Cucina Lucana

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Ragù di carne (Gravina)

Ragù di carne (Gravina)

Intervista a Anna Marvulli
Realizzata da Maria Mascellaro

Buongiorno.

Con chi ce l’hai?

Con te.

Ah devo dire anch’io buongiorno.

Nonna ti sei alzata presto per cucinare?

No, normale sette e mezza, mi alzo sempre così.

Quanto tempo impieghi per la cucina?

Bhe il tempo che ci vuole. Ma per il sugo?

No, in generale.

Bhe, se ne va il tempo.

Sei andata a fare la spesa?

Stamattina sono andata.

E dove sei andata?

Al supermercato perchè ho preso la carne, il latte e tutto quello che serviva senza andare ad altre parti.

Ma hai dei fornitori o dei supermercati che preferisci?

No, dove mi trovo; vado qua che è vicino. Se mi trovo ad un’altra strada e devo prendere qualcosa vado lo stesso.

Quindi che cosa hai comprato oggi?

Ho preso la carne il ragù misto, due braciole, due pezzetti di salsiccia, due pezzetti di agnellone, la pancetta del maiale (la ventresca), due pezzetti di vitellino.

Quindi hai comprato solo quello che serviva oggi?

Sì, per fare il sugo di oggi.

Quali sono le ricette che sai cucinare?

Eh  tante ne so fare, siamo casalinghe, lo posso dire?

Certo, e cosa ti riesce meglio e perché delle cose che sai fare?

So fare la pasta di casa, le tagliatelle, i cavatelli, le orecchiette che facciamo con le rape o con i broccoli.

Invece cosa non ti piace cucinare e  perché?

Per esempio mi piacciono i calzoni di ricotta ma non li faccio perché sto sola e sono un po’ fastidiosi da fare; però mangio tutto e so fare tutto.

Quindi oggi cosa mangi a pranzo, il sugo che stai cucinando?

Sì quello che stiamo cucinando, altrimenti avrei fatto la pasta con le rape.

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Mamma, nonna perché quando eravamo più piccole guardavamo come facevano loro e abbiamo imparato.

Ti ricordi quando hai cucinato la prima volta e per chi?

No perchè andavamo a scuola, poi alla sarta e poi quando mi sono sposata a 19 anni ho cominciato a cucinare per noi.

Invece quando eri bambina chi cucinava in famiglia?

Mamma e nonna.

Ma hai imparato per gioco o sei stata costretta?

No, mi piaceva vedere come facevano loro, anzi prima si accendeva il fuoco con la legna oppure il sugo si faceva sulla cucina a carbone, non come ora che c’è il gas.

Come impari nuove ricette? Dalle amiche , dai perenti, dai libri o dalla televisione?

Dalla televisione, un po’ dai libri, un po’ la fantasia.

Chi ti aiuta in cucina?

Io… Io e io.

La dieta alimentare è cambiata negli anni  e come secondo te?

Secondo me non è cambiata, coma mangiavamo continuiamo a mangiare.

Quindi continui a mangiare le stesse cose che mangiavi quando eri piccola?

Sì, più o meno.

Ma ci sono dei piatti che non mangi più rispetto a quando eri piccola?

Erano sempre quelli pasta e ceci, pasta e lenticchie pasta e cicerchie perché  erano cose che c’erano sempre in casa, non si andava tutti i giorni al negozio a comprare. Il pane si faceva in casa e le focacce.

Quindi bene o male continui a mangiare tutte le cose che mangiavi da piccola

Sì.

Il piatto che prepari oggi (il sugo) è una ricetta tipica?

Sì, anche se alcuni ingredienti ora si comprano mentre prima li facevamo in casa.

Per te tipico cosa significa?

Me  lo devi dire tu.

È un termine nuovo o esisteva  già quando eri bambina?

Non so ancora cosa significa la parola tipico.

Conosci qualcuno che questa ricetta la prepara in modo diverso?

Sì alla genovese, o alla bolognese? Per chi non può mangiare il soffritto si mette tutto insieme e si mette a cucinare ed è buono lo stesso senza far friggere la carne nell’olio.

Sai se il sugo di carne così come lo hai fatto oggi si cucina in altri posti?

Cioè in altri paesi? E che ne so io.

Questo piatto chi ti ha insegnato a cucinarlo? Sempre tua madre?

Sì, lo abbiamo sempre fatto.

Hai cambiato qualcosa nella ricetta rispetto a quando lo faceva tua madre a casa tua?

Prima si faceva anche senza carne perché a volte non si trovava o non si comprava quindi si faceva il sugo semplice con pasta e ceci o due spaghetti.

Secondo te qual è l’ingrediente più importante in questa ricetta?

Abbiamo messo tante belle cose; ho detto che nelle braciole si mettono cinque cose? La cosa importante è che ci siano quelle cinque cose.

Quale sapore deve avere la ricetta per essere buona?

Bhe , buona… buonissima.

Come si deve presentare nel piatto questa pietanza?

Rossa.

Presti attenzione al colore o alla forma dei piatti e delle posate, alla tovaglia?

E come no, bisogna mettere la tovaglia pulita, tutti i piatti , le posate , i bicchieri.

Ti piace sempre cucinare?

È necessario, non è che piace tanto ma stiamo in casa siamo casalinghe e lo facciamo.

Quindi lo fai più per necessità?

Sì.

E ti ritieni brava?

Bhe sì.

Come lo sai di essere brava?

Perché quando ci sono i nipoti i figli dicono è buono il sugo oggi, è buono quello che hai preparato oggi.

Quindi ti fa piacere di sapere di essere brava.

Come no.

Conosci altre donne brave in cucina?

Sì, ci sono anche più brave di me.

Cosa sanno fare per esempio?

Bhe i tortellini, i ravioli che io non so fare perché faccio le cose più semplici.

Ti piace mangiare bene?

Come no.

È importante saper cucinare?

Certo. Una deve prendere marito deve fare i figli e se non sa cucinare…

Cosa diresti di te per dire chi sei?          

Che devo dire? Sono Anna Marvulli, ho 72 anni, ora sono vedova, ho cinque figli tutti sposati, undici nipoti, un pronipote insomma tutte queste belle cose.

Ok perfetto .Questo è il piatto finito?

Si può mangiare.

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Calzoncelli di ricotta dolce con il ragù (Altamura)

Calzoncelli di ricotta dolce con il ragù (Altamura) preparati da Paola Schiavino Patella intervistata da Angela Devito

Allora, come ti chiami?

Paola Schiavino.

Quanti anni hai?

Ho 56 anni, sono sposata e ho tre figli, sono casalinga.

Ti piace cucinare?

Molto! E si vede…

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Dunque, la mia mamma, che adesso non c’è più, ma era anche a mia zia proprio che piaceva cucinare. Per cui in famiglia ho imparato da loro, la loro passione.

Quindi hai imparato dai tuoi familiari?

Sì.

E a quanti anni hai imparato più o meno?

Ma… Io mi sono sempre dedicata alla cucina da ragazza, anche se andavo a scuola, però siccome con mia madre e con mia zia si preparavano in casa tante di quelle prelibatezze (anche i biscotti si facevano in casa e mia madre addirittura faceva il pane) per me è stata una cosa naturale imparare. Non c’è una data ben precisa da cui mi sono messa a cucinare.

Ci sono delle ricette che sai cucinare meglio rispetto ad altre?

Mi piace provare tante ricette, anche quelle nuove vedendo su Internet, le provo e magari utilizzo nuovi prodotti… insomma mi piace, provo tante ricette.

Cosa ti riesce meglio?

Beh, le ricette della tradizione sicuramente sono quelle più cucinate. Ricette di legumi, verdure, sono quelle della nostra tradizione. Poi è logico che se uno vuole cambiare si leggono le ricette e si impara dal ricettario o dalla televisione. Io cucino la nostra dieta mediterranea: legumi, verdure, sughetti e il ragù, che ora non si riesce più a fare tanto spesso, però alcune volte lo faccio.

Cosa intendi per tradizione?

Praticamente la tradizione è la cultura dei nostri genitori, delle nostre nonne. È la cultura alimentare, ma anche della loro terra; loro hanno tramandato a noi queste ricette, in virtù del fatto che c’era una tradizione contadina. Noi siamo al Sud, ad Altamura, per cui una tradizione contadina che prevede prodotti sia della terra, come tutte le verdure, che prodotti caseari, che da noi sono molto buoni.

Ho capito. Ma tu hai qualcuno che ti aiuta, in famiglia, mentre cucini? Ti fai aiutare? Oppure fai tutto da sola?

Beh, adesso che mia figlia è diventata più grande, mi aiuta.

E rispetto al tuo passato pensi che la dieta alimentare, di cui tu hai parlato, sia cambiata?

Per continuare le tradizioni, più o meno le ricette sono sempre quelle a base di verdure e legumi, ripeto. Però se si vuole fare una ricetta innovativa la si prova, la si cucina, però ritorna sempre la nostra tradizione nelle nostre cucine.

Oggi cosa ci prepari?

Oggi vi farò proprio un piatto della tradizione, che sono i calzungérre con la ricotta dolce. L’ho detto in dialetto; l’ho detto proprio nel nostro vernacolo. I calzungérre con la ricotta dolce sono un piatto tipico altamurano, ma più di tutto il Sud. Sono dei ravioli (li chiamiamo così in questo modo) ripieni di ricotta dolce e conditi con ragù e parmigiano o grana, quindi ragù e formaggio. Per cui c’è questo sapore agrodolce, che verrà fuori, che a non tutti piace. Ecco, ovviamente non è un piatto che si cucina tutti i giorni; è un piatto che richiede anche un po’ di tempo, perché bisogna impastare la pasta in casa, fare i ravioli e ci vuole anche un po’ di dimestichezza ed è anche un piatto elaborato perché c’è il ragù. È un piatto che si usava soprattutto nei giorni di festa, soprattutto nel periodo di carnevale.

Hai detto che è un piatto tipico: in che senso tipico? Cosa significa per te “tipico”?

Tipico perché è della tradizione, soprattutto del nostro Sud. È un piatto che riesce ad unire sia la maestria delle vecchie massaie, che sapevano veramente lavorare bene la pasta ed io mi cimenterò, quindi non è che faccio tutti i giorni la pasta in casa. E quindi unisce, ripeto, sia la pasta in casa, che è un lavoro che non tutti adesso fanno, perché molte donne, anzi quasi tutte lavorano, e sia i prodotti della nostra terra, quindi prodotti caseari, come la ricotta. Perché prima c’erano molte masserie, ce ne sono tutt’ora, però prima la nostra tradizione era prettamente agricola e quindi si prendeva tutto dalla terra, no?

Oggi questo piatto che ci cucini, hai detto questi Calzoncelli di ricotta dolce col sugo, per quante persone sono?

È un primo piatto, devo dire, ed è per quattro persone e magari dopo dirò anche le dosi per quattro persone. È un primo piatto che negli agriturismi è usato, più che come primo piatto, è usato come assaggino. Quindi danno 4\5 raviolini a testa, perché, ripeto, è un piatto agrodolce, perché dentro c’è la ricotta dolce, che si unirà al ragù e al formaggio. È un piatto a cui prima, nelle nostre cucine, dei nostri genitori, delle nostre nonne, si usava anche abbinare delle tagliatelle, fatte con la stessa pasta. Quindi si assaggiavano sia le tagliatelle che i ravioli.

Questo piatto richiede molto tempo per la preparazione?

Inizieremo prima di tutto con il ragù, a preparare il ragù, perché richiede un paio d’ore di cottura, 2\3 ore. Poi faremo il ripieno, perché ha bisogno di stare un po’ nel frigorifero, perché ha bisogno di essere più sodo, più rassodato e poi, la pasta in casa che ha bisogno di una mezz’oretta di lavorazione e di riposo, per essere meglio lavorata e gustata.

Quindi adesso prepariamo il ragù?

Prepariamo il ragù prima di tutto.

Inizio a mettere un po’ di olio sul fondo del tegame. Oggi faccio il ragù di braciolette.

Di solito fai sempre il ragù di braciolette o cambia?

No, cambia. C’è anche il ragù alla bolognese, oppure con pezzetti di carne che vengono sempre rosolati nell’olio.

Adesso facciamo andare la carne in olio in modo tale che si rosoli bene bene e poi ci aggiungeremo la cipolla, sfumeremo con il vino e infine la salsa. E poi daremo tempo alla cottura delle braciole.

Noi le chiamiamo braciole, ma sono involtini di carne di manzo. Nel nostro “linguaggio” le chiamiamo braciole, braciolette.

Questo piatto piace ai tuoi figli? Piace alla tua famiglia?

Sì, ma non tanto spesso. Bisogna farlo, ma non sempre, una volta ogni tanto lo prepariamo… lo preparo.

Ti fanno molti complimenti?

Quando mangiano la pasta in casa, mi fanno sempre i complimenti, perché ricordano la nonna che preparava sempre la pasta in casa. Quindi io cerco di mantenere la tradizione con la preparazione della pasta in casa.

Ti piace sentirti dire che sai cucinare bene?

Beh, fa piacere! Anche perché la cucina non è soltanto la cottura dei cibi fine a sé stessa; la cucina è soprattutto la condivisione del piatto tutti insieme. È condividere, passare una giornata insieme, in compagnia. Quindi lo si fa per unire le famiglie, perché, secondo me, soprattutto la domenica quando ci si dedica ancora molto di più alla cucina, con anche la preparazione del dolce, di un contorno diverso, allora la famiglia si riunisce. Questo è quello che la cucina crea; crea condivisione. E questo mi piace, perché io in questa maniera riesco ad accontentare tutti quanti in famiglia.

Quindi è una forma d’amore per te?

Eh sì. È curare gli affetti! La cucina è anche questo.

Tu passi molto tempo in cucina?

Abbastanza. Passo molto tempo, però non tutti i giorni. Perché ci sono giorni in cui devo fare altro e quindi c’è una cucina un po’ più semplice.

Di solito ti svegli presto per cucinare? In settimana o la domenica?

Sì, la domenica mi sveglio prima; in settimana ci sono anche altri servizi da adempiere.

Adesso aggiungo la cipolla. La taglio a pezzettini, così rosola un po’ insieme alla carne… non tutta perché è tanta. E una volta che rosola anche bene la cipolla, lo sfumerò con il vino.

Per questo piatto hai fatto la spesa in giornata o avevi già qualcosa?

Ho fatto la spesa di questi ingredienti in giornata, come la ricotta e le braciolette. Mentre la farina, la Semola, che utilizzeremo per la pasta in casa, ce l’ho sempre.

Dove vai a fare la spesa? Da un fornitore di fiducia?

Per il macellaio, ne ho uno di fiducia, da cui mi servo sempre da tanti anni. Per cui lui capisce anche quello che mi deve dare come carne. La ricotta dalla latteria. Insomma, giro tanti negozi perché non faccio la spesa esclusivamente da un negozio solo.

Per te è importante fare attenzione alla qualità dei prodotti?

Soprattutto alla qualità! La qualità è la prima base della cucina, poi viene la cottura.

Secondo te, rispetto a prima si mangia più genuino ora? O prima c’era una cucina più sana?

Sicuramente prima i prodotti della terra avevano tutto un altro gusto, perché forse si dava più attenzione alla terra. Mentre adesso con le serre… Bisognerebbe però soprattutto usare i prodotti della stagione ed evitare i prodotti di serra.

Voi prima avevate un orto? Che lavoro facevano i tuoi genitori?

Nono, non avevamo un orto, non avevano una campagna. Mia madre era casalinga e mio padre lavorava al comune.

Adesso sfumiamo con un po’ di vino. Lo facciamo evaporare.

Perché sfumi con il vino?

Così si assorbe bene l’odore del vino, si rosola meglio e ha questo buon sapore la carne. E una volta che il vino sarà evaporato metteremo la passata di pomodoro.

Prima si usava sempre fare la salsa fatta in casa; adesso ci sono molti che la stanno riproponendo, invece di usare queste salse già pronte. Io un paio di anni fa l’ho fatta e devo dire che era molto buona, però anche lì ci vuole tempo, ci vuole molta dedizione e l’aiuto di tanti. Tutta la famiglia deve collaborare alla salsa fatta in casa, perché da soli non si può fare.

Adesso non hai molto tempo per farla?

Sì, volendo il tempo c’è. Ripeto, ci vogliono un po’ più di aiuti. Insomma è impegnativo fare la salsa fatta in casa.

Secondo te il sapore è diverso da quella che si acquista? La senti diversa?

Beh certamente il pomodoro fresco è molto più genuino. Io adesso cerco di fare i pomodori a pezzi e conservarli per l’inverno.

Tu hai un garage o una tavernetta in cui conservi il cibo?

No, perché abitiamo in un condominio adesso. Mentre prima mia madre aveva una cantina in cui conservare, per esempio, i pomodori de’ la cocchj. I pomodori de’ la cocchj (della cocchia) sono quei pomodori rossi che si prendevano in estate, si appendevano ad un filo o ad una corda e li tenevi per tutto l’inverno. E lì, veramente, in quelle cantine si mantenevano molto bene. Adesso non avendo più queste cantine con il fresco e facendo molto caldo in casa, questi tipi di conserve non si possono tanto tenere. Chi ce l’ha può sempre farlo.

Quanto tempo ci vuole per la cottura del sugo?

Almeno per il ragù 2\3 ore le dobbiamo considerare. Adesso mettiamo un po’ di passata e poi deve andare al minimo. Una volta che ha preso il bollore, il ragù deve cucinare coperto e al minimo, con il fuoco al minimo sotto. Così deve sobbollire piano piano per 2\3 ore. Ci aggiungo un po’ di acqua, perché la passata ha bisogno di un po’ di acqua. Nel frattempo mettiamo il sale, un po’ di alloro per dare sapore al sugo.

Allora prendiamo l’alloro…

Perché metti l’alloro?

Perché dà un buono profumo. In verità io uso molto le erbe aromatiche. Infatti ho i vasetti con la salvia, il basilico, la menta… perché mi piace utilizzare queste erbe aromatiche in tutte le mie pietanze.

Questo l’hai visto fare dai tuoi genitori?

Sempre da mia madre. Ma diciamo che la cipolla e l’alloro sono quelle cose che si mettono sempre.

Adesso abbassiamo al minimo e lo portiamo dietro…

Nel frattempo fai i calzoncelli?

No, nel frattempo preparerei il ripieno dei calzoncelli, dei calzungérre, perché deve stare un po’ in frigorifero, si deve rassodare. Non deve essere molto lento, perché altrimenti se è lento e morbido, si rischia che i calzoncelli si disfino nella cottura. Allora gli ingredienti sono 250gr di ricotta. La ricotta l’ho comprata ieri, quella del giorno prima, così almeno è più soda e più asciutta.

E non caccia l’acqua…

Esattamente e non caccia l’acqua… ecco 250gr di ricotta e possiamo metterci qua. Nei 250gr di ricotta si mette lo zucchero, circa 100\80gr, ma lo possiamo anche assaggiare, e poi 2 tuorli d’uovo.

Servono soltanto i tuorli?

Qui sì, per non rendere l’impasto molto morbido con i bianchi.

Poi conservi il bianco dell’uovo?

Si potrebbero fare anche con le mandorle le Spumette, che sono molto buone. Oggi no, magari lo conserverò e domani lo utilizziamo, perché in cucina non si butta mai niente.

Hai detto che in cucina non si butta mai niente, come mai?

In cucina, no, non si butta mai niente! Bisogna anche fare il recupero dei prodotti che ti avanzano, perché altrimenti è uno sciupio di soldi e dispiace buttare.

Allora nella ricotta con lo zucchero e i tuorli, ci metto anche una grattatina di buccia di limone.

Perché?

Dà quel buon profumo. Abbiamo detto che il ripieno è fatto da ricotta dolce e uovo e si mette il limone per dare questo buon profumo e sapore. Però si mette soltanto la parte gialla e non quella bianca, perché è più amara. Questo è un limone non trattato, quindi prima l’ho anche lavato. Volendo si può mettere anche della cannella, però è facoltativo. Io in genere non la metto, perché dà quel gusto molto più forte, ma alcuni mettono giusto un pizzico di cannella.

Hai detto che non è trattato il limone; come fai ad esserne sicura?

Beh, sì, almeno non ci mangiamo i pesticidi. Insomma sono limoni biologici.

Lo hai comprato sempre dal tuo fornitore di fiducia?

Sì sì, l’ho comprato dal fruttivendolo di fiducia.

Allora si lavora il ripieno con un semplice cucchiaio. Non c’è bisogno di utilizzare il passatutto, perché la ricotta è comunque molto fresca; è di ieri, però si può lavorare bene. Basta un cucchiaio per poterla amalgamare bene. Questo composto va tenuto in frigorifero, fino a che faremo i ravioli.

Io metterei un altro poco di zucchero, perché se non sono abbastanza dolci non c’è quel contrasto.

Hai detto che questo è un piatto tipico di carnevale; ci sono altri piatti tipici del periodo di carnevale che cucini, conosci o che hai mai assaggiato?

Questo è un piatto di carnevale, anche perché richiede molto lavoro. Altri piatti tipici, no… a Pasqua si fanno piatti tipici nel nostro Sud. Ah! A Carnevale ci sono i dolci. Ma questo è un po’ un piatto tipico, poiché era anche come un dolce.

Io metto in frigorifero questo composto, in modo tale che si rassoda ancora meglio, fino a che prepariamo la pasta.

Ma non ci sono altri piatti di Carnevale che tu hai cucinato o cucini? Cucini spesso solo questo?

Gli gnocchi, ma non sono della nostra tradizione. C’è un altro piatto tipico, ma più che altro da giugno in poi: la pecora alla r’zzaul. Ma questo è più in estate quando la pecora è più tenera.

Che cos’è la pecora alla r’zzaul?

La pecora è proprio la carne di pecora; alla r’zzaul perché praticamente viene cucinata in un coccio al forno a legna. Si preparano tutte le verdure (patate, peperoni, cipolle, cicorielle, cardoncelli) e si mettono insieme alla pecora e si lasciano cucinare 4 ore, coperte in questo coccio, in questo tegame di coccio, addirittura nel forno a legna, e ad Altamura ce ne sono tanti.

Adesso prepariamo per fare la pasta. Prendiamo la spianatoia. Per 4 persone, servono 250gr di semola rimacinata.

Hai imparato da sola a fare la pasta in casa?

Sempre guardando mia madre e poi mi sono cimentata anche io.

Allora questa farina è la semola rimacinata di grano duro. Nel nostro Sud si usano molto queste semole che sono diverse dalla 00, perché queste sono di grano duro, mentre poi ci sono le farine di grano tenero.

Dal grano duro si hanno la semola vera e propria, che ha una granulometria più grossa, e la semola rimacinata, che è più sottile.

Con questa di grano duro si fanno le focacce. Con questa rimacinata noi usiamo fare la focaccia e tutta la pasta fatta in casa. Con questa facciamo i capunti, i capuntini, anche ciò che stiamo facendo adesso, i calzoncelli di ricotta dolce; mentre con la semola che è più grossa e grossolana come granulometria, si fanno le orecchiette e le tagliatelle.

Adesso prendo un po’ di acqua se mi occorre.

Tu sai fare tutti i tipi di pasta in casa?

Le orecchiette le so fare, ma lì ci vuole veramente tanta tanta pazienza! Perché occorre un po’ di tempo per poterle fare e siccome non ho mai tutto questo tempo per poter stare seduta a fare le orecchiette, non mi metto mai. Però tagliatelle, capunti, capuntini: li faccio tutti.

Con la farina ho creato una specie di fontana, un cratere e qui ci metto le uova intere: due sono più che sufficienti, bastano. Se ci vuole, aggiungeremo dell’acqua. Vado a lavarmi le mani…

Sempre meglio lavarsi le mani quando si toccano i gusti delle uova!

Perché?

Per l’igiene.

Adesso devo far ben amalgamare le uova, in modo tale che il bianco che crea questa parte filamentosa sia un tutt’uno con il resto delle uova, prima di assorbire tutta la farina. Quindi la devo prima di tutto sbattere bene e poi comincio a far assorbire la farina.

Avete visto che ho setacciato la farina? Va sempre setacciata proprio per evitare i grumi e qualche pezzettino che è rimasto qui, che mi rovina la pasta.

E se non si amalgama bene che cosa può succedere?

I filamenti sono andati via. No, ma basta sbatterle e le uova diventano un tutt’uno e non c’è quella separazione tra il bianco e il rosso. Adesso cominciamo a far assorbire la farina.

Un po’ per volta?

Sì, un po’ per volta e poi lavoreremo a mano. Prima con la forchetta e poi lavoriamo a mano. E adesso che non abbiamo più paura che l’uovo si disperda sulla spianatoia, possiamo lavorare a mano. Incominciamo ad inglobare tutta la farina.

Ti piace impastare a mano?

Sì, mi piace molto. Anche perché in realtà ti aiutano molto questi nuovi elettrodomestici, come l’impastatrice. Però proprio sotto le mani ti rendi conto se l’impasto è venuto della giusta consistenza, perché nell’impastatrice non hai questa possibilità. Invece sotto le mani tu vedi se l’impasto è duro o morbido, se ha bisogno di avere più acqua, più farina, eccetera. Perché tutto dipende dalla qualità della farina e dalla uova, se sono più grandi, più piccole, da come assorbono la farina. Per cui ci dobbiamo rendere conto man mano se abbiamo bisogno di acqua o no.

Tu hai l’impastatrice?

Ho un elettrodomestico che è come un’impastatrice, ma è un tuttofare: monta i bianchi, monta la panna… quindi non è una vera e propria impastatrice.

Ma tu le ricette le ricordi tutte a memoria? Oppure hai un ricettario? O ti servi della tv o di internet…?

No, praticamente le ricette me le scrivo io su un quaderno, quelle della tradizione, della mia mamma, della mia famiglia. A memoria non si possono ricordare tutte; quelle che si fanno più frequentemente le ricordi. Se poi voglio fare una ricetta nuova, mi servo di internet adesso, ma prima con i libri di cucina.

Ma a volte cambi qualche ingrediente o le quantità degli ingredienti? Oppure le segui sempre?

Diciamo che se non ho un ingrediente, non impazzisco per andare a cercare o trovare un ingrediente nuovo; allora non lo metto.

E prima se non ricordavi come facevi senza internet? Andavi dalle nonne o dalle zie?

Sì, ma avevo anche i libri di cucina. Prima se ne compravano parecchi, per esempio il libro dell’Artusi.

Allora adesso la cosa più importante è sempre pulire bene la spianatoia e raccogliere tutta la farina e lavorare per almeno una decina di minuti la pasta, perché in questa maniera diventa omogenea, liscia.

Perché pulisci il tagliere (o spianatoia)?

Raccolgo. Raccolgo tutto quello che posso raccogliere dell’impasto, in modo tale da non buttare niente. Ecco, adesso lavoriamo. Questo qui che ho alle mani, in genere lo pulisco, ma poi non lo utilizzo, perché con il caldo la pasta già tende a seccarsi. Per cui questo non lo metto e mi pulisco bene bene le mani, in modo tale che l’impasto sia sempre pulito e liscio. Ci metto un poco di farina e la lavoro una decina di minuti.

Questa pasta non deve essere né troppo dura né troppo morbida, quindi deve avere una certa consistenza in modo tale che dopo la possiamo lavorare alla macchinetta della pasta. Io mi servo della macchinetta della pasta, perché tirare la sfoglia a mano (mia madre lo sapeva fare molto bene, perché prima non avevano questi oggetti in casa e quindi con il mattarello tiravano la sfoglia molto sottile) mi riesce un po’ più difficile e quindi la tiro con la macchinetta. Bisogna sempre lavorare con il palmo della mano, in modo da riscaldare l’impasto e renderlo liscio ed omogeneo. Dopo averla lavorata così una decina di minuti, la si lascia riposare almeno per mezz’ora. Perché adesso, vedete, è un po’ granulosa al tatto; invece una volta che si lascia riposare, poi la vedremo, diventa più liscia, omogenea e ha perso quell’elasticità che adesso invece ha. Quando la si lavora, si ritira, perché la stiamo lavorando. Invece lasciandola per una mezz’oretta perde quell’elasticità e così dopo la pasta non si straccia anche quando la stenderemo.

Io direi che adesso la possiamo raccogliere in una palla così e l’andiamo a coprire. La copriamo in modo tale che non si secchi la parte superiore con il caldo e quindi l’umidità che crea la pasta la fa diventare liscia ed omogenea. Adesso devono passare almeno 20\30 minuti e nel frattempo possiamo pulire qui tutto quanto.

Perché l’hai coperta con questo vassoio di vetro?

La si può coprire con questo, con una cosa di plastica, anche con un canovaccio umido. Forse la cosa migliore è proprio coprirla con un canovaccio umido, per non farla seccare. Così l’aria esterna non fa fare la crosta sopra la pasta. Nel frattempo ci puliamo tutta la spianatoia, u ta’vulir, così lo chiamavamo e anche certe volte in italiano. Mi lavo di nuovo le mani.

Il sugo a che punto è?

Beh ha bisogno di ancora un po’ di cottura, però sta andando bene, si sta cucinando.

Puliamo qua sopra e ci prepariamo per i ravioli.

 

Ora sto controllando il sugo, la cottura del sugo e sta andando molto bene. È passata la mezz’oretta oramai per la pasta, per farla riposare e adesso cominciamo a stendere la pasta, per creare i ravioli.

Ecco vedi, la pasta è diventata bella liscia ed omogenea, mentre prima vi avevo fatto vedere che era un po’ rugosa, ruvida. In questa maniera ha praticamente perso l’elasticità e così adesso la si può stendere facilmente. Comunque la si stende a piccole porzioni alla volta e il resto che rimane lo dobbiamo sempre coprire in modo tale che non si secchi.

Io mi preparo comunque il ripieno, perché ho bisogno di tenerlo vicino, perché così appena tiro la sfoglia preparerò i calzungérre. Perché essendo pasta ripiena ho comunque la necessità che sia sempre fresca, molto morbida, non la devo lasciare asciugare. Perché se la lascio asciugare, non la posso più chiudere, poiché i lembi della pasta vanno chiusi.

Si inizia dalla parte più grande della macchinetta, quella dallo spessore più largo, perché ha bisogno di essere lavorata. Vedete, già è bella liscia. La si gira più volte. La si gira in questa maniera e la si continua a lavorare. Se abbiamo necessità mettiamo un pochettino di farina, ma proprio poca poca. La pieghiamo di nuovo, la lavoriamo e adesso cambiamo la posizione del foro: passiamo al foro numero 2. Quello di prima era il numero 1 e adesso il 2 per renderla più sottile. Basta una volta, la passo al numero 3 della macchinetta, continuo sempre e adesso è diventata ancora più sottile. Poi al numero 4…

È un passaggio graduale…

Sì, è un passaggio graduale in modo tale che la pasta venga lavorata. Comunque la farina la metto solo da un lato, perché dall’altro dopo ho necessità, che si chiuda e quindi non devo infarinarla, altrimenti non la posso chiudere più. Al numero 4 la stendo adesso. Vedete, già come è bella liscia al numero 4; certe volte al numero 4 faccio le tagliatelle fatte in casa. Siccome i ravioli hanno bisogno che si uniscano i due lembi della pasta, ho bisogno che la rendiamo più sottile ancora e quindi la passo al numero 5.

Adesso mi preparo i mucchietti. Un cucchiaino va bene per ogni mucchietto. Li metto a distanza uguale l’uno dall’altro. Mi aiuto con due cucchiaini in modo tale da avere il mucchietto tutto uguale.

Adesso bisogna essere molto svelti nell’unire i lembi di pasta. Riesci a vedere?

Sì…

E adesso la cosa più importante da fare è togliere l’aria e incominciare a sigillare i bordi. Togliere l’aria da dentro così facendola aderire.

Ma si fa solo a mano? O puoi farlo anche con la forchetta?

No, adesso lo faccio prima a mano e poi dopo con la rotellina do la forma ai ravioli… con la rotellina oppure con altri oggetti, una formina. Tolgo l’aria attorno in questa maniera; ecco perché si fa un pezzettino alla volta, perché la pasta deve essere sempre fresca, appena lavorata subito creare il raviolo.

Questa è la rotellina di cui mi servo, oppure c’è anche questo. Se io faccio così, posso fare così e crearmi la forma del raviolo. Però siccome sono piccolini, li lascio asciugare un po’ su questo canovaccio. Sono un po’ piccolini e belli pienotti, allora li faccio con la rotellina che mi dà una forma un po’ più grande.

Cosa sono questi oggetti che hai qui?

Sono tutti oggetti antichi di famiglia, di mio nonno, della mia mamma. Allora a incominciare dai ferri da stiro, vedete: prima mica avevamo la caldaia o i ferri a vapore, nel ferro da stiro si mettevano i carboni caldi e con due persone che mantenevano le lenzuola, con quel ferro le stiravano; poi abbiamo i macinini per il caffè, mentre adesso c’è il caffè pronto, imbustato, prima si acquistava il caffè in chicchi e si macinava nei macinini; poi ci sono questi oggetti centrali che sono dei misurini per il latte, anticamente, me lo ricordo ancora, non c’era la latteria, veniva un signore che portava il latte a domicilio, casa per casa e gli dicevamo quanto latte volevamo e con quei misurini si misurava il latte; poi ci sono i mortai in rame, in legno, per schiacciare le mandorle, le noci; e poi questi altri oggetti in latta, tutti di famiglia.

Allora io per impastare qua ho riportato la macchinetta al primo numero, in modo tale da creare la sfoglia, da renderla più sottile e lavorarla. Adesso la passiamo al numero 2 e così via fino a che formiamo tutti i ravioli e fino a che facciamo la sfoglia al numero 5 della macchinetta. Questo è il numero 3… 4…

Nel frattempo hai messo a bollire l’acqua o non ancora?

Eh non ancora. Adesso lo faccio, così mentre bolle continuiamo a fare i ravioli. Ecco, l’ho stesa al numero 5 e ci prepariamo gli altri mucchietti per il ripieno e così via, fino a consumare tutta a pasta che abbiamo preparato.

Questa bilancia che sta qui la usi ancora?

Certo! Sì sì, la uso volentieri.

Era di tua madre?

Sì sì, della mia famiglia. Vedete qui, stiamo facendo gli altri ravioli; la sfoglia è bella fresca.

Qui è fuoriuscito un poco, perché era più corta la pasta, più stretta. Li sigilliamo bene, in modo tale che dopo in cottura non fuoriesca il ripieno, facendo uscire, come ho detto prima, sempre l’aria. Facciamo sempre con la rotellina.

Questa pasta non si butta, la rimpastiamo insieme all’altra. La si lascia sempre là dentro per non farla seccare.

Ci tieni che vengano bene?

È certo! Perché poi tanto lavoro e si disfano in cottura non è bello. Ci vuole attenzione e anche aver dosato prima bene la farina per l’impasto.

Adesso tiriamo un altro poco la sfoglia e si fa man mano, sempre dal primo punto della macchinetta. La impastiamo più volte.

Questo invece che cos’è?

Quello è un braciere di rame, dove anticamente si mettevano i carboni e ci si risaldava. Attorno attorno la famiglia si riuniva e si raccontava come era andata la giornata, si raccontavano le storie, le favole ai bambini. Perché non c’erano i termosifoni e quindi attorno al braciere si riuniva la famiglia. Molte volte si utilizzava anche per asciugare i panni: sul braciere si metteva una cosa in legno, fatta come un intreccio, con del legno intrecciato, dove si asciugavano i panni in casa sul calore del braciere.

Ma ora non lo utilizzi più?

No, ora no.

Ti manca utilizzare questi oggetti?

Beh, adesso con la nuova tecnologia e le nuove cose certamente è molto più facile: basta un click, accendi i termosifoni e tutta la casa si riscalda. Ma prima la vita si conduceva in una maniera diversa, c’erano meno impegni, le donne non lavoravano e quindi la sera si riuniva la famiglia tutt’attorno alla tavola, al braciere, ma si conduceva una vita completamente diversa.

Anche la tua famiglia prima conduceva questo stile di vita?

Mia madre certamente, ma già da i miei tempi no… da quando sono nata io, mi ricordo la televisione in bianco e nero e poi tutti gli altri oggetti che adesso ti facilitano molto la vita, tutti questi oggetti sia per la cucina che per il resto.

Però nonostante queste innovazioni vedo che per cucinare utilizzi questa rotellina che è un oggetto antico.

Abbastanza antica… sì sì, è vero.

Adesso un’altra cosa da fare, appena finiamo tutti i calzungérre, è punzecchiare sopra la pasta, in modo che esca un po’ di quell’aria che si è formata all’interno, proprio per evitare che durante la cottura si aprano.

Ci vuole pazienza. Ecco perché prima ho detto che non è un lavoro da fare tutti i giorni. La domenica insomma mangiare la pasta ripiena richiede molto tempo.

Invece in settimana che cosa cucini? Hai un menù fisso?

Beh insomma dopo aver mangiato la domenica le cose buone, come il ragù, il lunedì in genere la verdura. Poi più o meno si rispetta la ciclicità dei prodotti e anche della settimana. Allora magari il martedì pasta al sugo o pomodorini e rucola. Poi il mercoledì e il venerdì il pesce, il giovedì sempre il sughetto. Poi il sabato, il classico in ogni famiglia altamurana, soprattutto d’inverno, in ogni famiglia che si rispetti, il brodo di carne. E magari nel brodo anche la tagliolina con le uova fatta in casa era una cosa buonissima…

Come lo fai il brodo?

Brodo di carne di muscolo o di spezzatino.

Sempre con la pasta fatta in casa?

No, non sempre. Però insomma, adesso la pasta fatta in casa viene sostituita spesso dai tortellini già comprati. Però la pasta fatta in casa ha tutto un altro gusto e sapore.

Ora devo controllare se l’acqua già bolle.

Poi la bellezza della rotellina è che alcuni sono più piccoli, altri più grossi, più rotondi, altri più grandi… ed è proprio questa la cosa più bella.

Non vengono tutti uguali e si vede che sono fatti a mano.

Eh sì e si vede che non sono comprati, che sono una cosa artigianale e non industriale.

L’acqua bolle e io direi che possiamo calare la pasta. Il sugo è pronto. Allora nell’acqua prima di mettere i ravioli, dobbiamo mettere il sale e già la rendiamo salata e un goccio d’olio per non fare attaccare la pasta fatta in casa, però diciamo che in genere con la pasta all’uovo non dovrebbe servire l’uovo, perché la pasta all’uovo non si attacca; di più con le tagliatelle, i capunti, i capuntini, di più con quella pasta.

Ecco adesso dobbiamo punzecchiare la pasta sopra in modo tale che…

…esca un po’ d’aria…

Sì, che esca un po’ d’aria esatto. Bene questi già sono pronti.

Ci vuole molto per la cottura?

No, appena salgono a galla. Non si mettono tutti insieme, perché altrimenti nel tegame non prendono subito il bollore e si mettono poco alla volta. Io incomincio a togliere anche questo. Così ci prepariamo anche per poter servire a tavola.

Adesso bisogna riordinare il tavolo prima di apparecchiare?

Eh sì sì, sistemiamo la tovaglia. Questi non servono più…

E con quelli cosa farai? Li riutilizzi magari per un altro pranzo o per un’altra pietanza?

La ricotta avanzata? Si può fare benissimo anche il dolce domani. Domani con dei biscotti sbriciolati sul fondo della teglia si mette il composto di ricotta, si fa cuocere in forno e viene una buona pizza di ricotta dolce, magari aggiungendo anche delle gocce di cioccolato o del cioccolato tritato. Ecco perché dicevo prima che non si butta nulla.

Nel frattempo apparecchiamo la tavola, questo lo lasciamo qui, puliamo qua sopra prima di apparecchiare.

Ci tieni a curare l’estetica della mensa?

Soprattutto, perché come si dice l’occhio vuole sempre la sua parte: quindi prima di tutto l’occhio, poi il gusto e il palato. Adesso vado a prendere la tovaglia. Ché appena salgono a galla i ravioli, i calzungérre sono pronti e possiamo servire.

Ci tieni ad abbinare i tovaglioli al colore della tovaglia…?

Sì, soprattutto quando ci riuniamo a Natale o a Pasqua. Allora quando si riuniscono le famiglie si dà molta più importanza a come sistemare la tavola con bicchieri più “importanti”, altri tipi di piatti che non usiamo tutti i giorni. Quindi diciamo che diamo più attenzione soprattutto quando c’è qualcuno che viene a casa, ma tutti i giorni comunque la tovaglia, i piatti, i sottopiatti si mettono sempre tutti i giorni.

Hai tanti servizi di piatti?

Beh tanti tanti no…

Bicchieri?

Bicchieri sì, bicchieri a calice… poi soprattutto quando si è in più persone si ha bisogno di tanti piatti tutti uguali, quindi tiriamo fuori il servizio con i piatti tutti uguali. Ecco fatto.

Io metto il sale alla pasta, così appena si scioglie… l’assaggio prima l’acqua se è salata a sufficienza.

Adesso li calo alcuni alla volta. Il tempo di farli salire a galla e di farli bollire qualche secondo, non moltissimo, e li possiamo scolare. Nel frattempo mi riavvicino il sugo che oramai è pronto. È molto saporito questo sugo di braciolette. Guardate, ha rilasciato anche un bel po’ di olio. Incomincio a mettere un po’ di fondo di sugo qui dentro, perché li servo a tavola in questa pirofila. Li facciamo stare ancora qualche secondo e poi li possiamo togliere con questo scolapasta da dentro; si tolgono o con questo o con la schiumaiola.

Che cos’è questa?

Eh, fa scolare bene l’acqua e li possiamo prendere senza farli rompere, perché se li tuffiamo direttamente tutti nello scolapasta rischiamo di romperli e poi, oltretutto, l’acqua mi serve per poter cucinare gli altri.

Io direi che sono pronti. Li metto qua dentro. Adesso qui metto gli altri e condisco i ravioli con il formaggio, il parmigiano, e il sugo che continuo a rimanere in caldo sempre riscaldato, in modo tale che i ravioli non perdano di calore fino a che non li portiamo a tavola.

Li condisci a strati?

Sì.

Per far amalgamare?

Sì, per far amalgamare il tutto.

Qui devono salire ancora a galla; facciamoli stare qui a cuocere ancora un po’ e poi a tavola li possiamo servire nei piatti. Facciamo prendere di nuovo il bollore.

Questo è peperoncino?

Sono i peperoni cruschi, sono propri della Basilicata e quindi ogni tanto noi li utilizziamo. Si tagliano da questa corda, si friggono in olio, poi si tagliano, si tolgono tutti i semini da dentro e li gustiamo su pasta e fagioli, pasta e rape. Sono molto buoni con questo tipo di piatto!

E questo te l’ha insegnato qualcuno?

No, questi non sono proprio della nostra tradizione, sono soprattutto della Basilicata, però siccome piacciono e li abbiamo assaggiati presso casa di amici, allora io li acquisto e li facciamo anche noi, perché mi piace sperimentare ed assaggiare tutte queste cose delle altre regioni. Soprattutto in Italia ci sono tanti di quei piatti e mi piace sperimentare da Nord a Sud e c’è un’abbondanza di ricette. Ed è tutta bella l’Italia sia per questo, che a livello enogastronomico è completa e tu non ti puoi mai annoiare ad assaggiare un prodotto, perché ogni regione ha la sua particolarità; per questo l’Italia è davvero eccezionale dal punto di vista della cucina e della gastronomia.

Il nostro piatto è già concluso.

Cucini anche piatti del Nord?

Certe volte ho fatto anche la Polenta, però non sempre perché noi non abbiamo questa cultura. Però mi piace variare molto.

Come fai la Polenta?

La Polenta l’ho fatta con il ragù, oppure quando si è mantenuta più soda, il giorno l’ho cucinata, pasticciata, al forno, oppure a medaglione.

Ecco io ci metto l’altro formaggio, poi a tavola ognuno, nel piatto, se vuole ci mette l’altro sugo o l’altro formaggio.

Adesso lo porti in tavola?

Lo portiamo in tavola e possiamo prendere questo; prendo un sottopentola anche.

Se avessimo avuto del tempo, avrei fatto delle tagliatelle, che accompagnano bene. Si faceva… anzi si fanno tutt’ora i ravioli e delle tagliatelle a lato, così si gustano i due sapori.

Questo è il piatto finito. E adesso possiamo assaggiare e buon appetito!

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Ragù della domenica (Matera)

Il ragù della domenica
ricetta proveniente da Matera preparata da Angela Ausilio, intervistata a Matera il 23 agosto 2009 da Anna Tortorelli

Entro in cucina di Angela Ausilio, la quale, in piedi e davanti al tavolo taglia piccole e circolari fette di salame (prodotto in casa), su un apposito tagliere in legno e facendo uso di un grosso coltello affilato, per la preparazione del Ragù della Domenica.

Angela, che cosa devi preparare oggi?
Beh, essendo domenica, io sono molto fedele alla tradizione, per cui la domenica faccio normalmente la pasta, a volte fatta in casa, anche con il ragù. Quindi sto preparando tutti gli ingredienti per poter fare un buon ragù.

Cominci dal salame?
Sì, perché oggi ho deciso di fare delle braciole quindi, questi involtini di carne io normalmente li faccio con un po’ di salame, del formaggio. Poi aggiungerò altra carne tipo la salsiccia perché secondo me il ragù è più saporito se ci sono vari tipi di carne e anche perché si da la possibilità, alle persone che comunque stanno a tavola, ai commensali, di poter scegliere il pezzo più buono e più gustoso per loro. Metterò un po’ di spezzatino di carne, un po’ di queste braciole, un po’ di salsiccia. Sto affettando il salame perché affettarlo sul momento rende tutto più gustoso, insomma, perché non si secca in frigorifero.

Ma come ti regoli con la quantità del salame in base ai commensali? Scegli tu la quantità, il peso?
Io intanto lo sto affettando. Sicuramente avanzerà.. di certo avanzerà. No, più che in base ai commensali mi regolo in base alla quantità delle fettine per gli involtini da fare. Normalmente io lo faccio poi se avanza comunque viene consumato in altro modo.

Senti, dopo il salame come procedi?
Allora dopo il salame, ora ti farò vedere, prendo la carne e la riempio con del salame un po’ di parmigiano.
Al contrario di quello che fanno altre persone, in cucina ognuno poi con la sua fantasia può modificare il tutto, non metto l’aglio. L’aglio, per esempio, è un qualcosa di molto personale, un gusto molto personale per cui non lo metto. Ci metto giusto il salame, il parmigiano e poi avvolgo questa fettina, la fermo con lo stuzzicadente. Ora ti farò vedere…

Questo cos’è per esempio?
Queste sono le fettine che serviranno per fare gli involtini..
Ora vedi le sciacquo un po’ perché chiaramente quando le compri esce un po’ di sangue, per una questione di igiene…

Dove l’hai comprata questa carne?
A dire la verità oggi è domenica. Io normalmente la spesa la faccio il sabato. Ho dei miei supermercati di fiducia ( chiaramente non faccio nome) per cui so che la carne è buona e la reputo abbastanza fresca.

In questo modo tu la stai sciacquando per…?
La sto sciacquando per togliere, se tu vedi nella vaschetta, rimane del sangue.. Francamente non è molto igienico. A me non piace proprio prendere la carne così come sta nella vaschetta.

Pensi comunque che sia più genuina o meno genuina prenderla dal supermercato o dal classico macellaio di fiducia?
Certamente se conosci la persona.. ti devi veramente fidare del macellaio.. Però ci sono dei supermercati dove effettivamente la carne risulta abbastanza fresca. Sarà perchè viene consumata subito. Io ho girato parecchi supermercati quindi dove la prendo.. mi posso fidare, sì. (cerca piatti di plastica ma poi prende il tagliere bianco per stendere le fettine di carne).

Ma ti piace fare il ragù di domenica o solitamente scegli un’altra pietanza da preparare? Oppure magari dipende se è un’occorrenza?
Normalmente faccio il ragù. Però io ho sempre associato la domenica alla preparazione di qualcosa di particolare, quindi il più delle volte capita che il ragù viene sostituito dalla pasta al forno o da altre cose.. comunque devi prepararlo per fare la pasta al forno. Il ragù è la base di tanti piatti. Ecco guarda (mostra come preparerà gli involtini)…

Che carne sarebbe questa? (intendendo la natura) Sono fettine di…?
Sono fettine di vitello, molto tenere.

Come mai le stendi così sul tagliere?
Perché così possono essere avvolte meglio. Allora ci mettiamo un po’ di salame, un po’ di parmigiano.

Ma tu lo hai sempre fatto il ragù o lo hai imparato a fare nel corso della vita? Oppure lo hai sempre fatto anche a casa? (intendendo la casa dei genitori). Te lo ha insegnato qualcuno?
A dire la verità è successo da quando mi sono sposata.. forse come tutte le ragazze. Perché in un primo momento, chiaramente a casa mia, lo faceva mia madre, anche se, devo dire anche questo, la preparazione era molto diversa. Perché, eppure sto parlando di una cinquantina di anni fa, la preparazione del ragù era completamente diversa. Io ricordo della domenica con questo odore particolare del ragù…sai allora non era consuetudine farlo sempre. Normalmente lo si faceva soltanto la domenica anche per motivi economici. Non c’erano tanti soldi. Per cui la domenica si sentiva questo odore strano, strano e piacevole perché mi ricordava che era arrivata la domenica, un giorno di festa.
Gli ingredienti certamente non erano questi, io questi ingredienti non li ricordo, per tanti motivi. Casa mia era una casa non di contadini. Mia madre aveva dei terreni per cui coltivava delle cose sue, proprie. Allevava anche gli animali, tipo le galline. Si ammazzava la gallina oppure durante l’inverno si ammazzava il maiale. Il maiale poi veniva utilizzato in tutti i piatti che si preparavano durante l’anno e quindi anche nel ragù. Si facevano degli involtini con la cosiddetta cotica del maiale (la pelle del maiale). Io questa cosa me la ricordo benissimo. E si conservavano questi involtini proprio per essere usati sia per fare il ragù sia per dare più sapore al brodo quando si lessavano le verdure (anche se a me non è mia piaciuto perché era molto grasso). Non si usava l’olio, ricordo benissimo, si usava la sugna. Questi odori ora non li sento più però dentro di me è rimasta questa cosa di fare qualcosa di particolare comunque la domenica. Sarà perché la domenica la famiglia è più riunita. Sarà perché, soprattutto adesso con la vita che si fa, non è che si ha la possibilità di stare tutti a tavola per tanto tempo. La domenica è la giornata in cui si può stare di più. Non a caso io normalmente faccio qualcosa di particolare (ragù o dolce che non viene fatto tutti i giorni). Ho sempre associato questi odori alla festa ma ho imparato dopo. Ho adattato a quello che ritenevo più giusto la ricetta del ragù. Se tu vai in altre zone d’Italia comunque viene fatto anche in altro modo, con altri ingredienti.

Tu hai avuto modo di confrontarti con altre tradizioni dello stesso ragù?
Si andando in giro.. a Napoli lo si fa in un certo modo si mettono determinati ingredienti, in Val d’Aosta e a Milano si usa più burro che l’olio. Ci sono delle differenze rispetto a quello che semmai sto facendo io oggi.

Possiamo dire, secondo te, che il ragù può essere stato, un tempo, il piatto dei ricchi rispetto invece a quello delle classi popolari, almeno di domenica?
No, proprio dei ricchi no. Perché io credo che in ogni casa lo si faceva. Forse gli ingredienti erano diversi. Ricordo che mia madre non è mai andata in macelleria a comprare come facciamo adesso. Forse i ricchi, ecco, andavano in macelleria a comprare la carne per fare il ragù. Le persone più modeste, più umili usavano come carne quello che loro riuscivano ad allevare nei campi. Però io ricordo che anche le persone più umili riuscivano a fare il ragù, anche finto, senza carne. (ricorda l’odore dei violetti del suo paese d’origine). La domenica veniva sempre identificata, ricordo che le feste venivano identificate con questi odori. Secondo me è sempre stato fatto. E’ stato il piatto, la ricetta usata da più tempo. Certo adesso gli ingredienti sono forse più sofisticati. Una cosa del genere non ci sarebbe mai stata al tempo di mia madre. Mettere la salsiccia, come faremo oggi, lo spezzatino, questo altro tipo di carne. Però a volte, ti sembrerà strano, per motivi economici, si facevano addirittura delle polpet con la simmenthal, che costava pochissimo. Ora che ricordo si facevano delle polpette con la mollica di pane, la simmenthal, era quasi una presa in giro come per dire: “ abbiamo fatto il sugo con la carne” che poi di carne ce n’era poca che niente ma si faceva.. Non credo proprio si possa considerare il ragù come una torta… Forse le torte all’epoca non si usavano ma il ragù io credo si sia sempre usato e fatto più o meno anche con ingredienti più poveri rispetto a quelli che sto usando io oggi.
Allora adesso dovremmo soffriggere questi pezzi di carne. Quindi io provvederò a sbucciare la cipolla. Se tu vedi io ho messo qui fuori tutti gli ingredienti. Quando io faccio qualcosa, anche quando faccio dolci, preferisco avere tutto sotto mano per non perdere poi tempo. Soprattutto perché consultando eventualmente anche il ricettario, mi sono resa conto, nel corso degli anni, che è sempre meglio mettere tutto a portata di mano per evitare di cominciare una preparazione e poi rendersi conto che manca un ingrediente qualsiasi. Assicurarsi che si abbia tutto per poi procedere a fare il piatto.
Ora provvederò a sbucciare la cipolla.
Quindi, Angela, possiamo dire che la tua cucina è un incrocio fra la tradizione e la letteratura colta, visto che fai anche uso di ricettari?
Io faccio uso di ricettari perché mi piace provare sempre cose nuove anche se non fanno parte della nostra tradizione. Faccio per dirti: l’altra sera ho provato a fare la piadina che è una preparazione tipicamente romagnola. Voglio “ provare a mettermi alla prova”.. ecco diciamo così.

Ma che cosa ti spinge a stare in cucina?
Non lo so… (pensando) se ti devo dire la verità non lo so. A me è sempre piaciuto stare in cucina da quando ero piccola. Da quando vedevo mia madre fare il pane in casa perché non si usava comprare il pane. Lo si faceva in casa. Ricordo che io ero piccolissima, avevo 3 o 4 anni, avevo già questa voglia di prendermi un po’ di farina, di impastare. Molto probabilmente, non me lo sono mai chiesto, per me fare qualcosa in cucina è come fare qualcosa di bello per i miei figli, farli mangiare qualcosa di particolare. E’ quasi un sinonimo della famiglia unita.. Credo sia così.. non me lo sono mai chiesto. Mi piace stare in cucina, mi piace mettermi alla prova. Fare qualcosa sempre più complicato rispetto a quello della volta precedente.

Esprimi te stessa attraverso la cucina?
Esprimo me stessa. Forse perché così ,siccome molte volte capita anche che modifico i piatti, forse ci metto anche della mia fantasia. Esprimo la mia Fantasia…

Ma ti sei mai confrontata, per esempio, con altre persone che potrebbero avere la tua stessa capacità in cucina? C’è stato qualcuno effettivamente che in più di una occasione ti ha fatto notare che magari la tua preparazione è avanzata in cucina? Proprio perché deriva da una tua passione, da un tuo modo di stare bene con i fornelli?
Sì, sì. A me è capitato. Per esempio ho un’amica che spesso mi chiama perché lei “va in tilt” , cade nel panico quando qualche sua amica va a casa e quindi deve preparare qualcosa di particolare. Lei comincia a dire: “ma io non so da che parte cominciare” e quindi semmai ci mettiamo insieme a preparare qualcosa perché lei dice che non ha proprio fantasia in cucina. Perché serve anche quella.

E per te la fantasia che cos’è in cucina?
Per me la fantasia in cucina è mettere qualcosa di mio. Modificare e rendermi conto che semmai quella cosa va bene. Può anche non andar bene ma non importa. L’importante è che abbia messo qualcosa di mio. Poi se va bene sono anche più soddisfatta chiaramente.
(passa alla spiegazione di quello che sta facendo durante la conversazione) Come vedi ho punzecchiato la salsiccia perché nel friggere scoppietta. Invece se viene punzecchiata, da questi buchini esce il grasso che c’è dentro e quindi scoppietta meno. Ora ci aggiungiamo anche lo spezzatino.

Quanto tempo di cottura necessita, più o meno, questa preparazione?
Allora bisogna farla soffriggere, ora vedrai appena comincia a rosolare la toglieremo perché serve giusto per far insaporire un po’ la carne con l’olio. (Nel frattempo ripete l’operazione di lavare la carne e traslarla in padella sul fuoco). Perché la vera cottura poi avverrà con i pelati, con i pomodori.

Senti Angela, secondo te, la freschezza che c’è oggi è la stessa che poteva esserci un tempo con i prodotti?
Assolutamente no. Questo è fuori dubbio. Quando io vedevo mia madre, il sabato sera ammazzare la gallina, anche se mi faceva una gran pena, perché mi piacciono gli animali, perché il giorno dopo doveva fare il sugo certamente il ragù non era paragonabile a quello che io vado a comprare dal macellaio/supermercato di fiducia. Non è assolutamente paragonabile.
Sarà anche per questo che c’erano dei sapori diversi. Io ricordo (mentre versa circolarmente dell’olio sulla carne posta sul fuoco in padella) il sapore del ragù di prima. Non è certamente lo stesso sapore di adesso. Ha proprio perso quel gusto particolare che aveva. Noi ci possiamo mettere qualsiasi cosa non è più lo stesso sapore di prima.
Allora io ora ho messo l’olio, la cipolla. Provvedo a farlo soffriggere e dopo un po’ si dice “si spegne con il vino bianco”.

Perché si spegne? (Angela copre la pentola con un grande coperchio).
Perché così viene a perdere quel sapore intenso di carne soffritta.

Tornando al sapore quindi di prima, hai detto che la freschezza di oggi non si può paragonare a quella di un tempo. Che cosa ti fa ricordare effettivamente il ragù di una domenica del passato rispetto a quello che puoi preparare tu oggi, che siamo comunque nell’era del consumismo?
Adesso è diventata quasi una cosa normale fare il ragù. Anche i ragazzi, per esempio, i miei figli, quando dicono “che cosa mangiamo oggi?” “Pasta con il sugo” “Aah sempre la solita pasta con il sugo” .
E’ cambiato l’approccio con il cibo. Invece nel momento in cui sapevo che arrivava il sabato, noi ragazzi eravamo contenti perché la domenica dovevamo mangiare la pasta con il sugo. Capisci la differenza? Era tutto molto molto diverso.
Nel momento in cui, per esempio, era estate, io ricordo benissimo, che mia madre faceva la salsa con i pomodori (intanto gira e capovolge la carne che cuoce in padella). Chiaramente erano pomodori sempre coltivati da lei, pomodori che avevano un certo sapore ecc..
Ricordo mia madre che diceva ad un certo punto: “beh questa parte di pomodori la dedichiamo ad essiccarla al sole “.
Devi sapere che prima una parte di passato di pomodoro si essiccava al sole proprio per permettere poi l’inverno di fare questo ragù così intenso così pesante. Perché comunque prima si mangiava pesante rispetto a come mangiamo oggi. Questo è fuori dubbio. Ti ho detto che si usava la sugna, chiaramente oggi non ce lo potremmo neanche permettere con tutti i problemi che abbiamo di colesterolo e tutto il resto.
Però si usava la sugna, si usava la cotica del maiale e si usava anche questa conserva, veniva chiamata conserva.
Ricordo questi tavoli enormi sul balcone ad essiccare al sole con il telo sopra per una questione di igiene e poi venivano messi in delle vasche di creta e l’inverno soprattutto si aggiungevano (tu vedrai che noi mettiamo i pelati oggi e un po’ di passata, giusto per rendere il sugo meno liquido).
E invece mia madre per esempio, i pelati non esistevano all’epoca, metteva il suo passato sempre fatto da lei più questi cucchiai. Perché era tipo marmellata condensata. Cucchiai di conserva. Per cui veniva fuori questo sugo dall’odore molto molto intenso e particolare (l’espressione del viso non è di gradimento) che certamente oggi non si trova più e anche dal sapore così intenso.
Oggi abbiamo la possibilità di spaziare come ingredienti. Oggi abbiamo la possibilità di preparare questo sugo particolare che poi è abituale, con la salsiccia, con la braciola, con lo spezzatino. Prima semmai era un pezzettino di pollo o per assurdo le polpette addirittura con la simmenthal, certamente il sapore era completamente diverso. Oggi i sapori si sono persi. Io non mi ritrovo più. Eppure ho il ricordo…
Ma ci sono dei sapori, per esempio, che ti rimandano ancora oggi a delle nostalgie oppure a dei ricordi che non puoi più vivere perché effettivamente è cambiata la condizione spazio-temporale ma anche la stessa esigenza del mangiare, perché magari prima la carne la mangiavi soltanto in alcune occasioni, oppure nei rituali festivi o eventi folkloristici.. oggi invece la carne la mangiamo anche durante la settimana.

Ci sono dei sapori oggi che magari ti fanno ricordare un particolare evento di bambina che magari hai vissuto, piuttosto che una nostalgia una sorta di malinconia che ti lega al passato o al contrario: tu mitizzi il passato o invece lo rifiuti perché oggi si può accedere alle stesse varietà culinarie o altri tipi di prodotti proprio perché l’innovazione ci porta avanti anche nella cucina?
Come ingredienti, certamente, come già detto siamo alla grande però i sapori non sono quelli di una volta. Per esempio, una cosa che a me è rimasta in mente, al di là del sugo, del ragù da preparare la domenica. Io non troverò mai più una cosa del genere in cucina perché non si fa più: quando era il periodo invernale per cui si ammazzava il maiale, vedevo questa tavola , è arrivato il momento di sfumare il preparato con del vino,
Adesso è arrivato il momento del vino… Si’ lo sfumiamo con il vino.. (versa del vino bianco sulla carne)

Il vino bianco ha proprio questa proprietà? Perché proprio il vino bianco e non un altro?
Perché il vino bianco, intanto non da quel colore scuro essendo bianco. E’ quello più usato in cucina. Il vino rosso normalmente, su tutte le ricette non troverai quasi mai vino rosso per “spegnere” la carne perché il vino rosso comunque macchierebbe la carne. Quindi resterebbe… , ho aggiunto anche l’alloro che profuma.

Che funzione ha l’alloro in questo caso?
L’alloro ha soltanto la funzione di aromatizzare la carne. Quindi ti stavo dicendo, il vino bianco comunque nella preparazione anche del pesce, della carne lo troverai sempre. E’ difficile trovare nelle ricette l’uso del vino rosso. Il vino rosso, anche quello rosato, macchia. Anche se fai, per esempio, delle scaloppine tu troverai sempre l’uso del vino bianco mai quello del vino rosso perché poi non è bello vedere, anche se la funzione è la stessa, nel piatto questa carne macchiata di rosso.

Ore 11.00
Allora abbiamo fatto soffriggere un po’ la carne chiaramente non deve friggere molto. E anche qui ti devo dire che c’è una notevole differenza rispetto al ragù preparato prima perché io ricordo benissimo che la carne veniva proprio fritta. Noi ora useremo questa pentola per aggiungere i pelati. Io ricordo che la carne veniva completamente fritta e addirittura mia madre trasferiva una parte di olio fritto dentro la pentola e poi ci aggiungeva i pelati. Quindi puoi bene immaginare la pesantezza di questo sugo.
Prima parlavamo delle diversità e stavamo anche parlando dei sapori diversi di qualcosa che oggi non ritrovo più. (Intanto trasferisce nella pentola posta sul fornello la carne, dalla pentola antiaderente. Fa uso di una pinza). Ti stavo raccontando la storia di quando si ammazzava il maiale, ricordo questa tavola enorme dove si selezionava la carne del maiale. Perché ogni pezzo del maiale aveva poi la sua funzione, ogni pezzo di carne aveva la sua funzione. C’era la carne più prelibata, si faceva il salame. Quella meno prelibata.. ogni pezzo veniva selezionato in un certo modo. E ricordo mia madre e mia nonna , addirittura, quando erano alle prese con il riempire l’intestino per fare poi la salsiccia da fare essiccare, si condiva questa carne fatta a pezzettini. Era enorme. Era una montagna di carne. E si impastava addirittura con le mani e si provvedeva a condirla con il sale, con il finocchio, con il peperoncino piccante, poi dipendeva da come si doveva fare il salame. Se di doveva fare piccante o dolce. E ricordo che per vedere se era stata condita nel modo giusto si prendeva un pentolino molto piccolo tipo questo (indicando l’antiaderente) e si metteva un po’ di questa carne a soffriggerla. Noi bambini, io, mia sorella, mio fratello aspettavamo lì per assaggiare questa carne. Chiaramente noi non la assaggiavamo con l’intento di capire se era stata condita bene. L’assaggiavamo perché era un momento di festa. Mentre mia madre l’assaggiava per vedere se il condimento era giusto. E’ chiaro che da quel momento in poi, da quando mia madre non ha fatto più di queste cose, io non ho più avuto questo sapore. E ormai è rimasto soltanto un ricordo (con amarezza).
Questo è uno di quei ricordi di sapori che ormai non ho più trovato. Come vedi, (si avvicina verso il lavandino) a differenza di quanto si faceva prima, io non ho fatto soffriggere, non ho fatto consumare tutto l’olio tutto il sugo perché altrimenti diventa molto pesante. E ho trasferito la carne nella pentola dove adesso andremo ad aggiungere i pelati e provvederemo a far cuocere lentamente questo sugo per circa un’ora. (Ripulisce la pentola dove è soffritta la carne gettando via i residui di alloro).

Ma si può chiamare quindi “tipico” il ragù che si fa oggi proprio in funzione di queste diversità che hai indicato?
Secondo me non è più quello di una volta quindi io non lo chiamerei “tipico” assolutamente.
Io ho una cinquantina d’anni e per cui già ricordo tutte queste diversità figuriamoci se andassimo a ritroso nel tempo, credo che non si sarebbe quasi nulla di quello che si faceva una volta, assolutamente. Vuoi per gli ingredienti, vuoi anche per il procedimento (intanto apre la latta dei pelati). E’ rimasto qualcosa indubbiamente però non è più quello di una volta.
Come vedi adesso provvedo ad aprire i pelati (li versa nel contenitore dove saranno frullati).

Dove stai svuotando la latta dei pelati? Che attrezzo è questo?
Questo è un frullatore ad immersione. Serve per frullare il tutto perché francamente a me non piace trovare i pelati. Si potrebbero anche spezzettare, schiacciare con la forchetta però normalmente a noi piace trovare qualcosa di più sottile, altrimenti resterebbe comunque un po’ di pomodoro non macinato. Quindi c’è questo attrezzino elettrico, frullatore ad immersione, (provvede a collegare la spina con la presa e a metterlo in funzione).

E prima che non esisteva il frullatore ad immersione?
Prima che non esisteva, c’era, per chi voleva questo sugo così sottile, il cosiddetto passa pomodoro che era un attrezzino un po’ particolare (gesticola con le mani nella descrizione) sembrava un pentagono con dei filtrini sotto a manovella e si provvedeva a passare il sugo. Si usa ancora adesso sicuramente perché questo stesso ragù che oggi noi stiamo facendo con i pelati, essendo agosto, avremmo potuto farlo anche con i pomodori freschi. Nel senso di raccogliere i pomodori in campagna, quelli rossi e fare tipo passata come quando si fa la conserva. Il pomodoro passato nelle bottiglie e poi con lo stesso procedimento ricavare passando appunto attraverso il passa pomodoro e quindi separare le bucce del pomodoro dalla polpa, proprio dal succo. Però noi oggi abbiamo usato i pelati. Vedi schiacciando ed immergendolo il pomodoro viene triturato.

Secondo te la bontà di un prodotto oggi può essere agevolata dal fatto che si hanno più attrezzi rispetto al passato? Quindi proprio perché il gusto più sottile lo preferisci, la raffinatezza del gusto può dipendere dal fatto che oggi si hanno più attrezzi rispetto a prima?
Certamente il gusto è più raffinato. Però se si parla di gusti particolari è chiaro che oggi, secondo me, non si trovano più. Certo siamo agevolati da tanti elettrodomestici indubbiamente. Quello che io sto facendo adesso prima si faceva “perdendo” più tempo, questo è vero. Molte volte non lo si faceva proprio. Si faceva anche il ragù con le bucce del pomodoro per gente alla quale piaceva, non si creavano proprio problemi.
Il gusto certamente è più raffinato. Però gusto e sapore secondo me sono due cose proprio completamente diverse.

Che cosa intendi tu per gusto e che cosa intendi per sapore?
Il sapore è quella aroma che ti rimane in bocca. Anche quel retrogusto che ti resta in bocca quando mangi qualche cosa, questo è il sapore.
Il gusto poi è il pomodoro più sottile, più fine. Però gusto e sapore secondo me sono due cose che non legano se facciamo riferimento alla tradizione. Perché come gusto forse oggi c’è più gusto, ma come sapore c’era il sapore. Io la penso così.

E il sapore può essere legato al saper-fare? Al saper cucinare?
Sì, saper fare, saper cucinare senza dubbio è importante. Però io faccio una questione di ingredienti. Per me gli ingredienti di una volta non ci sono più. Puoi sapere anche cucinare oggi, forse puoi fare qualcosa di saporito però certamente se tu vai alla ricerca dei sapori di una volta per me non esistono più. Quindi sono dei sapori diversi.
Come sono cambiate tante cose comunque è cambiato anche il sapore. E’ soltanto che noi adesso ci siamo adattati a questi sapori, ci siamo ormai abituati a questi sapori. Molto probabilmente non ci piacerebbe neanche più il ragù fatto come lo faceva mia madre e mia nonna perché non ci siamo abituati. Ci risulterebbe strano, pesante. Certamente se a me qualcuno mi dicesse di mangiare la carne con il ragù fatto con la cotica del maiale io non lo mangerei mai.
Adesso ci siamo adattati a questi ingredienti e allora a questo punto devi cercare di dare il sapore a questi ingredienti. Quindi fare qualcosa con il sapore di adesso. Però fare un paragone secondo me non è proprio possibile.

Ma tu sei mai andata alla ricerca di quegli ingredienti che potessero sostituire il sapore di una volta?

Ma anche se vai alla ricerca di questi ingredienti… allora mia madre è ancora viva e dice sempre: “compriamo la carne di maiale?” Lei che ha avuto i maiali, li ha allevati poi li ha consumati, dice sempre “questa carne non ha più il sapore di una volta” (facendo riferimento a tutti gli anziani).

Che cosa vuol dire?
Secondo me vuol dire che anche se tu vai alla ricerca anche del prodotto che tu ritieni più genuino essendo cambiato tutto è difficile oggigiorno ritrovare gli stessi sapori. Tu vedrai, ora che sarà pronto il ragù, vedrai che cercherò di grattugiare il formaggio perché, sì, abbiamo usato questo già pronto giusto per la carne, per una questione di tempo, però per la pasta cercherò di grattugiare il formaggio perché grattugiato al momento, un po’ come il caffè, è più saporito.
Tu devi sapere che un tempo, ricordo, dopo aver condito la pasta, per esempio, si usava una radice, che a volte si trova ancora in commercio, si chiama il rafano.
E’ una radice molto particolare, piccante dal sapore. Viene grattugiata e da un sapore molto piccante alla pasta. (esprimendo suoi pareri) E’ un sapore bruttissimo a me non piace però io ricordo che a casa si usava. E lo si grattugiava al momento. Lo si metteva addirittura sopra la pasta e sopra il formaggio.
Poco tempo fa ho trovato questa cosa al supermercato e per fare così un pensierino a mia madre gliel’ho preso. Mia madre che cosa mi ha detto? Usandolo sulla pasta mi ha detto: “però questo rafano non è più come quello di una volta” . Quindi, voglio dire, evidentemente con tutta la buona volontà, anche se tu trovi gli stessi ingredienti di una volta per come sono cambiate le cose, ormai i sapori non sono per niente uguali. Almeno lei che ha vissuto in un’altra epoca (ottanta anni), lei meglio di me non riesce più a trovare questi sapori.
Allora, (rivolgendosi verso i fornelli indica la pentola) ho messo i pelati, e ora ci metto anche un po’ di passata per rendere un po’ più sostanzioso il sugo altrimenti viene un po’ lento, acquoso più che altro. Poi ci metto il sale (grosso)…

Più o meno per quanti commensali hai preparato?
Diciamo 5-6. Sì 5-6 persone possono tranquillamente consumare questo ragù. Adesso accendiamo il fornello a fuoco molto molto lento. Lo regoliamo,. deve cuocere, deve bollire per circa un’ora, un’ora e mezza.

Come mai a fuoco lento? Questo aiuta la cottura?
Perché altrimenti si brucerebbe subito e poi perché il ragù viene fatto proprio a fuoco lento per cercare di far cuocere meglio la carne, di fare amalgamare tutti i sapori, la carne con i pelati.
Per ultimo provvederemo poi a mettere il basilico che si mette per ultimo perché se lo si mette adesso l’aroma, quel bel sapore di basilico, si perderebbe nella cottura. Quindi lo si mette quasi a crudo. Si prende, lo si mette e si fa stare per cinque minuti il ragù poi lo si spegne per lessare la pasta e condirla.
(Intanto conserva quello che inizialmente aveva preventivamente esposto sul tavolo)
Io normalmente, nel momento in cui il ragù cuoce lavo quello che c’è da lavare perché così la cucina ha sempre un aspetto ordinato; perché non mi piace la cucina in disordine.

Ti è sempre piaciuto stare in cucina?
Si abbastanza, abbastanza.
E ora non dobbiamo far altro che aspettare che il ragù sia pronto fra un’oretta.
Per esempio, nel momento in cui si faceva il ragù, (sempre ritornando al passato) sai, si vendeva la pasta che compriamo oggi, la pasta nelle scatole. Però quasi nessuno provvedeva a comprarla. E io ricordo benissimo che la mattina della domenica, non solo mia madre si alzava presto perché doveva fare il ragù, forse quella era la parte meno impegnativa, la parte più impegnativa era fare la pasta fatta in casa. Si associava il ragù, quindi la domenica, alla pasta fatta in casa. Tipo cavatelli, orecchiette anche perché allora erano abbastanza brave ad impastare…

Tu l’hai mai fatta la pasta fatta in casa?
Sì, sì ma io la faccio tuttora.

Ti piace farla?
Non con la stessa velocità di una volta, sì certo mi piace farla. (tornando al pane) Per loro non era faticoso, assolutamente. Rispetto al pane era qualcosa di meno pesante (alludendo alla pasta fatta in casa). E quindi ricordo (allude a sua madre) che si metteva lì a fare le orecchiette e lì certamente lì ho avuto la voglia di imparare sia con lei che con mia nonna a fare la pasta fatta in casa.
Ti devo dire la verità: vado anche alla ricerca, siccome molte volte qui a Matera non trovo le attrezzature per la cucina, molte volte compro qualcosa di particolare attraverso giornali… quindi per corrispondenza; tipo non so un attrezzo particolare per fare le tagliatelle, un attrezzo particolare per fare le crepes, qualsiasi cosa che riguardi la cucina.

Quindi il tuo piacere di stare in cucina coincide anche con la ricerca di nuovi strumenti piuttosto che anche di sperimentare nuove ricette di cucina?
Sì esattamente. Non ti nascondo che non sempre “le ciambelle riescono con il buco” chiaramente. Ecco io, per esempio, ho un elenco di ricette con un indice dove addirittura ci metto un OK vicino oppure un NO se non è riuscita bene così non la rifaccio più. Per esempio a livello di dolci, soprattutto d’inverno (adesso è estate non c’è tanta voglia di stare vicino ai fornelli) ogni domenica è un dolce diverso proprio perché mi piace provare. E questa è una sfida con me stessa. Mi piace provare, mi piace fare le cose sempre un po’ più complicate rispetto alla volta precedente perché voglio vedere se ci riesco.
Se ti chiedessi di fare un paragone metaforico, vista la tua creatività, la tua fantasia: un piatto che più esprime la tua personalità e un piatto che la esprime meno, magari anche compatibilmente con le tue caratteristiche caratteriali, del tuo sentire, del tuo approccio alla vita…
Sicuramente il ragù è il piatto che lo esprime meno. Paradossalmente lo esprime meno perché al di là di tutto è una preparazione che può sembrare complicata ma complicata non lo è affatto.
Quello che invece esprime molto di più quella che potrei essere io è senz’altro la preparazione di una torta. Perché una torta la devi decorare, la devi presentare in certe circostanze, quindi è veramente una sfida alla fantasia. E poi, almeno per esperienza, basta poco. Il ragù ,bene o male, anche se non viene al top, sono sempre pomodori, carne… il sapore più o meno è quello.
Invece la torta, almeno a livello di presentabilità, di apparenza non basta poco. Se devi fare la panna colorata basta poco perché il colore non venga come quello che doveva essere.. lì ci vuole tanta pazienza e tanta tanta fantasia. Vedi forse quello è il piatto, la preparazione che più mi piace. Mi piace perché mi da la possibilità di spaziare di più con la fantasia..
La preparazione di una bella torta, con tanta panna sopra, i disegni…
Per esempio qualche tempo fa ho fatto una torta a forma di farfalla per delle amiche e francamente non sapevo se riuscirci perché era veramente coloratissima. E’ vero ho impiegato forse 3 ore per decorarla però poi alla fine sono rimasta soddisfatta perché guardavo la figura che era inclusa nello stampo e vedevo che era venuta proprio identica.. puoi capire sono forse anche quelle cose che ti danno anche più soddisfazione. Le preparazioni che ti danno più soddisfazione.

Hai mai riconosciuto in un piatto di non essere stata al massimo proprio perché magari provi un certo senso di antipatia verso la preparazione? Oppure al contrario, una soddisfazione maggiore proprio perché quel piatto ti piace di più , quindi la bontà del cibo è direttamente proporzionale al piacere di prepararlo?
Secondo me la bontà del cibo è direttamente proporzionale alle persone che devono partecipare al gustarlo. Mi spiego meglio: quando sono stata obbligata a preparare determinate torte, per eventi ai quali non volevo partecipare perché comunque non gradivo, ti dico che non è riuscito per niente bene.
Quando, invece, io sento qualcosa nei confronti della persona, nel caso della torta, che deve riceverla, che poi bisogna festeggiare, mi rendo conto che non è nemmeno il fatto di riuscire… forse è quello che uno prova dentro. Io esprimo me stessa quando faccio qualche cosa. Allora se quella persona mi è antipatica o comunque c’è qualcosa che non va, non riesco nemmeno ad esprimermi bene in cucina.
Invece se è una persona alla quale ci tengo, voglio fare bella figura perché semmai non ci sta della “ruggine” , non ci sta nulla, io credo che do il meglio di me stessa. Effettivamente faccio bella figura.
Quindi la vedo così.

Allora il cibo ritorna ad essere un modo per relazionarsi con gli altri…
Sì io penso sia proprio così.

Quindi non è soltanto un modo per nutrirsi, per sopravvivere.. è anche un modo per poter entrare in contatto con le persone.. per comunicare per conoscersi…
Sì in effetti io non ho mai visto la preparazione di qualcosa come il nutrirsi. D’altra parte io preparo, preparo, però mi nutro poco. Nel senso che anche se preparo non gusto poi così tanto. Mi piace giusto assaggiare per capire se ho fatto centro, se è una buona ricetta, se ne vale la pena ripeterla e basta.
Mi piace più farla perché, semmai ecco, è una circostanza particolare, voglio fare bella figura e voglio relazionarmi con quella persona. Questo sì. Hai perfettamente ragione.

Ore 12.30 -13.00
In che fase stiamo adesso?
Eh ormai il sugo, si può dire che è quasi pronto. Come puoi vedere sta bollendo alla grande. Quindi sta anche cocendo la carne con i vari pezzi di carne. Dobbiamo soltanto aspettare un po’ per arrivare alla fase proprio finale, quindi fra una decina di minuti, e mettere un po’ di basilico che da quell’ aroma particolare che sa quasi di estivo; visto che il basilico è una pianta prettamente estiva.
Nel frattempo, cercherò di grattugiare questo formaggio, il parmigiano (si accomoda sulla sedia e prende il pezzo del formaggio. Lo prende con delicatezza attraverso l’uso di un tovagliolo). Prima abbiamo visto, abbiamo usato per gli involtini di carne il parmigiano confezionato nella busta per motivi di tempo… per non perdere tanto tempo. Però sulla pasta, obiettivamente, è molto più buono quello grattugiato, diciamo fresco. E devo dire la verità che questo sistema di grattugiare il formaggio, sai oggi si usano gli elettrodomestici a corrente per grattugiare, le grattugie elettriche… però io ci sono particolarmente affezionata a questo sistema. Sarà perché è più pratico, indubbiamente di quelli elettrici, nel senso che grattugi giusto un pezzettino, quello che ti serve, non perdi tempo a infilare la spina e tutto il resto. Però è una cosa mia personale perché mi ricorda molto quando questo lavoro lo faceva mio papà, che non c’è più. Infatti, a casa mia quando ero piccola, ricordo che quando mia madre preparava il ragù la domenica, papà faceva questo lavoro qui, forse perché mamma si scocciava; forse perché aveva molto da fare, forse perché cercava di sfruttare, allora i mariti non è che aiutassero molto le mogli, comunque cercava di sfruttare questo “hobby” che aveva il marito di grattugiare il formaggio (la voce si emoziona).
Certamente non era il parmigiano, perché allora il parmigiano non si usava o forse lo usavano i ricchi non lo so. Io ricordo che normalmente papà grattugiava il pecorino perché era il formaggio che veniva fatto dai contadini. E quindi era quello che condiva il ragù. Cosa che oggi, non è che non si usi, però avendo un sapore molto piccante viene usato più dagli amanti del pecorino. Però normalmente si usa il parmigiano. E siccome il formaggio, allora non è che si mangiava spesso, si mangiava appunto quando si faceva il ragù, c’è un aneddoto che veramente fa ridere. Mi ricordo, ero piccolissima forse avevo 4 anni, però è qualcosa che ricordo benissimo.
Quando mio padre un giorno tornando dal lavoro, perché lavorava anche la domenica, faceva la stessa cosa che sto facendo io. E io ero piccolissima, girava intorno intorno, perché quando finiva il pezzetto che stava grattugiando papà (anche Angela ha in mano un pezzetto piccolo mantenuto sempre dal tovagliolo) tipo, ecco questo, quando il pecorino arrivava a questo punto (mostrando il pezzo) per non farsi male con le mani lo dava a me perché sapeva che ero come un topo, mi piacevano i formaggi.
E quel giorno papà era particolarmente arrabbiato, io stavo sempre intorno dicendo: “dammi un pezzo di formaggio” e siccome non c’era acqua, all’epoca l’acqua nelle case non c’era, e si andava alle fontane per prendere l’acqua. Quindi mia madre aveva tutte queste tinozze piene di acqua in giro. Praticamente andai a finire nella tinozza d’acqua per aspettare questo pezzo di formaggio che poi non arrivò perché mi misero sul balcone ad asciugare, tipo panno visto che eravamo in estate. Sarà per questo che mi è rimasta questa cosa di comprare questo tipo di grattugia (mostrandola) ne sono particolarmente affezionata a questo modo di grattugiare il formaggio.

Quindi anche prima si usava quella grattugia rotonda?
Sì, sì. Questa me la ricordo benissimo. Forse adesso è un po’ in disuso anche se si trovano ancora perché, chiaramente con la vita che si fa adesso, devi correre qua è là, figuriamoci se uno si mette con tanta buona volontà a grattugiare il formaggio. Se lo fa elettricamente se lo conserva oppure come ho fatto vedere prima si compra le bustine già fatto nel supermercato. Però quando è possibile, è preferibile farlo di fresco perché chiaramente ha un sapore diverso.

Ma alla luce di quello che abbiamo detto, Angela, secondo te, oggi si può parlare di dieta mediterranea?
Beh sì certo. Della dieta mediterranea comunque se ne parla tranquillamente. Ne parlano medici, comunque si sa, è stata riconosciuta forse come una delle diete migliori. C’è stato un periodo, avevo forse 15-16 anni , si pensava che come dieta significasse non mangiare. Ricordo le mie amiche ben messe, con qualche chilo in più che pensavano a non mangiare. Poi per fortuna la cosa è stata rivista. Quindi di dieta mediterranea si può parlare tranquillamente anche se, dicendo quello che abbiamo affermato prima, certamente i prodotti non sono più genuini. Non sono più come quelli di una volta, però è chiaro che un buon piatto di pasta, che sia di 200g che sia di 50g con un sugo fatto molto leggero, non grasso certamente credo, non sono un medico, certamente non faccia assolutamente male. Anzi non può far che bene usare l’olio. E’ chiaro che prima, un po’ per ignoranza, ti ho detto che si usava addirittura il grasso del maiale. E’ chiaro che adesso è proprio impensabile usare lo strutto, faccio per dire. Però, ecco, con un buon olio e i pelati…non è più tutto come una volta, però secondo me si può parlare tranquillamente del fatto che una dieta mediterranea comunque faccia bene. Perché tutto sommato è una dieta abbastanza semplice e non è eccessivamente carica di grassi.

Ma tu intendi per dieta, il fatto stesso di cibarsi di determinate portate oppure intendi la dieta come modo di vivere, come modo di appartenere a una determinata società? Piuttosto, per esempio, quella europea o invece quella asiatica, che sicuramente è lontana da quella mediterranea?
Cioè per te, l’aggettivo mediterraneo si riferisce alle pratiche del mangiare o al modo stesso di vivere la cucina, di preparare per gli ospiti, per esempio? Piuttosto che di mangiare insieme, perché adesso non si mangia più sempre tanto insieme, a causa della vita che si conduce…
Io credo che di mediterraneo si possa intendere sia la dieta sia quello che hai detto tu. C’è comunque, non uno stile di vita, perché lo stile di vita è tutt’altra cosa, dalle nostre parti, secondo me, c’è più gusto a cucinare.
C’è più gusto, sì a dedicarsi alla cucina e c’è anche forse più gusto a stare insieme. Rispetto a quello che può essere la vita anche più frenetica di un milanese. Voglio dire, io credo che a noi, anche se è cambiato tanto e tutto, comunque fa piacere trovarci a tavola a condividere il sugo, che semmai una volta capita salato, una volta è buonissimo una volta un po’ meno. Comunque per come vedo io, è così insomma.
D’altra parte, sai, una volta mi arrivò una telefonata da un call center facendomi l’intervista per la Barilla. Perché proprio la Barilla? Per la pasta Barilla. Risposi che la pubblicità della Barilla mi aveva colpito perché, la Barilla comunque, (ora non per fare la pubblicità alla Barilla), ha studiato una forma di pubblicità che neanche a farlo apposta, un po’ come il Mulino Bianco riunisce tutta la famiglia. E mi aveva colpito questo fatto della pasta, della bambina, del papà che lavorava.

Cioè il cibo era un sistema quasi per comunicare affetto soprattutto per i componenti della famiglia.
Quindi io credo che comunque dalle nostre parti, anche se in modo molto diverso e certamente minore rispetto a prima, perché prima il mangiare era un momento molto molto particolare. Però credo che ancora oggi lo sentiamo come momento di vicinanza con i fratelli, con le sorelle. Invece, secondo me, già ad andare da Roma in su questa tradizione si è un po’ persa. Comunque non è sentita come da noi. D’altra parte tu vedi perché proprio a Natale, a Pasqua ci sta sempre questo desiderio spasmodico semmai di stare con i parenti, quasi come per raggruppare una volta all’anno tutta la famiglia. Quasi come per sentirsi riuniti almeno una volta all’anno tutti quanti. Quindi comunque secondo me c’è questo.
Poi alla base di un buon piatto, non è poi il piatto di per sé che può anche non riuscire, è forse quello che trasmette il fatto di mettersi a tavola e stare insieme.
Beh credo che per 7 persone questo possa bastare (termina di grattugiare e versa nel contenitore il formaggio residuo sulla grata). Mettiamo un po’ di basilico, giriamo ancora un po’ il sugo. 5 minuti che si insaporisce il sugo di basilico.

In questo momento tu stai mischiando il colore del basilico, il verde, con quello rosso della carne. Secondo te, esiste un’estetica del cibo anche nel modo di prepararlo, di presentarlo?
Di presentarlo, certo. Non a caso, guarda, quando fanno quelle trasmissioni in televisione di cucina, se tu vedi, al di là della ricetta di per sé, qual è la cosa per la quale uno chef si distingue uno dall’altro? E’ proprio il fatto di dare un colore. Se tu vedi per esempio uniscono anche quando fanno l’insalata. Qualcosa di rosso con qualcosa di verde perché è bello vedere nel piatto…
Per esempio io non ho questa grande preparazione, non sono andata all’alberghiero ecc. però quando capita di fare dei piatti di frutta, ecco faccio un esempio qualsiasi: metto l’ananas al centro perché l’ananas è bianco, poi dentro se c’è un mandarino lo apro a spicchi e ci metto questo mandarino aperto perché sembra la corolla di un fiore con il fiore dentro, poi con la gelatina verde cerco di fare lo stelo, poi semmai ci metti il kiwi intorno perché dai il verde. E semmai una persona che mi vede può dire “ma è una grandissima perdita di tempo” però voglio dire è molto scenografico, è molto bello vederlo sul tavolo anche se uno poi non la gusta la frutta. Ma accoppiare tutti questi colori e fare queste composizioni secondo me è bello. Chiaramente è bello per chi ha questo tipo di passione. Altrimenti uno ci mette la zuppiera con la frutta regolarmente lì e chi vuole si serve.
Io parlavo della fantasia oggi. E secondo me quella in cucina non deve mancare assolutamente. D’altra parte le persone che hanno fantasia, il più delle volte, al di là del piatto se è buono, se non è buono comunque riescono a fare delle portate che vengono apprezzate dalla vista e anche dal palato, perché ci vuole la fantasia in cucina. Anche per modificare le ricette, per farle proprie per non sentirsi prigionieri di quelle ricette che trovi sul libro o da qualche parte. Poi uno le modifica come vuole e fa dei tentavi e vede che semmai il risultato è così bello che si sente soddisfatto. Insomma dice “che caspita anche io ho raggiunto il mio obiettivo che è quello di stravolgere di modificare e comunque di essere stata tra virgolette “applaudita”.

Ore 13.30
Allora la pasta è cotta (procede con il versare l’acqua bollita e la pasta all’interno nello scolapasta). Ora la scoliamo.

Ok, a questo punto? La dobbiamo condire?
Sì la condiamo. Prendiamo una zuppiera e la mettiamo dentro. Perché normalmente se si condisce solo così in modo superficiale (alludendo forse al condire la pasta nella stessa pentola di cottura) non è molto buona, non è molto saporita.

Ah comunque devi trasferire il prodotto dallo scolapasta…
Sì, se viene via la zuppiera… è incastrata. Ok la poggiamo qui per il momento.
Ci versiamo la pasta, la condiamo già con un po’ di parmigiano, un po’ di sugo. Al sugo, chiaramente, il ragù fatto prima, abbiamo tolto la carne che poi vedremo servirà per il secondo. Lo giriamo amalgamiamo, così pure si insaporisce per bene.
Cominciamo a fare i piatti (volta per volta, porrà ciascun piatto al posto dei commensali – prima posa la pasta nei piatti poi li condirà ancora)

Ma questo modo di trasferire la pasta dallo scolapasta alla ciotola, è un modo che hai appreso tu, te lo hanno insegnato?
A dire la verità nel corso degli anni, con l’esperienza mi sono resa conto che se la si condisce nei piatti non viene amalgamata molto bene, quindi il sapore non si apprezza a pieno.

Quindi per valorizzare la riuscita del gusto.
Sì, si poteva fare anche nella pentola però è preferibile metterla…

E infatti solitamente…
Normalmente lo si fa nella pentola però, in varie preparazioni, si fa nella pentola quando c’è bisogno di fare amalgamare il cibo sempre sul fuoco acceso. Allora si sfrutta il fatto che la pentola è già calda per continuare l’amalgamazione. Non in questo caso chiaramente perché si tratta solo di miscelare gli ingredienti senza dare però un ultimo tocco di cottura.
Condiamo con il formaggio. C’è qualcuno dei miei ospiti che non vuole il formaggio quindi ci sarà qualche piatto senza. Uno dei miei ospiti, come da tradizione, vuole il pecorino, evidentemente appartiene a un’altra generazione. E poi provvediamo a mettere il sugo.

Pensando quindi a un equilibrio dell’alimentazione, anche tu cominci il pranzo a partire dalla pasta e non magari, come altre civiltà possono fare, anche dalla stessa insalata o dalle verdure per poter stuzzicare l’appetito.
No anzi. Ti devo dire la verità: qualche volta è capitato di andare in ristorante per vacanze, dove c’erano dei buffet cominciando dagli antipasti con il self service. Cominciando a mangiare le verdure, francamente sarà che noi nella nostra cucina mediterranea non siamo abituati a questo tipo di alimentazione, devo dire la verità che poi non apprezzi proprio per niente né il gusto della pasta né il secondo. Quindi molto probabilmente fa parte di questa educazione che noi abbiamo, molto probabilmente.
Quindi, secondo me, è la cosa, per come siamo abituati noi, così per cominciare dalla pasta significa cominciare bene.
Cominciare dalle verdure sicuramente non ci farebbe apprezzare il resto del pranzo.
Come puoi ben vedere qui abbiamo provveduto a togliere la carne che servirà senz’altro per il secondo.

Quindi è questa la seconda portata che offrirai ai commensali?
Questa la seconda portata che offrirò ai commensali…con un contorno di insalata magari…
Tutto insieme senza selezionare.

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Ragù alla materana

Intervista a Iolanda Donvito.

Cosa stai cucinando?
Iolanda: Sto facendo il sugo, il ragù con l’agnello, spezzatino, polpette, la salsiccia.

Quali sono gli ingredienti di questa pietanza?

Gli ingredienti di questa pietanza sono: la salsiccia, l’agnello, lo spezzatino, brasciole e la ventresca.

 Dove acquisti questi ingredienti? Ti rechi al supermercato?

Si, al supermercato.

 Ti rechi sempre dallo stesso fornitore?

Sempre dallo stesso fornitore.

 Non cambi fornitore?

No.

 Invece nel passato dove si acquistavano gli ingredienti? Era diverso prima?

Nelle salumerie. Le salumerie che avevano un poco di tutto. La pasta, il formaggio, gli spaghetti. Aveva un poco di tutto. Aveva gli affettati, il salame, il salame fatto in casa, vendeva anche la salsa. La salsa la vendevano pure perché c’era chi faceva la salsa e chi non la voleva fare. E allora si comprava dalla salumeria. Invece adesso dal supermercato.

 Andavate dal vicino a chiedere qualche ingrediente, quando mancava, oppure no?

Quando capitava andavamo. Se la signora, la vicina ce li voleva dare diceva: “Si ce l’ho”, se no diceva: “Mi dispiace non ce l’ho e non ti posso tenere contenta.”

 Quali sono le ricette che sai cucinare?

Le ricette più o meno poso dire che le cucino tutte quante. Tutte le ricette che mi servono, però, mi metto con la pazienza a fare le orecchiette, a fare i calzoni, a fare la pasta fatta in casa. Poi mi metto e le faccio. Mi metto con la pazienza, con la buona volontà e voglio fare un piatto che la gente deve essere contenta. Che se incomincia ad essere che non va bene, allora ti senti anche male tu, quando arriva che non è giusto.

 C’è qualche piatto che ti piace cucinare in particolar modo rispetto a tutti gli altri?

Bè no, non c’è niente. Faccio un poco di tutto. Non c’è particolare. Faccio quello, faccio quell’altro, faccio i bucatini alla carbonara, faccio il sugo alla bolognese, diciamo queste cose a me piacciono. Mi piace, mi metto, mi metto con la pazienza e faccio tutto.

 C’è invece qualche pietanza che non ti piace cucinare?

Ce ne sono parecchie. C’è pasta e ceci, qualche volta pasta e cavoli, pasta e cicorie.

 C’è qualche motivo perché non ti piace cucinare questo?

Non c’è nessun motivo, non mi piacciono a me e non li faccio. E dice mio marito: “Perché non li fai?”. Perché a lui piacciono e a me non piacciono. Invece io dico: “O se ti piacciono sono questi, se non ti piacciono vattene”.

 Quali sono le ricette tipiche di Matera?

Allora le ricette tipiche materane sono: la post o firn, ù ricch’tted, prima si facevano sempre, ù cavat’dd, ù scherz da mell, che si fanno con le cime di rape. Questa era una pasta tipica materana. La post’ accattet si comprava una volta ogni tanto perché la gente aveva la farina in casa e allora approfittavano a fare sempre la pasta fatta in casa. Invece uno che poteva spendere spendeva, aveva i soldi e andava a comprare la pasta. Diceva: “Io la pasta fatta in casa non ne voglio più, basta.”

 Nelle festività invece a Matera cosa si cucina?

Ebbe la festività materana è la pasta al forno, la tagliatella al forno, lo sformato di tagliatelle, l’arrosto, il sugo misto. Tutto qua. Due polpette nel sugo perché piacciono ai bambini, a quelli grandi che si mangiano più le polpette e non la carne e allora sei costretta a fare un poco di tutto.

 Nella pasqua invece? Nella festività pasquale qual è il cibo tradizionale?

Il cibo è lo stesso. È lo stesso e preciso. Solo che poi li si fa: la pannaredd, si fanno ù daulcla taurtù pan’ttaunù pan’ttaun lo devi mettere in tavola. C’è la friittù n’cedd, la frutta secca, e si fa la festa per la pasqua. La pannaredd.

 Come dolci nella pasqua? Di tradizionale cosa c’è? 

Stanno: la taurtù pan’ttaun e niente più, la pannareddù cart’ddet, si fanno ù patt’l. Chi non vuole “cmott” non si fa nulla.

 Chi ti ha insegnata a cucinare?

Mi ha insegnata mia madre. Ha detto mia madre: “ guarda me e imparati, che se ti sposi tuo marito dirà: Che mi sono preso? Una baccalà? Che non sa fare niente? Invece così tu sai cucinare e farai la pasta, devi cucinare. Ti devi imparare a cucinare. E devi tenere contento tuo marito con la cucina che fai. Seno se tu non sei buona a fare nulla non ti dirà le parole? E allora mia madre mi diceva sempre le parole perché dovevo imparare a cucinare.

 Chi cucinava quando eri bambina?

Mia madre. Mia madre perché lei era la donna di casa e noi stavamo tutti con lei. Ogni tanto la facevamo arrabbiare perché non sapevamo ciò che voleva e questo era il passato.

 Cucinava da sola oppure veniva aiutata da qualcuno?

Cucinava da sola.

 Tu invece cucini da sola o ti aiuta qualcuno?

No io cucino da sola. Cucino da sola e quando ho voglia , mi metto con la pazienza, e faccio tanti servizi.

 Da chi hai imparato a preparare la pietanza che stai cucinando ora?

Ho imparato da mia madre. Perché lei diceva sempre: “Insegnatevi che poi alla fine non si..” Allora vedi qua. Adesso metto l’olio nel sugo e metto un altro poco di salsa.

 Il modo di cucinare questa pietanza è cambiato nel tempo?

Bè non tanto.

 Si usavano sempre gli stessi ingredienti oppure è cambiato qualcosa nel tempo?

No vedi, nell’antichità si usava “la c’cchier”. Io ora giro il sugo con il cucchiaio tradizionale. Ora questo cucchiaio non esiste più, chi ce l’ha diciamo che si chiama fortunato. A chi non piace non sono fortunati perché non gli piace. Deve cucinare con un cucchiaio normale.

 Decidi tu cosa cucinare oppure è tuo marito che ti chiede cosa cucinare?

No non dice niente mio marito. Cucino io.

Ci sono delle pietanze che cucinavi in passato ma ora non cucini più?

Si. Ci sono parecchie pietanze. Tanto tempo fa facevo le patate al forno. Ed io è da tanto tempo che non le faccio. E mio marito mi dice sempre le parole perché io non faccio le patate al forno. E io dico “ per piacere non rompere la testa pure tu.”

Per quale motivo non la fa più? Non fa più questa pietanza?

Una volta non ho voglia, una volta non mi conviene, una volta non mi sento bene e a volte dico a mio marito: “ Bè per piacere vai a camminare alla piazza e basta”.

Usi un congelatore dove conservare i cibi?

Si il congelatore ce l’ho. Ce l’ho in cucina. Uso il congelatore, pero cerco più poco che posso mettere nel congelatore. Faccio una cosa più poco che posso fare. Se poi proprio ci sono, sono costretta ad usarlo.

 Perché dunque lo usa poco il congelatore?

Perché non tanto mi piace.

 Quando invece lei era bambina, come si conservavano gli alimenti?

Allora quando ero bambina si conservavano in un ambiente fresco. O fuori un balcone. O fuori una finestra, oppure quando la casa era fresca si copriva e si metteva fuori o dentro. (Il cibo) Si copriva sempre. Perché il frigorifero non c’era, non c’era niente. Questo era il nostro frigorifero, fuori oppure dentro le case quando erano fresche.

 Hai un orto? Una terra che coltivate?

No, non ce l’ho. Né oggi e né ieri quando ero bambina. Perché non siamo stati contadini con l’orto. Mio padre era fruttivendolo e vendeva la frutta in piazza. Allora noi aiutavamo mio padre in piazza a vendere la frutta, ma non la verdura. Perché noi non ne avevamo (verdura) e aiutavamo a vendere la frutta. E ci mangiavamo la frutta, si poteva dire un giorno si e un giorno no frutta fresca. Questo era il mestiere di mio padre. Per il resto eravamo tutte donne di casa.

 Il modo di cucinare è cambiato nel tempo? Ci sono le stesse comodità? Cosa è cambiato?

Oggi ce ne sono tante di comodità. Ieri non c’era niente, ti dovevi adattare. Di tutto e per tutto. Sia nella cucina, sia nell’acqua. Dovevi andare alla fontana a raccogliere l’acqua. Quanta più acqua raccoglievi, tanta più acqua dovevi buttare. Non avevi il bagno in casa, non avevi nessuna comodità in casa. Invece oggi abbiamo una bella comodità non siamo nemmeno contenti. Non sappiamo quello che vogliamo. Vogliamo sempre di più. Che dobbiamo fare? Non lo so ciò che dobbiamo fare? Non lo so che dobbiamo fare ai giorni d’oggi. Però si stava meglio ieri e non oggi. Perché ieri quel poco che c’era eravamo d’accordo, eravamo d’accordo con tutte le vicine.Si diceva buongiorno e buonasera, invece oggi se ti possono scansare ti scansano, perché siamo diventati tutti brutti. Nella vita delle persone. Questa è la vita delle persone, più brutti che siamo non possiamo essere.

 Hai un garage?

No, niente garage.

 E nel passato invece le famiglie possedevano un garage?

Bè chi si e chi no. Ma non era garage nell’antichità. Erano le stalle, c’era il cavallo, c’era la bestia dentro. Avevi la stalla, ma i garage non esistevano. La stalla si, ma i garage non esistevano nei tempi antichi.

 Questa pietanza che stai preparando, nel dialetto materano come si dice quando il sugo non è saporito? Quando viene brutto? Quando è buono? Ci sono dei termini nel dialetto materano per dire tutto questo?

Allora quando non viene bene si dice: “Quando è venuto brutto! Che schifezza! È venuto bruciato! Non sono stata attenta! È salato! Non lo so com’è venuto! Se sono stata io che non sono stata brava, se non sono stata io che….Ora io devo prendere tutti questi ingredienti e li devo mettere nel sugo così si devono cucinare.

 Invece quando questa pietanza, quando il sugo è un poco asciutto, più gustoso, come si dice sempre nel dialetto materano? Ci sono dei termini?

Se è asciutto si dice: “ Non mi piace proprio mica com’è venuto! È venuto proprio asciutto come il cane. Proprio i cani, quelli sono cani eppure sta un poco di brodo, ma a questo proprio mica.Intanto quando è capitato che l’hai fatto non è che lo puoi buttare, ti adatti a mangiarlo.Però te lo mangi un poco sopra allo stomaco. Non è proprio bello, quella pietanza che ti fa bene.

 Qual è l’ingrediente principale che da il sapore a tutta questa pietanza?

Allora i principali sono: la brasciola, l’agnello, lo spezzatino e qualche volta un poco di salsiccia.

 

Ricetta preparata da Iolanda Donvito intervistata da Alessandro Tagarelli.

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