Cucina Lucana

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Cialledda materana (Matera) Cialledda materana (Matera)
Cialledda materana (Matera) Intervista a Tortorelli Concetta Realizzata da Scarciolla Barbara Il 09/01/2021 La cialledda? Sì, la facciamo la cialledda. Di... Cialledda materana (Matera)

Cialledda materana (Matera)
Intervista a Tortorelli Concetta
Realizzata da Scarciolla Barbara
Il 09/01/2021

La cialledda?

Sì, la facciamo la cialledda. Di pane si può fare… di pomodori, di tutti i tipi. Faccio fare l’acqua calda, poi metto un pomodorino, un po’ di origano, faccio il pane a pezzettini, lo metto nel piatto e metto tutta quest’acqua bollente, poi metto un piatto sopra così la mollica si assorbe tutto il succo e l’olio. E quella è la cialledda. La cialledda si fa in tanti modi, poi si mette pure un po’ di arancia nella cialledda. L’arancia pure è buona nella cialledda. Quando ho le arance metto le arance, sennò non le metto. Oppure metto un po’ di cipolla e un pomodorino, si fa bollire nell’acqua, si cucina, così la mollica viene tutta bella condita con l’olio e questi aromi, così.

Ma il pane quanto deve essere vecchio?

Deve essere vecchio, due tre giorni. Prima, il pane che si faceva prima a nonna non era come questo. La cialledda si faceva con il pane duro, che durava, il pane. Mo’, il pane di mo’, è tutto morbido, morbido, subito si fa morbido, che diventa a quaqquaredda.

Per fare la cialledda buona è importante che il pane sia buono?

Il pane di prima… mo’ la cialledda con questo pane non viene bene, è tutto morbido morbido. Prima era il pane antico. Bisogna fare la cialledda con il pane che si cucina nel forno… non quello elettrico, che quello è più duro, più sostanzioso. Mo’ non esistono più forni a legna, so tutti elettrici. Poi si impastava il pane in casa, io quello ho fatto, il pane. Si faceva così. Che poi si metteva in un panno il pane, cresceva e allora quando era cresciuto si tagliava un poco. Se era tutta buchi buchi la pasta, era arrivata a lievitazione, che era lievitata.

Era pronto quindi?

Era pronto. Che poi si faceva pezzi pezzi. Nonna teneva una tavola così lunga, che si mettevano là i pezzi, veniva il fornaio… se li venivano a prendere loro stessi il pane, e lo infornavano loro al forno.

Ma voi dove lo prendete il pane? Dal fornaio che sta qui?

Sì è buono. Oppure da De Palo, o questo che sta sopra, non mi ricordo come si chiama. Che quello va sempre nonno a comprare il pane, lui lo va a comprare.

E tu non la fai la spesa?

Ah sì, la facevo io la spesa. Chi si trova. Mo’ sta nonno che non ha cosa fare e va lui a comprare la spesa, tutt caos.

Per esempio i ceci, le verdure, da dove le andate a comprare?

Allora si andava in piazza, adesso ci sono i negozi che si vende. Allora tutti alla piazza, poi venivano i camion dalle province, si fermavano in mezzo alla strada e si comprava da quelli.

E mo’ da chi li comprate, vi fidate di qualcuno in particolare?

In piazza, al fruttivendolo.

Quando hai imparato a cucinare?

Io? Da quando ero signorina.

E chi ti ha insegnato?

Nonna. Nonna Margherita.

Quando eri piccola tu, cucinava nonna Margherita?

Sì.

Quindi sono sempre le donne che cucinano?

E sì be’, le mamme, sempre le mamme cucinavano. – Nonno (Fuori campo): i ti nan k’cnùv, nan trmbùv? Ah si, quando poi mi sono fatta più grande cucinavo pure io.

Che cosa sai cucinare meglio?

Tutti i piatti: pasta al forno, faccio i cavatelli, faccio le scorze d’amell, pasta e rape, pasta e ceci, pasta e lenticchie, faccio tutte le qualità.

Quanto tempo impieghi tu per cucinare?

Be’, va be’ dipende, un’ora, due ore. La domenica per esempio facci il ragù con le brasciole, polpette, li impasto, poi le faccio friggere nell’olio, poi faccio il sugo e le polpette le faccio cucinare un po’ nel sugo.

Secondo te è importante saper cucinare?

Come no! sì, altro che! Che se non cucini, che ti devi mangiare? Mo sono tutte altre cucine, non le sapete fare, anche tua madre.

La dieta è cambiata secondo te?

Sì sì sì. Si facevano u fev m’nnet, con le cicorie. Erano le fave a purè, in italiano. Si toglieva la buccia, si mettevano a bagno la sera e poi la mattina si mettevano nella pentola con l’acqua e si faceva bollire. Quando si erano cucinate le fave, si girava un poco, si metteva un poco d’olio e diventava come una crema.

E’ importante che l’olio sia buono?

Sì sì sì. No ma adesso c’è sempre l’olio buono, ma sempre è stato l’olio buono a noi qua.

Da chi lo prendete voi l’olio?

Da chi lo prendiamo noi l’olio? – Nonno (Fuori campo): dai frantoi.

Ci sono dei piatti che non si cucinano più?

Le cicerchie, mo’ le cicerchie non le piantano più i contadini. Quelle erano buone quelle cicerchie, ù c’ciarchj. Quando apparecchi la tavola, che metti la tovaglia, i tovaglioli, ti interessa che sia bello da vedere? Ah sì, io metto la tovaglia bella grande, con tutti i bicchieri, i tovaglioli, le posate. Pure quando stiamo tutti e due con nonno.

Quindi non solo nelle feste?

Non sono scisciata insomma.

Anche quando state da soli, non solo nelle feste?

Sì sì, nonno lo può dire.

Che cosa non ti piace proprio cucinare?

Nonno (Fuori campo): U rris. Il riso! (Risata)

Perché?

Che non mi piace. L’unica cosa che non mi piace, Barbara a nonna. Non mi piace. Non sa di niente. Il riso vuole essere condito. Tu metti un po’ d’olio, un po’ di sugo ce jà? Semb ris.

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