Cucina Lucana

Basilicata in Cucina. Ricette, Eventi, Interviste

Calzoni con patate e cipolle (Policoro)

Calzoni con patate e cipolle (Policoro)

Intervista ad Anita Fittipaldi realizzata da Francesca Giuliana Manolio il 04/11/2020

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Cialledda materana (Matera)

Cialledda materana (Matera)
Intervista a Tortorelli Concetta
Realizzata da Scarciolla Barbara
Il 09/01/2021

La cialledda?

Sì, la facciamo la cialledda. Di pane si può fare… di pomodori, di tutti i tipi. Faccio fare l’acqua calda, poi metto un pomodorino, un po’ di origano, faccio il pane a pezzettini, lo metto nel piatto e metto tutta quest’acqua bollente, poi metto un piatto sopra così la mollica si assorbe tutto il succo e l’olio. E quella è la cialledda. La cialledda si fa in tanti modi, poi si mette pure un po’ di arancia nella cialledda. L’arancia pure è buona nella cialledda. Quando ho le arance metto le arance, sennò non le metto. Oppure metto un po’ di cipolla e un pomodorino, si fa bollire nell’acqua, si cucina, così la mollica viene tutta bella condita con l’olio e questi aromi, così.

Ma il pane quanto deve essere vecchio?

Deve essere vecchio, due tre giorni. Prima, il pane che si faceva prima a nonna non era come questo. La cialledda si faceva con il pane duro, che durava, il pane. Mo’, il pane di mo’, è tutto morbido, morbido, subito si fa morbido, che diventa a quaqquaredda.

Per fare la cialledda buona è importante che il pane sia buono?

Il pane di prima… mo’ la cialledda con questo pane non viene bene, è tutto morbido morbido. Prima era il pane antico. Bisogna fare la cialledda con il pane che si cucina nel forno… non quello elettrico, che quello è più duro, più sostanzioso. Mo’ non esistono più forni a legna, so tutti elettrici. Poi si impastava il pane in casa, io quello ho fatto, il pane. Si faceva così. Che poi si metteva in un panno il pane, cresceva e allora quando era cresciuto si tagliava un poco. Se era tutta buchi buchi la pasta, era arrivata a lievitazione, che era lievitata.

Era pronto quindi?

Era pronto. Che poi si faceva pezzi pezzi. Nonna teneva una tavola così lunga, che si mettevano là i pezzi, veniva il fornaio… se li venivano a prendere loro stessi il pane, e lo infornavano loro al forno.

Ma voi dove lo prendete il pane? Dal fornaio che sta qui?

Sì è buono. Oppure da De Palo, o questo che sta sopra, non mi ricordo come si chiama. Che quello va sempre nonno a comprare il pane, lui lo va a comprare.

E tu non la fai la spesa?

Ah sì, la facevo io la spesa. Chi si trova. Mo’ sta nonno che non ha cosa fare e va lui a comprare la spesa, tutt caos.

Per esempio i ceci, le verdure, da dove le andate a comprare?

Allora si andava in piazza, adesso ci sono i negozi che si vende. Allora tutti alla piazza, poi venivano i camion dalle province, si fermavano in mezzo alla strada e si comprava da quelli.

E mo’ da chi li comprate, vi fidate di qualcuno in particolare?

In piazza, al fruttivendolo.

Quando hai imparato a cucinare?

Io? Da quando ero signorina.

E chi ti ha insegnato?

Nonna. Nonna Margherita.

Quando eri piccola tu, cucinava nonna Margherita?

Sì.

Quindi sono sempre le donne che cucinano?

E sì be’, le mamme, sempre le mamme cucinavano. – Nonno (Fuori campo): i ti nan k’cnùv, nan trmbùv? Ah si, quando poi mi sono fatta più grande cucinavo pure io.

Che cosa sai cucinare meglio?

Tutti i piatti: pasta al forno, faccio i cavatelli, faccio le scorze d’amell, pasta e rape, pasta e ceci, pasta e lenticchie, faccio tutte le qualità.

Quanto tempo impieghi tu per cucinare?

Be’, va be’ dipende, un’ora, due ore. La domenica per esempio facci il ragù con le brasciole, polpette, li impasto, poi le faccio friggere nell’olio, poi faccio il sugo e le polpette le faccio cucinare un po’ nel sugo.

Secondo te è importante saper cucinare?

Come no! sì, altro che! Che se non cucini, che ti devi mangiare? Mo sono tutte altre cucine, non le sapete fare, anche tua madre.

La dieta è cambiata secondo te?

Sì sì sì. Si facevano u fev m’nnet, con le cicorie. Erano le fave a purè, in italiano. Si toglieva la buccia, si mettevano a bagno la sera e poi la mattina si mettevano nella pentola con l’acqua e si faceva bollire. Quando si erano cucinate le fave, si girava un poco, si metteva un poco d’olio e diventava come una crema.

E’ importante che l’olio sia buono?

Sì sì sì. No ma adesso c’è sempre l’olio buono, ma sempre è stato l’olio buono a noi qua.

Da chi lo prendete voi l’olio?

Da chi lo prendiamo noi l’olio? – Nonno (Fuori campo): dai frantoi.

Ci sono dei piatti che non si cucinano più?

Le cicerchie, mo’ le cicerchie non le piantano più i contadini. Quelle erano buone quelle cicerchie, ù c’ciarchj. Quando apparecchi la tavola, che metti la tovaglia, i tovaglioli, ti interessa che sia bello da vedere? Ah sì, io metto la tovaglia bella grande, con tutti i bicchieri, i tovaglioli, le posate. Pure quando stiamo tutti e due con nonno.

Quindi non solo nelle feste?

Non sono scisciata insomma.

Anche quando state da soli, non solo nelle feste?

Sì sì, nonno lo può dire.

Che cosa non ti piace proprio cucinare?

Nonno (Fuori campo): U rris. Il riso! (Risata)

Perché?

Che non mi piace. L’unica cosa che non mi piace, Barbara a nonna. Non mi piace. Non sa di niente. Il riso vuole essere condito. Tu metti un po’ d’olio, un po’ di sugo ce jà? Semb ris.

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Bbašcanèšchë (San Mauro Forte)

Bbašcanèšchë (San Mauro Forte)

Intervista ad Anna Erminia Lamagna

Realizzata da Marco Diluca l’8 ottobre 2020

Io mi chiamo Lamagna Anna Erminia, sono di San Mauro Forte, provincia di Matera, sono nata il 22/03/1938, a San Mauro Forte, allora questo ragazzo è venuto che vuole sapere le cose, come si fanno, che si faceva prima e vuole vedere come si fa quello che, nel nostro dialetto, viene chiamato l Bbašcanèšchë.

Ti sei alzata presto, sta mattina, per cucinare?

Eh sì sì, ho cucinato già.

E a che ora ti sei svegliata?

Alle cinque.

Sei andata a fare la spesa?

Eh sì! Sono andata a comprare anche il pesce.

Hai comprato solo quello che ti serviva per oggi?

Eh sì! No, di conservare no…

Hai qualche fornitore speciale da cui vai? Che preferisci?

Come? Non ho capito…

Vai da qualche negoziante in particolare?

No! No! No! Quello che trovo prendo, quello che non trovo vado a casa, e fai quello che hai in casa.

Quindi hai comprato solo quello che ti serviva per oggi?

I fagioli li ho comprato ieri, il pesce sta mattina.

Ci sono anche ricette che non ti piace cucinare?

No no, cucino di tutto e mangio di tutto.

Cucinavi già da bambina?

Eh! Mia madre andava in campagna e noi eravamo in casa e cci diceva quello che dovevamo fare e facevamo tutto, la sera quando rientravano mio padre e mia madre dovevano trovare tutto pronto, altrimenti… C’erano anche le botte!

Quindi sei stata costretta ad imparare a cucinare?

Eh sì sono stata costretta, sono andata anche in campagna insieme a loro, a dodici anni, non come adesso che stanno tutt bell che vanno trovando solo le brioche.

La dieta alimentare è cambiata rispetto a quando eri piccola?

Noi la dieta la facevamo quando andavamo in campagna, un pezzettino di pane, poi arrivavamo dove dovevamo arrivare, alla campagna, e zappavo le fave, tiravo l’erba nel grano…Dovevi imparare anche a tirare l’erba nel grano, da piccolina mi ha imparato mio padre e mia madre.

E quindi oggi è cambiato il modo in cui si mangia rispetto a prima?

Ah sì sì sì! Prima mangiavamo tutta roba che facevamo noi dalla campagna, fafe, ceci, granturchi, lenticchie, il grano…che lo pesava mio padre, ed erano tutte cose buone.

Si mangiavano cose genuine?

Sì sì! Tutte genuine! Invece adesso si mangiano tutte roba di schifezze.

Cosa significa per te genuino?

Significa che le cose a me…Genuino erano tutte cose che facevamo noi per le mane nostre! Invece, invece no! Adesso mangiano tutte cose che si comprano, schifezze.

*

Per fare questo Bbašcanèšchë ci vuole il vino quando si vendemmia, non appena vendemmiato e macinato l’uva e si prende questo mosto…Allora si prende e si mette un colino che se c’è qualche semino o grappolo si togliere…Poi si mette sul fuoco…

Da chi hai imparato questa ricetta?

Da mia madre…E a mia madre l’ha imparata la madre, e mia madre ci ha imparato anche a noi, a tutti e tre i figli.

E tu fai qualcosa di diverso rispetto a quello che faceva tua madre o la fai uguale la ricetta?

No! Uguale, se no poi non viene come cose che si faceva prima.

I tuoi famigliari apprezzano questo cibo che prepari? Piace a loro?

Eh sì! Eh…

Quindi ti fa piacere se ti fanno i complimenti e ti dicono che è buono?

Bah a me…Per me sarebbe una cosa che mi piace e lo faccio… Poi se uno l’accetta…Lo prendo con gradito che l’ha preso…Ha gradito…Se non la prende…

Adesso stai filtrando il mosto?

Sì sì, vedo che è troppo sporco…Perché è fresco preso il vino capi.

Il mosto che caratteristiche deve avere? Deve essere fresco giusto?

Eh sì sì! Dopo appena macinata l’uva fino alla sera lo puoi fare, ma se lo tieni ventiquattro ore non tanto va bene perché comincia a portare l’acidità.

E di conseguenza il dolce è più amaro?

Eh sì sì, è più amaro.

Lo cucini sul gas adesso questo dolce?

 

Sì sì.

Prima invece dove lo cucinavate?

E sul fuoco!

Preferisci cuocere i cibi sul gas o sul fuoco come una volta?

Beh sul fuoco è buono perché è una cosa naturale, però sul gas ti metti e fai, mentre prima dovevi fare il fuoco…

Quindi sul gas è più comodo mentre col fuoco veniva meglio.

Eh sì…Adesso dobbiamo aspettare che deve bollire, mò meniamo un po’ di cannella.

Quindi anche la cannella si usa, oltre al mosto?

Eh sì…Beh mettiamo un po’ di più che da più il sapore…Poi deve girare, quando incomincia a bolle devi mette la semolina.

Quindi l’altro ingrediente è la semolina?

Sì, non si mette lo zucchero e niente! Solo semolin e cannella, la cannella che è una cos tradizionale proprji…Davanti tanti anni…

Quindi quando eravate piccoli questo era il dolce che mangiavate?

Quest era il dolce che faceva mia madre.

Era solo questo il dolce?

Eh che volevi fà… E qualche volta mia madre faceva, facimm le zeppole, l scarpedd! Sciost in italia…Oh come si dice! In dialetto! L scarpedd, le fazzelle col miele, quelle erano i dolci, poi quando veniva pasqua mia madre faceva il dolce con la salsiccia, con la ricotta, e questi erano i dolci che c’eravamo prima, non c’era niente di buono, però quello che facevano mangiavano, poi mia madre, io ero piccolina…Chiediamo le caramelle, e intanto le caramelle quelli tempi non c’era nessuno, il tempo della guerra! E la guerra è stato abbastanza pesante, e allora mia madre prendeva lo zucchero, lo metteva sul fuoco come adesso, con un po’ di acqua, quando quello era tutto disciolto lo zucchero allora prendeva un’altra pentola, la metteva rivoltata e metteva un po’ di olio sopra e prendeva questo zucchero lo metteva su questa padella e quando quello era fatto duro prendeva il cortello e faceva pezzettini pezzettini e la teneva anche nascosta, ogni tanto andavo a mangiare una, eh, che era…Non c’era niente di bello, eravamo quattro figli, la miseria c’era…Mò stanno tutti abbastanza sazi e qualche cosa la buttano pure adesso, invece noi non buttavamo niente, e io ancora adesso che ho Ottantatré anni non butta niente, mangia di tutta, resta la roba, la riscaldiamo la sera e la mangiamo, io e mio marito, e ho imparato anche i miei figli questa maniera…Ed è la verità…non è che…Eh…Purtroppo!

Quindi adesso inseriamo il terzo ingrediente che è il semolino giusto?

Sì sì, mò cha bolle lo dobbiamo mettere dentro… vediamo se si sente.

Hai controllato se si sente la cannella?

Eh, eh, mettiamo un altro poco.

Ci sono misure speciali o fai a occhio?

No no io faccio a occhio, la prove e vedo il gusto che c’è, se è buona non ne mengo più, se non mi piace il gusto, che non si sente, allora meglio un altro po’.

Per quante persone è questa porzione?

Eh, parecchie, puoi fare a pezzettini per parecchie persone, la famiglia qualche amico.

Questo dolce lo si dona anche ad amici del vicinato?

Sì sì! Che allora non c’era niente, e chi lo faceva, faceva complimenti  (inteso come dono) a qualche altro bambino vicino la porta, qualche signora, qualche vecchietta, e si faceva di tutto…La famiglia era unita prima adesso invece no…La famiglia è tutta…Chi va a destra chi va a sinistra e povere vecchiette le vanno a nghiodere tutte nello spizio…Allora quando bollo si mena la semolina cosi, con un mattarello (confonde il mattarello con il mestolo) e devi girare fin quando che non addiventa dura.

Quindi quando bolle si mette il semolino e si mescola?

Sì, poi si mette in una… come posso dire… In una teglia. Eh! Mettiamo un altro poco .

Adesso bisogna aspettare per poi metterla nella teglia giusto?

Sì, gli devi dare il tempo che devi girare, che se no sé la meni di colpo s fac uno…E non va bene…Un po’ di pazienza…

Il semolino si mette lentamente?

Sì.

Se no diventa subito duro?

Esatto, si lavora lentamente.

Adesso è cotta nella pentola e la mettiamo su questo vassoio con un po’ di olio per farla aderire?

Sì.

Adesso questo dovrà raffreddare per un paio di giorni?

Sì, due tre giorni e poi si può…Però quando la fai con la semola del grano duro è diverso…L’anno scorso andai a prenderlo alla farmacia (il semolino) si pagò…Otto euro! Due cosi di questo qua, che non ne potevo avere e andai a finire alla farmacia…E questa è tutta la lavorazione che si fa prima, poi dopo vediamo…Si prende il coltello e si fanno a fettine!

Tuo marito ti dà una mano in cucina?

No, proprio zero! A mangiare sì!

Adesso viene proprio come delle caramelle?

Eh sì sì…Questo si conservava e pure l’inverno si mangiava.

Come lo conservavano una volta?

Eh no, quando era duro si mette in un recipiente, in un sacchettino e si conserva, mo ci sono i friz, puoi mettere anche nei friz, ma allora friz cucù, si metteva in una cesta col manico e si metteva alla verga giusto all’antica.

Come quando si appendeva il salame?

Ecco sì.

Invece adesso lo conservi nel freezer per congelare e scongelare quando vuoi?

Si che quando vengono i miei figli lo faccio provare…E così si facevano anche le caramelle, a pezzetti a quadrati, come vuoi farle. Certo così viene più…

Più bello da vedere?

Eh eh. Tu ora lo puoi conservare e quando vai dal mae…Professore, dici questo lo ha fatto la signora e sono le cose che si mangiano…

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Cialledda (Matera)

Cialledda (Matera)
Intervista a Teresa Casiello
Realizzata da Federica Bonelli il 09/01/2021

Buongiorno, sono la nonna di Federica, mi chiamo Teresa e sono un’insegnante in pensione. Vi racconto in breve come è organizzata la mia giornata, ormai di casalinga. La mattina mi alzo verso le sette e mezza, anche lo otto qualche volta, e poi mi dedico prima alla mia cura personale, alla colazione, alle mie preghiere del mattino, e poi se ho da uscire per fare la spesa mi preparo per uscire. Una volta rientrata mi dedico poi alla cucina.

Quindi quanto tempo impieghi in cucina? Ti alzi presto per cucinare e dove fai la spesa? Hai dei fornitori che preferisci e perche acquisti da quei fornitori?

Allora, impiego intorno a un paio d’ore, un’ore e mezza per cucinare, a seconda di quello che devo preparare e non cucino all’alba, cucino verso le undici, undici e mezza e poi si pranza all’una, ormai siamo rimasti soli io e mio marito.

Per fare la spesa di solito mi reco al supermercato, peró anche per la verdura e per la frutta vado ai miei fornitori in piazza, ovviamente ho il fornitore di fiducia, quello che ha un pezzo di terra e produce direttamente i prodotti che mi vende. Per comprare il pane vado da un alimentari che so che mi porta il pane buono del forno di Matera, e cosi per tutti gli altri prodotti. Cerco di scegliere i fornitori che mi danno un minimo di garanzia che il prodotto sia genuino, sia sano e il piú possibile buono.

Quali sono le ricette che sai cucinare? Quella che ti riesce meglio e perché? E quella che invece ti piace di meno e non cucini quasi mai?

Beh veramente non ho una ricetta particolarissima che mi piace di piú, perché cucinando per una famiglia grande, come è stata la mia e come è adesso, con i figli e i nipoti siamo circa quindici persone, cerco di cucinare cose che accontentano i vari gusti. Mi piace fare per esempio il roastbeef, le cotolette, la pasta al forno, oppure non so gli spaghetti con il pommodorino, anche i legumi molto spesso e la verdura e non manca mai a tavola a concludere il pasto un bel piattone di insalata e la frutta.

Chi ti ha insegnato a cucinare e quando hai imparato? Quando hai cucinato per la prima volta e per chi cucinavi?

Allora ho cucinato gia quando ero ragazza, in famiglia, nella mia famiglia numerosa, io ero la grande e alle volte aiutavo mia madre in cucina, ma non per passione, piú per necessitá. Invece poi da sposata l’ho dovuto fare tutti i giorni e a mano a mano mi è piaciuto sempre di piú.

Quindi hai imparato a cucinare per necessitá, perché eri costretta?

All’inizio si, peró poi dopo è diventata una passione anche quella della cucina che mi gratifica, soprattutto perché la faccio con amore verso quelli per i quali sto cucinando.

E rispetto al passato la dieta alimentare oggi è cambiata? Ci sono delle pietanze che non si preparano piú oppure si mangia piú o meno quello che si mangiava un tempo?

Beh, sono cambiate tante cose, prima si usava molto meno la carne, molto meno i dolci che adesso sono frequenti, e lo zucchero sappiamo quanto male fá, purtroppo è molto frequente nella nostra tavola, anche forse nella mia famiglia.

Gli anziani soprattutto usavano fare molto spesso la pasta fatta in casa e il pane impastato in casa, cosa che adesso noi puntualmente compriamo dall’alimentari, dal pastaio. Poi si usava molto fare la brasciole di cotica di maiale, che adesso si trovano come specialitá ma nei ristoranti, in casa io non le faccio mai o quasi mai. Erano frequenti molto le verdure, soprattutto le cime di rapa cosidette, broccoli, e poi anche come pesce usavano molto l’anguilla del Pantano, perché a Matera c’è un pantano; infatti c’è una canzone che dice proprio “ l’anguilla du pandan e mamma meij lu cor”. Peró questi sono ricordi di quando ero piccola, che sentivo piú che altro dagli anziani. Quindi adesso si usa molto cucinare pranzi veloci, soprattutto le donne che lavorano usano fare gli spaghetti al pomodoro e al sugo, cose veloci.

Allora oggi prepareremo la cialledda, questa è una ricetta del tuo paese? È una ricetta tipica?

Sì, è una ricetta tipica lucana ma anche pugliese. Ha alcune varianti, io oggi prepareró il piatto base, proprio il piú classico che usavano i contadini soprattutto d’esatate, perché questa è fredda, quando andavano in campagna a mietere sotto il sole le ore.

È una ricetta gustosa, facile, fresca e veniva chiamata la colazione dei mietitori; perché all’ora si mieteva con la falce e non con tutte le attrezzature moderne che facilitano questo lavoro. E quindi loro, facilmente con il pane che è l’alimento tipico materano, il pane di Matera è famoso e ha pure una certificazione di origine controllata; è fatto col grano duro che a Matera è stato sempre prodotto in grande quantitá, almeno fino a trenta, quaranta anni fa, adesso con l’industrializzazione anche questo è venuto un po’ meno, quindi il grano duro di Matera, il lievito madre, che si tramandava alle vole anche da madre a figlia, e quindi viene un pane molto alto con la crosta dura e con la mollica spugnosa. Molto buono, molto saporito e nutriente ed era l’alimento base, principale, dei contadini di una volta.

Adesso la facciamo di tanto in tanto (la cialledda) cosi come uno sfizio, per ricordare i tempi che furono. Io ricordo che da bambina l’ho mangiato spesso a casa perché piaceva um po’ a tutti i. ragazzi, a tutti i fratellini miei e  le sorelle,  e i miei genitori quando ci volevano accontentare facevano la cialda fredda.

Come si fa?

Si prende questo pane bello alto un po’ raffermo, quindi non prprio fresco, poi vedrete perché, e si taglia a pezzi irregolari. Una volta che si è tagliato cosí, è un pane un po’ raffermo, si mette nell’acqua per qualche minuto.

Quindi perché si usava il pane raffermo?

Perché il pane fresco si sfalderebbe subito, facilmente,  invece qiesto regge un po’ di piú il fatto di rimanere nell’acqua. Qualche minuto.

Poi taglio i pomodori in quattro pezzi a seconda della grandezza del pomodoro.

Quindi quali sono gli ingredienti base di questa ricetta?

Questi che stanno qua. Cipolla, pomodoro e olio, sale e origano.

Di solito tu la fai semplice, però si possono aggiungere anche altri ingredienti? È cambiata nel tempo?

Di solito si, mi piace semplice, però alle volte aggiungo i caroselli o i cetrioli, metteremo anche due olive. La ricetta base è questa.

È una ricetta povera?

Una ricetta semplice, povera ma sfiziosa, saluare e gustosa; soprattutto geniuna, con i prodotti della terra.

Si fa anche in Puglia questa ricetta, perché la Basilicata e la Puglia confinano e molte ricette si contagiano da una regione alla’altra.  Chi  ha iniziato prima non lo sappaimo peró.

La cipolla rossa si mette e ci sono ancora solo quattro o cinque agricoltori che la producono, la cipolla quella tradizionale materana che è molto dolciastra, è buona e succosa. Queste sono cipolle di Tropea, peró molto simili a quelle che usavano i contadini.

Ci tengo anche a dire che poi c’è la versione invernale della cialledda che è un po’ diversa. Allora si taglia il pane a fette, il pane sempre un po’ raffermo, in una ciotola, in una conca, si usavano dei piatti, io ce l’ho il piatto tradizionale in campagna, che era di terra cotta, disegnato con dei disegnini blu, con il galletto al fondo, e in questi piatti si mettevano queste fette di pane. Poi si bolliva con sedano, carota, cipolla, prezzemolo, si faceva un brodo vegetale, si bagnava con l’olio il pane; poi si versava questo brodo vegetale nella conca dove c’era il pane, e si mettevando delle uova crude che si rapprendevano leggermente con l’acqua bollente. Chi voleva metteva poi sopra pure un po di formaggio pecorino, il formaggio che usavano all’ora. E quella è la versione invernale.

Quindi calda?

Sì, calda.

Quindi questi (mette olio nella cialledda), mettiamo il sale e l’origano.

Quale deve essere il sapore tipico di questa pietanza per essere buona?

Fresco, perché è fredda, gustoso,  e niente questo è tutto.  Il sapore del pane, insieme con quello del pomodoro, il profumo dell’origano, che in nessuna famiglia mancava al tempo dei contadini; ce l’avevano appesi i mazzetti in casa.

Quindi strizzo un po’ il pane, tolgo l’acqua in eccesso.

Mi è dispiaciuto non avere a portata di mano il piatto classico dei contadini della campagna, perché ce l’ho in campagna.

E poi la condiamo con questo condimento, no?!

Aggiungiamo pure qualche oliva, che le olive non mancavano mai nella campagna materana, e si usavano le olive amare, quelle verdi, curate, peró amare; le cosidette tarantine, anche se in realtá forse l’origine della pianta era tarantina.

E quindi aggiungiamo anche qualche oliva.

Il piatto tipico, in cui veniva presentato questo piatto, sono queste coppe; quindi di solito si presta attenzione anche alla presentazione del piatto oppure no?

C’erano questi piatti grandi che erano in terracotta.

Da cui si mangiava tutti insieme?

Si simangiava un po’ tutti insieme, non è che andavano molto per il sottile all’ora.

Quindi adesso comunque questa usanza è cambiata?

Adesso si mangia ognuno nel proprio piatto, la presentazione è questa quella tradizionale, peró in effetti, anche se la coppa è questa poi ognuno metterá nel proprio piatto la sua parte

Tutte queste conserve poi, cipolle, pomodori, olive, ecc. Le conservi in una tavernetta, in una cantina? Hai un posto, un garage?

Si, c’ho una cantina dove conservo le cose, per esempio adesso ho fatto le conserve dei legumi che sono stati prima cucinati, poi messi nei vasetti e sterilizzati per un’ra a bagno maria. Sono lenticchie, fagioli, ceci. Adesso andró anche a fare la salsa, perché dovró fare anche il ragú, e anche quello lo metteró nel vasetto, lo sterilizzeró per un’ora e. lo conserveró per qualche mese.

Poi d’estate si usa fare proprio la conserva di pomodoro, si comprano quintali di pomodori, allora i contadini li raccoglievano, noi adesso li compriamo; ed è un rito proprio quello di fare la salsa, perché i pomodori vengono prima lavati, poi bolliti, poi vengono passati, imbottigliati e poi le bottiglie tappate con il tappo di sughero ben legato, vengono messi poi in una grande tina riempita d’acqua, coperti con un grande coperchio e con il fuoco sotto vengono fatte bollire per un’ora. Questa salsa si conserva per tutto l’anno.

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Frizzuli con ragù di carne (Nova Siri)

Frizzuli con ragù di carne (Nova Siri)

Intervista a Rosa Bruno

Realizzata da Maria Molfese

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Cosa prepariamo oggi?

Frizzuli con ragù di carne.

Per quante persone è questo sugo?

Per circa 6 persone.

La salsa la fai tu?

Sì.

In che periodo dell’anno si fa la salsa?

Luglio-Agosto.

I pomodori sono i tuoi?

Sì, sono i nostri.

Fai anche il maiale?

Sì.

Quando?

Verso la fine di dicembre.

Per quanto tempo deve cuocere?

Almeno un paio d’ore.

Di che anno sei?

1970.

Quando tu eri piccola, i frizzuli erano un piatto per i ricchi o per i poveri?

Per i poveri.

Perché?

Perché comunque è un piatto che ci va solo acqua, farina e sale.

E l’uovo?

L’uovo chi lo vuole mettere. Non è obbligatorio.

Quando ti accorgi che la pasta è pronta?

Quando diventa uniforme, bella liscia e compatta.

Le uova sono tue?

Sì.

Hai le galline?

Sì.

Quante?

Dieci.

Come prepari la pasta?

Taglio la pasta e formo dei serpentoni, dopodiché formo dei bastoncini, all’incirca questa misura: un palmo di mano.

Che cos’è quest’attrezzo?

Questo è un “frizzulo” ed è usato per fare la pasta in questo modo.

Come si chiama in dialetto novasirese la spianatoia?

“U SCANATUR”.

I frizzuli si cucinano per le festività o per qualche ricorrenza di solito?

E’ un piatto domenicale anche, e per le festività.

Quando tu eri piccola, il sugo con la carne si faceva spesso?

Sì perché non sono tanto grande. Adesso li copro con un canovaccio fino a quando li dobbiamo cuocere come una pasta normale.

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Cialledd cu’ latt (Montescaglioso)

Cialledd cu’ latt (Montescaglioso)

Intervista ad Anna Ditaranto Realizzata da Anita Matera Il 31 gennaio 2021

Dove hai imparato a cucinare questo piatto?
Mio padre era un massaio e lavorava in un’azienda rurale , la “masseria”, dove produceva formaggi e ricavava il latte dalle pecore.
Mia madre, all’occorrenza, andava a lavorare insieme a mio padre e quindi , tornando tardi da lavoro, preparava questo piatto velocissimo con il latte appena munto.

Tu come hai imparato a cucinare? E quando?
Io ho imparato a cucinare con mia madre all’età di tredici anni, più o meno, perché all’epoca era un dovere insegnare alle donne di casa “l’arte del cucinare”.
Ho imparato aiutando mia madre in cucina. Quindi mettendo in pratica questo “dovere”.

Tuo marito era contento della tua “cucina”?
Sì certo. Anzi quando cucinavo le stesse pietanze come: cicorie, bietole o rape, lui era scontento perché non erano le pietanze che preferiva. Quindi dovevo soddisfare anche i suoi gusti.

Per soddisfare i gusti di tutti, facevi sempre la spesa oppure no?
No, io raramente andavo al supermercato perché utilizzavo tutti i prodotti della mia terra dal momento che mio marito era un agricoltore.
Non compravo nemmeno il pane , perché lo si faceva in casa insieme alle altre donne della famiglia. Ci svegliavamo presto il mattino per impastare e per far sì che la pasta lievitasse al punto giusto. Dopodichè prendevamo le pagnotte e le portavamo al forno per farle cuocere.

Dato che tu usavi tutti prodotti genuini e freschi come il latte, il pane oppure le verdure. Secondo te sono cambiati questi prodotti da “ieri” ad “oggi”?
Certo che sì. Oggi il latte, ad esempio, viene mescolato con l’acqua , in modo tale che escano più quantità di latte perciò non è quello vero.
Quando io ero più giovane, il latte veniva munto e versato direttamente in bottiglia, quello era il vero sapore!

E per quanto riguarda il pane?
Anche il pane è cambiato perché prima la farina la compravi tu ed era prodotta dai mulini con il vero grano. Oggi invece, non sappiamo che miscele di farina ci sono all’interno del pane che mangiamo.

Quindi secondo te, tutti i prodotti sono cambiati nel tempo?
Certo che sì. Il mondo è cambiato e con esso anche le persone.

Lei ha sempre vissuto in questa casa?
No. Prima questa casa era composta solo dalla cucina e dalla stanza per dormire. In seguito abbiamo deciso di comprare le altre stanze per allargare la casa anche perché io ho quattro figli perciò era necessario ampliarla.

L’intervista termina con l’assaggio del piatto preparato da Anna.
Un piatto così semplice ma ricco di sapori.
Dal discorso emerso dalla signora Anna, si è potuto constatare e vedere soprattutto che nei suoi occhi era presente la nostalgia di una vita modesta, ma ricca di significati ed amore.
È emerso anche che da quella vita non può ritornare la “genuinità del cibo”, tanto osannata ,perché oggi si punta tanto alla quantità e non alla qualità.
Si è constatato che la donna era “necessaria” in cucina ed era il suo dovere, infatti Anna raccontava ciò con il sorriso e fiera di aver imparato questa “arte”. Un sorriso che è emerso soprattutto quando ha raccontato di quando cercava di soddisfare i gusti di suo marito, forse per non risultare una donna superficiale.
Un mondo fatto di piccole cose, ma che non tornerà più perché , come ha affermato Anna, il mondo è cambiato e con esso anche le persone.

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A culummr. Preparazione delle focacce (Nova Siri)

A culummr. Preparazione delle focacce (Nova Siri)

 

Intervista a Maria Vincenza Milione, Marenza D’Armento e Nicola D’Armento realizzata da Maria Pastore

Allora, io ora devo impastare un po’ di pasta perché devo farci una focaccia, vediamo il forno altrimenti poi li bruciamo, e faccio una focaccia così la mangiamo oggi. (Cenzina)

Quindi, tu, con la focaccia vedi com’è il forno?                                                                                                            

Sì. Facciamo un po’ di pasta, ci facciamo due focacce così le mangiamo oggi, e in più vediamo il forno altrimenti se li metti direttamente (I Culummr) si bruciano. (Cenzina)

Metti la stessa farina dei biscotti?                                                                                                                                      

No. Nei biscotti ho messo un po’ di farina bianca, mista, metà e metà. Invece il pane lo faccio solo di grano duro e anche la focaccia.                                                                                                                              Questa solo acqua e sale e lievito, come se facessi il pane. (Cenzina)

Marenza, vedi se c’è l’acqua tiepida. (Cenzina)

Il sale, dov’è? Vedi Marenza forse è là dietro. (Cenzina)

Questo quanto tempo?                                                                                                                                                          

E questo più o meno un paio d’ore perché diamo il tempo che fanno i biscotti e poi facciamo le focacce, così poi li inforniamo tutti nel forno, prima le focacce e poi i biscotti, cioè I Culummr. (Cenzina)

Questo è per fare le focacce, è un altro impasto, è senza niente, acqua e sale questo e ci dobbiamo fare le focacce, c’è anche il lievito.(Cenzina)

Riguardo al  lievito, hai usato quello di birra?                                                                                                                    

Sì, quello di birra. Prima usavamo il lievito madre, però ora siccome il pane non lo fa più nessuno, allora questo lievito che sta tanto. Lo facciamo con il lievito di birra. (Cenzina)

Come si faceva il lievito madre?                                                                                                                                          

Il lievito madre, ad esempio oggi facevo questa pasta, ogni volta che facevamo il pane tenevamo una tazza piena di lievito. Quando dovevamo fare il pane, la sera prima, con questo piccolino facevamo un bel lievito grande come un pane, e il giorno dopo ci impastavamo il pane. (Cenzina)

E’ cresciuta, poverina, senza essere coperta è cresciuta! (Cenzina)

Questi li sto friggendo per fare una focaccia. (Cenzina)

Cosa c’è dentro?                                                                                                                                                               

I peperoni, ora ci metto il pomodoro nel boccaccio (contenitore di vetro) che abbiamo fatto noi.           I peperoni anche sono i nostri, sono stati congelati nel congelatore, vengono bene. Ora li soffriggo, ci metto il pomodoro e poi facciamo le focacce. Facciamo il pranzo oggi. Poi ho fatto un po’ di bietole, facciamo i calzoni con le bietole e li mangiamo oggi. (Cenzina)

Le fai sempre queste focacce?                                                                                                                                 

Sì, ogni tanto. Li faccio anche ai miei nipoti quando si riuniscono con i compagni,  gliele faccio e trascorrono una bella serata davanti casa, sotto la tettoia e mangiano, ora che viene il bel tempo. Ai compleanni li faccio sempre, solo che da ora in avanti inizio ad arrendermi, sto diventando anziana.(Cenzina)

Il sale. (Cenzina)

Quanto sale ci metti?

Lo metto così, più o meno come quando fai la minestra. Non lo misuro il sale, lo metto così.                  Ora vado a prendere l’aglio. (Cenzina)

L’origano dove l’hai preso?                                                                                                                                         

L’origano anche l’abbiamo fatto noi, l’abbiamo piantato un pochino e tutti gli anni lo facciamo quanto basta per la casa. Prima si comprava poco, quando stavamo in campagna compravamo poco, era tutto nostro, il pollo, l’agnello, ora chi lo fa più, mio marito è morto, io divento anziana, i miei figli lavorano e non fanno più questo lavoro e quindi non le facciamo più  queste cose. (Cenzina)

A cosa ti serve la cipolla?                                                                                                                                                 

Con la cipolla ci facciamo la focaccia, ora la friggiamo un po’ e poi ci facciamo la focaccia.(Cenzina)

Anche la cipolla è vostra?                                                                                                                                                       

Sì. Anzi quest’anno ne abbiamo fatta poca, sempre perché io sono anziana. (Cenzina)

Quindi tutta roba genuina qua?                                                                                                                                     

Sì, fino ad ora sì, da oggi in avanti non lo so i giovani che fanno. (Cenzina)

Versa olio. (Cenzina)

Dimmi basta. (Marenza)

Marenza, ora devi farmi le pinne per i falagoni. (Cenzina)

Le devo stendere? (Marenza)

Falli a panino ora e poi li dobbiamo fare con u lagnaturicc (un mattarello piccolo). (Cenzina)

Ma nello stesso momento o dopo? (Marenza)

Sì, dopo che hai fatto i panini. (Cenzina)

Panini intendi che li devo solo un po’ così rotondi. (Marenza)

Sì, non farli assai. (Cenzina)

E a cosa servono questi?                                                                                                                                         

Questi servono per fare i calzoni con la verdura. (Cenzina)

E in dialetto come si chiamano? (Marenza)

I falagun, diciamo noi in dialetto, con la verdura dentro, con gli spinaci. Io oggi ho la bietola, che è nostra, spinaci non ne ho. (Cenzina)

Prendi il mattarello che le facciamo. Ora devo preparare il forno. (Cenzina)

Quanto grandi li devi fare?                                                                                                                                             

Più che grandi, bisogna guardare, secondo me, allo spessore dell’impasto, perché deve essere né troppo fine, né troppo grosso, altrimenti nel piegarlo si spezza, quindi in base anche a quello mi regolo sulla grandezza. Poi comunque chiediamo alla “maestra” con precisione e vediamo a che altezza ci possiamo fermare.(Marenza)

Va bene così. (Cenzina)

Va bene? A me sembra ancora un po’ grosso. (Marenza)

E fallo un altro po’, ma poco. (Cenzina)

Dove lo devo mettere? (Marenza)

Mettilo qua, Marenza. (Cenzina)

Tu stai preparando per le pinne?                                                                                                                             

Sì, con la verdura. (Cenzina)

Vedi se va bene. (Marenza)

Va bene, va bene, va benissimo. (Cenzina)

Ora stiamo preparando per accendere il forno. Eccolo qui il forno. Questo scanatur (spianatoio) è del 1958, quando mi sono sposata. (Cenzina)

Ma non lo usi più però?                                                                                                                                                 

Sì, ci metto le focacce quando le tiro dal forno. (Cenzina)

Ho capito.

Il forno,invece,quando lo avete costruito? (Marenza)                                                                                           L’abbiamo costruito nel ’68 /’69. (Cenzina)

E’ sempre rimasto questo?

Sì è sempre rimasto questo. Ora è diventato vecchio, però è inutile fare il nuovo, chi lo fa il pane? (Cenzina)

Quanto è grande?                                                                                                                                                          

Ci vanno dieci pani. (Cenzina)

Come si chiama questo strumento?                                                                                                                        

Questa è la pala per infornare e per sfornare. Ora sto togliendo un po’ di cenere perché è troppa. Questo straccio qui è u munnl,  per pulire il forno. Questo è u rambin, per tirare la brace.(Cenzina)

E questi oggetti li avete fatti voi?

Quali?(Cenzina)

Questi qua che stai usando.                                                                                                                                                

Sì, li ha fatti mio figlio. (Cenzina)

Dobbiamo iniziare ad accendere il fuoco? (Nicola)

Sì. Oggi ho questi ragazzi che mi animano. (Cenzina)

E beh sì, è bello questo che in qualche modo vengono riprese e che portiamo avanti queste tradizioni. (Nicola)

Tu che stai facendo?                                                                                                                                                                

Io devo iniziare ad accendere il forno perché dobbiamo infornare tra un po’, la nonna mi dice che è tutto pronto. (Nicola)

Tra un’ora (si inforna). (Cenzina)

Ci vuole un’ora per portarlo a temperatura giusta. Questa è la prima legna che servirà a dare fuoco alla miccia. Possiamo no, Marenza? (Nicola)

Credo di sì. (Marenza)

Ecco. Abbiamo dato fuoco alla prima legna. (Nicola)

La legna è vostra?                                                                                                                                                                   

Sì, la legna la facciamo noi. E’ la potatura delle olive che poi  facciamo a fascine, vengono così’ chiamate, si secca e quando servono li usiamo per ardere  il forno. (Nicola)

Questa è la verdura, l’ho salata. (Cenzina)

E’ verdura cruda o l’hai lessata?                                                                                                                                                

No, cruda, tagliata a pezzettini e salata. (Cenzina)

E si chiamano in dialetto nostro novasirese i falagun chi iet. (Nicola)

Con le? (Marenza)

Iete, bietole. (Nicola)

Queste cosa sono?                                                                                                                                                                   

Questi sono i ciccioli del maiale e devo farci la sfogliata. Solo che ora sono congelati, ho dimenticato di farli prima e ora li devo fare al momento. (Cenzina)

Come li hai conservati nel freezer?                                                                                                                             

Questi li ho messi sotto sugna (strutto) e messi nel frigo. Dovevo togliergli ieri sera o stamattina, ma mi sono dimenticata. (Cenzina)

E per tradizione si prende un coltello e si dà su. (Marenza)

Pazienza. (Cenzina)

E adesso che fai?                                                                                                                                                         

Adesso li faccio sciogliere sul fuoco e ci faccio la focaccia, se ci riesco, la Madonna deve aiutarmi. (Cenzina)

Vedi Maria, il forno va benedetto, mettiamo  nel forno un pezzo di palma benedetta e si benedice. (Nicola)

Si mette (la palma) per far benedire il forno?                                                                                                                   

Sì, è una nostra tradizione del periodo pasquale. (Nicola)

Cosa stai lavorando?                                                                                                                                                                 

Stiamo facendo le focacce, le stiamo schiacciando, poi ci mettiamo i condimenti sopra. (Cenzina)

Questa non è cosa mia, non ci riesco. (Marenza)

Questa non la sai fare. (Cenzina)

Non l’ho mai capita come si fa. (Marenza)

Scusa Marenza ti posso insegnare io? (Nicola)

Ecco! (Marenza)

Metti una mano qua e con l’altra spingi, altrimenti non l’allargherai mai. (Nicola)

Ma perché dice che non la devo strappare. (Marenza)

Ma non devi farla solo in mezzo, anche intorno. (Cenzina)

Che cos’è?                                                                                                                                                                         

Questa è la sfogliata con i ciccioli del maiale, con lo strutto, tutto insieme. “Come si mangia bene!” (Cenzina)

Sapessi a chi la devo fare questa? Questa solo perché le altre sono le nostre. (Cenzina)

Questa è a cela forn, la mettiamo quando c’è già la fiamma nel forno, è più saporita. (Cenzina)

Nel frattempo tu che stai facendo?

Sto facendo questi calzoni con la verdura. (Cenzina)

Cosa ci metti dentro?                                                                                                                                                             

Un bietola a pezzettini e poi condita con aglio, peperone e olio. Noi lo chiamiamo u falagon con la verdura. (Cenzina)

Forncè (forno) non mi far arrabbiare! (Cenzina)

Quindi inforni prima le focacce?                                                                                                                                  

Sì, e poi mettiamo i cullur. (Cenzina)

Per i cullur il forno deve essere forte oppure no?                                                                                                  

Deve essere né tanto forte ma nemmeno lento, lento. Una via di mezzo. (Cenzina)

Le focacce le hai messe nella tortiera?                                                                                                                      

Un po’ per terra e un po’ in tortiera. A seconda dei gusti.(Cenzina)

Qual è la differenza?                                                                                                                                                      

Beh, per terra cuociono sul mattone, son ben cotte. Invece nella tortiera c’è un po’ di olio, vengono come se fossero fritti, hanno un sapore migliore. Però c’è chi li preferisce per terra perché vengono più croccanti .(Cenzina)

 

 

 

 

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A Culummr (Nova Siri) – Intervista completa

A Culummr (Nova Siri)

Intervista a Maria Vincenza Milione, Marenza D’Armento, Nicola D’Armento Realizzata da Maria Pastore

Intervista

Allora, mettiamo sei chili di farina e sei cucchiai di sale, poi un lievito e una metà perché fa freddo altrimenti bastava solo un lievito. Poi metto dodici uova. (Cenzina)

Sono tue le uova?  

Sì, le uova sono produzione propria.  Quindi dodici uova, un bicchiere a chilo di vermouth bianco, un po’ di magnesia. (Cenzina)

Perché la magnesia?                                                                                                                                                        

Per farli crescere e poi metto sei cucchiai di strutto.

Lo hai comprato (lo strutto)?                                                                                                                             

No,no, è mio! (Cenzina)

Quindi fai il maiale?                                                                                                                                                     

 Sì .L’ho fatto io. (Cenzina)

Marenza conta ! (Cenzina si riferisce ai bicchieri di strutto da versare nell’impasto).                                                     Nonna, quanto hai detto che ce ne devi mettere? (Marenza)                                                                                                 Uno a Chilo. (Cenzina)                                                                                                                                                                          E quanti chili sono? (Marenza)                                                                                                                                                        Sei. (Cenzina)                                                                                                                                                                                    Allora sei bicchieri di strutto, siamo ancora a tre! (Marenza)

Un po’ di acqua tiepida (Cenzina la versa nell’impasto)  e un altro pezzettino di lievito perché fa freddo.

Ai tempi nostri la impastavamo a mano, ora c’è l’impastatrice. (Cenzina)                                                                           Nonna, ma deve essere dura la pasta? (Marenza)                                                                                                                            E insomma deve essere né troppo dura né troppo umida, deve essere giusta. (Cenzina)

Quando eri piccola hai imparato a fare questi Culummr?   

E si con mia madre li abbiamo sempre fatti, le tradizioni antiche! (Cenzina)

Ora possiamo impastare! (Cenzina)

Quanto tempo deve impastare?                                                                                                                                       

Un quarto d’ora.

Nonna, ma tua mamma era di Terranova? (Marenza) Sì! (Cenzina)

Era di Terranova?         

Sì! Questa è una ricetta di Terranova che ha fatto sempre mia madre, poi io mi sono trasferita qua (a Nova Siri), sono sessant’anni che sono qua, mi sono adeguata con mia suocera e lo stesso li abbiamo fatti. (Cenzina)

Ma tua suocera li faceva uguali alla tua ricetta di Terranova?   

E sì, più o meno sì. (Cenzina)

Quindi questa ricetta è proprio tipica di Terranova?

Sì!(Cenzina)

L’olio ti serve per l’impasto?       

Sì, per l’impasto. (Cenzina)

Quando impastavi a mano ci voleva più tempo?                                                                                                                  

E sì, fatica! Ci volevano le braccia per lavorare la pasta. Ora se non ci fosse l’impastatrice non ne farei più perché le braccia non ce la fanno. (Cenzina)

Ascolta, ma in questa casa ci fai tutti i lavori?                                                                                                                

Sì. Ci ammazzavamo il maiale una volta, ora nemmeno quello facciamo più, il pane di casa e poi ci facciamo tutti questi servizi qua, la salsa anche. La teniamo solo per fare questi servizi qua, è una cucina grezza. (Cenzina)

Ma tu cucini sempre?                                                                                                                                                                                  

E insomma, tutti i giorni! Ci sono i miei nipoti e allora … Ora ho Marenza che mi aiuta un po’, altrimenti sola sola che farei, Marenza mi aiuta invece Floriana non ne vuole sapere. (Cenzina)

Floriana è l’altra nipote?                                                                                                                                              

Sì,è l’altra nipote. (Cenzina)

Nonna, ma nessuno dei giovani ne vuole sapere. (Marenza)

Non ne vuole sapere più nessuno quindi queste tradizioni vanno a finire, maiale, salsa, pure la cucina tra poco! (Cenzina)

Ci vuole un altro po’ di acqua nell’impasto! (Cenzina)

Ora dobbiamo prendere la coperta perché deve stare al calduccio un po’! (Cenzina)

Nonna, quante generazioni ha questa coperta! Era di nonna Maria? (Marenza)

Era di nonna Maria, di  mia madre, l’ha fatta lei. Io però la tengo solo per fare questi lavori. (Cenzina)

Quindi ci metti a riposare la pasta?                                                                                                                                  

Sì, ci metto a riposare la pasta. Dopo che ha finito di impastare l’impastatrice la metto a riposare un pochino al calduccio, e poi facciamo le forme, la Corona di Gesù si chiama questa ( Cenzina fa riferimento alla Culummr)

Nonna, fammi capire, quando tua madre ti ha insegnato come ti ha detto, dobbiamo fare? (Marenza)

No, non è che mia madre mi ha insegnato, dietro a lei ho fatto pure io: vedendo di fare, saper di fare. (Cenzina)

Nonna, quanti anni avevi? (Marenza)

Avevo dodici, tredici anni, già facevo tutto con mamma, facevo il pane, perché come lo faceva mamma lo facevo anche io. A quel tempo poi non andavamo sempre in giro, stavamo sempre intorno alle mamme e allora abbiamo imparato anche noi a fare tante cose, abbiamo imparato a fare il maiale, a fare tutto. Invece i giovani di oggi stanno con il computer in mano, stanno con il telefonino, non ne fanno di queste cose.                                                                                                                    Poi ci vuole anche passione, noi eravamo due sorelle, mia sorella non ne voleva sapere, a lei  piace solo mangiarle queste cose, già mi ha raccomandato: “Non fare queste cose perché poi ti stanchi e non stai bene”! Però poi se gliele mandi, le mangia! (Cenzina)

A San Severino c’era un giorno tipico per fare questi Culummr?                                                                                        

E sì, a Pasqua. (Cenzina)

Nella settimana Santa?                                                                                                                                             

 

Sì, nella settimana Santa. (Cenzina)

E poi cosa ci facevate con questi Culummr?                                                                                                                       Li mangiavamo! Uno lo regalavi ad un amico, come facciamo anche ora, non li mangiamo tutti noi! Uno ad un amico, uno ad un fratello, un altro ai nipoti e si consumano. E’ la tradizione di Pasqua! Poi ai tempi nostri non c’era niente, c’erano solo questi e allora questi cullur che sapore avevano! Oggi, non ne vogliono! (Cenzina)

Hai assaggiato la pasta?                                                                                                                                                         Sì, se è buona di sale. (Cenzina)

E’ buona di sale?                                                                                                                                                                

 Mi pare che è buona! Speriamo! (Cenzina)

Buona di sale che significa?                                                                                                                                              

E beh, se è salato è brutto e se è dolce non hanno sapore. La minestra deve essere giusta di sale, con la speranza che ce la facciamo venire giusta. (Cenzina)

Questa è una casa che è sempre in disordine! (Cenzina)

Prima si sentiva di più la tradizione perché li facevano tutti, ora non ne fa più nessuno, la gente è diventata moderna, non ne fanno più. C’è qualcuno che ancora li fa’! (Cenzina)

Quanto tempo devono lievitare? (Marenza)

Un paio d’ore. (Cenzina)

A cosa serve quell’acqua?                                                                                                                                     

Serve per riscaldarla e metterla nell’ impasto, se è necessario un altro goccino la devo mettere calda altrimenti poi non lievita bene. (Cenzina)

Quando eri giovane ti aiutava qualcuno?                                                                                                                  

Mia mamma, mia zia, queste cose si facevano in compagnia. A Natale, per esempio, facevamo i crisp (le crispe o pettole), anche lì ci voleva gente per friggerli, eravamo in tre a friggere; ora a fare queste cose (i culummr) da sola li fai però se c’è qualcuno che ti aiuta è buono. Piano piano li farò, poi viene Nicola, mio figlio, a fare il forno e mi aiuta. Poi tante cose da sola non si possono fare, anche perché ho la mia età. (Cenzina)

Quanti anni hai?                                                                                                                                     

Settantanove. (Cenzina)

Prendiamo un altro po’ di acqua tiepida altrimenti si raffredda la pasta. (Cenzina)

Cumma Cenzina, come si chiama questo strumento?

Questo lo chiamiamo u scanatur (spianatoio), dove scaniamo tutto; ora in italiano non so come si chiama, figlia mia! (Cenzina)

Lo hai comprato o lo hai fatto fare?                                                                                                                                             

Lo ha fatto il falegname. Questo è più nuovo, quello lì invece è di quando mi sono sposata, ha settanta anni. (Cenzina)

Sai che legno ha usato il falegname?                                                                                                                

Noce. Abete o noce. (Cenzina)

E questa che hai in mano cos’è?                                                                                                                                               

Questa è a crscend, ci si taglia la pasta con questa. (Cenzina)

Ma soprattutto a crscend serve perché u scanatur deve essere sempre pulito, questa è la prima cosa che mi hai insegnato. (Marenza)

E infatti. U scanatur sempre pulito. Non deve essere sporco, tutto roccl ( grumi di farina) deve essere pulito perché devi farci la pasta. (Cenzina)

Quanto tempo deve stare nell’impastratrice? (Marenza)

Ha quasi finito. Poi deve stare una mezz’oretta o più là (indica le coperte). (Cenzina)

Quindi qui è già pronto per riposare?                                                                                                                         

Per riposare un po’. La copriamo bene perché non si raffredda (la pasta). (Cenzina)

Perché la copriamo?                                                                                                                                                  

  Perché deve lievitare altrimenti se si raffredda non lievita bene. (Cenzina)

A Nova Siri si chiamano allo stesso modo?                                                                                                                  

A Nova Siri li chiamano I Clummr, questa che facciamo con l’uovo. (Cenzina)

Perché si chiamano così?                                                                                                                                         

Prima li chiamavano così gli antichi, ora nemmeno li chiamano più così. Sembra la Corona di Gesù, intrecciata con le uova, come quando hanno messo la corona a Gesù, li chiamavano I Culummr.   Invece nel dialetto di Terranova li chiamavano I Czzol c l’ ov. (Cenzina)

E tu ora li chiami così, I Clummr?                                                                                                                                             

E sì, li chiamo così perché sono sessant’anni che sono qua. Avevo quattordici anni quando sono venuta qua a Nova Siri. Mio padre, per lavoro, è venuto qua a lavorare e ci siamo trasferiti a Nova Siri. Dal 1954 che siamo qua. Poi mi sono fidanzata, mi sono sposata e sono venuta in questa zona. Prima stavamo vicino lo Scalo (Nova Siri Marina) a lavorare in una campagna con mio padre e mia madre. Poi sono venuta qua, dal 1958, quando mi sono sposata. (Cenzina)

La domenica, per esempio, fai qualcosa fatto in casa?                                                                                           

Sì, faccio la pasta fatta in casa: tagliatelle, rascatell, così con le dita, poi faccio quella con il ferro, i frzzull. Ai miei nipoti piacciono e allora li faccio sempre. (Cenzina)

Ti piace quando ti dicono sei una brava cuoca?                                                                                                          

Insomma, la stanchezza c’è, dico “mi prendete in giro”.Oh Dio, i complimenti piacciono a tutti, però ormai siamo grandi. (Cenzina)

Penso sia buona! Ecco, ora la prendiamo! (Cenzina)

Più o meno, quanti ce ne vengono in questi chili di pasta?                                                                                      

Una decina.

Adesso che fai?                                                                                                                                                             

Adesso la scano un po’, faccio i bastoncini e la metto qui a riposare, vedi?

Marenza , coprila che è calda! (Cenzina)

Che significa la scani?                                                                                                                                      

L’aggiusto un po’, faccio i bastoncini perché poi devo fare I Cullur. Li prendo uno alla volta e ci faccio u Cullur. (Cenzina)

Ma perché dici che non si deve raffreddare? Perché non lievita? (Marenza)

Sì, non lievita e poi non vengono bene. L’accortezza che devono lievitare, anche il pane si fa così. (Cenzina)

Ma il pane ha una ricetta diversa da questa?                                                                                                           

E sì, è un’altra ricetta, un altro impasto, senza strutto solo acqua e sale. (Cenzina)

Marenza, a te piace guardare la nonna fare queste cose?                                                                                     

Certo! Se non le portiamo avanti noi queste cose chi le deve portare avanti! (Marenza)

Marenza è cresciuta con me e quindi li ha visti di fare quando era piccola, veder di fare, poi, saper di fare. (Cenzina)

Cosa hai messo, non è origano, come si chiama? Finocchietto? (Marenza)

Finocchietto sì. (Cenzina)

E il finocchietto dove l’hai preso?                                                                                                                            

L’ho preso nelle campagne, veramente da Terranova che è bello profumato. Si vende anche nei negozi, però io preferisco questo qui perché è bello profumato. (Cenzina)

E dà un sapore diverso alla pasta?                                                                                                                              

Sì. Magari c’è qualcuno che non potrebbe piacergli, a me piace e lo metto. (Cenzina)

Quindi hai messo una coperta più fine e un’altra più pesante?                                                                                

Sì, e ci vuole una coperta di lana che deve stare calda la pasta. E poi facciamo le forme, anche quelle le mettiamo a crescere di nuovo, dopo devono  crescere un’oretta. (Cenzina)

Quindi adesso quanto deve riposare?                                                                                                                                

Una mezz’oretta, tre quarti d’ora. (Cenzina)

Quante uova hai raccolto?                                                                                                                                               

Ne ho messe dodici nell’impasto e altri trenta sono qua, li devo mettere sopra. (Cenzina)

Quante ne metti per ogni cullur?                                                                                                                             

Dipende, alcuni li faccio ad un uovo, altri a due, per esempio ai miei figli lo faccio a tre (uova), ora vediamo, se ci bastano (le uova) anche ai nipoti lo faccio a tre. (Cenzina)

Adesso che fai?                                                                                                                                                                       

Adesso sto tagliando per fare questa culummr, per fare la forma. Questa, la prima, la faccio a mio figlio. (Cenzina)

Perché proprio a tuo figlio per prima?                                                                                                                                        

E noi facciamo così, ai grandi. Quando c’era mio marito, la prima la facevo a mio marito, ora la faccio ai miei figli, poi ai nipoti, a seconda di come sono nati, insomma. Era l’usanza di una volta, ora non c’è più usanza. (Cenzina)

Quindi cosa hai fatto, hai intrecciato?                                                                                                                          

E sì, la sto intrecciando per mettere le uova. (Cenzina)

Quante trecce fai ogni uova?                                                                                                                                        

Due. Un paio di trecce ogni uova, ora la vado a chiudere e qui ne metto un altro. Questo è di mio figlio Tonino. (Cenzina)

Perché è il più grande?                                                                                                                                                        

E’ il più grande.

Tu fai le decorazioni.(Si rivolge alla nipote)

Eccola qui la corona di Gesù. (Cenzina)

Perché proprio le uova?                                                                                                                                                    

E cosa metti altrimenti! La tradizione dell’uovo di Pasqua, perché c’è l’uovo di Pasqua; questa è quella naturale, poi c’è il cioccolato di Pasqua, la colomba Pasquale. (Cenzina)

Fai un po’ più grande! (Cenzina)

Più lunghi o più grandi? (Marenza)

Più lunghi. (Cenzina)

Quindi queste sono le decorazioni?                                                                                                                                     

Sì. Questa qui è di zio Tonino. Questa qui la faccio a Nicola. (Cenzina)

Al piccolo. (Marenza)

Fai un fiocchettino uno qua e un altro là. (Cenzina)

Marenza, da quanto tempo fai queste cose con la nonna?                                                                                         

Da quando era piccola ha fatto sempre le cose con me, voleva sempre fare, invece Floriana no. (Cenzina)

I cullur ho iniziato a farli quando ero grande. (Marenza)

Avevi sette o otto anni. (Cenzina)

La pasta facevo quando ero piccola. Questi invece quando sono diventata più grande. (Marenza)

Posso prendere un po’ di pasta? (Marenza)

Si certo, tieni. (Cenzina)

Come devo fare qua, devo incastrarle? (Marenza)

Sì, il giusto perché deve reggere.

Ora fai la nocchettina (fiocchetto) e la metti una qua, un’altra qua e un’altra ancora qua. (Cenzina)

Come la fai la nocchettina (fiocchetto), così?

No, non viene bene, questa è troppo fine. Fammi vedere come la fai e poi la faccio anche io. (Marenza)

Questa di papà invece la fai intrecciata, così la riconosciamo. (Cenzina)

Come intrecciata? (Marenza)

La pasta intrecciata. (Cenzina)

Ah sì, ho capito. (Marenza)

Devi fare due bastoncini … (Cenzina)

Poi uno sopra, uno sotto e stringo in mezzo. (Marenza)

Sì, e hai fatto la nocchetta (fiocchetto). (Cenzina)

Un’altra mettila qua e quella è finita. (Cenzina)

Quanto è brutta la mia nocca (fiocco)! (Marenza)

Chi te l’ha detto che è brutta!

Intrecciata poi si fa così, guarda. (Cenzina)

Ti piace decorare i piatti che prepari?                                                                                                                           

Sì mi piace, quando ci riesco. Io ora sono anziana non so fare tante cose,  faccio alla meglio. (Cenzina)

Come è venuta quella? (Marenza)

E’ venuta bella, bellissima. Quella è di zio Tonino e questa è di papà. (Cenzina)

Devo fare sopra (l’ uovo)? (Marenza)

Sì, intrecciato. (Cenzina)

Queste decorazioni intrecciate e i fiocchetti, li hai inventati tu oppure li hai visti fare?                               

Li ho visti fare a mia mamma, da piccola, e poi qualche decorazione l’abbiamo anche inventata. (Cenzina)

Questa pasta non mi piace, ora fad a crusc (fa la crusca). (Cenzina)

Cosa stai mettendo adesso?                                                                                                                                      

Sto mettendo un tovagliolino bagnato, perché ha fatto un po’ a crusc, è un po’ ruvida, allora bagnata si mantiene di più. (Cenzina)

Come mai fa la crusca?                                                                                                                                                      

Eh beh, un po’ il freddo, l’aria. (Cenzina)

Questa a chi la stai facendo?                                                                                                                                                      

A Giuseppe. (Cenzina)

Perché è il primo nipote?                                                                                                                                                     

E’ il primo nipote, sì. (Cenzina)

A Giuseppe che decorazione fai?                                                                                                                                      

Ora vediamo. A Giuseppe la facciamo così. (Cenzina)

Quando facevate queste cose a Terranova era festa? (Marenza)

E sì, era un festa. Prima non c’era niente, figlia mia, non c’erano colombe pasquali, non c’era niente ai tempi nostri. Quando facevamo queste cose eravamo ricchi. (Cenzina)

E queste qua erano per i maschi. (Marenza)

Per i maschi.  A me mamma, faceva una Pup (Pupa) grande così! (Cenzina)

E poi le facciamo anche le Pupe? (Marenza)

E certo, le facciamo. (Cenzina)

Questa quindi rappresenta la corona di Gesù e si dava ai maschietti. Ma si metteva anche a centro tavola? (Marenza)

Sì. (Cenzina)

Ma si metteva al centro quella del capofamiglia o una qualsiasi? (Marenza)

E beh, quella del capofamiglia. (Cenzina)

E l’uovo come si mangia?                                                                                                                                        

L’uovo lo mangi come vuoi. Quando vuoi mangiarlo lo mangi l’uovo. (Cenzina)

Questo di papà è finita. (Marenza)

Anche quello di Giuseppe è finito. L’ho fatta così quella di Giuseppe, guarda Maria.

Questa ora la mettiamo a crescere. (Cenzina)

Questa è di Luigi?                                                                                                                                                                     Sì. (Cenzina)

Che è l’altro nipote?                                                                                                                                                                  

E’ l’altro nipote, sì. (Cenzina)

Prima i maschi, poi le femmine. (Marenza)

Beh, prima i maschi perché sono nati per primi. La tradizione, prima, voleva così, prima ai maschi. (Cenzina)

Cumma Cenzina cosa vuol dire tradizione?                                                                                                                          

Beh la tradizione di paese tenevano a queste cose. Era un buon augurio di Pasqua. Per esempio quando li mettiamo al forno, le uova fanno tutte fiorite, è buon augurio perché le uova sono fiorite! (Cenzina)

Che vuol dire sono fiorite? (Marenza)

Ora che li mettiamo al forno, vedi. Poi certi non fioriscono e dicono “e perché la mia non è fiorita”! (Cenzina)

Ma le uova come diventano? (Marenza)

Sono tutte picchiettate le uova e allora dicono che sono fioriti. (Cenzina)

Mi pare che quella di Luigi è venuta piccola. (Cenzina)

E beh, Luigi è il piccolo! (Marenza)

Ora a tre uova ho finito, da adesso tutti ad uno. Con la speranza che crescano. (Cenzina)

E quando crescono che fanno?                                                                                                                                        

E fanno più grandi, fanno più grossi. (Cenzina)

E questo come lo facciamo? (Marenza)

Ora vediamo. (Cenzina)

Posso farci le trecce? (Marenza)

Fai le trecce. (Cenzina)

La treccia a tre. (Marenza)

La farina per fare la pasta dove l’hai presa?                                                                                                                  

Al supermercato ho preso quella bianca, poi quella di grano l’abbiamo fatta al mulino, a Francavilla, c’è un mulino che la fa, noi avevamo il grano. (Cenzina)

Quindi avete anche la campagna?                                                                                                                                          

Sì, abbiamo un po’ di campagna. Prima riuscivamo a tirarci avanti, ora il mondo è cambiato. (Cenzina)

E tu continui a fare qualcosa in campagna?                                                                                                                    

E non più perché non ce la faccio. Facevo un po’ di orto, fino all’anno scorso l’ho fatto quest’anno non lo so se ce la faccio. (Cenzina)

Produceva l’orto?                                                                                                                                                                   

Sì, per la casa non è che vendevamo qualcosa, lo facevamo solo per la casa. (Cenzina)

Questo per chi è?                                                                                                                                                               

Questo lo faccio ad un cognato mio che è anziano ed è senza moglie. (Cenzina)

C’erano anche gli uomini a farli? (Marenza)

Eh no, l’abbiamo fatti sempre e sole donne. (Cenzina)

E gli uomini cosa facevano?                                                                                                                                           

Qualche volta il forno, avvicinavano la legna per il forno. Papà poi andava a lavorare, non stava sempre con noi. Io e mamma li facevamo  insieme con  qualche parente, cognata. Un giorno li facevamo da me, un giorno da mia cognata, era così prima. Ora non ne fa più nessuno, le mie cognate, una è morta, l’altra è più anziana di me e allora non le facciamo più. (Cenzina)

Ma l’uovo simboleggia qualcosa? (Marenza)

Per esempio, la corona di Gesù l’hanno messa con i chiodi, i chiodi sono le uova, è un simbolo. (Cenzina)

 Hai raccolto stamattina le uova?                                                                                                                                  

No sono di una settimana, dieci giorni. Le galline ne fanno sette o otto al giorno. (Cenzina)

Allora questa la metto così. (Marenza)

Sì. Puoi anche non metterci niente sull’uovo, metti la treccia intorno e basta. (Cenzina)

Conosci persone che a Pasqua non fanno i cullur, ma qualcos’altro?                                                                                  

Fanno la torta, le crostate, per esempio a Rotondella fanno i pastizz. (Cenzina)

A San Giorgio fanno u pcllat. (Marenza)

Sì, ma è sempre questo. (Cenzina)

Quindi è sempre questo ma ha un nome diverso. (Marenza)

Sì , loro lo chiamano u pucclat a San Giorgio. (Cenzina)

Vicino il tuo paese, invece a Terranova lo chiamano u cullur? (Marenza)

No. A czzol di Pasqua. (Cenzina)

E ha lo stesso significato?                                                                                                                                                        

 Sì, siamo lì. (Cenzina)

Ma quando ve li scambiavate questi, il giorno di Pasqua a tavola o in un’altra occasione?  (Marenza)

Ma li mangiavamo quando capitava, ad esempio come stasera. (Cenzina)

Si consegnava ai maschi e alle femmine, o come capitava? (Marenza)

Insomma, come capitava, ognuno il suo,si diceva “Ti ho fatto u cullur”.                                                             Per esempio, io a Tonino glielo faccio perché la moglie non ne fa. Se la moglie lo avesse fatto , non glielo avrei fatto. Ora siccome non li fa nessuno, io sono la mamma e glielo faccio. (Cenzina)

A Pasqua cosa si faceva prima oltre ai cullur , come si svolgeva?                                                                                 

Si faceva l’agnello arrostito, l’agnello si è sempre mangiato a Pasqua, chi ce l’aveva, chi poteva comprarlo, figlia mia, prima c’era più miseria. (Cenzina)

E come si cucinava?                                                                                                                                                                 

Arrosto, al forno. (Cenzina)

Il giorno di Pasqua, di solito, c’era tutta la famiglia?                                                                                                                       

Sì, ci invitavamo, un giorno mangiavamo da una sorella, un giorno dall’altra. Eravamo più affamigliati , ora si è finito il mondo. Chi aveva i figli grandi sposati, (si mangiava) un giorno dai figli, un giorno dalla mamma, come si fa anche adesso. (Cenzina)

Ma quando eri piccola tu, che sei del ’39, quando il nonno è partito per la guerra, la nonna li faceva lo stesso queste cose? (Marenza)

Quando poteva, poverina, li faceva lo stesso. (Cenzina)

Il nonno è stato in guerra cinque anni? (Marenza)

O cinque o sette, non mi ricordo. (Cenzina)

Cinque, cinque. (Marenza)

Marenza, il tuo bisnonno?                                                                                                                                                   

Il mio bisnonno. La nonna mi ha raccontato di quando è andato in guerra, lui era stato mandato in Grecia, durante la seconda guerra mondiale. (Marenza)

Dunque io sono nata nel ’39, e lui è partito nel ’40, poi è ritornato uno o due mesi. (Cenzina)

Nel ’41. (Marenza)

E mamma è rimasta incinta di zio Antonio. (Cenzina)

Il fratellino. (Marenza)

Poi l’hanno richiamato di nuovo (Cenzina)

Lo avevano mandato in licenza insomma. (Marenza)

No , no. Gli avevano detto che non c’era più bisogno, invece poi l’hanno richiamato, il bambino è nato e lui non c’era quando è nato mio fratello. Quando è ritornato dalla guerra lo ha trovato che aveva quattro anni. Mio fratello non lo voleva in casa, diceva “Io non lo conosco”. (Cenzina)

E dove ha combattuto?                                                                                                                                              

In Grecia, in Germania. Poverino, mangiava le patate crude. (Cenzina)

La buccia delle patate. (Marenza)

Una volta sono andati da un signore che aveva un po’ di campagna, come questa nostra, (il signore  ha detto) me la lavori con la zappa così vi faccio mangiare oggi. Subito hanno iniziato a farla i militari, non solo mio padre, erano tre, quattro persone. (Cenzina)

Il nonno faceva quel lavoro là, era contadino. (Marenza)

Allora si sono messi a farlo questo lavoro, al momento che dovevano mangiare lo hanno chiamato. (Cenzina)

E poi non c’era anche quella storia che aveva aiutato quella ragazza e quindi lo avevano accolto? (Marenza)

E sì lo avevano accolto in casa, lo facevano stare in casa. (Cenzina)

I Greci (lo avevano accolto). (Marenza)

E poi è ritornato, Questa ragazzo voleva anche fidanzarsi con mio padre ma lui ha detto: “Io ho la famiglia”. (Cenzina)

Quindi ha salvato una ragazza?                                                                                                                                   

Ha salvato una ragazza dallo stupro, o no? (Marenza)

E sì una ragazza, ora non mi ricordo, sono tanti anni. (Cenzina)

Da quello che mi ricordo io, che mi ha raccontato lei, c’erano i soldati che volevano approfittarsi di questa ragazza. (Marenza)

A nonna, non lo so se è così, non mi ricordo. (Cenzina)

Allora, I Pup. (Cenzina)

Ah I Pup. (Marenza)

La tua , la fai tu? (Cenzina)

Eh Sì. (Marenza)

I Pup, che significa?                                                                                                                                                          

 Una bambolina, alle ragazze, alle femmine, facevamo la bambolina. (Cenzina)

Le Pupe, tu ci giocavi quando eri piccola! (Marenza)

E no, le mangiavamo. Ci andavamo a fare Pasquetta. (Cenzina)

Che facevate a Pasquetta?                                                                                                                                                       

E che facevamo, prendevamo questa Pupa, un po’ di salame che facevano. (Cenzina)

La devo allungare ancora? (Marenza)

Sì. (Cenzina)

Però forse è poca la pasta. (Marenza)

Ora vediamo, altrimenti ci metti questa. (Cenzina)

Quindi prendevate la Pupa, il salame                                                                                                                                   

 Eh sì, il salame lo faceva mamma. (Cenzina)

Ma infatti queste come si mangiano, con il salame? (Marenza)

Sì, come no, con il salame sono buoni, anche così. (Cenzina)

Allora Marenza, questa è la tua, ti piace? (Cenzina)

Quella è la mia, sì mi piace. (Marenza)

E nella Pupa l’uovo cosa rappresenta?                                                                                                                               

La faccia. (Marenza)

Sempre la tradizione di Pasqua. (Cenzina)

Sto facendo i piedini, sono venuti un po’ male, li ho fatti bene? (Marenza)

Sì. Questa è la tua, ora facci la sciarpa. Dobbiamo fare un’altra pupa. (Cenzina)

Quella a chi la fai? (Marenza)

Una a Floriana e un’altra a te. Altre le facciamo così le regaliamo, capita che viene qualche bambino, un’altra a Maria. (Cenzina)

Quindi questa cos’è?                                                                                                                                                           

E’ la bambolina per Floriana. (Cenzina)

E cosa stai mettendo adesso?                                                                                                                                  

Questa è una decorazione, una sciarpa, la bambola con la sciarpa, guarda! Ecco, la decoriamo così questa.

Alla tua ora, metti questo intorno all’uovo, e ci fai una nocchettina (un fiocchetto) in testa. (Cenzina)

Va bene. (Marenza)

Io li ho fatti sempre così, altri invece l’uovo lo mettono qui. (Cenzina)

A Nova Siri? (Marenza)

A Nova Siri. (Cenzina)

Prima ci facevo anche le braccia. (Cenzina)

Sì? Non l’ho mai viste con le braccia. (Marenza)

Mia mamma li faceva, quanto li faceva belli ! (Cenzina)

Ah queste erano le braccia! (Marenza)

Questa a Floriana, la facciamo che prega, eccola qui. (Cenzina)

Ma in Chiesa, quando eri piccola o più giovane, si mangiavano questi?                                                                                                     

Sì. E ancora c’è la tradizione che fanno i cullur di Pasqua. (Cenzina)

E cosa rappresenta?                                                                                                                                               

L’ultima cena di Gesù, lo vedi che lo fanno il giovedì. Stasera benedicono questi qua e poi li distribuiscono. (Cenzina)

Quindi li preparavate anche per la Messa?                                                                                                                    Beh sì, a volte sì, io non li ho fatti quasi mai pero’ c’era la gente che li faceva. Ora invece li fanno i forni, perché ora le persone anziane sono finite, chi li fa più! Prima li facevano. (Cenzina)

Una nocchettina (un fiocchetto) e basta. Eccola qui! (Cenzina)

Quando stendi la pasta, come la senti nelle mani?                                                                                                           

E’ bella morbida. (Cenzina)

Quindi è riuscito l’impasto?                                                                                                                                             

 Sì sì, è bello! (Cenzina)

Cullur e Culummr sono la stessa cosa?                                                                                                                

Questo è il cullur, senza uovo, si chiama cullur e basta. (Cenzina)

Ma c’è differenza tra cullur e culummr? (Marenza)

Quello è con l’uovo, è la tradizione di Pasqua che si fa solo a Pasqua. U cullur invece  lo facciamo sempre. (Cenzina)

Quindi adesso ci vogliono quante ore?                                                                                                                           Un paio d’ore, un’ora e mezza. Ora devono lievitare ancora. (Cenzina)

Nell’impasto hai messo il vino?                                                                                                                                       

Sì, un po’ di vino e di vermouth bianco. (Cenzina)

Allora, che dobbiamo fare i taralli? (Marenza)

I tarallini sì. (Cenzina)

Come si fanno? (Marenza)

Così, piccolini. Sempre con la stessa pasta, anche se questi qua li faccio senza lievito, questi tarallini piccoli, però ora è rimasta la pasta e li faccio. Eccoli. (Cenzina)

Ha fatto un po’ la crusca. Marenza, bagnati un po’ le mani. (Cenzina)

Hai messo il panno umido? (Marenza)

Sì. Per non far fare la crusca. (Cenzina)

Deve venire grande così? ( Marenza)

Va bene. Puoi già farlo questo. Puoi farlo come questo qui.(Cenzina)

Devo girarlo e fare così. (Marenza)

Sì. (Cenzina)

Forse è un po’ grosso. (Marenza)

E’ buono. (Cenzina)

Questi ora dobbiamo bollire l’acqua e dobbiamo farli. (Cenzina)

Solo i taralli?                                                                                                                                                                             

Solo i taralli. No, I culummr no. Quelli vanno fatti un po’ con l’uovo prima di infornarli. (Cenzina)

Quello è troppo fine, però ora lo fai lo stesso. (Cenzina)

Ah, ok, devo farlo più spesso. (Marenza)

Tua mamma oltre alla cucina cosa ti ha insegnato?                                                                                                         

A fare tutto,noi facevamo tutto in casa, la cucina, il pane di casa, la salsa, tutto facevamo. (Cenzina)

E la nonna andava anche a lavorare? (Marenza)

E sì, avevamo un po’ di proprietà e andavamo a lavorarci. Avevamo il grano, i pomodori, le patate. (Cenzina)

E quando il nonno è andato in guerra la nonna ha preso in mano la situazione? (Marenza)

E certo. (Cenzina)

Stavate in campagna voi, sì?                                                                                                                                            

Sì, siamo stati sempre in campagna. (Cenzina)

Ma il nonno poi si è ritirato dalla guerra? (Marenza)

Sì. Nel ’45. (Cenzina)

Come è andato il racconto? (Marenza)

Si è ritirato così bello! (Cenzina)

Ma bello, cioè?                                                                                                                                                                

Stava bene, non era sciupato, brutto dalla guerra. E’ tornato che stava bene. Gli ultimi tempi è stato bene dove è stato. (Cenzina)

Voi lo sapevate che stava tornando o ha fatto la sorpresa? (Marenza)

Ci ha fatto il telegramma, è arrivato prima papà e poi il telegramma. (Cenzina)

Ce l’hai ancora il telegramma?                                                                                                                                            

No, no. (Cenzina)

Com’era, i vicini sono venuti a chiamarvi (Marenza)

Avevo le comare nostre, come fossero loro (si rivolge alla telecamera), che abitavano in paese, allora la posta la prendevano loro e ce la portavano in campagna, da noi. Papà è venuto a piedi, la posta è andata in paese, ha preso una scorciatoia ed è venuto direttamente in campagna. Le comare sono venute in campagna e ci hanno detto “Cummà ( comara) vedete che c’è il telegramma, torna cumba (il compare) Nicola”, papà invece era già tornato.

Cumba (il compare) Nicola è a casa. (Marenza)

Ma quando era in guerra vi scriveva le lettere? (Marenza)

E certo, non ce n’erano telefonini. (Cenzina)

Ma sapeva scrivere il nonno? (Marenza)

Sì, ha imparato a scrivere durante il militare. (Cenzina)

Quindi in guerra? (Marenza)

No. Durante il servizio di leva. (Cenzina)

Questi (taralli) anche ai matrimoni li facevano. Facevano mezzo quintale di farina, mettevano dieci persone , due o tre giorni, e per i matrimoni facevano questi biscotti. Non quelli, questi!. E il vino, avevamo le vigne e facevamo il vino. (Cenzina)

Lo fate ancora?                                                                                                                                                             

Qua sì lo facciamo ancora, ma non abbiamo la vigna, compriamo l’uva. La vigna ormai chi la fa più, non ne facciamo più! (Cenzina)

Eccolo qui il forno. Questo scanatur (spianatoio) è del 1958, quando mi sono sposata. (Cenzina)

Ma non lo usi più però?                                                                                                                                                

Sì, ci metto le focacce quando le tiro dal forno. (Cenzina)

Ho capito.

Il forno,invece,quando lo avete costruito? (Marenza)

L’abbiamo costruito nel ’68 /’69. (Cenzina)

E’ sempre rimasto questo?

Sì è sempre rimasto questo. Ora è diventato vecchio, però è inutile fare il nuovo, chi lo fa il pane? (Cenzina)

Quanto è grande?                                                                                                                                                          

Ci vanno dieci pani. (Cenzina)

Come si chiama questo strumento?                                                                                                                        

Questa è la pala per infornare e per sfornare. Ora sto togliendo un po’ di cenere perché è troppa. Questo straccio qui è u munnl,  per pulire il forno. Questo è u rambin, per tirare la brace.(Cenzina)

E questi oggetti li avete fatti voi?

Quali?(Cenzina)

Questi qua che stai usando.                                                                                                                                                

Sì, li ha fatti mio figlio. (Cenzina)

Dobbiamo iniziare ad accendere il fuoco? (Nicola)

Sì. Oggi ho questi ragazzi che mi animano. (Cenzina)

E beh sì, è bello questo che in qualche modo vengono riprese e che portiamo avanti queste tradizioni. (Nicola)

Tu che stai facendo?                                                                                                                                                               

Io devo iniziare ad accendere il forno perché dobbiamo infornare tra un po’, la nonna mi dice che è tutto pronto. (Nicola)

Tra un’ora (si inforna). (Cenzina)

Ci vuole un’ora per portarlo a temperatura giusta. Questa è la prima legna che servirà a dare fuoco alla miccia. Possiamo no, Marenza? (Nicola)

Credo di sì. (Marenza)

Ecco. Abbiamo dato fuoco alla prima legna. (Nicola)

La legna è vostra?                                                                                                                                                                  

Sì, la legna la facciamo noi. E’ la potatura delle olive che poi  facciamo a fascine, vengono così’ chiamate, si secca e quando servono li usiamo per ardere  il forno. (Nicola)

Vedi Maria, il forno va benedetto, mettiamo  nel forno un pezzo di palma benedetta e si benedice. (Nicola)

Si mette (la palma) per far benedire il forno?                                                                                                                   

Sì, è una nostra tradizione del periodo pasquale. (Nicola)

I biscotti fini così, vanno messi nell’acqua bollente. (Cenzina)

Quanto tempo?                                                                                                                                                       

Il tempo che se ne vengono sopra (vengono a galla). Li metti nella pentola e se ne devono venire. Eccoli vengono a galla. (Cenzina)

Metto?(Marenza)

Tieni vuoi fare tu? Solo che devi stare attenta a non imbrogliarli, quelli cotti li metti qua. (Cenzina)

Come si chiama questo strumento che stai usando per prenderli?                                                                              

Si chiama il mestolo per fare questi lavori. E’ tutto buchi, così esce l’acqua. Prima non c’erano tante cose, con questo ci prendevano la pasta nella pentola.(Cenzina)

Come scolapasta. (Nicola)

Ora c’è lo scolapasta e non lo usano più. (Cenzina)

Allora cosa devo fare? Devo stendere l’uovo e poi devo metterci la palma o prima la palma e poi l’uovo? (Marenza)

Metti l’uovo ora. (Cenzina)

Dappertutto? (Marenza)

Sì, ungilo bello bello. (Cenzina)

Devono venire lucidi, giusto? (Marenza)

Ma l’uovo perché lo metti?                                                                                                                                                    

Per farlo venire lucido. (Cenzina)

Non farlo andare sull’uovo, altrimenti non sappiamo se fiorisce o no. (Cenzina)

Forncè (forno) non mi far arrabbiare! (Cenzina)

Ah Maria, dobbiamo mettere la palma. Nonna, la palma in prossimità dell’uovo? (Marenza)

O vicino l’uovo o uno per parte, dove vuoi metterlo lo metti. (Cenzina)

Una palma grande o piccola? (Marenza)

Una fogliolina. (Nicola)

Ma vanno bene queste piccoline? (Marenza)

Prendila sopra che sono più grandi. (Cenzina)

C’è un significato perché mettete la palma?                                                                                                                    

Per benedire questo prodotto che facciamo. (Nicola)

La palma benedetta, perché sono per Pasqua. (Marenza)

Beh, datevi una mossa, venite bene! (Cenzina)

Che devo fare?Ti passo la bambolina? (Marenza)

No, metto prima i culummr. Poi le bambole le metto davanti. Marenza mettili in una sportcell(cesta in vimini), con un panno umido, altrimenti si inumidiscono. (Cenzina)

Ma sono cotti? Chi lo sa? (Cenzina)

Mamma, sono la fine del mondo. (Nicola)

Speriamo. (Cenzina)

Poi come si dice a Nova Siri, o cott o crud u forn ha vist (O cotto o crudo il forno lo ha visto). Ha doppio significato: il forno lo ha visto perché (u culummr) c’è entrato dentro e poi lo ha visto se è cotto o crudo.(Nicola)

Quanto tempo nel forno?                                                                                                                                             

Una mezz’oretta. (Cenzina)

Abbiamo fatto una bella mangiata, in grazia di Dio, abbiamo lavorato ma abbiamo anche mangiato anche se in questo disordine, però. (Cenzina)

Se vuoi far vedere come sono belle cotte ora. Ora si vedono bene.(Nicola)

E’ fiorito?                                                                                                                                                                                                                               

 Sì, sì. (Cenzina)

Quindi cosa significa che è fiorito?                                                                                                                       

Significa che chi deve mangiarsi questa clummur, è fortunato. (Cenzina)

Questa che cos’è quindi?                                                                                                                                                        

Questa è a culummur per i maschi, invece per le femminucce abbiamo fatto la Pupa , eccola qui. E’ cotta bene nel forno, mi pare, l’abbiamo fatto bene, anche per questa volta. Ormai siamo anziani! Questa è la bambolina di mia nipote che è così legata a voler fare queste cose, per lei mi trovo che li faccio altrimenti non li avrei fatti. Lei mi ha incoraggiato tanto a farli. Prima sai come si diceva? Non c’era niente ai tempi nostri, ottanta anni fa, allora noi bambini piangevamo perché volevamo la Pupa con l’uovo, che è questa qui.

“Ven Pasqu candann, candann,                                                                                                                                  

tutti i bambini van piangend,                                                                                                                                      

 van piangend d cor, d cor                                                                                                                                                   

ca von fatt a Pup c l’ov.”

(Viene Pasqua cantando, cantando,                                                                                                                              

tutti i bambini vanno piangendo,                                                                                                                

  vanno piangendo di cuore, di cuore,                                                                                                                                  

perché vogliono fatti la Pupa con l’uovo).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Tapparelle con pomodorini e cacioricotta (Pisticci)

Tapparelle con pomodorini e cacioricotta (Pisticci)

Intervista a Cosimina Scazzarriello realizzata da Mara Laviola il 16 giugno 2019

 

Che cosa prepari?

La “tapparella”.

Come si prepara?

Con la farina, si impasta e si stende con il mattarello. Dopo averla impastata. So stende la sfoglia.

Misuri  “ad occhio” o usi una bilancia per gli ingredienti?

No, la faccio ad occhio.

Hai preparato altre volte questa ricetta?

Sì, l’ho fatta tante altre volte. Non la faccio spesso ora, perché Antonella, mia figlia, non la mangia… io non posso mangiarla. Ai miei nipoti piace. Con la mia farina (senza glutine) non viene bene, non è buona.

Quando hai cucinato questa ricetta per la prima volta?

Tanto tempo fa.

Eri ragazzina?

Sì sì.

Come hai imparato a cucinare? Ti piaceva?

Sì, è bene saper cucinare.

Chi te lo ha insegnato?

Nessuno, ho imparato da sola.

Come condirai la pasta?

Con il sughetto: pomodorino, cacioricotta … si può anche mettere la cipolla nel sughetto.

Deve essere sottile?

Sì, deve essere sottile, altrimenti non viene bene.

Per chi cucinavi all’ inizio? Cucinavi per la tua famiglia anche prima che ti sposassi?

Sì, per tutta la famiglia ho cucinato.

Da quando eri bambina, è cambiato il modo di mangiare?

Cosa è cambiato … guarda, è pronta. Vedi come si alza la sfoglia. Ora prepariamo il sughetto. Poi dovete mangiarla però!

Questi pomodori, sono tuoi o li hai comprati?

Sì, sono miei.

Quindi hai un orto?

Sì, pomodori, peperoni, melanzane …

Anche l’olio è il vostro?

Sì.

Da quando eri piccola, è cambiato il modo di mangiare?

Sì, è cambiato tutto. Non c’erano molte cose che ci sono oggi. Si faceva il pane fatto in casa, le “friselline” fatte in casa …

Ci sono dei piatti che non si cucinano più?

Ce ne sono tanti. C’erano dei piatti bellissima di creta. Ci sono ancora, ma costano molto. Prima mangiavamo tutti dallo stesso piatto, messo al centro della tavola. Oggi ognuno ha il proprio. Prima c’era chi mangiava troppo e chi mangiava troppo poco. Bisognava essere veloci.

Questo è un piatto semplice da preparare?

Sì, è semplice. Pomodorini e cacioricotta.

La ricetta è tipica di Pisticci?

Sì.

Cosa significa “tipico” per te?

Pisticcese.

Quando eri ragazza passavi molto tempo in cucina?

Sì, bisognava fare la sfoglia. Era tutto fatto in casa. Adesso no. Adesso la si fa ogni tanto.

Erano più buoni i piatti prima?

Si, erano più buoni, più saporiti.

Perché?

Perché era tutto genuino. Adesso è tutto … come dire … guarda che compri e che mangi.

Una ricetta secondo te, per essere buona, cosa deve avere?

Dipende dai gusti. Se a uno piace la carne con il sugo, è buona. Anche le tapparelle con il sugo.

È importante saper cucinare?

Sì che è importante. Uno che non sa cucinare non sa a cosa va incontro.

Sei felice quando ti dicono che sai cucinare?

Certo, è importante.

Da quando eri bambina, hai imparato diverse ricette?

Sì.

Come? Attraverso tv, o come?

La tv non c’era. Era tutto “a mente”. Ti dici “io oggi devo fare questa cosa”.

Oggi ti sei alzata presto per cucinare?

Sì, alle 7.

Quanto tempo cucini durante la giornata?

Un paio d’ore.

Sei andata a fare spesa stamattina?

No, perché è domenica. Si va di sabato.

Dove vai solitamente a fare spesa?

Dove capita. Alla SISA, o dove capita.

E cosa compri?

Mozzarelle, salame… zucchine e melanzane, ce le ho io.

La ricetta che sai cucinare meglio qual è?

Pasta e piselli, tagliolini e ceci…

Cosa non ti piace cucinare?

Niente.. non mi piace niente.

Cosa hai cucinato oggi a pranzo?

Pasta asciutta e un po’ di carne al sugo.

Quanto tempo deve cuocere questa pasta?

3,4,5 minuti. Non è come la pasta comprata che ne vuole 10-15.

Che formaggio è questo?

Cacioricotta.

La serviremo in questo piatto?

Sì.

Questo è quello che si usava un tempo?

Sì, è antico.

 

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Orecchiette con sugo di braciole e spezzatino di cavallo (Montescaglioso)

“FRCIEDD E ‘RECCHTEDD CU SUC D BRASCIOL E SPEZZATIN D CAVADD” (MONTESCAGLIOSO)

Intervista a Giulia Ingordino realizzata da Mariagiulia Avena il 12 giugno 2019

Cosa ci prepari oggi?

Fusilli e orecchiette con braciole e spezzatino di cavallo.

Quali ingredienti si utilizzano per preparare questo piatto?

Farina di semola di grano duro, un pizzico di sale, acqua, un uovo (solo ingredienti naturali).

Cos’è per te il concetto di naturale?

Tutto ciò che si ricava dalla natura.

Quanto tempo impieghi per prepararlo?

Per preparare la pasta ci vuole un’ora per mezzo kilo di pasta.

Ti sei svegliata presto per cucinare?

Come al solito, alle sette.

Quanto tempo impieghi per la cucina?

Quasi sempre più di due ore.

In che periodo dell’anno si fa la salsa?

Nel mese di agosto mentre le olive le raccogliamo a fine ottobre.

Sei andata a fare spesa oggi?

Si, ho comprato un po’ di insalata, pomodori, albicocche, un po’ di frutta di stagione.

Hai un venditore di fiducia?

Si, i miei nipoti hanno un supermercato.

Hai comprato solo gli ingredienti per la ricetta o hai fatto spesa per tutta la settimana?

No, solo per oggi. Vado tutti i giorni a fare spesa perché mi piace la roba fresca.

Quali altre ricette sai preparare?

Veramente preparo un po’ di tutto: pasta al forno, carciofi ripieni, parmigiana, melenzane ripiene e anche arrosto.

Il piatto che ti riesce meglio?

Non c’è distinzione, mi vengono bene tutti. Ci vuole solo amore per cucinare.

Cosa invece non ti piace cucinare?

Cucino di tutto: verdura, legumi, mi piace cucinare di tutto.

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Un po’ la mamma e un po’ da sola perché mamma andava in campagna e quindi quando tornava facevo trovare qualcosa pronto, o la pasta o la verdura.

A che età hai imparato?

Le prime volte da piccola vedevo mia mamma preparare e visto che mi piaceva stare in cucina ho appreso subito.

La prima volta cosa hai cucinato?

Ho preparato le tagliatelle

In quale occasione?

Nessuna in particolare.

Ti sei sempre occupata tu della cucina o anche le tue sorelle?

Io perché ero la sorella maggiore e poi mi piaceva stare in cucina quindi preferivo fare questo lavoro invece di altri.

Hai imparato per gioco?

Si, per gioco e poi è diventato non dico una professione ma quasi.

Negli anni come è cambiata la tua cucina?

Non molto, cucino sempre a modo mio con roba semplice e buona.

Come impari nuove ricette?

Un po’ guardando la televisione la prova del cuoco e un po’ dai libri.

C’è qualcuno che ti aiuta in cucina?

No, nessuno e quando preparo non voglio nessuno.

E’ cambiata la dieta da ieri a oggi?

Si, è cambiata molto. Adesso si comprano schifezze mentre prima si mangiava tutto ciò che veniva dalla nostra campagna soprattutto frutta e verdura, invece adesso non si conosce la provenienza.

Ci sono pietanze che preparavi prima e ora non prepari più?

No, cucino sempre quelle di prima.

Questo piatto è tipico del tuo paese?

Si, è una ricetta tipica.

Cosa significa per te tipico?

Naturale.

E’ un termine nuovo o esisteva già prima?

Esisteva già tanti anni fa.

Conosci qualcuno che prepara la pasta fatta in casa in maniera diversa?

Non conosco nessuno perché la ricetta della pasta in casa è sempre la stessa: acqua, farina e sale.

Qual è la cosa più importante per questa ricetta?

E’ il condimento, con l’agnello o con la carne di cavallo, dipende dai gusti.

Quanti grammi di pasta stai preparando e per quante persone?

Per cinque persone ho preparato mezzo chilo cioè cento grammi a persona.

I tempi di cottura?

Dieci minuti, quando viene a bollore si toglie dal fuoco.

Quale sapore deve avere la ricetta per essere buona?

Deve avere la carne buona e tutti gli ingredienti freschi.

E la carne da chi la compri?

Da mio nipote che la macelleria equina, così vado al sicuro.

Come si deve presentare la pietanza nel piatto?

Condita con sugo e formaggio.

Presti attenzione all’estetica del piatto o più al contenuto?

Più a quello che c’è nel piatto e alla qualità.

Esiste un’estetica del piatto?

Si, ma non è molto importante.

E’ importante per te sapere cucinare?

Si, importantissimo perché quando uno sa cucinare è autonomo.

Per te il cibo pre-cotto perde di qualità?

Si, perchè non è fresca come quella preparata in casa.

Ti fa piacere ricevere complimenti su come cucini?

Si, mi fa piacere.

Hai mai provato ad insegnare a qualcuno a preparare la pasta fatta in casa?

Se verrà qualche figlia o nipote mi piacerebbe insegnare loro questa pratica

Hai garage o dispensa?

Garage no ma ho uno sgabuzzino dove conservo l’olio, la salsa e tutto ciò che mi serve.

C’è una tecnica da seguire per i fusilli?

Si: stendere la pasta, farla a pezzettini e lavorarla con il ferro mentre per le orecchiette serve un coltello.

 

Quante volte alla settimana prepari la pasta in casa?

No tutti i giorni ma quasi.

Perché metti la pasta nella busta?

Per mantenerla più morbida così potrò lavorarla bene altrimenti si crea la crosta e non viene bene.

 

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Carne alla pastorale (San Mauro Forte)

Carne alla pastorale (San Mauro Forte)

Intervista a Angela Bubbico realizzata da Marco Imperatore il 21 settembre 2019

Mi chiamo Angela Bubbico, ho settantasette anni e vivo a San Mauro.

Ti sei alzata presto per cucinare?

Alle sette.

Quanto tempo impieghi, più o meno, per la cucina?

Eh, due o tre ore, secondo [in base] alla cucina che fai.

E sei andata a fare la spesa?

No, non vado io a fare la spesa… va mia figlia a fare spesa… E basta.

Hai dei fornitori che preferisci?

No, sono tutti uguali per me.

E cosa hai comprato?

Pomodori, peperoni, il sedano, il basilico, la salvia, l’aglio, cipolla e carote.

Quindi hai comprato quello che occorreva per oggi?

Sì, quello che occorreva per oggi.

Ci sono altre ricette che sai cucinare?

Eh sì.

Ci sono anche ricette che non ti piace cucinare?

Beh, in verità non mi piace nessuna ricetta cucinare, però devo cucinare!

Hai imparato per gioco, quindi, o sei stata costretta a cucinare?

Beh, un po’ sono stata costretta da mia madre, perché lei andava in campagna e io dovevo cucinare. Quando tornava la sera voleva trovare pronto qualcosa da mangiare. E la cucinavo io, come facevo facevo, però la cucinavo!

Quindi già da bambina cucinavi?

E sì.

Ed è importante saper cucinare?

È importantissimo saper cucinare! È la cosa indispensabile per la donna in casa! Se non sa cucinare che sa fare in casa?!

E la dieta alimentare è cambiata rispetto al passato?

Ih! È cambiato tanto!

Mangiavamo cose più genuine… Cioè, il pane col pomodoro: quella era la colazione che facevamo noi; poi a mezzogiorno, quando mamma stava a casa, che preparava mamma da mangiare, ci faceva un po’… i maccheroni facevamo. La sera, poi, qualche altra cosa, però niente di speciale, tutte cose genuine.

E che cosa vuol dire genuino?

Eh genuino… cose fatte in casa da noi! Che coltivavamo noi il grano, che facevamo il pane, facevamo il pane in casa al forno. E non c’erano tanti… “Kom s dec? ‘L ‘kncuem… robi chimici” [prodotti chimici] … i pomodori li piantavamo noi, li coltivavamo noi e quindi erano tutti… coltivati da noi.

E che sapore deve avere una ricetta per essere buona?

Deve essere saporita, al punto giusto di sale… e anche di olio, non ce ne vuole tanto e nemmeno tanto poco. E insomma, deve essere equilibrata.

E a te fa piacere se apprezzano una pietanza che hai cucinato?

Ma come che mi fa piacere!

Perché?

Perché se la persona viene, fai l’invito a tavola a mangiare: quando la mangia che se la finiscono, allora si vede che gli è piaciuta, è andata bene; se non la mangiano, si vede che non gli è gustata.

Allora, ti faccio vedere come si prepara.

Io la carne… di solito la carne non si lava, però io l’ho lavata. Adesso la mettiamo nella pentola.

Che tipo di carne è?

Caprettone.

Adesso mettiamo gli ingredienti. L’aglio lo metto intero perché se qualcuno non lo vuole si può togliere. Se lo dividi a metà vengono più piccolini e non si può togliere. La cipolla. Facciamo un poco pure la cipolla grossa. Adesso mettiamo… il peperone. Lo tagliamo a metà così lo facciamo a pezzettini. Mò che mettiamo… la salvia, un mazzettino di salvia. Lo mettiamo intero. Adesso mettiamo il sedano. Il basilico. “T fazz vdé ka”

La carota.

Il pomodoro. “E basta kiò” . Il timo, un poco di timo. L’origano. È meglio se era a ciuffetti l’origano, però non ce n’ho e mettiamo quello già sbriciolato. Il sale. L’olio non ne mettiamo, perché un poco di grasso che ci viene  la carne la caccia lei stessa, se no viene troppo carica di olio e non ne mettiamo. Quindi, penso di aver messo tutto. Sì sì. Adesso mettiamo l’acqua.

Quanta acqua ci vuole?

Si deve coprire. Quand’è coperta va bene.

Ma tu da chi hai imparato questa ricetta?

Da mamma. Però mia madre la cucinava in una pentola di rame. Ché prima non si usava l’acciaio e sempre cucinavamo nelle pentole di rame. Ché quelle pentole venivano “stainate” [stagnate]. Erano come delle piccole… le pentole piccole, insomma. E lì dentro cucinavamo, perché viene più saporita dentro la rame. Ogni cosa che fai se la cuoci dentro la rame e sul fuoco è più saporita. Invece adesso questa possibilità non c’è e ci adattiamo all’acciaio e sui fornelli. Quindi come viene la cosa vi dovete accontentare, altrimenti non c’è di meglio!

E questa porzione per quante persone, più o meno, è valida?

Eh, cento grammi a persona… meh, è valida per dieci persone, va’.

E la carne deve avere qualche particolare?

Eh, deve essere un po’ grassa. Troppo secca no, ci vuole un po’ di grasso.

E i tempi di cottura?

Eh, dipende da come è dura la carne. Questa non tanto è dura e se ne vanno un paio di ore. Quando è dura se ne vanno anche tre e quattro ore. Ché prima facevamo prima il fuoco, poi mettevamo la caldaia con la carne, cuoceva a fuoco lento piano piano, però veniva più saporita. Però si impiegava più tempo. Adesso la possibilità di fare il fuoco non c’è e ci dobbiamo arrangiare, ci dobbiamo adattare.

Adesso mettiamo la pentola sul fuoco. Sui fornelli, anzi. Accendiamolo, mettiamo il coperchio. E così abbiamo finito.

E deve cuocere con un fuoco particolare?

Eh, a fuoco lento, per un’oretta. Dopo si aspetta che si raffredda la pentola e si può aprire. Altrimenti non si può aprire prima.

Questa è una pentola a pressione?

E sì, è la pentola a pressione.

Adesso dobbiamo cambiare la pentola: dalla fiamma più grande passiamo alla fiamma più piccola.

Perché?

Perché deve cuocere piano piano. La fiamma grande non va bene. Si passa alla fiamma piccola, ché cuoce piano piano e non c’è bisogno che… ah, è andata in pressione e quindi è stato passato alla fiamma piccola. E deve cuocere per minimo un’ora e poi la dobbiamo vedere se è cotta o meno. Dobbiamo attendere cinque minuti finché si raffredda un po’ la pentola e dopo la possiamo aprire.

Beh, adesso la carne è pronta, è cotta e possiamo aprire la pentola.

Quanto tempo è durata la cottura?

Mezzora. Prendiamo il mestolo.

Rispetto alla ricetta che ti aveva insegnato tua madre hai cambiato qualche ingrediente?

Eh, qualcosa sì. Per esempio il timo ci ho messo in più; la salvia.

Come mai?

Eh, ché prima non si usava tanto il timo… Abbiamo impiattato.

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Pasta al forno (Montescaglioso)

Pasta al forno (Montescaglioso)

Intervista a Mariabruna Sampaolo realizzata da Adriana Sampaolo

Cosa ci prepari oggi, per il giorno di Pasqua?

Pasta al forno.

  Quanto tempo impieghi per la cucina?

Dipende da cosa devo cucinare.

Per preparare la pasta al forno, quanto tempo occorre?

  Circa tre ore.

 Sei andata oggi a fare la spesa?

No, sono andata ieri.

Hai dei fornitori che preferisci?

Sì, vado sempre dai fornitori di fiducia vicino casa mia.

 Hai comprato solo quello che occorreva per oggi?

 Ho comprato ciò che mi serve per oggi e per domani.

Vai tutti i giorni a fare la spesa?

No, vado il sabato e compro quello che mi occorre per la settimana. la frutta e la verdura preferisco comprarle ai mercatini che ci sono dal lunedì al sabato in varie zone del paese.

Cosa stai preparando adesso?

  L’impasto con la carne tritata.

  Quali ingredienti usi?

Prezzemolo, uno spicchio d’aglio e 500 gr. di formaggio grattuggiato.

Quale carne usi? Perchè?

Uso il vitello perchè è più leggero.

 Quale formaggio usi?

 Il parmigiano perchè è più dolce e nell’impasto si sente meno.

  Quale olio usi?

L’olio che produciamo in famiglia, abbiamo degli alberi d’ulivo e nel periodo di Novembre (tutti i Santi), mio fratello e mio cognato vanno a raccogliere le olive e le portano al frantoio per produrre l’olio.

 Per quanto tempo si fa cucinare il sugo?

 Per circa due ore.

I pomodori dove li compri?

Da una persona di fiducia. questo signore li coltiva lui, vendendo una parte dei pomodori che gli avanzano. lui non utilizza prodotti chimici, quindi sono naturali, genuini.

In quale periodo si fa la salsa e i pezzetti?

Luglio-Agosto, quando ci sono i pomodori maturi.

 Come si fa la salsa?

 Prendiamo i pomodori, poi si fanno cuocere in un pentolone, si scolano, si macinano con la macchinetta, poi si mettono nei barattoli con basilico e sale e si fanno bollire per circa mezz’ora.

Come si fanno i pezzetti?

Prendiamo i pomodori, sempre lavati, poi si tagliano in due e si mettono nei barattoli, sempre con sale e basilico e si fanno cucinare per 15/20 minuti.

Perchè metti il basilico nella salsa?

Per dare un altro odore, il sugo sarà più profumato.

 Dove fai la salsa?

 Nella cantina, perchè è più fresca, anche perchè in casa si sporcherebbe molto.

Ti fai aiutare?

Sì, da mia sorella e da mia nipote.

In cantina si fa solo la salsa?

No, anche il vino, e la utilizziamo anche per conservare la salsa, vino e l’olio.

 Chi si occupa del vino e dell’olio?

 Mio fratello e mio cognato.

Come si fa a ottenere la genuinità?

Preparando con le proprie mani, usando i prodotti naturali, privi di conservanti e coloranti.

Quali ricette sai cucinare?

Molte, perchè a me piace cucinare.

 Quale piatto ti riesce meglio?

Quasi tutti perchè ci metto passione.

 Quale piatto non ti piace cucinare?

 I dolci, perchè non mi piacciono.

 Per quanto tempo si fa bollire la pasta per la pasta al forno?

 Per circa dieci minuti.

 Chi ti ha insegnato a cucinare?

 Mia madre.

 Quando hai cucinato per la prima volta?

Avevo dodici anni.

In quale occasione?

 Mia madre era andata all’ospedale.

 Chi cucinava a casa tua, quando eri piccola?

 Mia madre.

Hai imparato per gioco? chi ti aiuta a cucinare?

No, preferisco cucinare da sola.

Quanti strati di pasta fai?

Tre strati.

Quali sono gli ingredienti più importanti, per realizzare questo piatto? 

Mozzarelle, prosciutto cotto e parmigiano.

Solo questi salumi metti?

No, anche la salsiccia piccante e la coppa.

Questi salumi dove vengono conservati?

Il giorno prima, compro tutti i salumi e la carne, e li conservo per il giorno dopo.

 Cosa conservi nel congelatore?

 Conservo anche la carne, salumi che avanzano che verranno utilizzati per preparare altro, tipo le melanzane alla parmigiana o ripiene, e anche il sugo della domenica, che poi verrà utilizzato in caso di emergenza, niente deve essere buttato.

 La pietanza che ci prepari oggi, è tipica del tuo paese? 

 No, perchè si fa ovunque.

 Che cosa significa per te “tipico”?

 Una pietanza che si prepara soltanto al mio paese.

Da chi hai imparato a cucinare questa pietanza?

 Da mia madre.

 Hai cambiato qualcosa in questa ricetta?

 Sì, mia madre faceva le polpettine di carne.

 Conosci qualcuno che prepara questo piatto in modo diverso? 

Sì, alcuni fanno il sugo con la besciamella, io uso le lasagne, altri le orecchiette o i rigatoni, io metto le mozzarelle, altri la scamorza o la treccia.

Tu, non hai mai provato a farla in altre versioni? perchè?

No, perchè a me piace così.

 Prima di mettere la pasta nel forno, si fa riscaldare?

Sì per circa dieci minuti.

 Tu, dai importanza alla presentazione?

 No, per me è più importante il sapore che deve avere la pietanza.

 Quando la pietanza è buona?

Deve essere croccante, cioè di devono formare della croste sulla pasta, si deve sentire il profumo di ciò che cucini.

 E’ importante saper cucinare?

Sì, ma i giovani d’oggi non si interessano molto.

Questo piatto si prepara solo a Pasqua?

No, si può preparare anche la domenica, in settimana.

Questo piatto si preparava anche quando eri piccola?

No, per la prima volta mia madre la preparò verso gli anni Settanta, quando comprò il forno elettrico, io avevo diciannove anni.

 Quale piatto si prepara a Pasqua, oltre alla pasta al forno? 

Il sugo dell’agnello o della bolognese.

 

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Pasta tipica tricaricese (Tricarico)

Pasta tipica tricaricese (Tricarico)

Intervista a Rosa Dabraio realizzata da Angela Cetani il 13 giugno 2009

Rosa Dabraio

Dove abiti?

Via Sant’Angelo n.3.

Quanti anni hai?

74.

E sei cuoca da quanto?

24 anni.

Il ristorante è “Tre cancelli”, Tricarico. Che cosa hai fatto oggi in cucina? Come hai organizzato la tua giornata?

Prima quando sono entrata ho preparato tutti i sughi, poi ho preparato l’antipasto per i clienti che vengono a mangiare.

Ti sei alzata presto per cucinare?

Eh, sì, la mattina sempre alle sei, faccio la spesa e poi vengo a preparare.

Quanto tempo impieghi per la cucina?

Eh, io sto dalla mattina alla notte, la mattina alle nove fino a mezzanotte.

Tante ore. Sei andata a fare la spesa?

Sì.

Dove vai?

In piazza, tutti i fruttivendoli perché devono tutti campare.

Perché questo è un ristorante. Altrimenti hai qualcuno di fiducia dove ti servi?

Eh, sì, ha tutta la frutta, è da tempo che vado lì, poi la carne…

Perché acquisti da questi determinati fornitori, hai detto?

Da tutti perché sono paesani.

Cosa prepari oggi?

Le tagliatelle con la mollica, tutte cose all’antica, non c’è roba moderna, facciamo tutta cucina locale.

Quali sono gli ingredienti?

Io faccio friggere l’aglio e poi la mollica, metto le mandorle dentro, l’uva passa e un po’ di cannella.

E invece per la pasta?

Per la pasta acqua e farina di grano duro.

Pensi che siano genuini i prodotti che prendi dai negozianti?

Sì, sì.

E che significa per te genuini?

Genuino significa che tutti vogliono la roba senza conservanti, la salsa è fatta in casa, io ho fatto 35 quintali di pomodori.

E so che fai anche le melenzane.

Melenzane, carciofi, funghi, tutti sott’olio.

E cosa hai comprato stamattina per preparare questa pasta?

Niente, la mollica è del pane che facciamo noi.

Perché c’è il forno?

C’è il forno a legna, facciamo le pizze la sera.

Quindi hai comprato solo quello che occorreva oggi?

Per oggi e per domani che è domenica ed è chiuso tutto.

Tu compri giorno per giorno la roba per garantire che è fresca?

Un giorno sì, un giorno no, insalata, verdura, tutte le mattine, poi la carne un giorno sì e un giorno no.

Questo è un modo per avere un risparmio?

Per tenere tutta la roba fresca e genuina.

 Quali sono le ricette che sai cucinare?

Facciamo la pasta al cinghiale, la boscaiola con i funghi, la boscaiola in bianco con la rucola, facciamo il sugo con la carne tutta mista e con la salsiccia del pezzente, il maiale fatto con l’aglio.

Cosa ti riesce meglio?

Tutto, di più la pasta con il cinghiale.

Perché?

Perché il cinghiale è roba genuina del bosco.

Cosa non ti piace cucinare?

A me piace cucinare tutto, tranne la roba con la besciamella, mi piace tutta roba genuina.

Abbiamo detto genuina per te cosa significa?

Roba fatta in casa.

Chi ti aiuta in cucina?

Tutt’e due le mie nuore.

La dieta alimentare è cambiata?

No.

Allora, che ingredienti stai usando adesso?

Adesso sto facendo la tagliatella.

Si mette acqua al centro…

Sì, e si impasta.

Tutto lavoro manuale. Da quanto tempo cucini?

24 anni e poi abbiamo lavorato in campagna nella masseria.

Ci sono pietanze che non si preparano più?

Di più cercano il pane cotto, quelle che non si preparano più sono pasta e rape.

E la pietanza che stai preparando oggi è tipica?

Sì, perché questa la facciamo soltanto la vigilia di Natale e il giorno di S.Lucia.

Perché secondo te è tipica?

Perché è all’antica.

Tipico secondo te è un termine nuovo oppure esisteva anche quando eri bambina?

No, è nuovo.

Conosci qualcuno che prepara questa ricetta in modo diverso?

No.

Si cucina in altri posti?

Non lo so.

Da chi hai imparato a cucinare questa pietanza?

Dai miei genitori, avevamo la masseria e la sera preparavano la tagliatella con la mollica, la tagliatella aglio e olio…

Hai cambiato qualcosa nella ricetta rispetto a come te l’hanno insegnata?

No.

Qual è secondo te la cosa più importante di questa ricetta?

L’uva passa.

Per quante persone la stai preparando?

Questa è per quattro, cinque persone.

I tempi di cottura di questa pasta?

Due secondi, quando l’acqua bolle bisogna calarla.

Quale sapore deve avere la ricetta per essere buona?

Il sapore della pasta, della mollica.

Come si deve presentare nel piatto la pietanza?

Mettere la pasta e poi mettere la mollica sopra.

Presti attenzione al colore e alla forma dei piatti o alle posate quando prepari un piatto?

E sì, prima usavamo i piatti antichi, ora sono tutti moderni.

Che posate ci vogliono?

La posata normale.

E la tovaglia?

Quella normale.

C’è un’estetica in come prepari il piatto?

Sì, prima metti la pasta e poi la mollica sopra.

Ti piace sempre cucinare?

Sì, sì.

Ti ritieni brava?

Eh, insomma, le persone quando hanno finito di mangiare dicono “grazie, complimenti”…

Ti piace sapere che sei brava in cucina?

Sì, è una soddisfazione.

E a te piace mangiare bene?

Come no.

Per te è importante saper cucinare?

E sì, è normale, perché è una soddisfazione quando mangiano le persone ed è buono.

Ti fa piacere sentirti dire che sai cucinare bene?

E come no.

Che cosa diresti di te per dire chi sei?

E che posso dire…

Quindi si stende bene la pasta, vero?

Sì.

A che età hai imparato a cucinare?

12 anni.

Ti mettevano vicino ai fornelli?

E no mi mettevano a impastare il pane.

Quando lo hai cucinato per la prima volta questo piatto?

Sempre.

È facile cucinarlo?

Sì, sì.

I tempi per la preparazione?

Una mezz’oretta.

Quando lo hai cucinato per la prima volta per chi lo hai cucinato?

Per gli operai che lavoravano in campagna.

In quale occasione?

Alla mietitura.

Chi cucinava in famiglia quando eri piccolina?

Mia nonna, le mie sorelle.

Hai imparato per gioco o sei stata costretta?

Eravamo costrette perché non c’era la possibilità di adesso.

Ma prima c’erano tanti piatti come adesso oppure…

No, prima si mangiava tutti in un piatto.

E con quali posate mangiavate prima?

I miei fratelli erano più grandi e usavano i cucchiai di legno.

Le forchette esistevano?

Eh, sì, ma cucchiai non ce n’erano.

Da chi hai imparato ricette nuove?

Sono tutte ricette che faceva mia madre.

 Secondo te la dieta alimentare è cambiata?

E certo, è cambiata. Aglio, poi la mollica nell’olio.

Adesso la imparo pure io. Hai pure il cucchiaio antico?

Eh, sì, quello di legno.

Bellissimo, proprio antico antico.

Si mette l’aglio, l’olio, la mollica nell’olio bollente, poi mandorle.

E si gira sempre…

Fin quando si fa un po’ arrosolato.

Un po’ di cannella?

Sì, questa è l’uva passa.

Quanta se ne mette?

50 gr. e un po’ di zafferano. E con questo si condisce la tagliatella.

È una ricetta proprio veloce?

Sì.

Adesso la tagliatella si arrotola.

E si taglia.

Quando viene a bollire?

Buttare la pasta e poi prepariamo i piatti.

Quanto tempo deve cuocere?

Due secondi, quando viene su la pasta, un pizzico di sale nell’acqua.

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Patan a zappator (Pisticci)

Patan a zappator (Pisticci)

Intervista a Anna Cattaneo
Realizzata da Mariateresa Grieco

https://vimeo.com/273649767

Buonasera nonna!

Buonasera.

Che ci prepari oggi?

Stasera vi preparo una merendina fatta “alla zappatora”: le patate con l’olio fritto e il peperoncino.

Quando mangiavate questa minestra?

Quando andavamo in campagna a raccogliere le olive o qualche altra cosa di campagna.

Va bene. Allora ci fai vedere come si prepara?

Allora… si lavano le patate, si mettono a bollire. Quando sono cotte si sbucciano e si mettono a cuocere.

Solo acqua e sale?

No! Sale niente. Il sale io lo metto quando le condisco nel piatto. Poi metto l’olio fritto con il peperoncino.

Okay! Dove vai a comprare le cose di solito?

Io veramente a qualsiasi negozio mi trovo compro. Dove trovo la convenienza vado lì a fare la spesa.

Per te non è importante la fiducia nel negoziante?

Sì sì!

Perché di solito prendi le verdure senza pesticidi…

Brava! Cose più genuine.

Secondo te tutte le donne devono saper cucinare?

Quelle che hanno interesse e che vogliono fare. Si mettono belle, garbate, con tutte la loro pazienza e si mettono a fare quelle cose che loro desiderano.

Tu di solito ti alzi presto per cucinare?

Quando sono minestre più complicate. Ma quando sono minestre più facili le puoi fare pure sul tardi.

Quindi di solito cominci tardi. Non c’è bisogno di svegliarsi presto?

Sì. Quando si cuociono i legumi allora sì, ti devi alzare presto perché ci vuole più tempo a cuocere. Se no per le altre minestre puoi cominciare pure più tardi.

Quindi ci vuole poco tempo per cucinare… E ad esempio oggi sei andata a fare la spesa?

Sì sì.

E che cosa hai comprato?

Oggi ho comprato proprio le patate, che mi servivano, un pò di frutta e l’insalata.

Dove? Al supermercato qui di fronte?

Sì.

Perché è più vicino?

Sì, è qui di fronte e mi conviene andare qui.

Ma di solito la spesa la fai soltanto per oggi oppure per la settimana?

No no. Giorno per giorno. Non mi serve per una settimana. Vado giorno per giorno e le cose che mi interessano quelle compro.

Quali ricette sai cucinare?

Allora so fare “l sagntedd pa mddjc”: si fanno le tagliatelle, poi si lessano, poi si frigge la mollica e si mischia con le tagliatelle.

E il piatto che sai fare meglio invece?

Io veramente so fare quasi tutto, ma sempre minestre non complicate, minestre più…

… che cucinavate prima?

Ecco brava!

Quali sono le ricette tipiche di Pisticci?

Pasta di casa: i “macheroni ai ferri” con le orecchiette, ceci con i tagliolini, le cicerchie che “sapevano la fine del mondo” condite con cipolle e pomodoro: prima si lessano, poi si condiscono con cipolla e pomodoro ed erano la fine del mondo.

Quindi queste sono le ricette tipiche… Ma che cosa significa secondo te tipico?

Tipico vuol dire che è una cosa più saporita, più dei tempi di prima.

Ma quando eri piccola lo utilizzavate questo termine? Oppure…

Tipico? No, non lo so…

Dove hai imparato a cucinare il piatto che stiamo preparando oggi?

Mia madre, mia nonna.

Ma hai cambiato qualcosa della ricetta o è quella originale?

Io preferisco sempre quella originale.

Ma secondo te anche i sapori dei piatti sono cambiati rispetto a prima o no?

Beh, se fai le minestre quelle di prima è sempre più saporita. Queste di oggi non tanto le gradisco.

E da cosa dipende? Dalla qualità del cibo?

Brava! Dalla qualità del cibo.

Secondo te i prodotti non sono più genuini e saporiti come erano una volta…

Sì.

Ad esempio oggi cosa hai cucinato?

Oggi per esempio ho cucinato…. Ah! Oggi proprio ho fatto una bella minestra! Pasta con i fagiolini, col cacioricotta e un po’ di sugo.

Si faceva anche prima?

Sì sì.

Tutti i giorni?

Si.

E invece la domenica che cosa si cucinava?

La pasta di casa si usava molto molto assai. Nei periodi di festa e la domenica.

E invece alimenti come la carne, la frutta o i dolci si mangiavano spesso?

I dolci proprio no. Per esempio non si usavano le ciambelle. Si facevano più cose tipo i taralli. Sono i taralli che si fanno pure adesso, quelli con il finocchietto oppure quelli con lo zucchero.

E invece il piatto tipico della domenica quale era?

La pasta di casa: i maccheroni ai ferri con le orecchiette.

Conditi con?

Sugo e carne di pollo.

Ah di pollo!

Pollo nostrano però! Non pollo comprato! Prima c’erano tutte cose nostre, genuine.

Avevate anche l’orto?

Sì. C’era l’insalata, “l tadd”, i carciofi e tutte queste cose.

Quando hai imparato a cucinare?

Da piccola ho imparato a cucinare perché mia mamma andava in campagna e io restavo in casa. Andavo a scuola e quando tornavo a casa e avevo fatto i compiti, allora cominciavo a fare qualcosa di servizi o a preparare qualcosa da mangiare.

Cucinavi solo per te?

No! Per tutti.

Che cosa hai cucinato per la prima volta?

La prima volta ho fatto i legumi… proprio i ceci.

E invece quando eri piccola, in famiglia, di solito cucinava tua madre oppure tua madre andava a lavoro e cucinavi tu o le tue sorelle?

Allora mia madre andava sempre a lavoro. Chi rientrava prima a casa cucinava.

Ora cucini solo le ricette di quando eri piccola oppure anche le ricette che vedi?

Io preferisco sempre le vecchie ricette.

Secondo te il modo di mangiare è cambiato molto?

Tantissimo!

In meglio o in peggio?

Per me in peggio.

Quali sono le differenze che noti di più?

Le differenze delle cose che si vendono. Io non le gusto proprio, preferisco sempre le cose vecchie di prima ma le minestre moderne io non le gradisco.

E secondo te come deve essere… quando un piatto lo consideri saporito, riuscito?

Beh! Quando ti riesce bene di sale, di olio… il condimento bene.

E invece quando lo consideri sano?

Sempre quando è ben condito.

Quindi per te non ha importanza se c’è ad esempio troppo olio o troppo grasso?

No, io non preferisco né olio assai e né grasso.

E nemmeno il sale…

E nemmeno il sale.

Di solito quali solo le quantità che cucini di pasta o di verdure?

Dipende dalle persone che ci sono. Se siamo pochi o siamo assai e la pasta anche. Se siete pochi in casa poco devi cucinare.

E invece per te è importante come si deve presentare il piatto?

Sì, quello sì.

E come deve essere?

Prima devi apparecchiare bene la tavola, con le posate… pure ai tempi miei di quando ero piccola usavamo così.

E che mettevate?

Ognuno il proprio piatto, tovagliolo, solo che allora si usavano quelli di stoffa. Non esistevano quelli di carta, noi usavamo quelli di stoffa.

Si usava pure il grembiule?

Il grembiule sempre, era la prima cosa! Quando volevi fare la pasta di casa il grembiule era la prima cosa… e legarsi i capelli.

Anche il pane facevate?

Sì, sempre.

Non lo compravate mai?

No.

Quanto pane facevate ogni volta?

Sette, otto.

Otto chili?

No, pani. Mica erano da un chilo, da due chili. Per preparare il pane Mariaterè si lavorava: prima si faceva il grano, si puliva il grano, poi si portava al mulino, poi tornava dal mulino e lo “cernevmo” per togliere “a caniddj”, la crosta, la crusca. Si passava due volte: prima la crusca e poi c’è l’altra, la semola che lasciava la farina bella pulita. Poi impastavamo il pane. Si metteva il sale: ogni cosa di pane si metteva un pugnetto di sale. Si dividevano così… si faceva il cerchio di farina e poi si facevano le porzioni. Allora ogni porzione si metteva un pugnetto di sale. Poi mentre lo lavoravi si assaporava se era buono di sale, se non era buono che ce ne voleva un altro po’ mentre bagnavamo le mani per impastarlo… vedevi se era buono il sale oppure ci voleva un altro pò.

E il lievito usavate quello vostro?

Sì, quello nostro. Si conservava un pezzettino di massa che doveva lievitare per la prossima volta e se poi era poco si metteva un altro poco di farina, si lavorava e si conservava.

Secondo te che cosa significa pulito? In riferimento al cibo, alla cucina, alla tavola?

In tutte le cose la prima cosa è la pulizia. Bisogna stare attenti a legarsi i capelli e a mettere un fazzoletto in testa per tutte le cose, pure per quando facevamo la pasta di casa.

A te piace cucinare? Ti fa piacere sentirti dire che sai cucinare?

Sì sì.

Metti passione quando cucini?

È la prima cosa, ci vuole la passione. Bisogna stare attenti e quella è la prima cosa.

Di solito le scorte alimentari dove le conservi? Noi facciamo la salsa, l’olio…

La salsa nelle bottiglie e l’olio nei bidoncini e poi si massa nelle bottiglie o nell’oliera; dove lo vuoi mettere. Comunque di solito si tiene nelle bottiglie.

Ma le tieni a casa?

Sì sì, tutto a casa.

Okay. Adesso vediamo la preparazione come procede, aspettiamo che cuociano le patate e ci fai vedere come si condiscono…

 Sono cotte?

Sì Mariateresa, vedi, sì sì sono cotte. Mo le sbucciamo, poi le facciamo a pezzetti, prendo il tegamino e faccio un po’ di olio.

Non le fai raffreddare un pò?

No, meglio belle così.

Lo cucinavate spesso questo piatto?

Sì, specialmente la sera, quando andavamo in campagna la mattina seguente. Lo preparavamo la sera così la mattina erano belle pronte.

Ve le portavate li?

Le portavamo lì… per il pranzo. Ma sono proprio belle queste patate.

Da dove si vede se nono buone?

Vedi sono belle, a pasta gialla. Mi sciacquo le mani e prendiamo l’olio.

E l’olio…usi sempre quello che facciamo noi? Solo quello?

Sì sì, olio di oliva.

Però è bello sostanzioso questo piatto.

Sì sì, è buono. È buonissimo. Mo che lo assaggiate…

Ci volevano cose sostanziose quando andavate a lavorare?

Mia nonna sai che ci faceva pure? Ci faceva portare le castagne arrostite.

Quindi preparava anche vostra nonna?

Sì sì. Poi sai che ci faceva pure? Il pesce fritto, sul fuoco però lo facevamo, perchè cucina non ce n’era e sul pesce metteva un po’ di menta e un po’ di aceto.

Come si chiama questo piatto?

Pesce fritto. Il solito pesce fritto, solo che poi lo condiva con la menta e con un po’ di aceto. Ma sai come veniva saporito? Ma veramente veniva saporito. Veramente!

E tu non lo fai mai?

E chi lo fa il pesce fritto? Chi lo mangia?

L’aglio lo metti intero?

No, io lo schiaccio perché viene più saporito. Faccio così. La cucina la faccio andare piano se no si brucia. Ora prendo il peperoncino, fatto da me.

Come si fa?

Si fanno curare, non al sole se no diventano scuri…all’ombra e quando sono belli secchi si macinano e questo è il peperoncino bello a scaglioline.

Con quest’olio si condiscono tanti piatti di Pisticci vero?

Sì, le rape con l’olio fritto, i peperoni secchi fritti e poi si mette anche un uovo bello fritto nei peperoni e diventa veramente… o merenda o colazione viene squisita.

La colazione salata…

Ecco.

Si deve riscaldare l’olio?

Sì, quando diventa un po’ rosso l’aglio allora è pronto e buttiamo il peperoncino dentro. Vedi quanto è bello il mio peperoncino, a scaglioline, vedi.

Ha un bel colore.

Si vede che l’aglio sta diventando rosso?

Deve diventare un po’ rosso?

Eh sì, allora è pronto.

Si sente già il profumo. C’è troppo olio?

Hai visto come si vedono le scaglie del peperoncino? Vedi? Sulle patate.

Pulisci la pentola con la patata… non si spreca niente.

Ecco, viene bello pulito. E il piatto è pronto

Ha bisogno anche di insaporire?

Se sta un pò è meglio.

E si porta a tavola così?

Sì sì porta dentro una coppetta e ognuno prende la sua porzione.

Va bene. Quindi queste sono le patate alla zappatora. Adesso facciamo una foto. Grazie.

Prego.

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La cialledda (Matera)

La cialledda ( Matera ) 

preparata da Casamassima Dora
intervistata da Camerlingo Doriana

Cosa prepari oggi di buono?

La “Cialledda”

E spiegami com’è questa cialledda?

Questo era un piatto che faceva mio padre, era la sua passione fare la Cialledda. Era squisita! Come la faceva lui non la fa’  nessuno!

Quindi lui te l’ha insegnata?

Sì sì… si mette l’acqua, i pomodorini rossi, il sale, una patata ( chi la vuole), la cipolla (non troppa), l’aglio, tutti gli aromi che metteva lui… come lui non la faceva nessuno, me l’ha fatta il giorno che è nata la mia prima bambina. Io la faccio uguale e precisa.

Quindi era un piatto tipico?

Sì sì, un piatto tipico e speciale!

Tu lo aiutava?

No, io guardavo perché ero piccola. Guardavo perché mi piaceva mangiarla e mi accanivo a guardare.

E quindi così hai imparato?

Sì, sì. Quando una cosa piace rimane fissa nella mente.

Per quanto tempo devono bollire gli ingredienti?

Quando cuoce la patata, ora mettiamo il coperchio e lasciamo cuocere.  Adesso mettiamo il pane nel piatto , prima si tagliava a mano adesso lo prendiamo tutto affettato dal panificio e allora lo mettiamo affettato..

Quindi questa ricetta oggi viene ancora utilizzata?

Chi la conosce sì , chi la conosce la utilizza perché è un piatto speciale. Poi si mette il peperoncino piccante, a me piace io lo metto.

Si mette a fine cottura?

No quando vuoi. Prima, dopo.  L’ importante che “pizzica” sempre. Poi si mette l’olio alla fine e un uovo perché a quei tempi c’erano le galline e mio padre  aveva le galline e le uova erano fresche… Poi facevamo la cialledda e le mettevamo sul pane per insaporire un po’ di più, per essere più sostanziosa… Ora vediamo se è cotto… sta bollendo, si sente già l’odore! magnifico con tutti gli ingredienti che abbiamo messo! Mettiamo un poco di peperoncino, a me piace.

Questa ricetta quindi è materana o si faceva da qualche altra parte?

Be! mia madre era di Altamura e lì era ancora più conosciuta e antiquata e cosi la tradizione degli  uomini è stata tramandata. Io la faccio più spesso perché a me piace… vediamo se è cotta la patata… un altro po’… Che poi più si cuoce e più si insaporisce l’acqua… vediamo…sì, togliamo l’aglio che a me dell’aglio mi piace solo l’odore, non mi piace il sapore.  Metto l’uovo… il tuorlo lasciarlo un po’ più morbido che sul pane viene più liquido.

Stai schiacciando i pomodori per far uscire la salsa? 

Sì, si schiacciano un poco per far uscire il sapore.

Si è rotto l’uovo?

No, il tuorlo no. L’albume si sparge, si allunga. Togliamo pure il prezzemolo, vedi… possiamo togliere! Ed ecco qui.

Ed ora lo metti sul pane?

Sì, mettiamo le patate, il brodo quello che ci vuole, in ultimo l’uovo e l’olio.

Per condire?

Essi, l’olio ci vuole, non deve mancare mai!

Questo piatto quando lo facevate più spesso? Di giorno o di sera?

Se la sera il pane era duro allora facevamo la cialledda perché si doveva ammorbidire.

ora si aspetta e si copre il piatto per farlo riposare.(2 min il tempo che si assorbe il brodo nel pane); prendiamo l’olio, questo è l’olio extravergine d’oliva ma quello di prima quello si che era “succo d’oliva”

Perché ? Lo facevate voi?

Perché era più naturale, no non lo facevamo noi, lo compravamo dai contadini che lo facevano dove allora esistevano i “treppijt”(come lo chiamiamo noi) e allora quando usciva l’olio quello era proprio naturale e stavano i vicini di casa, gli amici della campagna che lo tenevano naturale e lo compravamo da quelli là.  Adesso compriamo le bottiglie che non sappiamo cosa troviamo dentro  purtroppo.

E cos’è questo treppijt che hai nominato?

Dove si macinano le olive

Ah! Era uno strumento che avevano i contadini?

Sì, andavano tutti i contadini a portare le olive, si schiacciavano e usciva l’olio extravergine, l’olio buono che un poco ne mettevi e si sentiva il profumo.

E quindi voi vi affidavate a questi contadini?

E per forza quando si ha fiducia di una persona bisogna averne fino in fondo.

Ed ecco qui il piatto che abbiamo fatto, l’abbiamo coperto un poco, ora mettiamo l’olio crudo ed ecco qui pronto da mangiare.

Raccontami le tue abitudini alimentari rispetto a quando eri piccola, sono cambiate?

Sì sono cambiate di parecchio, perché prima si mangiavano cose naturali ora sono tutte cose artificiali… io cerco di prendere le cose dai contadini perché sono sicura che sono un po’ più naturali… però ai tempi di oggi andiamo avanti così… non si può fare altro… mi sono abituata da piccola a mangiare sempre cose naturali perché mio padre faceva il fornaio e i clienti gli davano due ceci… sapendo sicuro che erano naturali… e siamo cresciuti con le cose naturali.

Quindi voi non avete un orticello?

No.

Ve li portavano i contadini? 

No, li aveva regalati mio padre dai contadini perché andava a consegnare il pane. Mio padre orfano di guerra si è messo a lavorare da piccolo e i contadini si chiamavano proprietari di terreni perché coltivavano il grano o legumi (tutto il bene di Dio)…e mio padre era orfano e gli regalavano le cose… andando avanti poi li portava a casa e noi li mangiavamo… eravamo tranquilli e sicuri.

Però voi avevate degli animali?

Sì, noi giù ai sassi avevamo galline, conigli, un maiale che poi ammazzavamo e ci facevamo la salsiccia! … tutto naturale!

Quindi dal maiale ricavate la salsiccia, dalle gallina le uova?

Sì, mangiavamo sempre cose naturali e cosi ce ne andiamo grazie a dio che siamo arrivati a questa età… però non ci troviamo con questo mondo moderno che ci fanno mangiare tutti coloranti e medicinali.

Quindi ti piacerebbe ad esempio tornare a vivere giù ai sassi come si viveva una volta?

Beh… giù ai sassi no perché non c’era acqua, la fognatura… Mi piacerebbe come ambiente.

Ti piacerebbe solo la cucina di una volta? 

Ecco, le comodità non sono come quelle che adesso abbiamo.

Però la cucina forse non è più la stessa di una volta e quindi ti piacerebbe tornare a quelle abitudini?

Ecco.

E oggi ci sono delle pietanze che non si cucinano più? 

Eh sì… I piatti come per esempio le fave noi le facevamo senza della scorza (le fave bianche), si potevano fare con la pasta, si potevano fare con il pane arrostito. Si facevano tutti legumi oppure la verdura: le rape, i cavoli, tutta roba della campagna ma sapevamo che erano originali, erano naturali e purtroppo ci dobbiamo adeguare a questi tempi che corrono.

E cosa ti piacerebbe di più cucinare? 

Oggi quello che mi piace di più cucinare sono le orecchiette con il ragù.  A me la pasta in bianco non piace!

Ti piacciono le cose ben condite?

Si si… il formaggio, il ragù. Deve stare sempre il pomodoro o la salsa… faccio il possibile per fare le cose più tradizionali all’uso mio e dei miei tempi… quello che riesco a fare faccio quello che no mi arrangio.

E nella tua famiglia chi cucinava di più? Tuo padre o tua madre? 

Eh… mio padre quando tornava se vedeva che il pane era duro facevamo il pane cotto o la cialledda. Poi mia madre cucinava a mezzogiorno, mio padre invece cucinava la sera quando tornava, mia madre preparava sempre pasta e rape, pasta e cavoli. Era sempre questa la minestra tradizionale. Solo la domenica mangiavamo la pasta asciutta perché diceva mio padre “se la domenica non mangio una braciola non è domenica per me!” e solo la domenica mio padre voleva la braciola di cavallo che era la carne più naturale, più saporita, più sostanziosa.

E’ importante per te dare un sapore alle tue ricette?

E come no! Si per forza! io voglio… lo cerco (sapore). Ma io mangio la frutta, ma non è più quella di una volta… questa frutta che portano mo è insipida, non ha più sapore perché viene tutto medicinato, tutto fatto con le medicine e io ne faccio a meno di comprarla… perché che devo mangiare? Medicine? Allora preferisco un piatto di pomodori, insalata con i caroselli e no queste cose artificiali. L’uva artificiale, le pesche, tutto… non hanno più sapore perché si fanno grandi con le medicine, non sono naturali!

E tu hai imparato da sola a cucinare oppure sei stata costretta dai tuoi genitori? 

No no, non sono stata costretta perché io mi sono sposata piccola… ho dovuto cucinare perché grazie a Dio ho avuto un marito che pure lui sapeva cucinare e cucinavamo insieme le cose che ci piacevano e così siamo andati avanti.

E quindi tua madre cucinava per tutti e dove mangiavate? In che piatti ad esempio?

Ah si! Questo è un altro problema perché noi in famiglia eravamo 5 persone: io, mio padre, mia madre e due fratelli. Avevamo un solo piatto e quindi mangiavamo tutti in questo piatto e dovevamo bere tutti dallo stesso bicchiere. Adesso con la modernità ognuno ha il suo piatto, ognuno il suo bicchiere, e noi mangiavamo li e siamo cresciuti sani e salvi! Adesso tutti con questo magistero!

Va bene ok, Grazie!

 

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Polpette di carne mista al sugo (Bernalda)

Polpette di carne mista al sugo (Bernalda) preparate da Anna Maria Greco intervistata da Angelica Madio

Buongiorno

Ciao Ciao Angelica!

Già sei pronta ai fornelli stamattina. Ti sei alzata presto?

No, non tanto presto in tempo utile per poter fare le cose comunque in maniera decente. Tu lo sai che io non amo improvvisare, fare quelle cose che si risolvono in due secondi.

Vedo tanta roba buona qui sul tavolo, carne. Che ci prepari?

Sono gli ingredienti che mi serviranno più per il sugo, per il secondo, per insaporire, rendere gustosa la pasta che andrò a cuocere. Si tratta di pasta e fagiolini, non quelli tondi, comuni tondi, ma quelli che sono denominati ‘pinti’, quelli nostrani che costano l’ira di Dio ma che comunque sono saporiti. Sono proprio prodotti della nostra terra, la nostra Lucania straordinaria, magica che ha una varietà di prodotti molto buoni.

E poi con questa carne cosa vuoi fare?

Dicevo che se condivo pasta e fagiolini col sugo semplice avrei fatto solo il sugo con cipolla, un po’ d’aglio, tutto insieme, olio e sale, ma dal momento che ho deciso di fare le polpette, che a voi piacciono tantissimo e pure a me, ne sono ghiotta, faccio le polpette di carne. Allora innanzitutto il primo ingrediente base è la carne mista.

Macinata, no?

Quando parlo di carne macinata parlo di bovino e suino per renderla più saporita, per rendere l’impasto più saporito e che solo ultimamente, veramente, se ne fa più uso in tutta l’Italia che prima sempre per via della povertà, il piatto tipico della tradizione povera, erano le polpette di pane che andavano fatte con mollica, un po’ di sale, formaggio e qualche uovo. E’ quanto possedevano le persone prima e andavano fatte con il cucchiaio non come le farò io, a palline con le mani. Andavano fritte oppure poi dopo passate nel sugo e quello diventava un secondo al posto della carne. Addirittura ricordo quando mamma poi ha aperto il negozio e vendeva la Simmenthal, etc. etc., ci aggiungeva, ma questo dopo tanto tempo, ci aggiungeva una scatoletta di Simmenthal per dare quella sensazione che fosse un po’ anche di carne ma non lo erano. La vera polpetta di carne è quella che andrò a fare io in questo momento.

Gli ingredienti volevamo sapere. Cosa ci metti?

Io sto facendo ‘ad occhio’ intanto per quattro persone; come l’ho sempre fatto e cerco di mettere del mio meglio, facendo leva sul pizzico della creatività che è in me e ogni momento cambio.  Insomma non è da dirsi che se uno mi chiede pure  la ricetta, come voi sapete, pure dopo dieci minuti l’ho già dimenticata.

Quindi non prendi dai ricettari?

Quasi, quasi mai perché sono d’accordo che il ricettario non deve sostituirsi a me. Posso prendere uno spunto però poi sono io che devo far funzionare il mio cervello per rendere più gustosa, più saporita una pietanza.

E che intendi per saporito poi?

Ovviamente devo far leva sull’accostamento dei prodotti, devo sapere se una cosa va con l’altra. Non è poi tanto tanto semplice stare in cucina!

Però ti piace cucinare no?

Si sì moltissimo solo che quando non mi sento bene diventa un po’problematico per me stare troppo tempo in piedi…

Quando hai imparato a cucinare? Chi ti ha insegnato?

Da piccola se vogliamo, per un duplice motivo: mamma era sempre impegnata per via del commercio, commerciava etc. etc., poi aveva mio fratello piccolo a cui bisognava pure accudire, stare attenta e poi perché io volevo sempre le brodaglie la sera. Spesso desideravo il brodino e quindi mi diceva: “Se vuoi questa minestra, te la fai”. Io avevo il terrore del gas, della bombola non mi volevo proprio avvicinare, però poi lentamente mi sono approcciata, ho preso dimestichezza e ho cominciato quasi quasi giocando, diciamo.

La spesa l’hai fatta stamattina o la fai in settimana?

No, io la faccio settimanalmente, veramente. Mi trovo meglio così perché qualsiasi cosa succeda io devo avere tutto in casa solo ovviamente se mi serve roba fresca, qualcosa può sorgere al momento, allora il supermercato è a due passi e non mi costa niente andare.

E quindi hai dei fornitori fissi? Hai delle persone di fiducia dove vai vero?

No veramente se ci penso. Per la frutta e la verdura sì e tante volte magari vado dai privati e vado a trovarli in casa, però per quel che riguarda tutto il resto, se io trovo roba fresca e si vede quando la roba è fresca l’acquisto un po’ ovunque,  anche perché è pure  per ottimizzare il tempo dove mi trovo, ripeto, sempre se è roba fresca.

Ci dicevi gli ingredienti che metti.

In questo momento io nell’impasto  ho messo: formaggio, sto mettendo l’aglio, non eccessivamente perché ha un sapore molto forte e potrebbe non essere gradito a tutti i commensali. Questo è l’impasto che poi andrò a realizzare in polpette. Diciamo che è un piatto buono, appetitoso, però al tempo stesso non dico faticoso, ma laborioso lo è.

Ma che pensi: la dieta è cambiata? La dieta alimentare da come era prima a com’è adesso? Tu la personalizzi la ricetta?

Ti ho detto che personalizzo sempre, cerco di adeguarla alle esigenze della famiglia, ai gusti della famiglia e poi proprio perché così mi sento realizzata, mi sento contenta, se la faccio come voglio io e se cerco di accontentare i bisogni della famiglia. Infatti nel momento in cui si alzano da tavola e lasciano il piatto pulito, sia i miei, che gli ospiti, io sono ben felice perché ciò significa che la cosa è gradita e questo mi capita quasi sempre e sono fiera di questo perché a me piace che gli altri dicano come sei brava, buono questo, tante volte anzi, mi è successo (qui non si apre) mi è successo di aver persone a pranzo che dicevano “poco poco perché sono in dieta…poco poco perché devo mantenere la linea” però poi facevano bis e tris; il che significa che erano buoni piatti , no?! in qualche modo.

E quindi fai tutto da sola? Nessuno ti aiuta in cucina?

Si si perché sono il classico tipo che non amo fare mettere le mani da nessuno perché non sono contenta ed è una gran pecca questa perché mi stanco terribilmente e non do spazio agli altri e non è certamente una cosa bella però preferisco così.

Senti e per quanto riguarda il modo di mangiare, la dieta alimentare è cambiata, hai detto nel tempo? In che senso? Come?

Sì,  se pensi che pure a me,  ultimamente,  i medici hanno detto di mangiare più sano, nel senso di eliminare tanto sale, di  eliminare i grassi. Quindi già tutte le parti, faccio un esempio, del maiale che prima mangiavamo spesso, più che la carne bianca, ora si è cercato di eliminare il più possibile lo strutto, la pancetta, che ne so, del maiale, il lardo, tante altre cose…

E quindi se togli tutte queste cose significa che è poco genuina poi  la roba?

No assolutamente. Io penso che la bontà del cibo sta in ben altro, non è dovuto a queste cose ma al prodotto fresco, sicuro che non è stato contaminato: ecco perché si va dal contadino tante volte, dalla persona di fiducia, dalla persona che tu sai che magari ha un pezzetto di terra che ha coltivato per conto suo e quindi sicuramente non ha messo, non ha intaccato niente insomma.

E quindi nello specifico qui, cosa ci ha messo?

Allora ho messo un po’ di basilico che dovrebbe sostituire il prezzemolo, che oggi non ce l’ho, che comunque è profumato e forse rende ancora più buono la pietanza. Metto io, amo mettere molto parmigiano, mollica, poco poco d’aglio e qualche uova; cioè giusto giusto un uovo per assorbire, per amalgamare, un po’ di pepe. Poi una volta che ho fatto l’impasto, se ho tempo, se non mi serve subito, l’impasto lo faccio pure riposare un pochino, cosi si amalgama meglio, s’insaporisce meglio, i sapori si amalgamano.

E la carne è mista?

La carne è mista e contrariamente a quello che ti ho detto prima che si faceva con le uova perché erano poveri, non c’erano alternative, le polpette di uova erano quelle che andavano a sostituire. Ora siccome ci sono più soldi, la società è più ricca, allora si fa molto spesso la polpetta di carne, anzi direi un po’ tutti i giorni, non si aspetta la festa come era una volta, per usare la carne.

Quindi non è una ricetta proprio del nostro paese? Tipica? Si fa anche altrove?

Penso che si fa ovunque in tutta Italia, però so pure che dicono,  cioè, che l’Italia è terra varia, bella, ricca per la presenza dei suoi prodotti; ogni regione ha una varietà di cose, però dicono pure che ‘chi mangia italiano mangia lucano’ perché le cose nostre sono delle eccellenze e tante volte prodotte da mani esperte di artigiani, a cominciare dalle mozzarelle.

Sono proprio belle perfette queste polpette. Come le hai ottenute? Come si fanno?

Vedi, sto prendendo un pochino di pasta del macinato e le sto arrotolando, per poi passarle nell’aceto e nel pangrattato e poi andarle a friggere a differenza di quelle con il cucchiaio che si facevano prima come ti ho detto. Ora le metto nell’aceto sempre per il discorso di renderle più saporite e poi nel pangrattato.

Ma questa è una cosa che hai aggiunto più tu?

Si infatti. C’è gente che anziché passarle nel pangrattato le infarinano ma a me non piace la farina, piace più nel pangrattato che da quel senso di croccantezza.

Sono pronte allora queste polpette o no?

Eh le sto friggendo! Il tempo che cuociono e…

Senti ma tra tutta questa roba ci sarà qualcosa che non saprai cucinare o no?

Eh… questa fase la odio proprio, quindi ciò che riguarda la frittura perché strizza ovunque però se si pensa che sono buone, il risultato è quello che conta, uno le fa pure queste cose.

Invece che cosa ti piace cucinare? Cosa ti riesce meglio?

Mah… mi riesce quasi sempre tutto però il calzone con la cipolla, la ‘spinzala’, volgarmente detta nell’ uso nostro bernaldese che poi sarà il porro sicuramente, perchè non è solo spinzala, io ci aggiungo pure le acciughe sott’ olio, i capperi, il tonno; quindi il mio è un calzone elaborato, è più che moderno, poi le fave con le cicorie che ci piacciono tantissimo e le faccio bene.

Insomma, se ne vanno leccandosi i baffi gli ospiti?

Sì, sicuramente perché ti ho detto è il risultato è quello che conta, cioè il piatto vuoto, le “scarpette” che fanno, quindi…

Et voilà, il gioco è fatto e se il gioco vale la candela e vi assicuro, professo, che ne è valsa la pena, favorite. Quando volete venire a casa, vi preparo un bel piatto di polpette. “Che buone!”, dicono a Bernalda “ e ce t mangije!”.

 

 

 

 

 

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Pannarella pasquale (Matera)

Pannarella pasquale (Matera)

preparata da Chiara Festa
intervistata da Angela Festa il 13 giugno 2017

Buonasera, siamo oggi nella cucina della signora Chiara Festa che ci ospita per illustrarci le modalità di preparazione della Pannarella pasquale. Grazie per averci aperto la sua cucina.

Non c’è di che.

Bene, come avevamo illustrato ci dica esattamente, che cosa ci prepara oggi?

Oggi vi preparo un dolce con la pasta frolla. Questo dolce però viene fatto nel periodo pasquale, ai miei tempi, si faceva con la pasta dei biscotti, che era una pasta molto dura, invece questa è più dolce e più friabile.

Quindi lei ha un po’ cambiato la ricetta originale  rispetto al passato?

Certo, perché quella originale era molto dura invece questa è più friabile.

In che cosa si differenzia per gli ingredienti?

Prima si metteva l’olio e quindi l’olio già è molto più pesante del burro, adesso invece si usa più il burro.

Chi le ha insegnato a preparare questo dolce?

Veramente, io avevo una zia che non aveva figli, e lei mi faceva vedere come si facevano le cose tradizionali già allora.

Che cosa significa per lei tradizionale?

Qualcosa di… che si faceva molto tempo prima. Adesso ci siamo tutti un pò rimodernati, sia nel mangiare, sia nel vestirci, sia in tutto. E tutte le comodità che abbiamo adesso non le avevamo allora. Allora  si andava alla fontana a prendere l’acqua quindi anch’io piccolina aiutavo la zia a riempire queste brocche d’acqua.

Bene, allora, ci spieghi un poco, esattamente, in cosa consiste la ricetta, quali sono gli ingredienti fondamentali?

Allora la ricetta…ci sono sempre i soliti ingredienti: la farina,  lo zucchero, le uova, il burro e poi si adorna con delle codette, dei corallini colorati.

Eh, ha una forma particolare questo dolce? Deve rispettare qualcosa?

Si, questo dolce veniva… alle bambine si facevano le bambole o i cestini o le colombine, i cavallucci ai maschietti. C’era distinzione tra le femminucce e i maschietti.

Ma questi ingredienti da dove li compra, dal supermercato o si fornisce da qualche fornitore particolare? Sono nostrane

Ma, veramente gli ingredienti burro, zucchero, farina, quelli sono di routine, dai supermercati, però le uova sono nostrane, perchè mio marito ha una casetta in campagna, e quindi, ha pure quattro gallinelle. Adesso mettiamo a cuocere( le uova, per farle sode ). Le uova si lavano prima e si mettono a cuocere. Non saranno troppo dure, altrimenti vengono cotte due volte.

Ma lei la mattina si sveglia presto per cucinare?

Io ogni mattina mi sveglio alle cinque e mezza, sei meno un quarto, perchè nonostante l’età vado ancora a lavoro,e quindi mi preparo il tutto sempre la mattina, perchè non voglio preparare il pranzo…

Quindi lei la spesa non la fa tutti i giorni?

No, la spesa la faccio quando mi servono le cose più importanti. Allora vado più spesso al supermercato o a un negozietto qui vicino, però in genere la faccio sempre abbondante, così non mi manca mai niente.

Quali sono le ricette che le piace di più cucinare? è un piatto che  le riesce meglio? O qualcosa che invece non ama proprio cucinare? Ci dica un po’

La verdura è una cosa che mi dà un po’ fastidio, perché si perde un sacco di tempo sia a pulirla che a lavarla. Non è di mio gradimento, però la faccio sempre, perché mio marito vuole sempre la verdura, quasi tutte le sere mangia la verdura.

Quindi lei cucina secondo i gusti della famiglia oppure a sua libera iniziativa?

No, adesso che siamo rimasti in due, diciamo che è lo spunto arriva sempre dal mio marito, che lui non mangia tutte le cose come me, quindi sono io che mi adeguo, invece quando vengono le mie figlie, adeguo il pranzo al loro.

Quindi, il menù della domenica è sempre variabile, o rispetta la tradizione?

No, è sempre variabile. Facciamo la pasta al forno, i cannelloni, i ravioli.

Adesso accendo il forno, prima il forno non era così; al forno si andava fuori, perché c’era il fornaio e si portava nei dolci al forno grande, che era legna. Adesso abbiamo tutte le comodità.

Passiamo alla ricetta: mettiamo le uova.

Stamattina mi ha detto che si era alzata presto, cosa ha cucinato per pranzo?

Stamattina ho fatto la pastasciutta, ho fatto il sugo, le braciolette con un po’ di salsiccia, e ho fatto cuocere il sugo, e alle due abbiamo fatto la pasta.

Ma lei come imparato a cucinare?

Vedendo la mia mamma. E poi le ricette, adesso siamo un po’ tutte più acculturate e andiamo anche noi a vedere su internet quello che si prepara, e quindi vediamo anche noi le ricette moderne.

Adesso mettiamo il burro.

Quando ha imparato a fare la pannarella pasquale?

Veramente questa è una cosa che me la tengo da bambina, perchè non è che si fa tutti i giorni…quindi una volta all’anno la facciamo sempre. Io da bambina ero curiosa di vedere come si faceva e stavo sempre a curiosare intorno alle mie zie che lavoravano a fare i biscotti, le pannarelle, la pasta fatta in casa.  Anche se a me la pasta fatta in casa non piace, anche se tutti dicono che è tanto buona.

C’è qualcuno in famiglia che apprezza la pasta fatta in casa?

Sì, le mie figlie apprezzano tantissimo la pasta fatta in casa perchè non è un prodotto che faccio sempre, loro ogni tanto la vogliono, oppure con la pasta e rape

Si ricorda quando ha cucinato per la prima volta la pannarella pasquale senza l’aiuto delle sue insegnanti ?

L’ho fatta che ero abbastanza grandicella, non proprio da piccola, però… quindici anni, vent’anni. Perchè prima erano anche un po’ gelose che noi facevamo le cose loro.

Ma quando lei ha imparato a cucinare, l’ha fatto per gioco o qualcuno l’ha costretta perchè le donne dovevano cucinare?

No, a me è piaciuto sempre stare in cucina, a fare tutte queste cose qui.  Anche se non ero abbastanza grande, mi mettevo sempre. Quando ero piccola, le mie zie impastavano a casa della mia nonna, e io mi alzavo in silenzio e andavo ad aiutarle a fare il pane, perchè allora una volta alla  settimana si faceva il pane, e questo pane poi, si portava al forno. Veniva un signore a prendere il pane e noi andavamo al forno e il fornaio lo metteva a cuocere.

Ma avevate il vostro simbolo del pane, il timbro?

Sì, avevamo un timbro. Poi, siccome questo fornaio, un signore anziano… che si chiamava Ciccio, siccome ero piccola e mi piaceva tanto guardare e fare… mi diceva, vieni dietro il banco e mi faceva mettere i timbri . C’era una signora che faceva le forme.

Adesso l’impasto è quasi pronto e dobbiamo fare le forme, che mi sono preparata. Mi sono preparata dei modellini. Le uova che abbiamo messo a bollire sono pronte. Le facciamo un po’ raffreddare e facciamo le forme.  Adesso si prende il matterello e si fa la sfoglia.

Quali forme facciamo oggi?

Oggi facciamo un cestino o una colombina. Vediamo un po’ quello che ci piace di più fare.

Adesso prendo il matterello.  Ai  miei tempi questi matterelli così grossi non si usavano, si usavano i bastoni delle scope.

Spegniamo i gas… delle uova e cominciamo a fare la sfoglia.

Adesso tutto è più semplice, abbiamo il gas a disposizione, abbiamo l’ acqua pure, quindi non c’è bisogno di fare un sacco di lavoro come si faceva prima, anche se qui a Matera dagli anni ’50 in poi i Sassi sono stati spopolati perchè non c’erano tutte queste comodità e hanno fatto i nuovi rioni e le persone che abitavano nei Sassi avevano più comodità, non si andava più a prendere l’acqua alla fontana e ci siamo un po’ più modernizzati.

Facciamo la prima forma.

Quella è la forma che si è preparata in precedenza?

Sì, mi sono preparata un piccolo cestino, così dobbiamo adornarla.

Prendiamo la rotellina…Ecco qui. Facciamo la sagoma. Anche se non è che può venire tutto uguale uguale, perchè è manuale, non è con le macchine, che vengono tutte uguali.  Adesso si fanno delle striscioline che devono mantenere l’uovo. Mi sembra che il manico è un po’ piccolino. Si prende l’uovo, l’asciughiamo e si mette al centro del cestino. Facciamo delle sfoglie che devono mantenere (l’uovo), o una tasca, o delle striscioline incrociate. Anche se adesso i forni le fanno tutte con le macchine. Non si usano i matterelli. Tante volte la pasta non è uguale, perchè è artigianale. Mettiamo un’altra sfoglia, così mantiene.  Adesso dobbiamo spennellare con l’uovo, per mettere le codette per abbellirla. Intorno mettiamo anche delle strisce per abbellire. Facciamo delle treccioline, sottili sottili, altrimenti vengono troppo grosse.

Quanto tempo deve rimanere in forno?

A 200 gradi per una ventina di minuti, come una pasta biscotto.

Da quello che mi diceva prima, lei non fa la spesa tutti i giorni, ma è solita usare il congelatore, lo ha in casa?

Sì che ce l’abbiamo. Le ho detto che mio marito ha una piccola casetta in campagna con il terreno e pianta le verdure, oppure i cereali.

E quindi lei fa la scorta di queste pietanze?

Sì, perchè sono tutte cose genuine, senza concimi, sono tutti biologici, e allora preferisco mettere  quelli e non comprarli dal fruttivendolo, perchè ormai si sa che non è più niente biologico, quindi se non lo facciamo noi il biologico, non penso che c’è qualcuno che lo fa meglio di te.

In genere che cosa congela?

Veramente quest’anno ho congelato i carciofi: li sbollento e poi li congelo. I piselli, un po’ di verdura: le cicorie.

Lei ha una tavernetta o un garage dove prepara conserve o cose di questo tipo?

Veramente, come ho detto, abbiamo una campagna, che anche se non è tanto grande, però…andiamo lì a fare le conserve di pomodori.

Lei fa la salsa come ai vecchi tempi?

Certo. Mio marito è in pensione e si diletta a fare il contadino.

Come funziona la preparazione della salsa?

Bisogna raccogliere prima i pomodori, farli stare qualche giorno che tolgono l’acidità e poi si tolgono i peduncoli, si lavano e si mettono a cuocere in una caldaia (pentolone in alluminio) molto grande, e poi si passa alla macchinetta, anche se adesso abbiamo quella elettrica. Non  è più quella a mano come una volta, che si lavorava di più. Allora adesso, per far attaccare i corallini bisogna fare una emulsione con un pochino di latte e un uovo. Ne prendiamo un altro. Sbattiamo un po’. Lo spennelliamo, così viene anche più colorato e i corallini non vanno via. Questi corallini si mettono anche quando si fanno le cartellate. Quello è un altro dolce tipico di Natale, questo è di Pasqua e quello invece è di Natale, e usiamo sempre questi tipi di corallini. Questo dolce, come le dicevo è un dolce pasquale, però in genere il giorno di Pasqua non si mangiava mai, perchè più cose da mangiare, e si portava come simbolo il giorno di Pasquetta che si usciva fuori porta. Noi a Matera, andavamo ai Cappuccini, perchè lì era uno spazio con poche case, ed era ancora campagna.

Adesso lo mettiamo in forno sulla leccarda con la carta forno. Prendo il cestino e lo inforniamo per una ventina di minuti. Dipende da colore che ci piace. Si inforna.

Allora non ci resta che aspettare il tempo necessario per vedere il risultato finito.

Con il rimanete impasto facevamo dei biscotti, biscottini di pasta frolla con le formine che volevamo noi bambini, i cuoricini, le stelline.

Ma queste forme come si facevano? C’erano già gli stampini?

Si, alcuni avevano tanti stampini, e tante volte no.

In genere si facevano o a biscottini(forma circolare) o a ferro di cavallo e alcuni avevano delle forme e poi noi bambini eravamo tutti contenti nel mangiare questi pasticcini.  Adesso è diventato tutto una routine, perchè i forni hanno sempre tutto.

Adesso il dolce è quasi pronto, perchè si vede già  dal colore che è cotto.

Apriamo il forno e lo sforniamo. Spegniamo tutto: la pannarella è fatta.

Bisogna farla raffreddare e far mangiare i bambini.

Grazie per averci ospitato e per averci aperto la sua cucina mostrandoci questa preziosa ricetta.

Arrivederci

 

 

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Brodo di carne (Matera)

Brodo di carne (Matera)

preparato da Rosa Morelli
intervistata da Marcella Catenacci il 27 maggio 2017

Nonna, che cosa cuciniamo oggi?

Il brodo di carne!

 Ok. Come lo cuciniamo?

Eh bhé, alla maniera tradizionale. Prima laviamo la carne, vedi, io la sto  lavando sotto il rubinetto; la metto nella pentola; laviamo tutti i pezzi (vedi io sto lavando per bene la carne, figlia mia)

Per quante persone cucini?

Noi siamo quattro oggi e quindi per quattro

 Prima quanti eravate?

Eh, eravamo molti di più eppure a mamma mia morivano i bambini prima di nascere oppure morivano dopo la nascita ma noi eravamo sei persone a casa mia.

Che pezzi di carne stai usando?

Quella carne per il brodo che mi ha dato il macellaio

Quindi il manzo?

Sì, il manzo

Prima lo stesso tipo di carne usavate?

Bhe, a volte il brodo di gallina facevamo, di tacchino, soprattutto prima di Natale, a Natale si faceva il brodo di tacchino. Adesso si usa più il manzo però c’è chi continua.

Ecco, mettiamo l’acqua, poi mettiamo anche l’osso buco perché dà più sapore alla carne.

Da chi sei andata a fare la spesa?

Sono andata dal macellaio. Ecco, adesso ho messo l’acqua, la carne e accendo il gas e aspettiamo perché poi lo do dobbiamo schiumare il brodo.

In che senso schiumare? Che significa?

Bhe, adesso si usano le pentole a pressione quindi usiamo quella perché, data anche l’ora, sai, si cuoce presto invece prima non si usava la pentola a pressione; c’erano le pentole e noi mettevamo la carne, poi aspettavamo tanto tempo e si cucinava due ore, due ore e mezza, dipende dal tipo di carne.

Quindi hai cambiato qualcosa nel modo di cucinarla?

E bhe, per forza, prima non si usava la pentola a pressione e adesso si usa e la pentola a pressione ci vuole poco a cuocere.

Invece prima da chi vi rifornivate? Da chi compravate la carne?

Io abitavo in mezzo al Corso, via Ascanio Persio, e proprio sotto al balcone di casa mia c’era un macellaio e noi andavamo, compravamo la carne e quindi la usavamo poi per la cucina, sia per fare il ragù, sia per fare il brodo secondo le giornate.

Chi cucinava a casa tua?

Bhe, mia madre cucinava, un po’ mia sorella ma soprattutto mia madre.

Quindi da lei hai imparato a cucinare?

Da lei ho imparato a cucinare. Io andavo a scuola però imparavo.

Quindi adesso stiamo aspettando per schiumare il brodo.

Che significa schiumare?

Quando la carne sta nell’acqua caccia sempre un po’ di schiuma, quella schiuma un po’ nera che noi togliamo o con il mestolo o con la cosiddetta schiumarola; togliamo poi tutta la parte più scura, più brutta e quando abbiamo tolto tutto allora mettiamo la cipolla, il pomodoro, il sedano, un po’ di carota, un po’ di dado se vogliamo dare più sapore.

Però prima il dado non si usava?

No, non si usava.

Quindi nel modo di cucinarla, hai cambiato l’aggiunta del dado e l’uso della pentola a pressione?

Sì.

Quanto tempo ci vuole adesso per cuocere?

Bhe, ci vuole un po’ di tempo perché si deve riscaldare l’acqua e poi deve cacciare tutta quella parte scura la carne e allora poi lo schiumiamo e poi lo condiamo.

Pensi che questa sia una ricetta tradizionale di Matera?

Certo che è una ricetta tradizionale. Il brodo si faceva a Santo Stefano e il giorno di Natale la pasta al forno e così la pasta. Poi il sabato a casa mia usavamo fare il brodo; la domenica il sugo, il ragù.

Quindi cucinavate per la famiglia e tu hai mantenuto questa tradizione?

Sì, certo, io sono materana doc!

Pensi che sia importante saper cucinare?

Certo! Se ti vuoi sposare e non sai cucinare, che combini? E invece piano piano impari. Anche se poi ci sono delle ricette che tu non hai fatto mai perché io andavo a scuola, io non cucinavo tutti i giorni però una volta sposata ho cominciato a preparare i pranzi che piacevano a mio marito, soprattutto.

Pensi che la dieta alimentare sia cambiata oggi?

Bhe, un po’ sì, è cambiata. Però io non bado a tante cose, magari seguo la tradizione.

Si mangiano cose un po’ diverse rispetto al passato?

A parte che oggi si usa molta verdura: anche noi mangiavamo le cicorielle che coglievamo dalla campagna, le rape che compravamo, i cavolfiori. Anche oggi si mangiano però oggi viene data più importanza all’alimentazione, ciò che prima non si faceva. Prima, però, sai che facevamo? La pasta fatta in casa, quella era la tradizione: le orecchiette, le scorze di mandorla le chiamavamo noi, le bucce di mandorla e tante altre cose.

Oggi sperimenti nuove ricette?

Bhe, oggi poi la televisione ti dice tante ricette, i libri ti parlano di tante ricette. Anzi oggi, specialmente ora, in televisione non si fa altro che parlare di mangiare; io qualche volta sento e non mi interessa.  Io non voglio provare ricette nuove anche perché ormai sono anziana, quindi che devo fare.

Quanto tempo ci vuole ancora per la cottura?

No, ce ne vuole. Quando esce il bollo, allora c’è tutta la schiuma. Dobbiamo aspettare…

Quindi adesso sta uscendo il bollo?

Sì, adesso cominciamo a schiumare. Io schiumo, tolgo tutta la schiuma cioè la parte meno mangiabile perché con l’acqua la carne mette fuori tutto ciò che non si deve mangiare; ora ce n’è un po’ di meno, ovviamente, però dobbiamo aspettare un altro poco per toglierla tutta. Poi quando toglieremo la pentola allora ci sarà la cottura. Perché la schiuma, vedi, non esce tutta in una volta, bisogna dare tempo al tempo. Quando vediamo che la schiuma diventa bianca, più chiara, perché rimane sempre un po’, allora condiamo e poi chiudiamo la pentola.

Nel frattempo bisogna preparare gli altri ingredienti?

Sì, però poi li mettiamo.

Ti sei alzata presto per cucinare? Prima vi alzavate presto?

Bhe, non tanto. Io prima andavo a scuola e non tanto mi alzavo presto però ci alzavamo presto quando facevamo la pasta fatta in casa, le orecchiette, i cavatelli ma per il resto, per la cucina, no.

Vedi, la schiuma ora diventa sempre più bianca.

Quali sono le pietanze che preferisci cucinare?

Bhe, a me adesso più la bolognese mi piace anche perché piace pure alle mie figlie; sai, carne tritata, carote, zucchine…

Vedi, adesso il bollo sta uscendo e diventa sempre più bianca la schiuma; tra poco lo condiremo il brodo…

Io adesso sbuccio le carote; potevo anche sbucciarle un po’ prima però per evitare che perdessero la fragranza…

Ecco adesso metto la carota, metto il sedano che ho già lavato, lo risciacquo, poi mettiamo due pomodori, la cipolla la sbucciamo e la laviamo prima ovviamente.

Prima tuo padre andava a fare la spesa?

Mio padre sì, perché prima le donne stavano più in casa a badare alla cucina, a cucire…

Adesso mettiamo un altro po’ di carota che era un po’ pochina, poi mettiamo il dado, il sale, a occhio; poi la patata che ora sbucciamo perché non l’ho potuto fare prima.

Da ora, quanto tempo ci vuole per la cottura?

Bhe, con la pentola a pressione un tre quarti d’ora; quando non c’era la pentola a pressione si cucinava circa due ore.

Ecco, tutti gli ingredienti li abbiamo messi: il sedano, la carota, la cipolla, la patata, un po’ di dado e il sale. Adesso chiudiamo la pentola e togliamo le bucce perché dobbiamo pulire e ora aspettiamo che passi il tempo per la giusta cottura…

Quindi nonna, ora è quasi pronto?

Sì, ora l’assaggiamo per vedere se la carne è cotta, se il sale va bene altrimenti aggiungiamo un pizzico di sale. Io assaggio il brodo ed è buono di sale; la carne è cotta anche, vedo che è cotta. Adesso spezziamo gli spaghetti e poi cuociamo la pasta. Fammi mettere l’acqua; accendo il gas; spezziamo gli spaghetti.

Questa pasta mangiavate prima?

A Matera quella si usava, almeno a casa mia; qualche volta i tortellini ma raramente, proprio nelle feste grandi perché non si usavano come si usano adesso; adesso si fa di tutto. Noi facevamo gli spaghetti, qualche volta i tubettini, un po’ di tagliatelle tagliate a pezzetti perché si usava fare la pasta fatta in casa allora. Noi a casa mia mangiavamo gli spaghetti spezzati col brodo. Eh sì, questa è l’usanza materana.

Quando viveva nonno cucinavi per lui il brodo?

Sì, c’era mamma che cucinava allora. Mamma era attenta, molto attenta. C’era anche mia sorella, io andavo a scuola però mamma mi chiamava quando doveva fare la pasta fatta in casa perché diceva che io avevo una mano calda. Anche quando impastavamo le mi diceva: “ Rosa, alzati perché devi aiutare ad impastare!” perché il pane veniva buono, cresceva molto.

Quindi facevate il pane?

Il pane fatto in casa facevamo, con il lievito.

Nel frattempo sta bollendo l’acqua?

Sì, abbiamo messo l’acqua a bollire perché poi metteremo la pasta, la faremo cuocere e poi metteremo il brodo.

Ecco, siamo quasi alla fine

Chi spezzettava la pasta a casa vostra?

Bhe, mia sorella, mamma, io qualche volta quando ero rientrata da scuola; qualche volta anche mio padre perché chi arrivava prima cucinava anche perché mio padre faceva il costruttore, il muratore, quindi lui alle dodici usciva dal lavoro e veniva a casa poi mangiava e se ne andava; qualche volta riposava un po’…

Bhe, io ho finito di spezzare la pasta. Quando bolle l’acqua la caliamo.

L’acqua sta bollendo, caliamo la pasta, la giriamo, mettiamo un po’ di sale, copriamo. Ora togliamo la carne dal brodo, la carne è fatta. Qua ci sono le carote e qualche pezzetto di carne perché la carne era abbastanza tenera. L’osso buco si succhia perché c’è il midollo e quindi a chi piace lo mangiava e lo mangia ancora oggi; però la carne con contorno di insalata con un po’ d’olio, un poco poco di aceto, un po’ di sale, si girava e poi si metteva nel piatto prima la carne e poi l’insalata, così si mangiava la carne, per secondo. Naturalmente c’era il pane fatto in casa che era buonissimo allora. Naturalmente si metteva il formaggio nella pasta col brodo.

E tu lo metti tuttora?

Sì, io lo metto. O metto il pecorino, allora il parmigiano non tanto si usava però c’era il formaggio pecorino e noi mettevamo quello ed era buonissimo.

Giriamo la pasta altrimenti si attacca…

Bhe, la pasta è fatta, spengo il gas e tolgo; scoliamo la pasta e poi la rimetto nella pentola. Mettiamo un po’ di brodo, poi mettiamo il brodo nella coppa, portiamo a tavola, facciamo i piatti, mettiamo un po’ di formaggio, poi mettiamo un altro po’ di brodo… e il piatto è pronto.

La carne la mangiamo dopo, per secondo, con l’insalata che condiamo con un po’ d’olio, un po’ d’aceto e il sale.

 

 

 

 

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Spaghetti alla chitarra con funghi cardoncelli, fave e peperoni cruschi  (Matera)

Spaghetti alla chitarra con funghi cardoncelli,  fave e peperoni cruschi  (Matera)

preparata da Giuseppe Carbone
intervistato da Carbone Francesca il 29 settembre 2017

Buongiorno Signor Giuseppe, so che lei è uno Chef. Da quando tempo svolge questo mestiere?

Svolgo questa attività lavorativa da ben 35 anni

Qual è la ricetta che andremo a preparare oggi?

La ricetta che preparerò è: Chitarrid con purea di fave e cardoncelli, cruschi e briciole dorate di pane di Matera.

Ti sei alzato presto per cucinare? Quanto tempo impieghi per la cucina?

I tempi li stabilisco io stesso in base alla preparazione.

 Sei andato a fare la spesa? Che cosa hai comprato?

Certamente si. Ho acquistato tutti gli ingredienti necessari.

Quali sono le ricette che sai cucinare? Cosa invece non ti piace cucinare e perché?

Essendo uno chef completo le mie ricette vanno dall’ antipasto al dolce. Preferisco non preparare gli antipasti poiché li trovo troppo banali e necessitano di più tempo.

 Chi ti ha insegnato a cucinare?

Nessuno, ho imparato da solo.

 Quando hai cucinato per la prima volta? Per chi? In quale occasione?

Ho cucinato per la primissima volta in occasione del 25° anno di matrimonio dei miei genitori.  Per tale occasione preparai un buffet.

Hai imparato per gioco o sei stato costretto?

Ho imparato a cucinare per gioco.  Per gioco infatti mi sono ritrovato in un laboratorio di cucina, e di lì è nata la mia grande passione per la cucina.

 Come impari nuove ricette?

Le nuove ricette le apprendo attraverso riviste, giornali e corsi di aggiornamento.

Come è cambiata la dieta alimentare rispetto al passato? ci sono pietanze che oggi non si preparano più?

Certamente sì. Oggi infatti ritroviamo diverse problematiche nel campo dell’alimentazione anche a seguito dell’insorgenza di intolleranze ecc… Oggi rispetto al passato non si segue più un regime secondo cui a ogni giorno si dedica una specifica pietanza, e anche gli stessi cibi di cui ci cibiamo spesso non sono più salutari.

La ricetta che preparerai oggi è una ricetta del tuo paese?

Sì, è una ricetta o meglio un piatto tipico del mio paese da me rivisitato.

Si cucina anche in altri posti?

Sì.

Qual è la cosa più importante di questa ricetta?

I prodotti, perché attraverso l’uso di buoni prodotti si esalta il gusto e il sapore del piatto stesso.

Quale sapore deve avere la ricetta per essere buona?

Certamente il gusto e l’assemblaggio del piatto. È importante presentare il piatto in maniera perfetta.

Come si deve presentare nel piatto la pietanza? A cosa presti particolare attenzione?

Presto particolare attenzione oltre che al gusto anche alla presentazione del piatto.

È importante saper cucinare e ti fa piacere sentirti dire che sai cucinare bene?

È importante sì e la migliore gratificazione arriva proprio dai clienti i quali ti ringraziano dopo aver pranzato o cenato.

Hai un garage o una tavernetta che usi per cucinare o mangiare?

No.

Quali sono gli ingredienti principali per la preparazione di questo piatto?

Chittarid , purea di fave, mollica dorata di pane di Matera, cruschi e cicoriella campestre.

Durante l’intervista mi hai riferito che questa ricetta è un piatto tipico del tuo paese da te rivisitato. Che cosa significa per te tipico? È un  termine nuovo o esisteva anche da quando eri bambino?  Dove e da chi hai imparato a cucinare questa pietanza? Che cosa hai cambiato nella ricetta?

Il termine tipico significa caratteristico del posto, legato alla terra. È un termine che esisteva da sempre. La caratteristica di noi chef è senz’altro quella di rivisitare i piatti per dare lustro a nuove innovazioni pur rimanendo nella tipicità del prodotto e della ricetta.

Nella preparazione di una pietanza, come si regola nella quantità di prodotti da acquistare?

In base al numero delle persone e ci si regola nella quantità di ogni prodotto.

Questa pietanza ch tempi di cottura prevede?

4/5 minuti per la pasta e 6 minuti circa per il fungo che deve rimanere calloso.

Hai dei fornitori abituali da cui acquisti la merce? Perché acquisti da quei determinati fornitori?

È importante avere dei fornitori abituali da cui poter acquistare la merce poiché ti garantiscono sempre la qualità dei prodotti.

Come disporrà i vari ingredienti nel piatto per la sua preparazione? Qual è la cosa più importante?

Per la preparazione del piatto è fondamentale la predisposizione oltre al gusto stesso della pietanza.

La pietanza è pronta per essere impiattata. Può ritenersi soddisfatto?

Certamente si.

Bene Giuseppe io la ringrazio per la sua disponibilità. Buon lavoro

 

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Maccheroni a ferro col sugo di carne (Marconia)

Maccheroni a ferro col sugo di carne (Marconia)

preparata da Annamaria Domenica Matera, intervistata da Eliana Angius

 

Oggi siamo a casa di Domenica che ci preparerà i maccheroni a ferro con il sugo di carne. Buon giorno Domenica!
Buon giorno!
Ti sei alzata presto stamattina?
Sì.
A che ora?
Alle 7.00
E hai già fatto la spesa?
Sì.
Cosa hai comprato?
Sono uscita per comprare il pane, la farina per fare i maccheroni…
Ah, dove la compri?
Eh, al negozio… piccolo vicino a casa.
Al negozio, come mai? è più buona o è più vicino?
Per comodità e poi anche per…
Stai impastando la farina di semola o di grano duro?
è di grano duro,semola rimacinata!
E il pane lo compri tutti i giorni?
No, tutti i giorni no. Un giorno si e uno no.
E questa ricetta, invece, la prepari tutti i giorni o solo in occasioni particolari?
In occasioni particolari, intanto, perchè è un piatto tipico di Pisticci e poi quando capita che ne abbiamo voglia lo facciamo.
E’ una ricetta che hai imparato tu o te l’hanno insegnata?
è una ricetta tipica di Pisticci che ho imparato da mia madre.
Quando eri piccola?
Sì, quando ero piccola.
E lei li faceva allo stesso modo o tu hai apportato qualche variante?
No, lo stesso modo.
Hai imparato a cucinare perchè ti piaceva oppure perchè ti hanno costretta a cucinare?
Ho imparato a cucinare perchè dovevo imparare non mi costringevano e poi a me piaceva cucinare, e quindi ho imparato.
E cosa ti piace cucinare?
Eh, un po’ di tutto.
I primi, i secondi…
I primi, i secondi, sì tutto.Quello che so fare!
E quali sono le cose che ti riescono meglio?
I primi piatti: i maccheroni, ci sono la tagliatelle, i cavatelli,sempre pasta fatta in casa. Ma non mi viene…i secondi:i carciofi…
La carne?
La carne…sì, il pollo,  il coniglio.
Come mai di più la carne di pollo e di coniglio?
Perchè le teniamo noi, facciamo la produzione propria.
E’ più buona la carne allevata da voi che quella comprata al supermercato?
Sì.
Perchè? cos’ha di più particolare, di speciale?
è più saporita perchè mangiano cose genuine come grano, fave, granturco, prendiamo tuta roba che produciamo noi.
Quindi ti ritieni brava a cucinare?
Abbastanza.
Ma perchè lo pensi tu o te lo dicono anche le altre persone?
Lo penso io e poi quelli che vengono a mangiare mi dicono che è buono, quando abbiamo ospiti.
E ti fa piacere sentirti dire che è buono?
Fa piacere, sì.
Ti piace di più cucinare per poche persone o per tanti ospiti?
Mah, è indifferente.
E comunque è importante saper cucinare?
Sì… è importante.
Perchè?
Perchè se no si sprecano delle cose e non è buono quello che mangi!
E comprare dei piatti pronti? Compreresti dei surgelati o mangeresti delle cose già pronte?
No, no, no.
Eppure ne vendono tante oggi giorno?
E va be, noi non e facciamo uso.
Quindi per una donna è importante cucinare?
Sì.
Ma in cucina chi dovrebbe stare: la donna o l’uomo?
La donna.
Perchè?
Perchè? per pulire, per mettere in ordine. Perchè l’uomo anche se sa fare ma non è ordinato come la donna.
E a tua figlia hai insegnato a cucinare?
Sì.
A che età?
Da piccola perchè ne aveva voglia lei. E quando io no c’ero lei mi faceva trovare già i piatti pronti perchè aveva preso da me; io le dicevo come doveva fare e lei li preparava.
E li preparava buoni come li fai tu?

E cucini solamente piatti tradizionali o a volte provi a rifare le ricette che mostrano in tv?
No, piatti tradizionali. Non mi riescono quelli, anche perchè non conosco neanche gli ingredienti quelli che mettono… a noi quelle cose non piacciono.
Quindi gli ingredienti sono quelli conosciuti quando fai le tue ricette…

Ingredienti che puoi trovare anche facilmente?

Descrivi un po’ cosa stai facendo?
Sto facendo i maccheroni, sto stendendo, ma ho lavorato la pasta poi bisogna stenderli con il ferro… ferrarli.
E il ferro l’hai comprato nuovo o è una cosa che…?
Il ferro l’ho comprato nuovo, sì. Mia mamma aveva quello tradizionale fatto dall’ombrello rotto, il filo dell’ombrello. Che mò si vendono e io l’ho comprato.
E come mai non hai utilizzato anche tu il ferro dell’ombrello?
C’è l’ho in campagna quello di mia madre, conservato! Qui in casa mia uso quello che ho.
E la pasta va lavorata su questo tavolo di legno?
Sì.
Non si potrebbe fare direttamente sul tavolo?
No, come…?
Perchè?
Perchè ci vuole una cosa di legno. Anche se il tavolo è di legno però si sporca, non è ruvido come questo, è liscio…
Questa ricetta quindi hai detto”è una ricetta di famiglia”,  la faceva tua mamma.

Anche tua nonna?

E’ una ricetta molto antica, quindi è tipica di qua?

E non li fanno in altri paesi i maccheroni a ferro?
Sì, li fanno ma li fanno diversamente! li inferrano perchè li vedo in televisione però non sono uguali come i nostri.
E voi cosa fate di diverso?
Noi li facciamo…li ferriamo, li facciamo rotondi.
E c’è qualche ricetta che invece non ti riesce proprio? Qualche piatto che non ti piace cucinare?
Sì, c’è. Ci sono piatti che non mi piace cucinare: la trippa(ah,ah,ah)
Come mai?
Eh, non mi piace proprio. Non la cucino mai!
Per il sapore, l’odore…?
Per il sapore, l’odore… non …
E c’è qualche tua amica o parente che prepara questa ricetta come la prepari tu, o in maniera diversa?
Sì, la preparano. Sono piatti che ognuno prepara a modo suo ma più o meno sono tutti uguali.
E qual’è la cosa più importante di questa ricetta?
Non c’è niente di importante. Bisogna preparare la pasta, stenderla, non c’è niente di importante, sono cose semplici.
Semplici per te che ormai sei esperta nel farli! Ma è importante la farina, per esempio?
Sì, la farina sì. Non deve essere farina bianca, deve essere di semola per essere…
Per essere?
Per essere più buona.
Bisogna avere anche una buona manualità per muovere il ferretto?
Sì.
E il condimento per questi maccheroni? Abbiamo detto che in questo caso stiamo facendo il sugo,il sugo di carne. Ma si possono condire anche in altri modi o la ricetta tipica…
La ricetta tipica è col sugo.
E in che occasione venivano preparati i maccheroni a ferro quando eri piccola?
Per le feste, venivano preparati. Ai tempi antichi.
Per i matrimoni?
Anche per i matrimoni.
E le dosi quali sarebbero? per 4 persone?
Per 4 persone 400gr. di farina, un piatto bello abbondante. Poi 1 uovo, acqua e impastare, fare. Acqua leggermente tiepida.
Perchè l’acqua tiepida? se si mette l’acqua fredda che succede?
No, non succede niente però viene impastata diversamente, ha un’altra…non si lavora bene la pasta.
Dopo la lavorazione bisogna farla seccare o si può già buttare nell’acqua?
Si può già buttare nell’acqua.
E cuoce subito?
Sì, cuoce subito. Un minuto, un minuto e mezzo.
Ma tu preferiscila pasta fatta in casa o la pasta acquistata già confezionata?
Preferisco la pasta fatta in casa.
Come mai?
Perchè ci piace di più.
Perchè che sapore deve avere?
Ha un sapore gustosa e buona.
Invece quella confezionata no?
No, è più buona quella fatta in casa.
Quindi tu per un’occasione importante prepari la pasta fatta in casa, allora?

E i commensali sono più contenti quando prepari la pasta fatta in casa o è indifferente?
Sì, sì, sono più contenti.
Invece questo strumento a che cosa serve?
Questo strumento è la RASOIA, per pulire, per tagliare la massa, per pulire il tavoliere.
E anche questo è uno strumento che hai comprato o c’è l’avevi da quando eri piccola?
L’ho comprato è fatto a mano, veramente.
E’ stata fatta a mano da una persona esperta in questi strumenti?
Sì, sì
E come mai utilizzi questo attrezzo invece di un coltello qualunque?
è più comodo questo attrezzo.
Ma lo usava anche tua mamma?

Anche tua nonna?

E quindi è uno strumento tradizionale della tua famiglia?
Sì, sì.
Ma lo usate solo nella tua famiglia o lo usano anche altre persone?
Anche altre persone.
Prepariamo il sugo?

Come si prepara il sugo?
Il sugo si prepara: si mete l’olio, così.
Che olio è?
OLio d’oliva.
L’hai comprato al supermercato?
No, no, lo produciamo noi-Si mette la carne, io non la faccio soffriggere perchè fa male. Questo è un nostro pollo è congelato ma è tutto di produzione propria. Si mette un po’ di sale e la salsa.
E anche la salsa è fatta da voi?
Sì, è fatta da noi.
Quindi tutti ingredienti…
Ingredienti che abbiamo noi. Abbiamo i pomodori, quando sono maturi facciamo la salsa.
E come mai? è più buona la salsa fatta in casa?
Sì, sì. Poi si accende, si mette il coperchio e si lascia cucinare. Di tanto in tanto si viene a girare e si lascia cucinare per almeno 2 ore.
2 ore? Come mai?
Deve cucinare la carne. Di produzione propria è più dura di quella che si compra e…
E come ti accorgi che il sugo è pronto, come deve essere?
Il sugo quando è pronto, 2 ore, quando è cotta la carne è pronto il sugo.
Si deve rompere la carne?
Sì, sì deve spostare dall’osso.
E il pomodoro?
Il pomodoro cuoce insieme alla carne.
E che differenza c’è con la salsa comprata? Hai mai provato a farla con gli altri ingredienti?
No, mai, mai.
Perchè?
Perchè non ci piace.
Perchè, che sapore ha quella comprata?
Non lo so perchè non l’ho mai assaggiata.
E mettiamo anche la pentola per la pasta?
Ah, sì. Però è presto per mettere la tieddia!
E oggi per pranzo che cosa cucinerai?
Questi maccheroni!
E in alternativa che cosa avresti fatto?
Oggi? le bietole.
Come mai?
Oggi volevo fare le verdure.
Il mercoledì cucini sempre verdure?
No, quello che capita.
Non hai un menù fisso per la settimana?
No, no.
Conosci qualcuno che questa ricetta la prepara in maniera diversa?
No, si prepara… così si prepara.
Quindi non conosci nessuna variante nè della pasta nè del sugo?
No, no.
E cucini tu tutti i giorni?

Non lavori?
No. Ho lavorato e ho perso il lavoro.
E quando lavoravi come organizzavi la tua giornata? andavi tu a fare la spesa?
No, andava mio marito a fare la spesa.
E comprava le cose che dicevi tu?
Sì, a volte le cose che dicevo io o a volte non trovava e sapeva le nostre abitudini e comprava…
E fai la spesa dalle stesse persone?

Come mai?
Ci conosciamo, giù in paese ci conosciamo quasi tutti, sono amici e poi ci trattano bene e andiamo sempre dalle stesse persone.
E in cucina ti aiuta qualcuno?
No, se ci sono a casa io no. Se non ci sono , c’è mio marito. Adesso che non lavoro faccio tutto io.
E come impari nuove ricette?
Le nuove ricette certe volte le vedo anche dalla televisione però, giusto quello che conosco, gli ingredienti che conosco e allora provo e se mi vengono bene le rifaccio se no…
Quindi provi solo quando riconosci gli ingredienti.
Sì, quando riconosco gli ingredienti.
E dalle riviste, da qualche giornale o libro di cucina hai mai provato a rifare qualche ricetta?
No.
Come mai?
Perchè non c’è l’abitudine, siamo tradizionali.
E stamattina,quindi hai comprato solo gli ingredienti che ti occorrevano oggi?

Fai la spesa giorno per giorno?
Giorno per giorno sì. O al massimo per il giorno dopo.
E come mai?
Perchè i soldi non ce ne sono, sono pochi e allora ci giostriamo
E se avesi i soldi preferiresti comunque fare la spesa giorno per giorno o settimana per settimana?
Non lo so ma visto che sono abituata a fare la spesa così penso che continuerei sempre allo stesso modo.
Compreresti mai le verdure 1 settimana alla volta?
No, no, no.
Perchè?
Perchè non si sa mai che cosa bisogna cucinare il giorno dopo. Io, almeno, non so mai… la mattina quando mi sveglio allora… oggi preparo questo o certe volte ci sono le cose che avanzano il giorno prima e allora usiamo, mangiamo la stessa cosa per non sprecare roba e quindi…
E questa ricetta come deve essere impiattata? Come deve essere servita?
Nel piatto, con il sugo, una volta che è lessata la pasta si mette nel piatto, si condisce con il formaggio, formaggio che piace  (parmigiano o pecorino) quello che si vuole, si mette il sugo e si mangia.
Quindi la servi ognuno con la sua porzione già nel piatto?
Sì, sì, ognuno nel piatto.
E il piatto? nel piatto fondo o nel piatto liscio?
In quello fondo.
E quando prepari questa ricetta, di solito hai detto che la fai nei giorni di festa, quindi la tavola com’è apparecchiata? Metti una tovaglia particolare, dei piatti o posate particolari oppure no?
No, la tovaglia si mette la tovaglia più nuova non quella di tutti i giorni, più grande se siamo parecchie persone e viene diverso. E col piatto normale che usiamo tutti i giorni.
L’importante è che sia buona la pasta!
L’importante è che sia buona la pasta!
E la pasta, però, vedo che la tagli tutta alla stessa lunghezza!
Più o meno, così
E come mai?
E se no che è cruda, che è cotta; per dare una… non so come si dice?
Non lo so, no ti piacerebbe anche se fossero tutti diversi?
E no, stanno male!
Stanno male nel piatto o nella pancia?
Ah, ah, nel vederli! neanche nel piatto perchè poi una volta che è cucinato non si vede niente se sono lunghi o corti
Quindi è per…?
Estetica, diciamo. Se viene qualcuno che li vede sul tavolo li vede più o meno in ordine.
Quindi è importante l’opinione degli altri?
Sì, sì, sì.
E se qualcuno ti dicesse che invece devono essere più lunghi rispetto a come li fai tu?
Si possono fare, a piacere. Se uno li preferisce più lunghi si possono fare; se uno li preferisce più corti si possono fare più corti.
Possiamo dire quindi che…ti ritieni una brava cuoca?
Io sì, mi ritengo brava, più o meno.
Ma sei brava solo a cucinare o sai fare anche altre cose?
Anche a fare altre cose.
Tipo?
Adesso sto ricamando, ma è sopra il ricamo che sto facendo, perchè mi annoio a stare ferma e quindi mi preparo sempre qualcosa per…
Quindi sai cucinare,sai ricamare,sai cucire?
Sì, infatti c’e la macchina aperta di là.
Hai insegnato a cucinare solo alla figlia femmina o anche ai figli maschi?
Alla figlia femmina, di più. I figli maschi sono bravi uguali perchè mi hanno sempre vista e quindi anche loro se si mettono sanno fare qualcosa.
Quindi hanno cucinato qualche volta con te? hanno provato a fare anche loro la pasta fatta in casa?
No, queste cose no.
Delle ricette più semplici?
Delle ricette più semplici anche perchè sono stati fuori all’università, e quindi si sono preparati da soli.
Questo quindi è il piatto finito,la ricetta finita.

Lo servi sempre così?

E da cosa capisci che sono buoni?
Bisogna assaggiarli!
E conosci altre donne brave come te in cucina?

E chi?
Eh, parenti miei: c’è mia cugina che sa cucinare bene, che abbiamo mangiato insieme, che sa cucinare.
E che cosa sanno fare bene?
Sempre piatti tipici come i maccheroni, fave e cicorie e le altre cose tradizionali come fagioli, ceci.
E perchè le sanno fare bene?
Le sanno fare bene.
E da cosa lo capisci?
Sono saporiti, sono buoni perchè usano tutti i prodotti che uso io, fatti in casa come la salsa, pomodori. Sono buoni, sono saporiti.
Quindi cucinano come cucini tu?

E a te piace quindi mangiare bene?

E perchè pensi che sia importante mangiare bene?
Per stare bene, per dare le cose genuini.
Fanno stare bene quindi anche in salute?
Sì, sì.
E fanno solo stare bene oppure anche per la compagnia?  ti piace mangiare bene per stare in compagnia?
Anche, anche, sì piace la compagnia.
Va bene, bè buon appetito!
Grazie!

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