hai imparato da sola a fare la pasta in casa?

Sempre guardando mia madre e poi mi sono cimentata anche io.

Allora questa farina è la semola rimacinata di grano duro. Nel nostro Sud si usano molto queste semole che sono diverse dalla 00, perché queste sono di grano duro, mentre poi ci sono le farine di grano tenero.

Dal grano duro si hanno la semola vera e propria, che ha una granulometria più grossa, e la semola rimacinata, che è più sottile.

Con questa di grano duro si fanno le focacce. Con questa rimacinata noi usiamo fare la focaccia e tutta la pasta fatta in casa. Con questa facciamo i capunti, i capuntini, anche ciò che stiamo facendo adesso, i calzoncelli di ricotta dolce; mentre con la semola che è più grossa e grossolana come granulometria, si fanno le orecchiette e le tagliatelle.

Adesso prendo un po’ di acqua se mi occorre.

Tu sai fare tutti i tipi di pasta in casa?

Le orecchiette le so fare, ma lì ci vuole veramente tanta tanta pazienza! Perché occorre un po’ di tempo per poterle fare e siccome non ho mai tutto questo tempo per poter stare seduta a fare le orecchiette, non mi metto mai. Però tagliatelle, capunti, capuntini: li faccio tutti.

Con la farina ho creato una specie di fontana, un cratere e qui ci metto le uova intere: due sono più che sufficienti, bastano. Se ci vuole, aggiungeremo dell’acqua. Vado a lavarmi le mani…

Sempre meglio lavarsi le mani quando si toccano i gusti delle uova!

Perché?

Per l’igiene.

Adesso devo far ben amalgamare le uova, in modo tale che il bianco che crea questa parte filamentosa sia un tutt’uno con il resto delle uova, prima di assorbire tutta la farina. Quindi la devo prima di tutto sbattere bene e poi comincio a far assorbire la farina.

Avete visto che ho setacciato la farina? Va sempre setacciata proprio per evitare i grumi e qualche pezzettino che è rimasto qui, che mi rovina la pasta.

E se non si amalgama bene che cosa può succedere?

I filamenti sono andati via. No, ma basta sbatterle e le uova diventano un tutt’uno e non c’è quella separazione tra il bianco e il rosso. Adesso cominciamo a far assorbire la farina.

Un po’ per volta?

Sì, un po’ per volta e poi lavoreremo a mano. Prima con la forchetta e poi lavoriamo a mano. E adesso che non abbiamo più paura che l’uovo si disperda sulla spianatoia, possiamo lavorare a mano. Incominciamo ad inglobare tutta la farina.

Ti piace impastare a mano?

Sì, mi piace molto. Anche perché in realtà ti aiutano molto questi nuovi elettrodomestici, come l’impastatrice. Però proprio sotto le mani ti rendi conto se l’impasto è venuto della giusta consistenza, perché nell’impastatrice non hai questa possibilità. Invece sotto le mani tu vedi se l’impasto è duro o morbido, se ha bisogno di avere più acqua, più farina, eccetera. Perché tutto dipende dalla qualità della farina e dalla uova, se sono più grandi, più piccole, da come assorbono la farina. Per cui ci dobbiamo rendere conto man mano se abbiamo bisogno di acqua o no.

Tu hai l’impastatrice?

Ho un elettrodomestico che è come un’impastatrice, ma è un tuttofare: monta i bianchi, monta la panna… quindi non è una vera e propria impastatrice.

Ma tu le ricette le ricordi tutte a memoria? Oppure hai un ricettario? O ti servi della tv o di internet…?

No, praticamente le ricette me le scrivo io su un quaderno, quelle della tradizione, della mia mamma, della mia famiglia. A memoria non si possono ricordare tutte; quelle che si fanno più frequentemente le ricordi. Se poi voglio fare una ricetta nuova, mi servo di internet adesso, ma prima con i libri di cucina.

Ma a volte cambi qualche ingrediente o le quantità degli ingredienti? Oppure le segui sempre?

Diciamo che se non ho un ingrediente, non impazzisco per andare a cercare o trovare un ingrediente nuovo; allora non lo metto.

E prima se non ricordavi come facevi senza internet? Andavi dalle nonne o dalle zie?

Sì, ma avevo anche i libri di cucina. Prima se ne compravano parecchi, per esempio il libro dell’Artusi.

Allora adesso la cosa più importante è sempre pulire bene la spianatoia e raccogliere tutta la farina e lavorare per almeno una decina di minuti la pasta, perché in questa maniera diventa omogenea, liscia.

Perché pulisci il tagliere (o spianatoia)?

Raccolgo. Raccolgo tutto quello che posso raccogliere dell’impasto, in modo tale da non buttare niente. Ecco, adesso lavoriamo. Questo qui che ho alle mani, in genere lo pulisco, ma poi non lo utilizzo, perché con il caldo la pasta già tende a seccarsi. Per cui questo non lo metto e mi pulisco bene bene le mani, in modo tale che l’impasto sia sempre pulito e liscio. Ci metto un poco di farina e la lavoro una decina di minuti.

Questa pasta non deve essere né troppo dura né troppo morbida, quindi deve avere una certa consistenza in modo tale che dopo la possiamo lavorare alla macchinetta della pasta. Io mi servo della macchinetta della pasta, perché tirare la sfoglia a mano (mia madre lo sapeva fare molto bene, perché prima non avevano questi oggetti in casa e quindi con il mattarello tiravano la sfoglia molto sottile) mi riesce un po’ più difficile e quindi la tiro con la macchinetta. Bisogna sempre lavorare con il palmo della mano, in modo da riscaldare l’impasto e renderlo liscio ed omogeneo. Dopo averla lavorata così una decina di minuti, la si lascia riposare almeno per mezz’ora. Perché adesso, vedete, è un po’ granulosa al tatto; invece una volta che si lascia riposare, poi la vedremo, diventa più liscia, omogenea e ha perso quell’elasticità che adesso invece ha. Quando la si lavora, si ritira, perché la stiamo lavorando. Invece lasciandola per una mezz’oretta perde quell’elasticità e così dopo la pasta non si straccia anche quando la stenderemo.

Io direi che adesso la possiamo raccogliere in una palla così e l’andiamo a coprire. La copriamo in modo tale che non si secchi la parte superiore con il caldo e quindi l’umidità che crea la pasta la fa diventare liscia ed omogenea. Adesso devono passare almeno 20\30 minuti e nel frattempo possiamo pulire qui tutto quanto.

Perché l’hai coperta con questo vassoio di vetro?

La si può coprire con questo, con una cosa di plastica, anche con un canovaccio umido. Forse la cosa migliore è proprio coprirla con un canovaccio umido, per non farla seccare. Così l’aria esterna non fa fare la crosta sopra la pasta. Nel frattempo ci puliamo tutta la spianatoia, u ta’vulir, così lo chiamavamo e anche certe volte in italiano. Mi lavo di nuovo le mani.

Il sugo a che punto è?

Beh ha bisogno di ancora un po’ di cottura, però sta andando bene, si sta cucinando.

Puliamo qua sopra e ci prepariamo per i ravioli.

 

Ora sto controllando il sugo, la cottura del sugo e sta andando molto bene. È passata la mezz’oretta oramai per la pasta, per farla riposare e adesso cominciamo a stendere la pasta, per creare i ravioli.

Ecco vedi, la pasta è diventata bella liscia ed omogenea, mentre prima vi avevo fatto vedere che era un po’ rugosa, ruvida. In questa maniera ha praticamente perso l’elasticità e così adesso la si può stendere facilmente. Comunque la si stende a piccole porzioni alla volta e il resto che rimane lo dobbiamo sempre coprire in modo tale che non si secchi.

Io mi preparo comunque il ripieno, perché ho bisogno di tenerlo vicino, perché così appena tiro la sfoglia preparerò i calzungérre. Perché essendo pasta ripiena ho comunque la necessità che sia sempre fresca, molto morbida, non la devo lasciare asciugare. Perché se la lascio asciugare, non la posso più chiudere, poiché i lembi della pasta vanno chiusi.

Si inizia dalla parte più grande della macchinetta, quella dallo spessore più largo, perché ha bisogno di essere lavorata. Vedete, già è bella liscia. La si gira più volte. La si gira in questa maniera e la si continua a lavorare. Se abbiamo necessità mettiamo un pochettino di farina, ma proprio poca poca. La pieghiamo di nuovo, la lavoriamo e adesso cambiamo la posizione del foro: passiamo al foro numero 2. Quello di prima era il numero 1 e adesso il 2 per renderla più sottile. Basta una volta, la passo al numero 3 della macchinetta, continuo sempre e adesso è diventata ancora più sottile. Poi al numero 4…

È un passaggio graduale…

Sì, è un passaggio graduale in modo tale che la pasta venga lavorata. Comunque la farina la metto solo da un lato, perché dall’altro dopo ho necessità, che si chiuda e quindi non devo infarinarla, altrimenti non la posso chiudere più. Al numero 4 la stendo adesso. Vedete, già come è bella liscia al numero 4; certe volte al numero 4 faccio le tagliatelle fatte in casa. Siccome i ravioli hanno bisogno che si uniscano i due lembi della pasta, ho bisogno che la rendiamo più sottile ancora e quindi la passo al numero 5.

Adesso mi preparo i mucchietti. Un cucchiaino va bene per ogni mucchietto. Li metto a distanza uguale l’uno dall’altro. Mi aiuto con due cucchiaini in modo tale da avere il mucchietto tutto uguale.

Adesso bisogna essere molto svelti nell’unire i lembi di pasta. Riesci a vedere?

Sì…

E adesso la cosa più importante da fare è togliere l’aria e incominciare a sigillare i bordi. Togliere l’aria da dentro così facendola aderire.

Ma si fa solo a mano? O puoi farlo anche con la forchetta?

No, adesso lo faccio prima a mano e poi dopo con la rotellina do la forma ai ravioli… con la rotellina oppure con altri oggetti, una formina. Tolgo l’aria attorno in questa maniera; ecco perché si fa un pezzettino alla volta, perché la pasta deve essere sempre fresca, appena lavorata subito creare il raviolo.

Questa è la rotellina di cui mi servo, oppure c’è anche questo. Se io faccio così, posso fare così e crearmi la forma del raviolo. Però siccome sono piccolini, li lascio asciugare un po’ su questo canovaccio. Sono un po’ piccolini e belli pienotti, allora li faccio con la rotellina che mi dà una forma un po’ più grande.

Cosa sono questi oggetti che hai qui?

Sono tutti oggetti antichi di famiglia, di mio nonno, della mia mamma. Allora a incominciare dai ferri da stiro, vedete: prima mica avevamo la caldaia o i ferri a vapore, nel ferro da stiro si mettevano i carboni caldi e con due persone che mantenevano le lenzuola, con quel ferro le stiravano; poi abbiamo i macinini per il caffè, mentre adesso c’è il caffè pronto, imbustato, prima si acquistava il caffè in chicchi e si macinava nei macinini; poi ci sono questi oggetti centrali che sono dei misurini per il latte, anticamente, me lo ricordo ancora, non c’era la latteria, veniva un signore che portava il latte a domicilio, casa per casa e gli dicevamo quanto latte volevamo e con quei misurini si misurava il latte; poi ci sono i mortai in rame, in legno, per schiacciare le mandorle, le noci; e poi questi altri oggetti in latta, tutti di famiglia.

Allora io per impastare qua ho riportato la macchinetta al primo numero, in modo tale da creare la sfoglia, da renderla più sottile e lavorarla. Adesso la passiamo al numero 2 e così via fino a che formiamo tutti i ravioli e fino a che facciamo la sfoglia al numero 5 della macchinetta. Questo è il numero 3… 4…

Nel frattempo hai messo a bollire l’acqua o non ancora?

Eh non ancora. Adesso lo faccio, così mentre bolle continuiamo a fare i ravioli. Ecco, l’ho stesa al numero 5 e ci prepariamo gli altri mucchietti per il ripieno e così via, fino a consumare tutta a pasta che abbiamo preparato.

Questa bilancia che sta qui la usi ancora?

Certo! Sì sì, la uso volentieri.

Era di tua madre?

Sì sì, della mia famiglia. Vedete qui, stiamo facendo gli altri ravioli; la sfoglia è bella fresca.

Qui è fuoriuscito un poco, perché era più corta la pasta, più stretta. Li sigilliamo bene, in modo tale che dopo in cottura non fuoriesca il ripieno, facendo uscire, come ho detto prima, sempre l’aria. Facciamo sempre con la rotellina.

Questa pasta non si butta, la rimpastiamo insieme all’altra. La si lascia sempre là dentro per non farla seccare.

Ci tieni che vengano bene?

È certo! Perché poi tanto lavoro e si disfano in cottura non è bello. Ci vuole attenzione e anche aver dosato prima bene la farina per l’impasto.

Adesso tiriamo un altro poco la sfoglia e si fa man mano, sempre dal primo punto della macchinetta. La impastiamo più volte.

Questo invece che cos’è?

Quello è un braciere di rame, dove anticamente si mettevano i carboni e ci si risaldava. Attorno attorno la famiglia si riuniva e si raccontava come era andata la giornata, si raccontavano le storie, le favole ai bambini. Perché non c’erano i termosifoni e quindi attorno al braciere si riuniva la famiglia. Molte volte si utilizzava anche per asciugare i panni: sul braciere si metteva una cosa in legno, fatta come un intreccio, con del legno intrecciato, dove si asciugavano i panni in casa sul calore del braciere.

Ma ora non lo utilizzi più?

No, ora no.

Ti manca utilizzare questi oggetti?

Beh, adesso con la nuova tecnologia e le nuove cose certamente è molto più facile: basta un click, accendi i termosifoni e tutta la casa si riscalda. Ma prima la vita si conduceva in una maniera diversa, c’erano meno impegni, le donne non lavoravano e quindi la sera si riuniva la famiglia tutt’attorno alla tavola, al braciere, ma si conduceva una vita completamente diversa.

Anche la tua famiglia prima conduceva questo stile di vita?

Mia madre certamente, ma già da i miei tempi no… da quando sono nata io, mi ricordo la televisione in bianco e nero e poi tutti gli altri oggetti che adesso ti facilitano molto la vita, tutti questi oggetti sia per la cucina che per il resto.

Però nonostante queste innovazioni vedo che per cucinare utilizzi questa rotellina che è un oggetto antico.

Abbastanza antica… sì sì, è vero.

Adesso un’altra cosa da fare, appena finiamo tutti i calzungérre, è punzecchiare sopra la pasta, in modo che esca un po’ di quell’aria che si è formata all’interno, proprio per evitare che durante la cottura si aprano.

Ci vuole pazienza. Ecco perché prima ho detto che non è un lavoro da fare tutti i giorni. La domenica insomma mangiare la pasta ripiena richiede molto tempo.

Invece in settimana che cosa cucini? Hai un menù fisso?

Beh insomma dopo aver mangiato la domenica le cose buone, come il ragù, il lunedì in genere la verdura. Poi più o meno si rispetta la ciclicità dei prodotti e anche della settimana. Allora magari il martedì pasta al sugo o pomodorini e rucola. Poi il mercoledì e il venerdì il pesce, il giovedì sempre il sughetto. Poi il sabato, il classico in ogni famiglia altamurana, soprattutto d’inverno, in ogni famiglia che si rispetti, il brodo di carne. E magari nel brodo anche la tagliolina con le uova fatta in casa era una cosa buonissima…

Come lo fai il brodo?

Brodo di carne di muscolo o di spezzatino.

Sempre con la pasta fatta in casa?

No, non sempre. Però insomma, adesso la pasta fatta in casa viene sostituita spesso dai tortellini già comprati. Però la pasta fatta in casa ha tutto un altro gusto e sapore.

Ora devo controllare se l’acqua già bolle.

Poi la bellezza della rotellina è che alcuni sono più piccoli, altri più grossi, più rotondi, altri più grandi… ed è proprio questa la cosa più bella.

Non vengono tutti uguali e si vede che sono fatti a mano.

Eh sì e si vede che non sono comprati, che sono una cosa artigianale e non industriale.

L’acqua bolle e io direi che possiamo calare la pasta. Il sugo è pronto. Allora nell’acqua prima di mettere i ravioli, dobbiamo mettere il sale e già la rendiamo salata e un goccio d’olio per non fare attaccare la pasta fatta in casa, però diciamo che in genere con la pasta all’uovo non dovrebbe servire l’uovo, perché la pasta all’uovo non si attacca; di più con le tagliatelle, i capunti, i capuntini, di più con quella pasta.

Ecco adesso dobbiamo punzecchiare la pasta sopra in modo tale che…

…esca un po’ d’aria…

Sì, che esca un po’ d’aria esatto. Bene questi già sono pronti.

Ci vuole molto per la cottura?

No, appena salgono a galla. Non si mettono tutti insieme, perché altrimenti nel tegame non prendono subito il bollore e si mettono poco alla volta. Io incomincio a togliere anche questo. Così ci prepariamo anche per poter servire a tavola.

Adesso bisogna riordinare il tavolo prima di apparecchiare?

Eh sì sì, sistemiamo la tovaglia. Questi non servono più…

E con quelli cosa farai? Li riutilizzi magari per un altro pranzo o per un’altra pietanza?

La ricotta avanzata? Si può fare benissimo anche il dolce domani. Domani con dei biscotti sbriciolati sul fondo della teglia si mette il composto di ricotta, si fa cuocere in forno e viene una buona pizza di ricotta dolce, magari aggiungendo anche delle gocce di cioccolato o del cioccolato tritato. Ecco perché dicevo prima che non si butta nulla.

Nel frattempo apparecchiamo la tavola, questo lo lasciamo qui, puliamo qua sopra prima di apparecchiare.

Ci tieni a curare l’estetica della mensa?

Soprattutto, perché come si dice l’occhio vuole sempre la sua parte: quindi prima di tutto l’occhio, poi il gusto e il palato. Adesso vado a prendere la tovaglia. Ché appena salgono a galla i ravioli, i calzungérre sono pronti e possiamo servire.

Ci tieni ad abbinare i tovaglioli al colore della tovaglia…?

Sì, soprattutto quando ci riuniamo a Natale o a Pasqua. Allora quando si riuniscono le famiglie si dà molta più importanza a come sistemare la tavola con bicchieri più “importanti”, altri tipi di piatti che non usiamo tutti i giorni. Quindi diciamo che diamo più attenzione soprattutto quando c’è qualcuno che viene a casa, ma tutti i giorni comunque la tovaglia, i piatti, i sottopiatti si mettono sempre tutti i giorni.

Hai tanti servizi di piatti?

Beh tanti tanti no…

Bicchieri?

Bicchieri sì, bicchieri a calice… poi soprattutto quando si è in più persone si ha bisogno di tanti piatti tutti uguali, quindi tiriamo fuori il servizio con i piatti tutti uguali. Ecco fatto.

Io metto il sale alla pasta, così appena si scioglie… l’assaggio prima l’acqua se è salata a sufficienza.

Adesso li calo alcuni alla volta. Il tempo di farli salire a galla e di farli bollire qualche secondo, non moltissimo, e li possiamo scolare. Nel frattempo mi riavvicino il sugo che oramai è pronto. È molto saporito questo sugo di braciolette. Guardate, ha rilasciato anche un bel po’ di olio. Incomincio a mettere un po’ di fondo di sugo qui dentro, perché li servo a tavola in questa pirofila. Li facciamo stare ancora qualche secondo e poi li possiamo togliere con questo scolapasta da dentro; si tolgono o con questo o con la schiumaiola.

Che cos’è questa?

Eh, fa scolare bene l’acqua e li possiamo prendere senza farli rompere, perché se li tuffiamo direttamente tutti nello scolapasta rischiamo di romperli e poi, oltretutto, l’acqua mi serve per poter cucinare gli altri.

Io direi che sono pronti. Li metto qua dentro. Adesso qui metto gli altri e condisco i ravioli con il formaggio, il parmigiano, e il sugo che continuo a rimanere in caldo sempre riscaldato, in modo tale che i ravioli non perdano di calore fino a che non li portiamo a tavola.

Li condisci a strati?

Sì.

Per far amalgamare?

Sì, per far amalgamare il tutto.

Qui devono salire ancora a galla; facciamoli stare qui a cuocere ancora un po’ e poi a tavola li possiamo servire nei piatti. Facciamo prendere di nuovo il bollore.

Questo è peperoncino?

Sono i peperoni cruschi, sono propri della Basilicata e quindi ogni tanto noi li utilizziamo. Si tagliano da questa corda, si friggono in olio, poi si tagliano, si tolgono tutti i semini da dentro e li gustiamo su pasta e fagioli, pasta e rape. Sono molto buoni con questo tipo di piatto!

E questo te l’ha insegnato qualcuno?

No, questi non sono proprio della nostra tradizione, sono soprattutto della Basilicata, però siccome piacciono e li abbiamo assaggiati presso casa di amici, allora io li acquisto e li facciamo anche noi, perché mi piace sperimentare ed assaggiare tutte queste cose delle altre regioni. Soprattutto in Italia ci sono tanti di quei piatti e mi piace sperimentare da Nord a Sud e c’è un’abbondanza di ricette. Ed è tutta bella l’Italia sia per questo, che a livello enogastronomico è completa e tu non ti puoi mai annoiare ad assaggiare un prodotto, perché ogni regione ha la sua particolarità; per questo l’Italia è davvero eccezionale dal punto di vista della cucina e della gastronomia.

Il nostro piatto è già concluso.

Cucini anche piatti del Nord?

Certe volte ho fatto anche la Polenta, però non sempre perché noi non abbiamo questa cultura. Però mi piace variare molto.

Come fai la Polenta?

La Polenta l’ho fatta con il ragù, oppure quando si è mantenuta più soda, il giorno l’ho cucinata, pasticciata, al forno, oppure a medaglione.

Ecco io ci metto l’altro formaggio, poi a tavola ognuno, nel piatto, se vuole ci mette l’altro sugo o l’altro formaggio.

Adesso lo porti in tavola?

Lo portiamo in tavola e possiamo prendere questo; prendo un sottopentola anche.

Se avessimo avuto del tempo, avrei fatto delle tagliatelle, che accompagnano bene. Si faceva… anzi si fanno tutt’ora i ravioli e delle tagliatelle a lato, così si gustano i due sapori.

Questo è il piatto finito. E adesso possiamo assaggiare e buon appetito!

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La Cecerata ( Laterza )

La Cecerata ( Laterza )

preparata da Agata Giacoia
intervistata da Rosalinda Adorisio

https://vimeo.com/270620293

Buongiorno nonna Agata come stai?

Benissimo.

Cosa ci prepari di buono oggi?

Oggi prepariamo: la semola “la cecerata”, con le uova, con il prezzemolo, o con il  formaggio e  s’impasta con le mani.

E’ un piatto tipico del tuo paese?

Beh io lo faccio e qualcuno lo fa. Ma io lo faccio sempre. Perché l’ha fatto mia mamma.

Questa “cicerata,” che si prepara a Laterza, si cucina anche in altri posti?

Credo di no.

Da chi hai imparato a cucinare questa pietanza?

Da mia mamma.

Quindi, hai imparato a cucinare sin da quando eri bambina?

E sì! Avevo di meno di 10 anni perché mia mamma mi lasciava e andava ad aiutare a mio padre ed io cucinavo sempre a casa.

Quindi, hai imparato per necessità?

Eh ma poi è stata una cosa bella imparare a cucinare.

Di solito, impari nuove ricette oppure cucini sempre piatti …?

Eh, no qualche volta la faccio qualche ricetta nuova per esempio faccio le olive, i pomodori e lo speck.

Ma guardando tipo dalla televisione oppure c’è qualcuno che t’insegna nuove ricette?

Beh, me l‘ha detto mia figlia questa minestra ed io ogni tanto la faccio questa. La pasta con la zucchina con i pomodori, con un po’ di prosciutto dentro, il formaggio, lo faccio.

 Ok. Di solito ti alzi presto per cucinare?

A seconda delle cose. Quando faccio la parmigiana con le melanzane fritte con l’uovo, poi faccio il sugo. Faccio le lasagne al forno. Faccio tante di quelle cose perché i miei figli e i miei nipoti lo vogliono cucinato da me, dalla nonna.

 Quanto tempo impieghi per la cucina?

A seconda di quello che faccio. La parmigiana, ci vuole il tempo. Faccio il sugo la salsa la facciamo tutti noi che teniamo la campagna.

Vai a fare la spesa ogni giorno?

No, no. Prima di tutto che io sono arrivata ad una bella età. Io c’ho 82 anni e non posso andare da sola, ma stando in casa faccio tutto. Vengono i miei figli e i  miei nipoti e andiamo a fare la spesa. Mo ci sono i frigoriferi che si mettono e mantengono le cose.

Quali sono le ricette che sai cucinare meglio?

Ma quasi tutti queste che ho detto. Mi piace a fare tutto.

E c’è qualcosa che non ti piace proprio cucinare?

No. Per esempio i legumi a me non piacciono. Eppure lo cucino delle volte che lo vogliono i miei figli e i miei nipoti.

C’è qualcuno che ti aiuta in cucina?

No. Sola. Non mi aiuta nessuno.

Secondo te, la dieta alimentare è cambiata rispetto al passato? Si mangiano cose nuove o comunque ci sono piatti che non si cucinano più?

No. Io lo cucino. Io sono anziana e mi piace a fare tutte le cose buone. E sono d’accordo i miei nipoti pure.

E’ importante saper cucinare?

È una cosa bella. A me piace cucinare. Piace molto. Lo faccio con piacere ai miei figli, quando è festa io cucino che i miei figli lavorano e io faccio trovare pronto.

Ti fa piacere sentirti dire che sai cucinare bene?

Sì sì sì. Tutti i nipoti miei mi vogliono tutti bene!

Va bene grazie nonna  Agata.

 

 PREPARAZIONE RICETTA

Nonna Agata, allora, ci fai vedere come prepari la “cicerata”.

Va bene. Metto la semola e il prezzemolo mo metto il formaggio. Vedi la busta prendo col cucchiaio e metto il formaggio.  La semola “sus o tavljr”  lo gira con il cucchiaio e metto le uova. Mo incomincio a rompere le uova. Vediamo quante ce ne vogliono. Due, tre mo ne metto un altro e vediamo. Incomincio a impastare con le mani la cecerata. Ho messo quattro uova e l’ho impastato con le mani, però si fa come si chiama la cicerata si fa a granello granello. Non si impasta come la pasta in casa, si fa a granello.

Quindi da qui deriva il nome “cicerata?”

E sì. Vedi.

(la nonna procede nella preparazione)

Poi, per non mettere tante uova, aggiungo una tazzina di brodo.

Avevi già preparato il brodo?

Sì. L’ho preparato prima il brodo e aggiungo una tazzina di brodo. Perché chi se lo può mangiare le uova e chi no.  Allora lo faccio un po’ bere, di mettere tante uova lo faccio con il brodo.Lo faccio su “ u  tavljr “ di legno. Lì lo facciamo.

Dove si prepara anche la pasta in casa?

Sì, si prepara anche la pasta in casa.

Cosa stai facendo adesso?

Li sto facendo con la “rasola” sto facendo le palline piccole. Vedi ? E’ già fatto.

Ok.

Mo mettiamo il brodo in una pentola più piccola lo coliamo e mettiamolo a bollire che lo cuciniamo. Ora mettiamo l’altra pentola di brodo. Prendiamo il mestolo e coliamo il brodo. Mettiamo, aggiungiamo un po’ d’acqua dal rubinetto.

Perché stai aggiungendo l’acqua?

Perché poi  in questa (pentola) metto un po’ d’acqua e cucina la cecerata e poi sopra metto di nuovo il formaggio e il brodo normale.  Aggiungiamo un poco di sale dato che abbiamo messo un po’ d’acqua e vediamo.  Assaggiamo il brodo se è buono. Buonissimo! Ora lasciamo che si bolle e poi aggiungiamo la cecerata. Prendiamo un piatto e la mettiamo dentro. Lo controlliamo per vedere se è fatta bene.  Facciamo uscire il brodo a bollire e mettiamo la cecerata, come se fosse che tu metti la pasta nell’acqua a cucinare. Vediamo quanto ne mettiamo, secondo il brodo che sta a bollire mo  che bolle. Lo sto preparando per mettere nel brodo.

Questo piatto si cucinava in un particolare periodo dell’anno?

Quando uno lo vuole però si cucina di più gli ultimi giorni del Carnevale. Però quando i miei figli dicono: “Nonna devi fare un po’ di cecerata?” dico :” Va bene.”

Tu la prepari volentieri?

Certo, sì. I miei figli sono bravissimi  i nipoti e tutti. Ci vogliamo tanto bene per tutti. E per me quando cucino che me lo dicono i miei figli e i miei nipoti quello che vogliono io sono tanto felice di farlo. Mi alzo presto la mattina e lo faccio trovare pronto per mezzogiorno. Mi piace tanto fare le cose purché tengo una bella età. Lo posso fare ancora tutto… Ora sta bollendo il brodo e io metto la cecerata per farla cucinare nel brodo.

Quanto  tempo ci vuole per la cottura?

Beh, ci vuole un quarto d’ora… Mettiamo quella che ci vuole secondo il brodo che ho messo a bollire che poi deve cucinare un poco.

Per quante persone hai cucinato?

Per quattro persone…Sta cucinando la cecerata e ci vuole un altro po’ di brodo. E io lo metto perché questa quando cucina assorbe il brodo perché io lo faccio sempre e so bene quello che faccio.

Sta cucinando ancora. Poi li dobbiamo assaggiare se è cotto. Si mette un cucchiaio nel piattino e si assaggia se è cotto o vuole stato un altro poco… Mo possiamo assaggiarlo. Mo metto nel piatto due cucchiai  e li dobbiamo assaggiare com’è. Si mette un altro po’ di brodo naturale senz’acqua  e si assaggia. Allora mo  lo assaggio io… E’ molto buona di sale e di tutto. A me piace questa  cecerata!

Quindi, adesso, come si procede?

Mo li dobbiamo spegnere e facciamo i piatti che li dobbiamo mangiare e vedere com’è il sapore. Beh, mo lo spengo è già cotta.

Quindi, adesso, dobbiamo solo impiattare?

Mo dobbiamo mangiare.

Cosa aggiungi il formaggio?

Metto un altro po’ di formaggio e metto un poco di brodo senz’acqua.

E il  piatto è pronto?

Il piatto è pronto.

Ok. Grazie nonna Agata per averci preparato questa pietanza.

Sono contenta che l’ho fatto. Tu me l’hai chiesto e io molto piacere l’ho fatto.

Grazie. Buon appetito!

A tutti!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Polpette di carne mista al sugo (Bernalda)

Polpette di carne mista al sugo (Bernalda) preparate da Anna Maria Greco intervistata da Angelica Madio

Buongiorno

Ciao Ciao Angelica!

Già sei pronta ai fornelli stamattina. Ti sei alzata presto?

No, non tanto presto in tempo utile per poter fare le cose comunque in maniera decente. Tu lo sai che io non amo improvvisare, fare quelle cose che si risolvono in due secondi.

Vedo tanta roba buona qui sul tavolo, carne. Che ci prepari?

Sono gli ingredienti che mi serviranno più per il sugo, per il secondo, per insaporire, rendere gustosa la pasta che andrò a cuocere. Si tratta di pasta e fagiolini, non quelli tondi, comuni tondi, ma quelli che sono denominati ‘pinti’, quelli nostrani che costano l’ira di Dio ma che comunque sono saporiti. Sono proprio prodotti della nostra terra, la nostra Lucania straordinaria, magica che ha una varietà di prodotti molto buoni.

E poi con questa carne cosa vuoi fare?

Dicevo che se condivo pasta e fagiolini col sugo semplice avrei fatto solo il sugo con cipolla, un po’ d’aglio, tutto insieme, olio e sale, ma dal momento che ho deciso di fare le polpette, che a voi piacciono tantissimo e pure a me, ne sono ghiotta, faccio le polpette di carne. Allora innanzitutto il primo ingrediente base è la carne mista.

Macinata, no?

Quando parlo di carne macinata parlo di bovino e suino per renderla più saporita, per rendere l’impasto più saporito e che solo ultimamente, veramente, se ne fa più uso in tutta l’Italia che prima sempre per via della povertà, il piatto tipico della tradizione povera, erano le polpette di pane che andavano fatte con mollica, un po’ di sale, formaggio e qualche uovo. E’ quanto possedevano le persone prima e andavano fatte con il cucchiaio non come le farò io, a palline con le mani. Andavano fritte oppure poi dopo passate nel sugo e quello diventava un secondo al posto della carne. Addirittura ricordo quando mamma poi ha aperto il negozio e vendeva la Simmenthal, etc. etc., ci aggiungeva, ma questo dopo tanto tempo, ci aggiungeva una scatoletta di Simmenthal per dare quella sensazione che fosse un po’ anche di carne ma non lo erano. La vera polpetta di carne è quella che andrò a fare io in questo momento.

Gli ingredienti volevamo sapere. Cosa ci metti?

Io sto facendo ‘ad occhio’ intanto per quattro persone; come l’ho sempre fatto e cerco di mettere del mio meglio, facendo leva sul pizzico della creatività che è in me e ogni momento cambio.  Insomma non è da dirsi che se uno mi chiede pure  la ricetta, come voi sapete, pure dopo dieci minuti l’ho già dimenticata.

Quindi non prendi dai ricettari?

Quasi, quasi mai perché sono d’accordo che il ricettario non deve sostituirsi a me. Posso prendere uno spunto però poi sono io che devo far funzionare il mio cervello per rendere più gustosa, più saporita una pietanza.

E che intendi per saporito poi?

Ovviamente devo far leva sull’accostamento dei prodotti, devo sapere se una cosa va con l’altra. Non è poi tanto tanto semplice stare in cucina!

Però ti piace cucinare no?

Si sì moltissimo solo che quando non mi sento bene diventa un po’problematico per me stare troppo tempo in piedi…

Quando hai imparato a cucinare? Chi ti ha insegnato?

Da piccola se vogliamo, per un duplice motivo: mamma era sempre impegnata per via del commercio, commerciava etc. etc., poi aveva mio fratello piccolo a cui bisognava pure accudire, stare attenta e poi perché io volevo sempre le brodaglie la sera. Spesso desideravo il brodino e quindi mi diceva: “Se vuoi questa minestra, te la fai”. Io avevo il terrore del gas, della bombola non mi volevo proprio avvicinare, però poi lentamente mi sono approcciata, ho preso dimestichezza e ho cominciato quasi quasi giocando, diciamo.

La spesa l’hai fatta stamattina o la fai in settimana?

No, io la faccio settimanalmente, veramente. Mi trovo meglio così perché qualsiasi cosa succeda io devo avere tutto in casa solo ovviamente se mi serve roba fresca, qualcosa può sorgere al momento, allora il supermercato è a due passi e non mi costa niente andare.

E quindi hai dei fornitori fissi? Hai delle persone di fiducia dove vai vero?

No veramente se ci penso. Per la frutta e la verdura sì e tante volte magari vado dai privati e vado a trovarli in casa, però per quel che riguarda tutto il resto, se io trovo roba fresca e si vede quando la roba è fresca l’acquisto un po’ ovunque,  anche perché è pure  per ottimizzare il tempo dove mi trovo, ripeto, sempre se è roba fresca.

Ci dicevi gli ingredienti che metti.

In questo momento io nell’impasto  ho messo: formaggio, sto mettendo l’aglio, non eccessivamente perché ha un sapore molto forte e potrebbe non essere gradito a tutti i commensali. Questo è l’impasto che poi andrò a realizzare in polpette. Diciamo che è un piatto buono, appetitoso, però al tempo stesso non dico faticoso, ma laborioso lo è.

Ma che pensi: la dieta è cambiata? La dieta alimentare da come era prima a com’è adesso? Tu la personalizzi la ricetta?

Ti ho detto che personalizzo sempre, cerco di adeguarla alle esigenze della famiglia, ai gusti della famiglia e poi proprio perché così mi sento realizzata, mi sento contenta, se la faccio come voglio io e se cerco di accontentare i bisogni della famiglia. Infatti nel momento in cui si alzano da tavola e lasciano il piatto pulito, sia i miei, che gli ospiti, io sono ben felice perché ciò significa che la cosa è gradita e questo mi capita quasi sempre e sono fiera di questo perché a me piace che gli altri dicano come sei brava, buono questo, tante volte anzi, mi è successo (qui non si apre) mi è successo di aver persone a pranzo che dicevano “poco poco perché sono in dieta…poco poco perché devo mantenere la linea” però poi facevano bis e tris; il che significa che erano buoni piatti , no?! in qualche modo.

E quindi fai tutto da sola? Nessuno ti aiuta in cucina?

Si si perché sono il classico tipo che non amo fare mettere le mani da nessuno perché non sono contenta ed è una gran pecca questa perché mi stanco terribilmente e non do spazio agli altri e non è certamente una cosa bella però preferisco così.

Senti e per quanto riguarda il modo di mangiare, la dieta alimentare è cambiata, hai detto nel tempo? In che senso? Come?

Sì,  se pensi che pure a me,  ultimamente,  i medici hanno detto di mangiare più sano, nel senso di eliminare tanto sale, di  eliminare i grassi. Quindi già tutte le parti, faccio un esempio, del maiale che prima mangiavamo spesso, più che la carne bianca, ora si è cercato di eliminare il più possibile lo strutto, la pancetta, che ne so, del maiale, il lardo, tante altre cose…

E quindi se togli tutte queste cose significa che è poco genuina poi  la roba?

No assolutamente. Io penso che la bontà del cibo sta in ben altro, non è dovuto a queste cose ma al prodotto fresco, sicuro che non è stato contaminato: ecco perché si va dal contadino tante volte, dalla persona di fiducia, dalla persona che tu sai che magari ha un pezzetto di terra che ha coltivato per conto suo e quindi sicuramente non ha messo, non ha intaccato niente insomma.

E quindi nello specifico qui, cosa ci ha messo?

Allora ho messo un po’ di basilico che dovrebbe sostituire il prezzemolo, che oggi non ce l’ho, che comunque è profumato e forse rende ancora più buono la pietanza. Metto io, amo mettere molto parmigiano, mollica, poco poco d’aglio e qualche uova; cioè giusto giusto un uovo per assorbire, per amalgamare, un po’ di pepe. Poi una volta che ho fatto l’impasto, se ho tempo, se non mi serve subito, l’impasto lo faccio pure riposare un pochino, cosi si amalgama meglio, s’insaporisce meglio, i sapori si amalgamano.

E la carne è mista?

La carne è mista e contrariamente a quello che ti ho detto prima che si faceva con le uova perché erano poveri, non c’erano alternative, le polpette di uova erano quelle che andavano a sostituire. Ora siccome ci sono più soldi, la società è più ricca, allora si fa molto spesso la polpetta di carne, anzi direi un po’ tutti i giorni, non si aspetta la festa come era una volta, per usare la carne.

Quindi non è una ricetta proprio del nostro paese? Tipica? Si fa anche altrove?

Penso che si fa ovunque in tutta Italia, però so pure che dicono,  cioè, che l’Italia è terra varia, bella, ricca per la presenza dei suoi prodotti; ogni regione ha una varietà di cose, però dicono pure che ‘chi mangia italiano mangia lucano’ perché le cose nostre sono delle eccellenze e tante volte prodotte da mani esperte di artigiani, a cominciare dalle mozzarelle.

Sono proprio belle perfette queste polpette. Come le hai ottenute? Come si fanno?

Vedi, sto prendendo un pochino di pasta del macinato e le sto arrotolando, per poi passarle nell’aceto e nel pangrattato e poi andarle a friggere a differenza di quelle con il cucchiaio che si facevano prima come ti ho detto. Ora le metto nell’aceto sempre per il discorso di renderle più saporite e poi nel pangrattato.

Ma questa è una cosa che hai aggiunto più tu?

Si infatti. C’è gente che anziché passarle nel pangrattato le infarinano ma a me non piace la farina, piace più nel pangrattato che da quel senso di croccantezza.

Sono pronte allora queste polpette o no?

Eh le sto friggendo! Il tempo che cuociono e…

Senti ma tra tutta questa roba ci sarà qualcosa che non saprai cucinare o no?

Eh… questa fase la odio proprio, quindi ciò che riguarda la frittura perché strizza ovunque però se si pensa che sono buone, il risultato è quello che conta, uno le fa pure queste cose.

Invece che cosa ti piace cucinare? Cosa ti riesce meglio?

Mah… mi riesce quasi sempre tutto però il calzone con la cipolla, la ‘spinzala’, volgarmente detta nell’ uso nostro bernaldese che poi sarà il porro sicuramente, perchè non è solo spinzala, io ci aggiungo pure le acciughe sott’ olio, i capperi, il tonno; quindi il mio è un calzone elaborato, è più che moderno, poi le fave con le cicorie che ci piacciono tantissimo e le faccio bene.

Insomma, se ne vanno leccandosi i baffi gli ospiti?

Sì, sicuramente perché ti ho detto è il risultato è quello che conta, cioè il piatto vuoto, le “scarpette” che fanno, quindi…

Et voilà, il gioco è fatto e se il gioco vale la candela e vi assicuro, professo, che ne è valsa la pena, favorite. Quando volete venire a casa, vi preparo un bel piatto di polpette. “Che buone!”, dicono a Bernalda “ e ce t mangije!”.

 

 

 

 

 

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Zucchine e patate (Matera)

Zucchine e patate (Matera)

preparata da Teresa Salvatore
intervistata da Valentina Giancola

Buonasera signora Teresa, cosa ci cucina oggi?

Zucchine e patate

E come si fa zucchine e patate?

Ci serve la cipolla, l’olio, le patate e le zucchine.

Per quante persone cucina zucchine e patate?

Per 6 persone.

Come la cuciniamo?

Allora prima di tutto prendiamo la cipolla e la facciamo a pezzettini, la facciamo soffriggere, poi mettiamo le zucchine e le patate insieme e alla fine metto un po’ di salsa o il pomodoro quello che si vuole. Poi aggiungiamo un po’ d’acqua e facciamo cucinare per un’oretta. Quando è cotto si può mangiare.

Cosa sta facendo?

Ho messo la cipolla, ora metto l’olio. Dopo lavo le zucchine e le faccio a fettine come le patate, in seguito metto affetto le patate e si cucinano, aggiungo il pomodoro, il sale e una foglia di basilico alla fine.

Adesso lavo le zucchine.

Dove le ha comprate queste zucchine?

Le ho comprate in piazza da un fruttivendolo di cui mi fido e ci vado da tanti anni.

Sempre là va a fare la spesa?

Sì.

E cosa compra?

Tutto. Verdura, frutta, insalata.

E va sempre dalla stessa persona?

Sì sì sempre dalla stessa persona perché mi fido di lui. Ora tagliamo le zucchine e le facciamo a fette.  Adesso le metto nella pentola e le facciamo cucinare.

Ora pulisco le patate.

Quante patate usa per sei persone?

4-5, dipende dalla grandezza delle patate.

Signora Teresa ma questo piatto è una ricetta del suo paese?

Sì sì di Potenza.

Lei è nata a Potenza?

Sì in un paese lì vicino, a Tito.

E adesso vive a Matera?

Sì, da circa 41 anni.

Chi le ha insegnato a cucinare?

Mia nonna, mia madre e anche mio padre che cucinava.

Adesso lavo le patate e ora le faccio a fette e le aggiungo alle zucchine. Poi lavo i pomodori.

Quanti pomodori deve mettere in questa ricetta?

Una decina, anche quindici, dipende.

Questo piatto prevede un sugo?

Come si vuole.  Si può fare un sugo con la salsa o con il pelato oppure un sughetto con i pomodori, solo per colorare il piatto.

E perché lei usa i pomodori?

Perché mia nonna metteva i pomodori.

Quindi, questa ricetta lei l’ha mai cambiata?

No no mai, perché mi piace così com’è.

Adesso faccio a pezzettini piccoli i pomodori e li aggiungo alle zucchine e patate.

Cosa sta facendo adesso?

Ora sto mischiando tutto così le zucchine e le patate prendono il sapore dei pomodori. Ora aggiungiamo un po’ di sale e lasciamo cucinare. Prima però aggiungiamo un po’ d’acqua. Mescoliamo di nuovo e se si vuole si aggiunge la salsa. Mettiamo il coperchio e lasciamo cucinare.

Per quanto tempo?

Almeno per un’oretta e aggiungiamo acqua quando serve.

Com’è il sapore di questo piatto?

È molto buono ed è importante che si sentano tutti i sapori degli ingredienti. Infine, aggiungiamo una foglia di basilico.

Ecco zucchine e patate sono quasi pronte, tra poco possiamo spegnere il fornello.

Quando possiamo dire che il piatto è pronto?

Assaggiamo e quando le patate e le zucchine sono cotte possiamo spegnare e poi si può mangiare.

Grazie signora Teresa per la sua disponibilità.

 

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Pannarella pasquale (Matera)

Pannarella pasquale (Matera)

preparata da Chiara Festa
intervistata da Angela Festa il 13 giugno 2017

Buonasera, siamo oggi nella cucina della signora Chiara Festa che ci ospita per illustrarci le modalità di preparazione della Pannarella pasquale. Grazie per averci aperto la sua cucina.

Non c’è di che.

Bene, come avevamo illustrato ci dica esattamente, che cosa ci prepara oggi?

Oggi vi preparo un dolce con la pasta frolla. Questo dolce però viene fatto nel periodo pasquale, ai miei tempi, si faceva con la pasta dei biscotti, che era una pasta molto dura, invece questa è più dolce e più friabile.

Quindi lei ha un po’ cambiato la ricetta originale  rispetto al passato?

Certo, perché quella originale era molto dura invece questa è più friabile.

In che cosa si differenzia per gli ingredienti?

Prima si metteva l’olio e quindi l’olio già è molto più pesante del burro, adesso invece si usa più il burro.

Chi le ha insegnato a preparare questo dolce?

Veramente, io avevo una zia che non aveva figli, e lei mi faceva vedere come si facevano le cose tradizionali già allora.

Che cosa significa per lei tradizionale?

Qualcosa di… che si faceva molto tempo prima. Adesso ci siamo tutti un pò rimodernati, sia nel mangiare, sia nel vestirci, sia in tutto. E tutte le comodità che abbiamo adesso non le avevamo allora. Allora  si andava alla fontana a prendere l’acqua quindi anch’io piccolina aiutavo la zia a riempire queste brocche d’acqua.

Bene, allora, ci spieghi un poco, esattamente, in cosa consiste la ricetta, quali sono gli ingredienti fondamentali?

Allora la ricetta…ci sono sempre i soliti ingredienti: la farina,  lo zucchero, le uova, il burro e poi si adorna con delle codette, dei corallini colorati.

Eh, ha una forma particolare questo dolce? Deve rispettare qualcosa?

Si, questo dolce veniva… alle bambine si facevano le bambole o i cestini o le colombine, i cavallucci ai maschietti. C’era distinzione tra le femminucce e i maschietti.

Ma questi ingredienti da dove li compra, dal supermercato o si fornisce da qualche fornitore particolare? Sono nostrane

Ma, veramente gli ingredienti burro, zucchero, farina, quelli sono di routine, dai supermercati, però le uova sono nostrane, perchè mio marito ha una casetta in campagna, e quindi, ha pure quattro gallinelle. Adesso mettiamo a cuocere( le uova, per farle sode ). Le uova si lavano prima e si mettono a cuocere. Non saranno troppo dure, altrimenti vengono cotte due volte.

Ma lei la mattina si sveglia presto per cucinare?

Io ogni mattina mi sveglio alle cinque e mezza, sei meno un quarto, perchè nonostante l’età vado ancora a lavoro,e quindi mi preparo il tutto sempre la mattina, perchè non voglio preparare il pranzo…

Quindi lei la spesa non la fa tutti i giorni?

No, la spesa la faccio quando mi servono le cose più importanti. Allora vado più spesso al supermercato o a un negozietto qui vicino, però in genere la faccio sempre abbondante, così non mi manca mai niente.

Quali sono le ricette che le piace di più cucinare? è un piatto che  le riesce meglio? O qualcosa che invece non ama proprio cucinare? Ci dica un po’

La verdura è una cosa che mi dà un po’ fastidio, perché si perde un sacco di tempo sia a pulirla che a lavarla. Non è di mio gradimento, però la faccio sempre, perché mio marito vuole sempre la verdura, quasi tutte le sere mangia la verdura.

Quindi lei cucina secondo i gusti della famiglia oppure a sua libera iniziativa?

No, adesso che siamo rimasti in due, diciamo che è lo spunto arriva sempre dal mio marito, che lui non mangia tutte le cose come me, quindi sono io che mi adeguo, invece quando vengono le mie figlie, adeguo il pranzo al loro.

Quindi, il menù della domenica è sempre variabile, o rispetta la tradizione?

No, è sempre variabile. Facciamo la pasta al forno, i cannelloni, i ravioli.

Adesso accendo il forno, prima il forno non era così; al forno si andava fuori, perché c’era il fornaio e si portava nei dolci al forno grande, che era legna. Adesso abbiamo tutte le comodità.

Passiamo alla ricetta: mettiamo le uova.

Stamattina mi ha detto che si era alzata presto, cosa ha cucinato per pranzo?

Stamattina ho fatto la pastasciutta, ho fatto il sugo, le braciolette con un po’ di salsiccia, e ho fatto cuocere il sugo, e alle due abbiamo fatto la pasta.

Ma lei come imparato a cucinare?

Vedendo la mia mamma. E poi le ricette, adesso siamo un po’ tutte più acculturate e andiamo anche noi a vedere su internet quello che si prepara, e quindi vediamo anche noi le ricette moderne.

Adesso mettiamo il burro.

Quando ha imparato a fare la pannarella pasquale?

Veramente questa è una cosa che me la tengo da bambina, perchè non è che si fa tutti i giorni…quindi una volta all’anno la facciamo sempre. Io da bambina ero curiosa di vedere come si faceva e stavo sempre a curiosare intorno alle mie zie che lavoravano a fare i biscotti, le pannarelle, la pasta fatta in casa.  Anche se a me la pasta fatta in casa non piace, anche se tutti dicono che è tanto buona.

C’è qualcuno in famiglia che apprezza la pasta fatta in casa?

Sì, le mie figlie apprezzano tantissimo la pasta fatta in casa perchè non è un prodotto che faccio sempre, loro ogni tanto la vogliono, oppure con la pasta e rape

Si ricorda quando ha cucinato per la prima volta la pannarella pasquale senza l’aiuto delle sue insegnanti ?

L’ho fatta che ero abbastanza grandicella, non proprio da piccola, però… quindici anni, vent’anni. Perchè prima erano anche un po’ gelose che noi facevamo le cose loro.

Ma quando lei ha imparato a cucinare, l’ha fatto per gioco o qualcuno l’ha costretta perchè le donne dovevano cucinare?

No, a me è piaciuto sempre stare in cucina, a fare tutte queste cose qui.  Anche se non ero abbastanza grande, mi mettevo sempre. Quando ero piccola, le mie zie impastavano a casa della mia nonna, e io mi alzavo in silenzio e andavo ad aiutarle a fare il pane, perchè allora una volta alla  settimana si faceva il pane, e questo pane poi, si portava al forno. Veniva un signore a prendere il pane e noi andavamo al forno e il fornaio lo metteva a cuocere.

Ma avevate il vostro simbolo del pane, il timbro?

Sì, avevamo un timbro. Poi, siccome questo fornaio, un signore anziano… che si chiamava Ciccio, siccome ero piccola e mi piaceva tanto guardare e fare… mi diceva, vieni dietro il banco e mi faceva mettere i timbri . C’era una signora che faceva le forme.

Adesso l’impasto è quasi pronto e dobbiamo fare le forme, che mi sono preparata. Mi sono preparata dei modellini. Le uova che abbiamo messo a bollire sono pronte. Le facciamo un po’ raffreddare e facciamo le forme.  Adesso si prende il matterello e si fa la sfoglia.

Quali forme facciamo oggi?

Oggi facciamo un cestino o una colombina. Vediamo un po’ quello che ci piace di più fare.

Adesso prendo il matterello.  Ai  miei tempi questi matterelli così grossi non si usavano, si usavano i bastoni delle scope.

Spegniamo i gas… delle uova e cominciamo a fare la sfoglia.

Adesso tutto è più semplice, abbiamo il gas a disposizione, abbiamo l’ acqua pure, quindi non c’è bisogno di fare un sacco di lavoro come si faceva prima, anche se qui a Matera dagli anni ’50 in poi i Sassi sono stati spopolati perchè non c’erano tutte queste comodità e hanno fatto i nuovi rioni e le persone che abitavano nei Sassi avevano più comodità, non si andava più a prendere l’acqua alla fontana e ci siamo un po’ più modernizzati.

Facciamo la prima forma.

Quella è la forma che si è preparata in precedenza?

Sì, mi sono preparata un piccolo cestino, così dobbiamo adornarla.

Prendiamo la rotellina…Ecco qui. Facciamo la sagoma. Anche se non è che può venire tutto uguale uguale, perchè è manuale, non è con le macchine, che vengono tutte uguali.  Adesso si fanno delle striscioline che devono mantenere l’uovo. Mi sembra che il manico è un po’ piccolino. Si prende l’uovo, l’asciughiamo e si mette al centro del cestino. Facciamo delle sfoglie che devono mantenere (l’uovo), o una tasca, o delle striscioline incrociate. Anche se adesso i forni le fanno tutte con le macchine. Non si usano i matterelli. Tante volte la pasta non è uguale, perchè è artigianale. Mettiamo un’altra sfoglia, così mantiene.  Adesso dobbiamo spennellare con l’uovo, per mettere le codette per abbellirla. Intorno mettiamo anche delle strisce per abbellire. Facciamo delle treccioline, sottili sottili, altrimenti vengono troppo grosse.

Quanto tempo deve rimanere in forno?

A 200 gradi per una ventina di minuti, come una pasta biscotto.

Da quello che mi diceva prima, lei non fa la spesa tutti i giorni, ma è solita usare il congelatore, lo ha in casa?

Sì che ce l’abbiamo. Le ho detto che mio marito ha una piccola casetta in campagna con il terreno e pianta le verdure, oppure i cereali.

E quindi lei fa la scorta di queste pietanze?

Sì, perchè sono tutte cose genuine, senza concimi, sono tutti biologici, e allora preferisco mettere  quelli e non comprarli dal fruttivendolo, perchè ormai si sa che non è più niente biologico, quindi se non lo facciamo noi il biologico, non penso che c’è qualcuno che lo fa meglio di te.

In genere che cosa congela?

Veramente quest’anno ho congelato i carciofi: li sbollento e poi li congelo. I piselli, un po’ di verdura: le cicorie.

Lei ha una tavernetta o un garage dove prepara conserve o cose di questo tipo?

Veramente, come ho detto, abbiamo una campagna, che anche se non è tanto grande, però…andiamo lì a fare le conserve di pomodori.

Lei fa la salsa come ai vecchi tempi?

Certo. Mio marito è in pensione e si diletta a fare il contadino.

Come funziona la preparazione della salsa?

Bisogna raccogliere prima i pomodori, farli stare qualche giorno che tolgono l’acidità e poi si tolgono i peduncoli, si lavano e si mettono a cuocere in una caldaia (pentolone in alluminio) molto grande, e poi si passa alla macchinetta, anche se adesso abbiamo quella elettrica. Non  è più quella a mano come una volta, che si lavorava di più. Allora adesso, per far attaccare i corallini bisogna fare una emulsione con un pochino di latte e un uovo. Ne prendiamo un altro. Sbattiamo un po’. Lo spennelliamo, così viene anche più colorato e i corallini non vanno via. Questi corallini si mettono anche quando si fanno le cartellate. Quello è un altro dolce tipico di Natale, questo è di Pasqua e quello invece è di Natale, e usiamo sempre questi tipi di corallini. Questo dolce, come le dicevo è un dolce pasquale, però in genere il giorno di Pasqua non si mangiava mai, perchè più cose da mangiare, e si portava come simbolo il giorno di Pasquetta che si usciva fuori porta. Noi a Matera, andavamo ai Cappuccini, perchè lì era uno spazio con poche case, ed era ancora campagna.

Adesso lo mettiamo in forno sulla leccarda con la carta forno. Prendo il cestino e lo inforniamo per una ventina di minuti. Dipende da colore che ci piace. Si inforna.

Allora non ci resta che aspettare il tempo necessario per vedere il risultato finito.

Con il rimanete impasto facevamo dei biscotti, biscottini di pasta frolla con le formine che volevamo noi bambini, i cuoricini, le stelline.

Ma queste forme come si facevano? C’erano già gli stampini?

Si, alcuni avevano tanti stampini, e tante volte no.

In genere si facevano o a biscottini(forma circolare) o a ferro di cavallo e alcuni avevano delle forme e poi noi bambini eravamo tutti contenti nel mangiare questi pasticcini.  Adesso è diventato tutto una routine, perchè i forni hanno sempre tutto.

Adesso il dolce è quasi pronto, perchè si vede già  dal colore che è cotto.

Apriamo il forno e lo sforniamo. Spegniamo tutto: la pannarella è fatta.

Bisogna farla raffreddare e far mangiare i bambini.

Grazie per averci ospitato e per averci aperto la sua cucina mostrandoci questa preziosa ricetta.

Arrivederci

 

 

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Brodo di carne (Matera)

Brodo di carne (Matera)

preparato da Rosa Morelli
intervistata da Marcella Catenacci il 27 maggio 2017

Nonna, che cosa cuciniamo oggi?

Il brodo di carne!

 Ok. Come lo cuciniamo?

Eh bhé, alla maniera tradizionale. Prima laviamo la carne, vedi, io la sto  lavando sotto il rubinetto; la metto nella pentola; laviamo tutti i pezzi (vedi io sto lavando per bene la carne, figlia mia)

Per quante persone cucini?

Noi siamo quattro oggi e quindi per quattro

 Prima quanti eravate?

Eh, eravamo molti di più eppure a mamma mia morivano i bambini prima di nascere oppure morivano dopo la nascita ma noi eravamo sei persone a casa mia.

Che pezzi di carne stai usando?

Quella carne per il brodo che mi ha dato il macellaio

Quindi il manzo?

Sì, il manzo

Prima lo stesso tipo di carne usavate?

Bhe, a volte il brodo di gallina facevamo, di tacchino, soprattutto prima di Natale, a Natale si faceva il brodo di tacchino. Adesso si usa più il manzo però c’è chi continua.

Ecco, mettiamo l’acqua, poi mettiamo anche l’osso buco perché dà più sapore alla carne.

Da chi sei andata a fare la spesa?

Sono andata dal macellaio. Ecco, adesso ho messo l’acqua, la carne e accendo il gas e aspettiamo perché poi lo do dobbiamo schiumare il brodo.

In che senso schiumare? Che significa?

Bhe, adesso si usano le pentole a pressione quindi usiamo quella perché, data anche l’ora, sai, si cuoce presto invece prima non si usava la pentola a pressione; c’erano le pentole e noi mettevamo la carne, poi aspettavamo tanto tempo e si cucinava due ore, due ore e mezza, dipende dal tipo di carne.

Quindi hai cambiato qualcosa nel modo di cucinarla?

E bhe, per forza, prima non si usava la pentola a pressione e adesso si usa e la pentola a pressione ci vuole poco a cuocere.

Invece prima da chi vi rifornivate? Da chi compravate la carne?

Io abitavo in mezzo al Corso, via Ascanio Persio, e proprio sotto al balcone di casa mia c’era un macellaio e noi andavamo, compravamo la carne e quindi la usavamo poi per la cucina, sia per fare il ragù, sia per fare il brodo secondo le giornate.

Chi cucinava a casa tua?

Bhe, mia madre cucinava, un po’ mia sorella ma soprattutto mia madre.

Quindi da lei hai imparato a cucinare?

Da lei ho imparato a cucinare. Io andavo a scuola però imparavo.

Quindi adesso stiamo aspettando per schiumare il brodo.

Che significa schiumare?

Quando la carne sta nell’acqua caccia sempre un po’ di schiuma, quella schiuma un po’ nera che noi togliamo o con il mestolo o con la cosiddetta schiumarola; togliamo poi tutta la parte più scura, più brutta e quando abbiamo tolto tutto allora mettiamo la cipolla, il pomodoro, il sedano, un po’ di carota, un po’ di dado se vogliamo dare più sapore.

Però prima il dado non si usava?

No, non si usava.

Quindi nel modo di cucinarla, hai cambiato l’aggiunta del dado e l’uso della pentola a pressione?

Sì.

Quanto tempo ci vuole adesso per cuocere?

Bhe, ci vuole un po’ di tempo perché si deve riscaldare l’acqua e poi deve cacciare tutta quella parte scura la carne e allora poi lo schiumiamo e poi lo condiamo.

Pensi che questa sia una ricetta tradizionale di Matera?

Certo che è una ricetta tradizionale. Il brodo si faceva a Santo Stefano e il giorno di Natale la pasta al forno e così la pasta. Poi il sabato a casa mia usavamo fare il brodo; la domenica il sugo, il ragù.

Quindi cucinavate per la famiglia e tu hai mantenuto questa tradizione?

Sì, certo, io sono materana doc!

Pensi che sia importante saper cucinare?

Certo! Se ti vuoi sposare e non sai cucinare, che combini? E invece piano piano impari. Anche se poi ci sono delle ricette che tu non hai fatto mai perché io andavo a scuola, io non cucinavo tutti i giorni però una volta sposata ho cominciato a preparare i pranzi che piacevano a mio marito, soprattutto.

Pensi che la dieta alimentare sia cambiata oggi?

Bhe, un po’ sì, è cambiata. Però io non bado a tante cose, magari seguo la tradizione.

Si mangiano cose un po’ diverse rispetto al passato?

A parte che oggi si usa molta verdura: anche noi mangiavamo le cicorielle che coglievamo dalla campagna, le rape che compravamo, i cavolfiori. Anche oggi si mangiano però oggi viene data più importanza all’alimentazione, ciò che prima non si faceva. Prima, però, sai che facevamo? La pasta fatta in casa, quella era la tradizione: le orecchiette, le scorze di mandorla le chiamavamo noi, le bucce di mandorla e tante altre cose.

Oggi sperimenti nuove ricette?

Bhe, oggi poi la televisione ti dice tante ricette, i libri ti parlano di tante ricette. Anzi oggi, specialmente ora, in televisione non si fa altro che parlare di mangiare; io qualche volta sento e non mi interessa.  Io non voglio provare ricette nuove anche perché ormai sono anziana, quindi che devo fare.

Quanto tempo ci vuole ancora per la cottura?

No, ce ne vuole. Quando esce il bollo, allora c’è tutta la schiuma. Dobbiamo aspettare…

Quindi adesso sta uscendo il bollo?

Sì, adesso cominciamo a schiumare. Io schiumo, tolgo tutta la schiuma cioè la parte meno mangiabile perché con l’acqua la carne mette fuori tutto ciò che non si deve mangiare; ora ce n’è un po’ di meno, ovviamente, però dobbiamo aspettare un altro poco per toglierla tutta. Poi quando toglieremo la pentola allora ci sarà la cottura. Perché la schiuma, vedi, non esce tutta in una volta, bisogna dare tempo al tempo. Quando vediamo che la schiuma diventa bianca, più chiara, perché rimane sempre un po’, allora condiamo e poi chiudiamo la pentola.

Nel frattempo bisogna preparare gli altri ingredienti?

Sì, però poi li mettiamo.

Ti sei alzata presto per cucinare? Prima vi alzavate presto?

Bhe, non tanto. Io prima andavo a scuola e non tanto mi alzavo presto però ci alzavamo presto quando facevamo la pasta fatta in casa, le orecchiette, i cavatelli ma per il resto, per la cucina, no.

Vedi, la schiuma ora diventa sempre più bianca.

Quali sono le pietanze che preferisci cucinare?

Bhe, a me adesso più la bolognese mi piace anche perché piace pure alle mie figlie; sai, carne tritata, carote, zucchine…

Vedi, adesso il bollo sta uscendo e diventa sempre più bianca la schiuma; tra poco lo condiremo il brodo…

Io adesso sbuccio le carote; potevo anche sbucciarle un po’ prima però per evitare che perdessero la fragranza…

Ecco adesso metto la carota, metto il sedano che ho già lavato, lo risciacquo, poi mettiamo due pomodori, la cipolla la sbucciamo e la laviamo prima ovviamente.

Prima tuo padre andava a fare la spesa?

Mio padre sì, perché prima le donne stavano più in casa a badare alla cucina, a cucire…

Adesso mettiamo un altro po’ di carota che era un po’ pochina, poi mettiamo il dado, il sale, a occhio; poi la patata che ora sbucciamo perché non l’ho potuto fare prima.

Da ora, quanto tempo ci vuole per la cottura?

Bhe, con la pentola a pressione un tre quarti d’ora; quando non c’era la pentola a pressione si cucinava circa due ore.

Ecco, tutti gli ingredienti li abbiamo messi: il sedano, la carota, la cipolla, la patata, un po’ di dado e il sale. Adesso chiudiamo la pentola e togliamo le bucce perché dobbiamo pulire e ora aspettiamo che passi il tempo per la giusta cottura…

Quindi nonna, ora è quasi pronto?

Sì, ora l’assaggiamo per vedere se la carne è cotta, se il sale va bene altrimenti aggiungiamo un pizzico di sale. Io assaggio il brodo ed è buono di sale; la carne è cotta anche, vedo che è cotta. Adesso spezziamo gli spaghetti e poi cuociamo la pasta. Fammi mettere l’acqua; accendo il gas; spezziamo gli spaghetti.

Questa pasta mangiavate prima?

A Matera quella si usava, almeno a casa mia; qualche volta i tortellini ma raramente, proprio nelle feste grandi perché non si usavano come si usano adesso; adesso si fa di tutto. Noi facevamo gli spaghetti, qualche volta i tubettini, un po’ di tagliatelle tagliate a pezzetti perché si usava fare la pasta fatta in casa allora. Noi a casa mia mangiavamo gli spaghetti spezzati col brodo. Eh sì, questa è l’usanza materana.

Quando viveva nonno cucinavi per lui il brodo?

Sì, c’era mamma che cucinava allora. Mamma era attenta, molto attenta. C’era anche mia sorella, io andavo a scuola però mamma mi chiamava quando doveva fare la pasta fatta in casa perché diceva che io avevo una mano calda. Anche quando impastavamo le mi diceva: “ Rosa, alzati perché devi aiutare ad impastare!” perché il pane veniva buono, cresceva molto.

Quindi facevate il pane?

Il pane fatto in casa facevamo, con il lievito.

Nel frattempo sta bollendo l’acqua?

Sì, abbiamo messo l’acqua a bollire perché poi metteremo la pasta, la faremo cuocere e poi metteremo il brodo.

Ecco, siamo quasi alla fine

Chi spezzettava la pasta a casa vostra?

Bhe, mia sorella, mamma, io qualche volta quando ero rientrata da scuola; qualche volta anche mio padre perché chi arrivava prima cucinava anche perché mio padre faceva il costruttore, il muratore, quindi lui alle dodici usciva dal lavoro e veniva a casa poi mangiava e se ne andava; qualche volta riposava un po’…

Bhe, io ho finito di spezzare la pasta. Quando bolle l’acqua la caliamo.

L’acqua sta bollendo, caliamo la pasta, la giriamo, mettiamo un po’ di sale, copriamo. Ora togliamo la carne dal brodo, la carne è fatta. Qua ci sono le carote e qualche pezzetto di carne perché la carne era abbastanza tenera. L’osso buco si succhia perché c’è il midollo e quindi a chi piace lo mangiava e lo mangia ancora oggi; però la carne con contorno di insalata con un po’ d’olio, un poco poco di aceto, un po’ di sale, si girava e poi si metteva nel piatto prima la carne e poi l’insalata, così si mangiava la carne, per secondo. Naturalmente c’era il pane fatto in casa che era buonissimo allora. Naturalmente si metteva il formaggio nella pasta col brodo.

E tu lo metti tuttora?

Sì, io lo metto. O metto il pecorino, allora il parmigiano non tanto si usava però c’era il formaggio pecorino e noi mettevamo quello ed era buonissimo.

Giriamo la pasta altrimenti si attacca…

Bhe, la pasta è fatta, spengo il gas e tolgo; scoliamo la pasta e poi la rimetto nella pentola. Mettiamo un po’ di brodo, poi mettiamo il brodo nella coppa, portiamo a tavola, facciamo i piatti, mettiamo un po’ di formaggio, poi mettiamo un altro po’ di brodo… e il piatto è pronto.

La carne la mangiamo dopo, per secondo, con l’insalata che condiamo con un po’ d’olio, un po’ d’aceto e il sale.

 

 

 

 

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Il pasticcio anzese (Anzi)

Il pasticcio anzese (Anzi)

preparata da Rosa Giorgio
intervistata da Cristina Scalese

https://vimeo.com/264024869

Buongiorno Rosa.

Buongiorno.

Ti sei alzata presto per cucinare?

Sì, mi sono alzata presto.

Quanto tempo impieghi per la cucina?

Un’ora.

Sei andata a fare la spesa?

Sì, sono andata al supermercato (da Massimo) e dal contadino.

Come mai sei andata dal contadino?

Perché i prodotti sono genuini. I prodotti dei supermercati possiedono i conservanti.

Cosa hai comprato?

Ho comprato le uova, il salame, la toma, la ricotta e la scamorza.

Che cosa cucini di solito?

Di solito cucino pasta e lenticchie.

La pasta la fai in casa?

Sì, la faccio in casa.

Preferisci la pasta fatta in casa?

Sì, preferisco la pasta fatta in casa.

Come mai?

Perché è più di sostanza.

Oggi a pranzo cos’hai cucinato?

Oggi a pranzo ho cucinato la pasta fatta in casa.

Cosa a te non piace cucinare?

Il pesce.

Perché?

Perché non è mai stato di mio gradimento.

 Chi ti ha insegnato a cucinare, Rosa?

Mia madre.

Quando hai imparato?

Ho imparato quando avevo 15 anni. Poi, i miei genitori andavano a lavorare nei campi e io cucinavo per la famiglia.

Quindi hai imparato per necessità?

Sì, per necessità.

Come fai a imparare nuove ricette?

Seguo alcuni programmi di cucina in televisione.

L’alimentazione com’è cambiata?

L’alimentazione è cambiata perché sono cambiati i prodotti utilizzati. Oggi, si utilizzano i prodotti del supermercato. In questi prodotti, a differenza di quelli del contadino, ci sono i conservanti che incidono negativamente sulla salute.

Quali sono le pietanze che, secondo te, non si preparano più?

La pasta di casa si prepara davvero poco perché per la preparazione c’è bisogno di molto tempo e la gente, andando a lavorare, preferisce acquistare i prodotti direttamente nei supermercati.

Cosa ci cucini oggi di buono?

Oggi faccio il “pasticcio”.

Quali sono gli ingredienti?

Gli ingredienti sono: la farina, 3 uova, il sale.

Io vedo qui che hai sbattuto anche un uovo, a cosa servirà?

Questo servirà per ricoprire sopra il “pasticcio”.

Quindi ora stai facendo l’impasto?

Sì. Sto facendo l’impasto.

Secondo te, affinchè sia buono questo pasticcio qual è il segreto di questa ricetta?

Il segreto è dato dalla stesura dell’impasto e dagli ingredienti.

Qui ad Anzi, le signore, utilizzano un’altra preparazione della ricetta oppure seguono questa ricetta?

No, seguono questa ricetta. Questa ricetta la seguono anche nei paesi vicini ad Anzi.

Gli ingredienti del pasticcio li hai modificati oppure sono quelli tradizionali?

No, non ho cambiato niente. Utilizzo gli ingredienti tradizionali.

Quindi, l’impasto come deve essere?

L’impasto deve essere morbido, non duro.

In occasione di quale festività si prepara il pasticcio?

Si prepara a Pasqua.

Quante persone possono mangiarlo?

5 persone.

Quindi, adesso, cosa farai con l’impasto, Rosa?

L’impasto lo faccio riposare e adesso preparo il ripieno.

Di cosa c’è bisogno per il ripieno?

Occorre la ricotta, la scamorza, le uova sode, il salame e un po’ di sale.

Adesso cosa farai?

Adesso dovrò stendere l’impasto con il matterello e, poi, unire il tutto.

 L’impasto è terminato. Adesso preparerò il “pasticcio”.

 Quindi hai preparato 2 basi, giusto Rosa?

Sì sì.

A cosa servirà questa base?

Questa base serve per unire il ripieno.

Quindi deve essere steso bene l’impasto, vero?

Sì sì.

E per te, Rosa, è importante saper cucinare?

Sì, per me è importante. C’è bisogno di molta volontà.

Ti fa piacere quando gli altri ti dicono che sai cucinare?

Sì sì, sono contentissima.

Adesso, adagiamo il ripieno sulla base. Il ripieno è composto con ricotta, toma, formaggio, scamorza, uova e salame.

Quindi adesso cosa farai, Rosa?

Adesso unisco il tutto e poi lo inforno.

Bisogna fare attenzione quando si chiude il tutto, vero?

Sì sì.

Perché bisogna fare molta attenzione?

Perché, altrimenti, quando lo si inforna non viene bene.

Adesso cosa farai, Rosa?

Adesso lo inforno.

Per quanti minuti?

Per 25 minuti.

Adesso bucherello con una forchetta il pasticcio altrimenti gonfia.

Quindi, cosa succede se gonfia?

Se gonfia non riesce bene il “pasticcio”.

A cosa serve l’uovo sbattuto sul pasticcio?

Servirà per dorare il “pasticcio”.

E’ pronto il pasticcio, Rosa?

Sì, è pronto. Adesso lo impiatto e poi è pronto per mangiare.

Perfetto, Rosa. Io ti ringrazio per questa preziosa intervista, per queste utili informazioni che mi hai fornito e ti auguro una buona giornata.

Anch’io ti ringrazio e adesso è tutto pronto per mangiare.

Va bene, grazie. Ciao.

Ciao.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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La scarcella (Abriola)

La scarcella (Abriola) preparata da Vincenza Dapoto, intervistata da Maria Lombardi

Ti piace cucinare?

Sì.

Ti alzi presto la mattina per cucinare?

Sì.

Quanto tempo impieghi per la cucina?

A seconda di che fai, se fai la pasta di casa ci vuole più di un’ora, se fai la pasta una mezz’oretta.

Dove vai a fare la spesa?

Al negozio.

Hai qualche negozio preferito?

Il più vicino.

Oppure qualche negozio dove ci sono prodotti più buoni?

Si un po’ più lontano.

C’è qualcuno che ha dei prodotti più buoni?

Si qualcuno che è amico.

Quali sono le ricette che sai cucinare meglio?

Patate al sugo, tagliatelle, orecchiette, fusilli.

Quindi preferisci la pasta fatta in casa?

Si, ogni domenica la pasta fatta in casa. I ravioli.

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Da sola, i genitori.

Guardavi tua mamma?

Sì sì.

Quanti anni avevi quando hai iniziato a cucinare?

10-12 anni.

Quando eri bambina chi cucinava in famiglia?

Mamma.

Tu la aiutavi?

Si, quando venivamo dalla campagna. Noi andavamo in campagna a guardare le pecorelle, i maialetti, le mucche. Questo facevamo.

Quanti eravate a mangiare?

Quattro persone: io, mio fratello, mio padre e mia madre.

In qualche occasione, quando era festa?

Quando ammazzavamo il maiale eravamo tutta la famiglia, erano 8 figli, ci raccoglievamo tutti quanti, mangiavamo e bevevamo.

Quando eri piccola cosa si mangiava di più?

Sempre la stessa pasa: pasta e fagioli, pasta e cavoli, la cotica del maiale, un poco di salame, quello ci mangiavamo di più.

Ma si mangiavano cose diverse da oggi?

Eh sempre roba nostra.  Ammazzavamo il maiale, il vino lo tenevamo perché avevamo tante vigne. Tutto questo era tutta proprietà nostra.

Ma oggi è un po’ diversa la cucina?

Oggi è tutto comprato con i soldi. Si consumano tanti soldi ma non si mangia niente.

Secondo te le cose che si consumano adesso hanno lo stesso sapore di quelle che si cucinavano prima?

E no! Questa è roba comprata, roba congelata, che fa schifo proprio. Vai a comprare lo speck, vai a comprare la mortadella, vai a comprare il prosciutto crudo che quando è troppo alto è pure che non si può mangiare.

La “scarcella” che prepariamo è una ricetta del paese, di Abriola?

Sì, sì.

È una ricetta tipica?

Sì, sì. Vecchia, antica antica.

Ma questo termine tipico si usava anche prima?

Sì, sempre.

Che cosa significava?

La tradizione di Pasqua. La tradizione.

Questa ricetta della “scarcella” si prepara anche in modi diversi oppure solo come la fai tu?

C’è quella che la fa solo con il formaggio duro e formaggio fresco e c’è quella che la fa con la ricotta, con le uova cotte, con un po’ di salame. Ognuno la fa come gli piace. Chi se la può pure mangiare.

Ti fa piacere quando ti dicono che sai cucinare bene?

Beh, certamente. Per i fatti miei mi piace, poi gli altri se se la vogliono fare meglio se la fanno per i fatti loro.

Hai un garage o una tavernetta che usi per conservare le cose da magiare?

Sì, ho un garage.

Che ci metti?

I barattoli del salame, la roba fresca. Il formaggio si mette sopra il soffitto “a mezzaria”, là si secca il formaggio.

Là si tiene meglio perché è comunque più fresco?

Non si fa la muffa perché vuole stare all’aria. Lo metti davanti alla finestra, non entrano le mosche. La ricotta l’abbiamo fatta per i fatti nostri. La facevo io. Il formaggio l’ho fatto io. Quindi ora non abbiamo più animali e non si fa più il formaggio e compriamo il parmigiano.

Quindi prima avevi tutte le cose per fare la ricotta, i formaggi?

Sì ce l’ho ancora, qualche volta te le devo far vedere.

E poi dopo che facevi, la portavi nei negozi?

Sì al negozio sì, l’ho portata sempre da Mimma.

La facevi la mattina presto?

La mattina presto, alle dieci e mezza era già nel negozio.

La mattina ti svegliavi presto?

Eh sì, le  cinque e mezza sei sennò il latte faceva acido, lo dovevamo trattare per consumarlo. Tutte queste cose le abbiamo fatte tutte con le nostre mani e la nostra proprietà

Nonna che cosa cuciniamo oggi?

La scarcella.

Quali sono gli ingredienti?

Acqua, burro, sale e le uova.

Quante uova devi mettere?

Due. Ecco qua. Un po’ di sale. Anzi mettiamo un altro uovo.

Questa che cos’è?

La sugna. Prendi un po’ di sale e mettine così. Metti un altro po’. Adesso si impasta.

Ma questa si prepara per Pasqua?

Sì per Pasqua.

Che cos’è questo strumento?

Questa paletta è “a rasol”.

Ora che fai la dividi?

Sì la divido per fare la sfoglia. Ora la mettiamo qui dentro sennò si secca.

In italiano la chiamiamo sfoglia, ma noi la chiamiamo “a lajn”

Di che forma deve essere?

Rotonda.

Quante ne devi fare?

Due sfoglie.

Ma l’hai sempre fatta questa?

Sempre, eh quante ne ho fatte dal dottore?

Ma quando eri più piccola?

Quando ero già sposata.

Ne facevate tante o poche?

Eh una sola secondo te? Erano belle grandi.

Perché la copri?

Perché secca. Allora qua c’è la tuma.

Questa per cosa serve?

Per l’impasto.

Per il ripieno?

Sì. Questo è il formaggio, questo è il salame, questo è il prezzemolo e ora mettiamo le uova.

Com’è?

Ci vuole un po’ di sale. Poco salata non è buona.

Adesso che fai?

La metto sopra.

Così la chiudi?

Sì.

Cosa sono questi?

Confettini colorati, si usano anche sui dolci.

Più o meno quando deve stare in forno?

Mezz’ora.

Ora è pronta?

Sì sì è pronta.

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Spaghetti alla chitarra con funghi cardoncelli, fave e peperoni cruschi  (Matera)

Spaghetti alla chitarra con funghi cardoncelli,  fave e peperoni cruschi  (Matera)

preparata da Giuseppe Carbone
intervistato da Carbone Francesca il 29 settembre 2017

Buongiorno Signor Giuseppe, so che lei è uno Chef. Da quando tempo svolge questo mestiere?

Svolgo questa attività lavorativa da ben 35 anni

Qual è la ricetta che andremo a preparare oggi?

La ricetta che preparerò è: Chitarrid con purea di fave e cardoncelli, cruschi e briciole dorate di pane di Matera.

Ti sei alzato presto per cucinare? Quanto tempo impieghi per la cucina?

I tempi li stabilisco io stesso in base alla preparazione.

 Sei andato a fare la spesa? Che cosa hai comprato?

Certamente si. Ho acquistato tutti gli ingredienti necessari.

Quali sono le ricette che sai cucinare? Cosa invece non ti piace cucinare e perché?

Essendo uno chef completo le mie ricette vanno dall’ antipasto al dolce. Preferisco non preparare gli antipasti poiché li trovo troppo banali e necessitano di più tempo.

 Chi ti ha insegnato a cucinare?

Nessuno, ho imparato da solo.

 Quando hai cucinato per la prima volta? Per chi? In quale occasione?

Ho cucinato per la primissima volta in occasione del 25° anno di matrimonio dei miei genitori.  Per tale occasione preparai un buffet.

Hai imparato per gioco o sei stato costretto?

Ho imparato a cucinare per gioco.  Per gioco infatti mi sono ritrovato in un laboratorio di cucina, e di lì è nata la mia grande passione per la cucina.

 Come impari nuove ricette?

Le nuove ricette le apprendo attraverso riviste, giornali e corsi di aggiornamento.

Come è cambiata la dieta alimentare rispetto al passato? ci sono pietanze che oggi non si preparano più?

Certamente sì. Oggi infatti ritroviamo diverse problematiche nel campo dell’alimentazione anche a seguito dell’insorgenza di intolleranze ecc… Oggi rispetto al passato non si segue più un regime secondo cui a ogni giorno si dedica una specifica pietanza, e anche gli stessi cibi di cui ci cibiamo spesso non sono più salutari.

La ricetta che preparerai oggi è una ricetta del tuo paese?

Sì, è una ricetta o meglio un piatto tipico del mio paese da me rivisitato.

Si cucina anche in altri posti?

Sì.

Qual è la cosa più importante di questa ricetta?

I prodotti, perché attraverso l’uso di buoni prodotti si esalta il gusto e il sapore del piatto stesso.

Quale sapore deve avere la ricetta per essere buona?

Certamente il gusto e l’assemblaggio del piatto. È importante presentare il piatto in maniera perfetta.

Come si deve presentare nel piatto la pietanza? A cosa presti particolare attenzione?

Presto particolare attenzione oltre che al gusto anche alla presentazione del piatto.

È importante saper cucinare e ti fa piacere sentirti dire che sai cucinare bene?

È importante sì e la migliore gratificazione arriva proprio dai clienti i quali ti ringraziano dopo aver pranzato o cenato.

Hai un garage o una tavernetta che usi per cucinare o mangiare?

No.

Quali sono gli ingredienti principali per la preparazione di questo piatto?

Chittarid , purea di fave, mollica dorata di pane di Matera, cruschi e cicoriella campestre.

Durante l’intervista mi hai riferito che questa ricetta è un piatto tipico del tuo paese da te rivisitato. Che cosa significa per te tipico? È un  termine nuovo o esisteva anche da quando eri bambino?  Dove e da chi hai imparato a cucinare questa pietanza? Che cosa hai cambiato nella ricetta?

Il termine tipico significa caratteristico del posto, legato alla terra. È un termine che esisteva da sempre. La caratteristica di noi chef è senz’altro quella di rivisitare i piatti per dare lustro a nuove innovazioni pur rimanendo nella tipicità del prodotto e della ricetta.

Nella preparazione di una pietanza, come si regola nella quantità di prodotti da acquistare?

In base al numero delle persone e ci si regola nella quantità di ogni prodotto.

Questa pietanza ch tempi di cottura prevede?

4/5 minuti per la pasta e 6 minuti circa per il fungo che deve rimanere calloso.

Hai dei fornitori abituali da cui acquisti la merce? Perché acquisti da quei determinati fornitori?

È importante avere dei fornitori abituali da cui poter acquistare la merce poiché ti garantiscono sempre la qualità dei prodotti.

Come disporrà i vari ingredienti nel piatto per la sua preparazione? Qual è la cosa più importante?

Per la preparazione del piatto è fondamentale la predisposizione oltre al gusto stesso della pietanza.

La pietanza è pronta per essere impiattata. Può ritenersi soddisfatto?

Certamente si.

Bene Giuseppe io la ringrazio per la sua disponibilità. Buon lavoro

 

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Maccheroni a ferro col sugo di carne (Marconia)

Maccheroni a ferro col sugo di carne (Marconia)

preparata da Annamaria Domenica Matera, intervistata da Eliana Angius

 

Oggi siamo a casa di Domenica che ci preparerà i maccheroni a ferro con il sugo di carne. Buon giorno Domenica!
Buon giorno!
Ti sei alzata presto stamattina?
Sì.
A che ora?
Alle 7.00
E hai già fatto la spesa?
Sì.
Cosa hai comprato?
Sono uscita per comprare il pane, la farina per fare i maccheroni…
Ah, dove la compri?
Eh, al negozio… piccolo vicino a casa.
Al negozio, come mai? è più buona o è più vicino?
Per comodità e poi anche per…
Stai impastando la farina di semola o di grano duro?
è di grano duro,semola rimacinata!
E il pane lo compri tutti i giorni?
No, tutti i giorni no. Un giorno si e uno no.
E questa ricetta, invece, la prepari tutti i giorni o solo in occasioni particolari?
In occasioni particolari, intanto, perchè è un piatto tipico di Pisticci e poi quando capita che ne abbiamo voglia lo facciamo.
E’ una ricetta che hai imparato tu o te l’hanno insegnata?
è una ricetta tipica di Pisticci che ho imparato da mia madre.
Quando eri piccola?
Sì, quando ero piccola.
E lei li faceva allo stesso modo o tu hai apportato qualche variante?
No, lo stesso modo.
Hai imparato a cucinare perchè ti piaceva oppure perchè ti hanno costretta a cucinare?
Ho imparato a cucinare perchè dovevo imparare non mi costringevano e poi a me piaceva cucinare, e quindi ho imparato.
E cosa ti piace cucinare?
Eh, un po’ di tutto.
I primi, i secondi…
I primi, i secondi, sì tutto.Quello che so fare!
E quali sono le cose che ti riescono meglio?
I primi piatti: i maccheroni, ci sono la tagliatelle, i cavatelli,sempre pasta fatta in casa. Ma non mi viene…i secondi:i carciofi…
La carne?
La carne…sì, il pollo,  il coniglio.
Come mai di più la carne di pollo e di coniglio?
Perchè le teniamo noi, facciamo la produzione propria.
E’ più buona la carne allevata da voi che quella comprata al supermercato?
Sì.
Perchè? cos’ha di più particolare, di speciale?
è più saporita perchè mangiano cose genuine come grano, fave, granturco, prendiamo tuta roba che produciamo noi.
Quindi ti ritieni brava a cucinare?
Abbastanza.
Ma perchè lo pensi tu o te lo dicono anche le altre persone?
Lo penso io e poi quelli che vengono a mangiare mi dicono che è buono, quando abbiamo ospiti.
E ti fa piacere sentirti dire che è buono?
Fa piacere, sì.
Ti piace di più cucinare per poche persone o per tanti ospiti?
Mah, è indifferente.
E comunque è importante saper cucinare?
Sì… è importante.
Perchè?
Perchè se no si sprecano delle cose e non è buono quello che mangi!
E comprare dei piatti pronti? Compreresti dei surgelati o mangeresti delle cose già pronte?
No, no, no.
Eppure ne vendono tante oggi giorno?
E va be, noi non e facciamo uso.
Quindi per una donna è importante cucinare?
Sì.
Ma in cucina chi dovrebbe stare: la donna o l’uomo?
La donna.
Perchè?
Perchè? per pulire, per mettere in ordine. Perchè l’uomo anche se sa fare ma non è ordinato come la donna.
E a tua figlia hai insegnato a cucinare?
Sì.
A che età?
Da piccola perchè ne aveva voglia lei. E quando io no c’ero lei mi faceva trovare già i piatti pronti perchè aveva preso da me; io le dicevo come doveva fare e lei li preparava.
E li preparava buoni come li fai tu?

E cucini solamente piatti tradizionali o a volte provi a rifare le ricette che mostrano in tv?
No, piatti tradizionali. Non mi riescono quelli, anche perchè non conosco neanche gli ingredienti quelli che mettono… a noi quelle cose non piacciono.
Quindi gli ingredienti sono quelli conosciuti quando fai le tue ricette…

Ingredienti che puoi trovare anche facilmente?

Descrivi un po’ cosa stai facendo?
Sto facendo i maccheroni, sto stendendo, ma ho lavorato la pasta poi bisogna stenderli con il ferro… ferrarli.
E il ferro l’hai comprato nuovo o è una cosa che…?
Il ferro l’ho comprato nuovo, sì. Mia mamma aveva quello tradizionale fatto dall’ombrello rotto, il filo dell’ombrello. Che mò si vendono e io l’ho comprato.
E come mai non hai utilizzato anche tu il ferro dell’ombrello?
C’è l’ho in campagna quello di mia madre, conservato! Qui in casa mia uso quello che ho.
E la pasta va lavorata su questo tavolo di legno?
Sì.
Non si potrebbe fare direttamente sul tavolo?
No, come…?
Perchè?
Perchè ci vuole una cosa di legno. Anche se il tavolo è di legno però si sporca, non è ruvido come questo, è liscio…
Questa ricetta quindi hai detto”è una ricetta di famiglia”,  la faceva tua mamma.

Anche tua nonna?

E’ una ricetta molto antica, quindi è tipica di qua?

E non li fanno in altri paesi i maccheroni a ferro?
Sì, li fanno ma li fanno diversamente! li inferrano perchè li vedo in televisione però non sono uguali come i nostri.
E voi cosa fate di diverso?
Noi li facciamo…li ferriamo, li facciamo rotondi.
E c’è qualche ricetta che invece non ti riesce proprio? Qualche piatto che non ti piace cucinare?
Sì, c’è. Ci sono piatti che non mi piace cucinare: la trippa(ah,ah,ah)
Come mai?
Eh, non mi piace proprio. Non la cucino mai!
Per il sapore, l’odore…?
Per il sapore, l’odore… non …
E c’è qualche tua amica o parente che prepara questa ricetta come la prepari tu, o in maniera diversa?
Sì, la preparano. Sono piatti che ognuno prepara a modo suo ma più o meno sono tutti uguali.
E qual’è la cosa più importante di questa ricetta?
Non c’è niente di importante. Bisogna preparare la pasta, stenderla, non c’è niente di importante, sono cose semplici.
Semplici per te che ormai sei esperta nel farli! Ma è importante la farina, per esempio?
Sì, la farina sì. Non deve essere farina bianca, deve essere di semola per essere…
Per essere?
Per essere più buona.
Bisogna avere anche una buona manualità per muovere il ferretto?
Sì.
E il condimento per questi maccheroni? Abbiamo detto che in questo caso stiamo facendo il sugo,il sugo di carne. Ma si possono condire anche in altri modi o la ricetta tipica…
La ricetta tipica è col sugo.
E in che occasione venivano preparati i maccheroni a ferro quando eri piccola?
Per le feste, venivano preparati. Ai tempi antichi.
Per i matrimoni?
Anche per i matrimoni.
E le dosi quali sarebbero? per 4 persone?
Per 4 persone 400gr. di farina, un piatto bello abbondante. Poi 1 uovo, acqua e impastare, fare. Acqua leggermente tiepida.
Perchè l’acqua tiepida? se si mette l’acqua fredda che succede?
No, non succede niente però viene impastata diversamente, ha un’altra…non si lavora bene la pasta.
Dopo la lavorazione bisogna farla seccare o si può già buttare nell’acqua?
Si può già buttare nell’acqua.
E cuoce subito?
Sì, cuoce subito. Un minuto, un minuto e mezzo.
Ma tu preferiscila pasta fatta in casa o la pasta acquistata già confezionata?
Preferisco la pasta fatta in casa.
Come mai?
Perchè ci piace di più.
Perchè che sapore deve avere?
Ha un sapore gustosa e buona.
Invece quella confezionata no?
No, è più buona quella fatta in casa.
Quindi tu per un’occasione importante prepari la pasta fatta in casa, allora?

E i commensali sono più contenti quando prepari la pasta fatta in casa o è indifferente?
Sì, sì, sono più contenti.
Invece questo strumento a che cosa serve?
Questo strumento è la RASOIA, per pulire, per tagliare la massa, per pulire il tavoliere.
E anche questo è uno strumento che hai comprato o c’è l’avevi da quando eri piccola?
L’ho comprato è fatto a mano, veramente.
E’ stata fatta a mano da una persona esperta in questi strumenti?
Sì, sì
E come mai utilizzi questo attrezzo invece di un coltello qualunque?
è più comodo questo attrezzo.
Ma lo usava anche tua mamma?

Anche tua nonna?

E quindi è uno strumento tradizionale della tua famiglia?
Sì, sì.
Ma lo usate solo nella tua famiglia o lo usano anche altre persone?
Anche altre persone.
Prepariamo il sugo?

Come si prepara il sugo?
Il sugo si prepara: si mete l’olio, così.
Che olio è?
OLio d’oliva.
L’hai comprato al supermercato?
No, no, lo produciamo noi-Si mette la carne, io non la faccio soffriggere perchè fa male. Questo è un nostro pollo è congelato ma è tutto di produzione propria. Si mette un po’ di sale e la salsa.
E anche la salsa è fatta da voi?
Sì, è fatta da noi.
Quindi tutti ingredienti…
Ingredienti che abbiamo noi. Abbiamo i pomodori, quando sono maturi facciamo la salsa.
E come mai? è più buona la salsa fatta in casa?
Sì, sì. Poi si accende, si mette il coperchio e si lascia cucinare. Di tanto in tanto si viene a girare e si lascia cucinare per almeno 2 ore.
2 ore? Come mai?
Deve cucinare la carne. Di produzione propria è più dura di quella che si compra e…
E come ti accorgi che il sugo è pronto, come deve essere?
Il sugo quando è pronto, 2 ore, quando è cotta la carne è pronto il sugo.
Si deve rompere la carne?
Sì, sì deve spostare dall’osso.
E il pomodoro?
Il pomodoro cuoce insieme alla carne.
E che differenza c’è con la salsa comprata? Hai mai provato a farla con gli altri ingredienti?
No, mai, mai.
Perchè?
Perchè non ci piace.
Perchè, che sapore ha quella comprata?
Non lo so perchè non l’ho mai assaggiata.
E mettiamo anche la pentola per la pasta?
Ah, sì. Però è presto per mettere la tieddia!
E oggi per pranzo che cosa cucinerai?
Questi maccheroni!
E in alternativa che cosa avresti fatto?
Oggi? le bietole.
Come mai?
Oggi volevo fare le verdure.
Il mercoledì cucini sempre verdure?
No, quello che capita.
Non hai un menù fisso per la settimana?
No, no.
Conosci qualcuno che questa ricetta la prepara in maniera diversa?
No, si prepara… così si prepara.
Quindi non conosci nessuna variante nè della pasta nè del sugo?
No, no.
E cucini tu tutti i giorni?

Non lavori?
No. Ho lavorato e ho perso il lavoro.
E quando lavoravi come organizzavi la tua giornata? andavi tu a fare la spesa?
No, andava mio marito a fare la spesa.
E comprava le cose che dicevi tu?
Sì, a volte le cose che dicevo io o a volte non trovava e sapeva le nostre abitudini e comprava…
E fai la spesa dalle stesse persone?

Come mai?
Ci conosciamo, giù in paese ci conosciamo quasi tutti, sono amici e poi ci trattano bene e andiamo sempre dalle stesse persone.
E in cucina ti aiuta qualcuno?
No, se ci sono a casa io no. Se non ci sono , c’è mio marito. Adesso che non lavoro faccio tutto io.
E come impari nuove ricette?
Le nuove ricette certe volte le vedo anche dalla televisione però, giusto quello che conosco, gli ingredienti che conosco e allora provo e se mi vengono bene le rifaccio se no…
Quindi provi solo quando riconosci gli ingredienti.
Sì, quando riconosco gli ingredienti.
E dalle riviste, da qualche giornale o libro di cucina hai mai provato a rifare qualche ricetta?
No.
Come mai?
Perchè non c’è l’abitudine, siamo tradizionali.
E stamattina,quindi hai comprato solo gli ingredienti che ti occorrevano oggi?

Fai la spesa giorno per giorno?
Giorno per giorno sì. O al massimo per il giorno dopo.
E come mai?
Perchè i soldi non ce ne sono, sono pochi e allora ci giostriamo
E se avesi i soldi preferiresti comunque fare la spesa giorno per giorno o settimana per settimana?
Non lo so ma visto che sono abituata a fare la spesa così penso che continuerei sempre allo stesso modo.
Compreresti mai le verdure 1 settimana alla volta?
No, no, no.
Perchè?
Perchè non si sa mai che cosa bisogna cucinare il giorno dopo. Io, almeno, non so mai… la mattina quando mi sveglio allora… oggi preparo questo o certe volte ci sono le cose che avanzano il giorno prima e allora usiamo, mangiamo la stessa cosa per non sprecare roba e quindi…
E questa ricetta come deve essere impiattata? Come deve essere servita?
Nel piatto, con il sugo, una volta che è lessata la pasta si mette nel piatto, si condisce con il formaggio, formaggio che piace  (parmigiano o pecorino) quello che si vuole, si mette il sugo e si mangia.
Quindi la servi ognuno con la sua porzione già nel piatto?
Sì, sì, ognuno nel piatto.
E il piatto? nel piatto fondo o nel piatto liscio?
In quello fondo.
E quando prepari questa ricetta, di solito hai detto che la fai nei giorni di festa, quindi la tavola com’è apparecchiata? Metti una tovaglia particolare, dei piatti o posate particolari oppure no?
No, la tovaglia si mette la tovaglia più nuova non quella di tutti i giorni, più grande se siamo parecchie persone e viene diverso. E col piatto normale che usiamo tutti i giorni.
L’importante è che sia buona la pasta!
L’importante è che sia buona la pasta!
E la pasta, però, vedo che la tagli tutta alla stessa lunghezza!
Più o meno, così
E come mai?
E se no che è cruda, che è cotta; per dare una… non so come si dice?
Non lo so, no ti piacerebbe anche se fossero tutti diversi?
E no, stanno male!
Stanno male nel piatto o nella pancia?
Ah, ah, nel vederli! neanche nel piatto perchè poi una volta che è cucinato non si vede niente se sono lunghi o corti
Quindi è per…?
Estetica, diciamo. Se viene qualcuno che li vede sul tavolo li vede più o meno in ordine.
Quindi è importante l’opinione degli altri?
Sì, sì, sì.
E se qualcuno ti dicesse che invece devono essere più lunghi rispetto a come li fai tu?
Si possono fare, a piacere. Se uno li preferisce più lunghi si possono fare; se uno li preferisce più corti si possono fare più corti.
Possiamo dire quindi che…ti ritieni una brava cuoca?
Io sì, mi ritengo brava, più o meno.
Ma sei brava solo a cucinare o sai fare anche altre cose?
Anche a fare altre cose.
Tipo?
Adesso sto ricamando, ma è sopra il ricamo che sto facendo, perchè mi annoio a stare ferma e quindi mi preparo sempre qualcosa per…
Quindi sai cucinare,sai ricamare,sai cucire?
Sì, infatti c’e la macchina aperta di là.
Hai insegnato a cucinare solo alla figlia femmina o anche ai figli maschi?
Alla figlia femmina, di più. I figli maschi sono bravi uguali perchè mi hanno sempre vista e quindi anche loro se si mettono sanno fare qualcosa.
Quindi hanno cucinato qualche volta con te? hanno provato a fare anche loro la pasta fatta in casa?
No, queste cose no.
Delle ricette più semplici?
Delle ricette più semplici anche perchè sono stati fuori all’università, e quindi si sono preparati da soli.
Questo quindi è il piatto finito,la ricetta finita.

Lo servi sempre così?

E da cosa capisci che sono buoni?
Bisogna assaggiarli!
E conosci altre donne brave come te in cucina?

E chi?
Eh, parenti miei: c’è mia cugina che sa cucinare bene, che abbiamo mangiato insieme, che sa cucinare.
E che cosa sanno fare bene?
Sempre piatti tipici come i maccheroni, fave e cicorie e le altre cose tradizionali come fagioli, ceci.
E perchè le sanno fare bene?
Le sanno fare bene.
E da cosa lo capisci?
Sono saporiti, sono buoni perchè usano tutti i prodotti che uso io, fatti in casa come la salsa, pomodori. Sono buoni, sono saporiti.
Quindi cucinano come cucini tu?

E a te piace quindi mangiare bene?

E perchè pensi che sia importante mangiare bene?
Per stare bene, per dare le cose genuini.
Fanno stare bene quindi anche in salute?
Sì, sì.
E fanno solo stare bene oppure anche per la compagnia?  ti piace mangiare bene per stare in compagnia?
Anche, anche, sì piace la compagnia.
Va bene, bè buon appetito!
Grazie!

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Cavatelli con peperoni e pomodori (Tursi)

Cavatelli con peperoni  e pomodori (Tursi)
preparata da Rosa Chiurazzi (n.1940)
intervistata da Lucia Stigliano

https://vimeo.com/263481434

Signora Rosa, oggi vorrei farti un’intervista culinaria su uno dei piatti tipici per eccellenza della tradizione gastronomica tursitana: i Rascatelli pupacc’ e pmdor (cavatelli con peperoni e pomodori). Parlaci un po’ della sua storia, di come hai imparato a cucinarlo.

Veramente io ho imparato da piccola età a fare questo piatto, proprio in mano a mamma, quindi ero piccola quando già sapevo fare tutto. Questo è un vero piatto tradizionale del nostro paese, cioè Tursi; adesso iniziamo, vi faccio vedere come si prepara.

Sì, vediamo gli ingredienti: la farina, che farina è?

Allora, si mette la farina di grano duro poi si aggiunge un pizzico di sale, un po’ di acqua e viene lavorato l’impasto non tanto duro per poterlo modellare.

Si mette l’acqua al centro e si inizia ad impastare

Sì, bello morbido l’impasto, poi viene lavorato un po’ in modo che diventi morbido. E’ un piatto tradizionale.

Quindi hai imparato a cucinarlo da tua mamma…

Sì, ai tempi nostri era così, quando facevamo la pasta di casa per noi era festa

E si faceva la domenica, giusto?

Sì, specialmente la domenica e nei giorni di festa quando si avevano ospiti, era un pranzo abbastanza gradito.

A che ora ti svegli di solito la mattina per cucinare?

Di solito veramente, di solito quando ho ospiti, inizio presto la mattina in modo che mi trovo già il pranzo pronto e ho sbrigato le varie faccende.

E gli altri giorni invece?

Gli altri giorni invece, dipende dalle cose che ho da fare, però quando devo preparare la pasta di casa di solito mi alzo prima

Perché richiede più tempo… per cucinare questo piatto quali altri ingredienti servono?

Questo piatto viene fatto con pupacc’ e pmdor (in dialetto nostro tursitano) quindi peperoni e pomodori, mettiamo un po’ di basilico, un po’ di piccante, gli odori nel sughetto che lo rendono più bello e più saporito.

L’impasto è quasi pronto…

Sì, lo devo lavorare un po’ in modo che viene bello morbido, poi dopo che l’abbiamo preparato, lessiamo la pasta e la condiamo con il sughetto pupacc’ e pmdor e per quanto riguarda il formaggio, la vera tradizione vuole che si aggiunga il cacio ricotta ma si può condire anche con il parmigiano, dipende dai gusti.

Quindi quello tipico è il cacio ricotta che si abbina bene anche con i peperoni e i pomodori.

Sì, adesso la stendiamo un po’ e la lavoriamo

Vediamo come si modella per dare la forma dei così detti rascatelli

Si la stendiamo un po’, tagliamo a pezzetti, a cubetti e poi si stendono i pezzetti uno per uno, aggiungendo un po’ di farina per non farli attaccare

Quali altri piatti tipici tursitani conosci e sai cucinare?

Di pasta, facciamo pure i maccheroni che, in dialetto nostro sono i “frzzul” conditi con il sughetto e poi ci facciamo la mollica, con il pane macinato, bollito e poi la condiamo con il peperone rosso, in polvere e lo facciamo sfriggere un po’

Che nel nostro dialetto prende il nome di “pupacc’ p-set”. Tornando alla pasta, dopo aver dato questa forma qui, si taglia ulteriormente a pezzetti

Sì, e poi si lavorano con le mani, ora vi faccio vedere la lavorazione

Si cavano in questo modo ecco perché prendono il nome di rascatell’, cavatelli

Sì, in dialetto rascatell e prendono questa forma qui. Mia mamma li faceva anche a due dita ma io mi trovo meglio con un dito, vengono bene ugualmente

Si possono fare in tutti e 2 i modi.

Sì, dopo cucinati conditi con il sughetto sono la fine del mondo

Quindi possiamo invitare tutti ad assaggiare questo piatto tipico tursitano

Sì, a noi piace tanto e rappresenta la nostra tradizione.

Allora, dopo aver preparato la pasta, passiamo al sughetto, quali sono i procedimenti per prepararlo?

Allora, prima andiamo a mettere a bollire l’acqua, intanto preparo il sughetto. Servono uno spicchio d’aglio, i pomodorini, i peperoni del nostro orto, un po’ di basilico per renderlo più profumato. Mettiamo pure un po’ di piccante che è ancora meglio.

I pomodori si tagliano a pezzettini, aggiungiamo i peperoni a pezzetti e un pizzico di olio così viene ancora più saporito, poi lo mettiamo a cuocere

Quindi si prepara abbastanza velocemente

Sì, è un piatto saporito e si può preparare in poco tempo, non è tanto complicato. Essendo un piatto tipico della nostra terra lo prepariamo sempre con tutta la volontà di farlo insieme ai “Frzzul” un altro tipo di pasta che ha gli stessi ingredienti ma forma diversa e un impasto più duro.

Bene, il sughetto è pronto per essere cucinato

Sì, lo giriamo un po’ in modo che mescoliamo bene il sale, l’olio agli altri ingredienti, intanto l’acqua bolle, dobbiamo prendere un po’ di formaggio grattugiato e caliamo la pasta.

Sì, aspettiamo la cottura.

La pasta è pronta, possiamo scolarla.

La scoliamo, la mettiamo direttamente nel tegame così si insaporisce e viene condita, la giriamo un po’, e il piatto è pronto, possiamo aggiungere un po’ di formaggio e il piatto è da servire.

Perfetto.

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La Cialledda (Pomarico)

La Cialledda (Pomarico)
preparata da Giovanna Adduce (n. 1937)
intervistata da Veronica Gioscia

https://vimeo.com/263123828

Buongiorno Giovanna tutto bene?

Sì benissimo.

Ti sei svegliata presto stamattina?

La solita ora, mi sveglio sempre alle sette.

Che fai dalle sette della mattina?

Fin quando mi lavo, mi vesto… e ora mi sto preparando la cialledd’

Questa devi mangiare oggi?

Sì, questa devo mangiare.

Tu sei andata a fare spesa?

No, io posso andare sola, viene una ragazza vicino casa, le do i soldi e mi compra quello che voglio.

Cosa ha comprato?

Le cipolle, due peperoncini per fare la cialledd, si fa stufare sul fuoco e poi si aggiunge l’ acqua.

Ha comprato solo quello che serviva oggi per cucinare o ti compra altre cose?

No, lo zucchero, il pane, tutto quello che ci vuole durante la giornata.

Cosa sai cucinare?

I cavatelli, i tagliolini, le orecchiette, i maccheroni… so fare tutto.

La cosa che ti piace cucinare e ti riesce meglio?

Mi piace fare la pasta fatta in casa. Da piccola abbiamo sempre mangiato pasta fatta in casa.

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Mamma quando era viva.

Noi eravamo ragazzine, andavamo a scuola e mamma preparava da mangiare.

Ricordi a che età hai iniziato a cucinare?

Facevo qualcosa quando avevo 10 anni ma era mamma che diceva come fare.

Ora devo fare il pane, mi serve il piatto.

Cosa è questo piatto?

È un piatto che avrà 50 anni.

Prima si metteva qui dentro la cialledd’?

Si,  si faceva con il pane.

Ora che fai?

Taglio il pane che devo mettere sotto la cialledd’

La CIALLEDD è un piatto tipico di Pomarico?

Sì, è di Pomarico.

La mangiavano mascior’: mio nonno, facevano sempre questa , vivevano in campagna  c’era sempre il fuoco con la legna acceso e quando si mangiava si sentiva la puzza del fumo. A quei tempi si facevano i sacrifici, ora invece no, ci sono tutte cose buone per non lavorare tanto. Io avevo una sorella che andava sempre in campagna, quando tornavano dalla campagna facevano la lasagna,  accendevano il fuoco, facevano un po’ di pomodoro sul fuoco e poi cucinavano la lasagna. Quella si mangiavano,  ma quando tornavano dalla campagna,  da lavoro,  in quel momento facevano tutto,  perché non c’erano tutte le comodità che ci sono ora.

Come si fa la cialledd’?

Si prende la … ma era più bella quella con l’ spnzl , questi quando nascono hanno le foglie verdi , con quelli era ancora più bella.

Ora non ci sono?

No, non è tempo ora

Quindi metti la cipolla normale? Quella bianca o quella rossa?

Non ha importanza. L’importante che si sente l’odore

Che si mette il pane nel piatto?

Bisogna affettare il pane sottile, non grosso, si mette nel piatto e sopra si butta la cipolla cresciuta con un po’ d’acqua.

Si può fare solo in questo modo o ci sono altri modi per prepararla?

Noi di solito facciamo sempre così. Se ti piace puoi mettere un uovo.

Il pane deve essere duro? Del giorno prima?

Si meglio ancora,  perché quando è troppo fresco fa come la focaccia,  si spappola tutto. Chi mangia piccante può aggiungere il peperoncino… che dici deve bastare?

Questo piatto per quante persone va bene?

Non più di due, noi prima facevamo la spsj quando eravamo tanti ,  quando eravamo tre o quattro persone la mezza spsj.

Ora cha hai aggiunto?

Ho cresciuto l’acqua,  metto il sale.

Questo cos’è? Il prezzemolo? Da sapore al piatto?

Si certo, ho anche messo il sale.

Che dici devo mettere qualche uovo?

Come vuoi tu.

Io la faccio ma voi siete i padroni. Metto il peperoncino

Ora devi mettere l’uovo?

Sì, uno o due?

Di solito quante uova metti?

Per due persone ne metto 2

Dove hai preso le uova?

Al negozio, non ho galline

Prima si faceva con le uova fresche?

Sì. Si friggeva l’uovo in una padella con il peperoncino e si mangiava, era saporito.

Ora non lo fanno più…

Ora sto (all’ntann’) facendo cadere l’uovo

Quale ingrediente da più sapore al piatto?

La cipolla,  poi metti l’uovo ed è ancora più saporita

Una volta pronto si mette sul pane?

Si mangia a tavola pane e uovo nel piatto, non si mette da parte

Che profumo che si sente

Hai visto, le cose antiche sono sempre più belle , ora ci mangiamo cose che ci fanno ammalare. Prima il pane lo facevamo noi avevamo il forno per infornarlo, mia madre faceva la pasta per fare i porcelli con l’olio, le focacce… In campagna… ora invece non esiste una cosa buona

Ora lo possiamo mangiare?

Sì, mettiamo la tovaglia e il bicchiere.

Che volete il vino o l’acqua?

Prima cosa si beveva?

Prima si teneva u jascarijedd

Di cosa si tratta?

È un oggetto di legno che si riempiva di vino, aveva un tappo che si toglieva e cosi potevi bere

Tu lo bevi il vino?

No

Ce l’hai a casa?

No io no, i miei figli ce l’hanno, io non lo faccio più. Quando era vivo mio marito avevamo la vite in campagna, ora è di meno e mio figlio si fa il vino per lui

Quando eri giovane hai mai fatto il vino?

A differenza di prima ora si compra il vino vero?

No ci sono tantissime persone che ancora lo fanno

Mangi sempre sola il giorno?

Sì sempre sola, solo la domenica vado dai miei figli, mi tengono a mangiare una domenica uno e una domenica l’altro

Buon appetito Giovanna

Venite anche voi a mangiare che dovete dirmi che sapore ha.

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Dorina e gli strumenti della cucina materana

Dorina Cancelliere di Matera ci guida fra gli oggetti e gli strumenti di cucina raccolti da Donato Cascione nel suo Museo-Laboratorio della Cultura Contadina che ha sede in via Fiorentini a Matera.

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Pettole di Natale al vento (Gravina di Puglia)


Allora Isa cosa ci stai preparando?
Le pettole di natale al vento
Come mai le pettole?
Questa è la nostra specialità che si fa a natale, facciamo anche le cartellate, che sarebbero le frittelle, l pettl.
Esiste soltanto questa ricetta di pettole?
No c’è né anche un altro tipo, sono le pettole schiacciate che si tagliano col coltello.
Ma sono vuote queste pettole?
Si sono vuote.
Ma ne esistono anche altri tipi?
Un altro.
Ma dentro non si mette niente?
Si mette la ricotta forte.
Chi ti ha insegnato a prepararle?
Mia madre quando ero piccola, avevo dieci anni quando mi mettevo vicino al tavoliere.
Gli ingredienti li avevi tutti o qualcuno te lo sei fatto prestare dalla vicina, oppure sei andato a comprarlo?
No, l’ho comprato,non prendo niente in prestito perché sapevo di farlo.
Perché non ti piace prendere in prestito?
No
Come mai?
Perché diceva mia madre non si prende in prestito “ci u’mbrist ier bun s mbrstain l mgghjr” (se il prestito era bello si dovrebbero prestare anche le mogli)
Non si dice così al tuo paese?
Eh si si…
Quindi hai comprato solo quello che si occorreva per oggi?
C’è l’ho sempre un po di farina in più, quando mio marito prende la paga che va a zappare allora faccio tutte le provviste.
Ma questa è la ricetta che ti riesce meglio?
No mi riesce tutto meglio, tutto bene.
Quali sonno le altre ricette che ti piace cucinare?
Tutte le cose, noi facciamo u calaridd, la rzzoul
Che cos’è la rozzoul?
La r’zzoul è la pecora che si fa il 5 settembre.
E’ fatta come?
Si cucina nelle pignate, ind a l pignateddr. Si prende la pecora e si mette nelle pignate, poi si mettono le patate, le cipolle, il formaggio tagliati a pezzettini, poi si cucina in un forno a fuoco lento, un forno a legna. Il sopra si chiude con la pasta del pane. Hai capito cos’è la pignata?
Sì sì.
Si fa così si lavora la pasta.
Perché stai usando questo contenitore di terracotta?
Perché è pesante, se metti una coppa leggera ci vuole un altra persona che deve mantenere.
Cosa hai cucinato oggi?
Oggi ho fatto pasta e broccoli con la mollica fritta e i cavatelli fatti in casa.
Ma i cavatelli sono una pasta tipica di qua?
Si.
Quindi quando hai imparato a cucinare?
Quando ero piccola.
Quanti eravate in famiglia?
Otto persone, sei fratelli più mamma e papà e più la nonna nove.
Ma di solito ti piace imparare nuove ricette o preferisci fare quelle che ti hanno insegnato?
Ma no, diceva la vecchia nan vulaj murì ca vulaj semb mbarè (diceva la vecchia non vorrei morire perché vorrei sempre imparare) però alla fine vado a finire di fare sempre le vecchie ricette che sono sempre le più buone.
Così prende il filo la pasta.

Che vuol dire?
Vedi quando la allunghi non si deve spezzare facilmente.
C’è qualcuno che ti aiuta in cucina?
No.
E quando eri piccola cucinava tua madre?
Sì e io guardavo, mia madre mi portava alla sarta e io non volevo andare per imparare la cucina.
Per caso ci sono dei piatti che non si preparano più? O è rimasto tutto come prima?
No è lo stesso, anzi quando vai nei ristoranti ora escono tutta la roba di prima, che si usava prima, è tornata di moda. I diavolicchi, i peperoncini, i piatti tipici.

Secondo te cosa è un piatto tipico, quando si dice piatto tipico che cosa è?
Sono delle cose che si usavano una volta, non come adesso che tutti so prosciutti, mortadella, questo quest’altro, “briosce”, le cose tipiche sono cose fatte in casa.
Quindi questo è un piatto tipico, questo che stai facendo tu?

Ma questo modo di dire “piatto tipico” è qualcosa che si sente ora o si usava anche quando eri piccola tu?
Nono quando ero piccola io si usava quello e basta, una pasta al forno quando andavamo agli sposalizi.
Quindi non si usava dire piatti tipici, era tutto normale?
Non si vedeva l’ora di andare agli sposalizi per mangiare un po di carne in più che prima si mangiava la pancetta, il grasso del maiale.
Ma la mangiavate spesso la carne in famiglia?
No si comprava il lardo.
E invece nei giorni normali? La carne si mangiava la domenica?
Sempre legumi, pasta e pomodoro e un po di lardo, la domenica un pezzettino di carne, la festa grande l capuzzeddr.
Che cos’è la capuzzedd?
La testina dell’agnello o dell’agnellone.
Conosci qualcun’altro che la prepara in un altro modo o la fanno tutti così?
No non la sanno fare e allora preparano quelle schiacciate che sono più facili.
Ma si cucina solo a Gravina questo piatto? O si fa anche in altri posti?
No io penso solo qua. L’ho visto in televisione anche ma quando li friggono li prendono col cucchiaio, invece io ho tutto un altro procedimento.
E quindi non si mette niente dentro?
Niente. A Matera mettono l’uva sultanina. Si potrebbe mettere un po’ di uva sultanina. Guarda come si allunga. Allora più la lavori e più lunga diventa.
E quindi qual’è la cosa più importante di questa ricetta?
Che si allunga la pasta, deve prendere il filo.
Quindi quali sono gli ingredienti?
Farina sale zucchero e acqua e lievito.
Ma ti regoli ad occhio?
Ad occhio, va un lievito sopra un chilo, un chilo e mezzo. Beh adesso basta.
Quindi questa quantità per quante persone va bene?
Molte persone. Che poi le pettole le vendono 3,4 pettole a un euro, in piazza. Anche in piazza le vendono quindi
Ma solo alle feste?
Si alle feste. C’è qualcuna come me chiù all’andic (più all’antica) ca l sep’ fè, le sa fare.
Però in genere si fa quando c’è tanta gente alle feste. E come si mettono, tutte in piatto?
Si possono fare anche con il vincotto, sempre fritte e poi messe nel vincotto. Beh mi vado a sciacquare le mani che le dobbiamo coprire. Non metto olio di semi.
Cosa stai facendo?
Sto mettendo l’olio, olio di oliva.
Ma l’hai comprato?
No lo facciamo noi.
Perchè quello comprato non è buono come quello che fate voi.
Ci sono sempre trucchi.
Cioè?
Cioè non lo so quello che mettono, specialmente ai tempi di adesso.
L’impasto quanto tempo deve lievitare?
Un oretta perché fa caldo.
Perché l’hai coperto?
Perchè deve lievitare.
E sei brava?
Ma io non lo posso dire.
Però ti fa piacere sentirtelo dire. Ma conosci altre donne brave in cucina?
Insomma si, c’è qualche altra nel paese.
Giusto qualche altra?
Giusto qualche altra senò le fanno venire piene di olio
E’ importante saper cucinare bene secondo te, almeno quando viene qualcuno fai vedere le tue bravure!
Hai qualche negozio di fiducia dove vai a fare la spesa? I latticini per esempio.
Si i latticini c’è Ricciardi qua sotto.
E come mai vai sempre in questi negozi?
Perché sono più “fidabili”, li conosco. Mi danno la roba fresca.
E secondo te quali sono i prodotti tipici di Gravina? Esiste qualche latticino?
Il pecorino anche se io non lo mangio.
Quindi stai mettendo l’impasto nell’olio. Come fai a capire quando sono pronte?
Devono diventare un po rosse, mo sono le prime e sono ancora bianche.
Grazie di tutto Isa
Prego
Buon appetito.

ricetta preparata da Isabella Lofrese
intervistata a Gravina di Puglia (BA) il 2009-09-02
da Filippo Gramegna

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