Cucina Lucana

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Peperoni ripieni (Potenza)

Peperoni ripieni (Potenza)

Intervista a Carmela De Cunto realizzata da Marzia Mauro

Buongiorno, come vi chiamate?

Buongiorno, mi chiamo De Cunto Carmela

Abitate a Potenza?

Si

Siete nate a Potenza?

No, sono nata a San Severino Lucano, in provincia di Potenza

Cosa ci cucinate oggi?

I peperoni ripieni con mollica di pane, con un po’ di tonno, uno spicchio di aglio, un po’ di treccioline, un po’ di origano, olio e pomodorini.

Questo ripieno va messo nei peperoni, dopo averli mondati e poi si mettono nel forno a rosolare.

Ha un nome particolare questa ricetta o semplicemente peperoni ripieni?

No no, si chiamano peperoni ripieni perché ognuno ha delle preferenze sul ripieno. Non è una ricetta nuova, abbiamo questa tradizioni da molti anni.

Pensate che sia cambiata molto la cucina rispetto al passato?

Si, è tutto molto diverso da come cucinavamo noi; perché prima non c’erano tante cose come oggi, era un mondo con più esigenze e non c’erano cose già pronte, come per le alici che non erano nel barattolo ma erano quelle grandi, messe sotto il sale, poi noi le lavavamo per togliere il sale e facevamo ricette come queste.

Erano tutte cose fatte in casa e non comprate?

Si si, facevamo tutto noi a casa; ad esempio prendevamo il pesce fresco, lo pulivamo e lo mettevamo sotto il sale per molto tempo perché si doveva “marginare”. Dopo ci mettevamo una cosa sopra per farle pressare e poi cucinavamo.

Dove avete comprato gli ortaggi? Avete un orto o andate al supermercato?

Vado al mercato, oggi quelli che hanno un orto sono pochi, non é più come prima. Specialmente i giovani non vogliono fare questi lavori, solo alcuni anziani che se la sentono. Oggi ci sono tutte le comodità, c’è di tutto, invece noi dovevamo lavorare molto per avere gli ingredienti che ci servivano: “zappavamo” la terra, seminavamo, annaffiavamo.

Per i peperoni, prendevamo una cassetta, ci mettevamo la terra, poi spargevamo i semi, ricoperti con la terra e nascevano le piantine. Le piantine poi le prendevamo e le mettevamo nel terreno, una volta cresciute, le raccoglievamo. A volte li facevamo anche fare secchi, per fare il peperone macinato con il macinello a mano. Invece adesso si trova facilmente al supermercato.

Cucinavamo il minestrone, gli spaghetti aglio e olio.

Bisognava rispettare i tempi della natura?

Si si, bisognava rispettare tutti i tempi della natura. Dalle parti mie, dove prima c’erano i campi, ora c’è tutta erba; ci sono pochi che ancora coltivano i campi.

Trasmettete le tradizioni ai figli o ai nipoti?

Quando decidono loro si, che mi chiedono come si preparavano prima i cibi o cosa mangiavamo, oppure come si fa la pasta di casa. Però molte volte mi rispondono che adesso non c’è bisogna di imperare, perché si trovano già pronti o non hanno voglia.

Iniziate con il condimento?

Si, poi si mettono i pomodorini. Anche il prezzemolo alle volte, o un po’ di origano.

Per insaporirlo?

Si, si insaporisce subito.

Vi piace cucinare?

Si, mi piace ma per il problema che ho alla mano sono limitata. Però mi faccio bastare

Da dove imparate le nuove ricette? Dalle riviste o dai programmi televisivi?

Dai programmi televisivi, però le nuove ricette le fanno sopratutto i giovani. Quando devo cucinare, faccio le cose di sempre però faccio anche delle nuove ricette ma non tanto.

A voi chi ha insegnato a cucinare?

Mi ha insegnato a cucinare mi sorella più grande, perché mia mamma è morta quando avevo 6 anni ed eravamo 13 figli. Mia sorella più grande faceva anche il pane, avevamo il forno.

Cucinavate per tutta la famiglia?

Si

Di solito a che ora iniziate a cucinare? Presto o tardi?

Sul tardi, in base a quello che vogliono mangiare. Se é un pranzo che può stare, allora lo preparo dalla mattina e quando é orario cucino. Se si tratta di un pranzo più importante é diverso.

Come nelle occasioni di festa?

Si, anche perché non fai solo una cosa ma diverse. Ora non posso fare molto, prima facevo la pasta di casa (fusilli, orecchiette).

Perché agitate il peperone?

Per il sale, altrimenti non insapora tutto il peperone e rimane sotto, e non vengono salati.

Come vi regolate per la quantità di ripieno che va dentro?

Quando vedi che é pieno, spingendo con il dito e quindi non ce ne va più, allora va bene.

Il numero dei peperoni lo regolate in base alla persone che devono mangiare?

Si, ad esempio se sono 10 persone  fai uno ciascuno, o due, dipende da come mangiano. Quando siamo pochi, ne faccio di meno.

Anche l’alimentazione é cambiata rispetto al passato?

Si molto, perché adesso ci sono tante malattie rispetto a prima, poiché si mangiavano cose naturali. Adesso non sappiamo cosa usano, per far mantenere il cibo tanto tempo.

Vi fanno i complimenti quando cucinate?

Si molti, soprattutto quando vengono i forestieri

(gente che non é del luogo) che dicono che le cose sono buonissime. Ad esempio quando stavo a Varese da mia figlia che non stava bene, e venivano le badanti a pulire, io offrivo loro da mangiare e mi chiedevano subito cosa cucinassi. Prima facevo tante cose, ora invece non posso preparare molto.

Avete dei venditori di fiducia?

Si, specialmente da noi (San Severino) che ci conosciamo. Quando vado al mio paese ci sono amici e parenti che mi danno qualcosa o comunque compro di tutto, perché sono chi ha gli orti.

Poi il cibo lo portate a Potenza?

Si

È diversa la cucina di San Severino da quella di Potenza?

Si molto diversa, perché li molti hanno la campagna. Ma c’è comunque chi compra come a Potenza.

Mentre cucinate c’è la musica o silenzio?

Se ci sono i miei nipoti che mettono la musica, non mi dà fastidio, altrimenti io non ci tengo molto.

Poi le due teglie vanno nel forno?

Si, vanno messe insieme così cuociono contemporaneamente.

Come fate a capire quando sono pronti?

Si vedono, come per la pasta al forno che ti rendi conto se é corta o cruda. Così anche per i peperoni.

Vi piace cucinare per gli altri?

Quando stavo bene si, ora invece non mi piace tanto perché e non ce la faccio. Se ce la facessi, mi piacerebbe tanto. Però non posso farlo e mi dispiace quando mi chiedono qualcosa e non posso accontentarli.

Vedete la cucina come un posto solo per donne o anche per gli uomini?

Si, possono cucinare anche gli uomini, come mio genero che fa tutto.

Invece in passato erano più le donne?

Si era raro che ci fossero anche gli uomini, solo se era senza famiglia. Ma se c’era la donna, l’uomo non faceva nulla, lavoravano fuori, il terreno o l’orto, ma per quanto riguarda la cucina o la casa non facevano nulla. Mica lavavano i piatti come adesso!

Prima se qualche ragazzo si avvicinava alla cucina, era considerato come una vergogna perché era un lavoro che doveva fare la donna.

Quando vi siete sposata sapevate già cucinare?

Si, da 6 anni noi già cucinavamo e facevamo di tutto. Ora sono grandi e stanno ancora in braccio, invece al tempo nostro lavoravamo.

Vedete una bella differenza tra i giovani di adesso e quelli di prima?

Si, molto, su tutti i parametri. Prima per noi, una cosa bella era andare a ballare dopo aver lavorato tutto il giorno e quindi chiedevamo a mio padre di portarci a ballare.

Si mette l’olio sopra per non farli venire asciutti?

Si, così vengono bene

 

 

 

 

 

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Cavatelli con peperoni e pomodori (Tursi)

Cavatelli con peperoni  e pomodori (Tursi)
preparata da Rosa Chiurazzi (n.1940)
intervistata da Lucia Stigliano

https://vimeo.com/263481434

Signora Rosa, oggi vorrei farti un’intervista culinaria su uno dei piatti tipici per eccellenza della tradizione gastronomica tursitana: i Rascatelli pupacc’ e pmdor (cavatelli con peperoni e pomodori). Parlaci un po’ della sua storia, di come hai imparato a cucinarlo.

Veramente io ho imparato da piccola età a fare questo piatto, proprio in mano a mamma, quindi ero piccola quando già sapevo fare tutto. Questo è un vero piatto tradizionale del nostro paese, cioè Tursi; adesso iniziamo, vi faccio vedere come si prepara.

Sì, vediamo gli ingredienti: la farina, che farina è?

Allora, si mette la farina di grano duro poi si aggiunge un pizzico di sale, un po’ di acqua e viene lavorato l’impasto non tanto duro per poterlo modellare.

Si mette l’acqua al centro e si inizia ad impastare

Sì, bello morbido l’impasto, poi viene lavorato un po’ in modo che diventi morbido. E’ un piatto tradizionale.

Quindi hai imparato a cucinarlo da tua mamma…

Sì, ai tempi nostri era così, quando facevamo la pasta di casa per noi era festa

E si faceva la domenica, giusto?

Sì, specialmente la domenica e nei giorni di festa quando si avevano ospiti, era un pranzo abbastanza gradito.

A che ora ti svegli di solito la mattina per cucinare?

Di solito veramente, di solito quando ho ospiti, inizio presto la mattina in modo che mi trovo già il pranzo pronto e ho sbrigato le varie faccende.

E gli altri giorni invece?

Gli altri giorni invece, dipende dalle cose che ho da fare, però quando devo preparare la pasta di casa di solito mi alzo prima

Perché richiede più tempo… per cucinare questo piatto quali altri ingredienti servono?

Questo piatto viene fatto con pupacc’ e pmdor (in dialetto nostro tursitano) quindi peperoni e pomodori, mettiamo un po’ di basilico, un po’ di piccante, gli odori nel sughetto che lo rendono più bello e più saporito.

L’impasto è quasi pronto…

Sì, lo devo lavorare un po’ in modo che viene bello morbido, poi dopo che l’abbiamo preparato, lessiamo la pasta e la condiamo con il sughetto pupacc’ e pmdor e per quanto riguarda il formaggio, la vera tradizione vuole che si aggiunga il cacio ricotta ma si può condire anche con il parmigiano, dipende dai gusti.

Quindi quello tipico è il cacio ricotta che si abbina bene anche con i peperoni e i pomodori.

Sì, adesso la stendiamo un po’ e la lavoriamo

Vediamo come si modella per dare la forma dei così detti rascatelli

Si la stendiamo un po’, tagliamo a pezzetti, a cubetti e poi si stendono i pezzetti uno per uno, aggiungendo un po’ di farina per non farli attaccare

Quali altri piatti tipici tursitani conosci e sai cucinare?

Di pasta, facciamo pure i maccheroni che, in dialetto nostro sono i “frzzul” conditi con il sughetto e poi ci facciamo la mollica, con il pane macinato, bollito e poi la condiamo con il peperone rosso, in polvere e lo facciamo sfriggere un po’

Che nel nostro dialetto prende il nome di “pupacc’ p-set”. Tornando alla pasta, dopo aver dato questa forma qui, si taglia ulteriormente a pezzetti

Sì, e poi si lavorano con le mani, ora vi faccio vedere la lavorazione

Si cavano in questo modo ecco perché prendono il nome di rascatell’, cavatelli

Sì, in dialetto rascatell e prendono questa forma qui. Mia mamma li faceva anche a due dita ma io mi trovo meglio con un dito, vengono bene ugualmente

Si possono fare in tutti e 2 i modi.

Sì, dopo cucinati conditi con il sughetto sono la fine del mondo

Quindi possiamo invitare tutti ad assaggiare questo piatto tipico tursitano

Sì, a noi piace tanto e rappresenta la nostra tradizione.

Allora, dopo aver preparato la pasta, passiamo al sughetto, quali sono i procedimenti per prepararlo?

Allora, prima andiamo a mettere a bollire l’acqua, intanto preparo il sughetto. Servono uno spicchio d’aglio, i pomodorini, i peperoni del nostro orto, un po’ di basilico per renderlo più profumato. Mettiamo pure un po’ di piccante che è ancora meglio.

I pomodori si tagliano a pezzettini, aggiungiamo i peperoni a pezzetti e un pizzico di olio così viene ancora più saporito, poi lo mettiamo a cuocere

Quindi si prepara abbastanza velocemente

Sì, è un piatto saporito e si può preparare in poco tempo, non è tanto complicato. Essendo un piatto tipico della nostra terra lo prepariamo sempre con tutta la volontà di farlo insieme ai “Frzzul” un altro tipo di pasta che ha gli stessi ingredienti ma forma diversa e un impasto più duro.

Bene, il sughetto è pronto per essere cucinato

Sì, lo giriamo un po’ in modo che mescoliamo bene il sale, l’olio agli altri ingredienti, intanto l’acqua bolle, dobbiamo prendere un po’ di formaggio grattugiato e caliamo la pasta.

Sì, aspettiamo la cottura.

La pasta è pronta, possiamo scolarla.

La scoliamo, la mettiamo direttamente nel tegame così si insaporisce e viene condita, la giriamo un po’, e il piatto è pronto, possiamo aggiungere un po’ di formaggio e il piatto è da servire.

Perfetto.

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Cenone della vigilia di Natale (Montalbano Jonico)

Cenone della vigilia di Natale (Montalbano Jonico)
preparato da Rosaria Anna Vincenza Lopatriello intervistata da Tiziana Stoja il 2 dicembre 2014

Ti sei alzata presto stamattina per cucinare?
Mi sono alzata presto, come tutte le mattine, perché è una mia abitudine. Lo faccio da molti anni, perché lavoro nella scuola e i ritmi della scuola fanno si che non possa permettermi il lusso di rimanere a letto per troppo tempo, di alzarmi tardi, per cui per abitudine, da anni, mi alzo prestissimo.

Quanto tempo dedichi alla cucina?
Il tempo che ci vuole, a seconda dei piatti, delle minestre, delle cose che devo preparare. Non mi dispiace, perché è una cosa che faccio volentieri, lo faccio con piacere, perché lo faccio da sempre, da piccola e continuo a farlo.

Sei andata tu a fare la spesa, stamattina?
Io veramente, stamattina, no, perché non mi è stato possibile. L’ho fatta ieri e anche qualche giorno fa e mi sono organizzata in base alle cose che dovevo preparare.

Dove sei andata a fare la spesa?
Dal fruttivendolo di fiducia e dal signore che ogni mattina passa davanti a casa mia e che porta, soprattutto per quanto riguarda le verdure, quelle più fresche e genuine e so, siccome lo conosco da anni, che le coltiva nel suo orto, nella sua campagna e quindi preferisco prenderle da lui e non in un supermercato, anche se da noi i prodotti sono locali, provengono dai paesi vicini, come Scanzano, Policoro, Metaponto, però, diciamo, che preferisco i prodotti delle campagne del nostro paese, Montalbano.

Hai parlato di fiducia, cosa intendi per fiducia?
Fiducia nel senso che so che questa persona, non usa prodotti chimici e lavora il terreno cercando di utilizzare fertilizzanti naturali come il letame, prodotti completamente diversi da quelli chimici. Non usa antiparassitari, non usa prodotti che possono contaminare e nello stesso tempo aumentare quelle che sono le malattie di questo secolo, soprattutto, tumori, che aumentano sempre di più anche nelle nostre zone.

Cosa hai comprato da questi “fornitori di fiducia”?
Dal fruttivendolo ho preso le verdure: la rosa bianca, il cavolo nero, l’insalata, la rucola e i finocchi, perché queste erano le cose che mi servivano.

Hai comprato solo quello che ti serviva oggi?
Sì, sì.

Quali sono le ricette che sai cucinare meglio?
In genere me la cavo. Un po’ tutte. Alcune le prediligo di più, anche, perché piacciono ai miei familiari, alle persone che sono vicine, nel mio contesto familiare: mio marito, le mie figlie. Non hanno delle richieste, perché loro mi conoscono e anzi per loro è sempre una sorpresa gradita quando preparo un piatto nuovo, un piatto diverso, perché amo cambiare, sono un tipo creativo e anche per le piccole cose (le cose semplici) cambio sempre ricetta, perché mi piace farlo e qualcosa che non mi pesa assolutamente. La cucina mi piace ed essendo creativa invento anche dei piatti in base agli ingredienti che ho, in quella giornata o a quelli che mi sono avanzati e quindi cambio ricetta facilmente.

Cosa cucinerai oggi per pranzo?
Oggi, per pranzo, preparerò “rape e rascatjedd”, perché è una cosa che io sin da piccola mangio, apprezzo, mi piace e piace anche ai miei familiari.

Chi ti ha insegnato a cucinare?
Veramente non ho avuto una maestra, che mi ha detto impara a cucinare. Da piccola ho sempre guardato, perché passavo molto tempo a casa di mia nonna, abitando “sopra e sotto”, lei al piano terra e noi al primo piano. La maggior parte del tempo, se non andavo a scuola, lo trascorrevo a casa dei miei nonni e quindi ho visto molto, ho imparato molto, ho visto, da questa persona più che da mia madre, tutto quello che lei preparava, anche perché era una donna svelta, dinamica, inventava, creava, faceva di tutto e quindi da piccola ho imparato ad assaporare tutte le cose più genuine, che ancora conservo. Mi piace rifarle, ripeterle e le faccio con piacere.

Quando hai cucinato per la prima volta?
Per la prima volta, dopo i quindici anni, inseguito alla morte di mio padre, perché mia madre lo faceva, a casa nostra, più per dovere nei confronti del marito e di noi figlie, però dopo la morte di mio padre, una persona molto giovane che è venuta a mancare all’età di quarantatre anni, allora mia madre si è lasciata un po’ andare. Il lutto l’aveva così travolta, che non amava più cucinare e si mangiava quasi “asciutto”, si cercava di recuperare le cose secche pur di non cucinare, al che io mi sono messa, perché avevo guardato, avevo osservato, avevo imparato, pur non facendo. Avevo imparato più cose e allora piano, piano, ho iniziato io. Non sapevo dosare bene il sale e altre cose, però, piano, piano, poi, ho “affinato la mano”, ho imparato a fare molto, ma da sola e questo ha fatto anche molto piacere a mia madre. Il tempo le “ha dato ragione” (l’ha guarita) e poi, piano, piano, lei ha ripreso a cucinare.

Chi cucinava in famiglia, quando eri bambina?
Mia madre lo faceva, cucinava lei, perché lo doveva fare, per la sua famiglia, per i suoi.

Hai imparato a cucinare, quindi, perché sei stata costretta?
Sì, sì.

Ora invece come impari nuove ricette?
Mi piace leggere giornali, guardo la televisione e anche da un confronto con i miei parenti, con le mie colleghe, con i miei amici riesco ad apprendere cose nuove, che mi piace anche provare. Se è una ricetta collaudata, io la ripeto volentieri.

Chi ti aiuta a cucinare?
In genere lo faccio da sola, anche perché le mie figlie sono lontane e non hanno molto tempo da dedicarmi e cucino sempre io.

Cucinare è un obbligo secondo te?
No, no, per me è un piacere, assolutamente no. Un obbligo, no, almeno per me.

Tuo marito o le tue figlie ti chiedono di cucinare qualcosa in particolare?
No, si fidano di quello che io preparo e sono contenti, perché sperimento sempre ricette nuove e alcune che mi piacciono le ripeto volentieri.

Segui una dieta settimanale?
No, a meno che non ci sia una problematica.

Ci sono dei giorni in cui prepari le stesse pietanze, nella settimana?
No, no, cambio sempre.

La dieta alimentare, secondo te, è cambiata nel tempo?
Io penso di si, proprio perché la società moderna ha portato il progresso, è andata avanti e si trovano molti prodotti confezionati, in scatola, per cui non tutti conservano le tradizioni di una volta. Preferiscono comprare le cose già pronte, perché non hanno tempo, addirittura anche le verdure già tagliuzzate, le insalate, qualsiasi cosa già preparata.

Ci sono pietanze che non cucini più?
Non saprei. Quelle di una volta le rifaccio ancora, perché le ricordo benissimo, ricordo i sapori, mi piacevano e le ripeto, anche, durante l’anno, se sono legate ad una festività, se sono legate ad una ricorrenza, se sono legate ad un avvenimento piacevole.

Cosa cucini la domenica?
La domenica, a casa mia, è sacra la pasta asciutta, perché piace ai miei e la preparo con il ragù, che si faceva a casa mia e che ripropongo. Lo faccio sempre.

Usi il congelatore?
Sì.

Dove lo hai collocato?
Nel garage che ho sotto casa, per cui facilmente posso recuperare le cose che mi servono e poi ne ho anche uno piccolo sopra il frigorifero.

Cosa ci congeli?
In genere congelo cose che sono in più o perché mi sono state regalate oppure perché le ho comprate. Se è una cosa che mi piace e vedo che è fresca allora la pulisco, l’asciugo per bene in un canovaccio e la sistemo nel congelatore e al momento giusto la prendo. Se non posso uscire, allora, utilizzo quel prodotto, quella verdura, perché in genere sono più le verdure che congelo: le cicorie, le “cicorielle”, che raccolgo quando vado in campagna; le melanzane, se sono in più; i peperoni freschi.

Congeli anche gli alimenti cotti?
Poco, perché preferisco cucinarli al momento, anche per la mia organizzazione. Soprattutto se si tratta di legumi, allora, preferisco cucinarli al momento. Rare volte l’ho fatto, ma solo se erano in più, ma di proposito farli e metterli nel congelatore, no.

Hai parlato di prodotti che raccogli in campagna, quindi hai della terra che coltivi?
Si abbiamo dei “giardini” vicini e altri terreni un poco più lontani e quando vado siccome è un posto pulito, vicino alla casetta, quello che riesco a trovare lo raccolgo. Sono le cicorielle e le biete, le bietole selvatiche e poi se c’è il finocchietto. Lo porto, perché diciamo che è una spezia che mi piace e la uso molto, la uso nei legumi e, infatti, l’aggiungo, soprattutto la parte quella verde, la “barbetta”, che è attaccata allo stelo del finocchio e che poi nei mesi autunnali ci darà i semi del finocchietto. Lo utilizzo nelle olive quando le preparo, per metterle nei barattoli da mettere sotto vuoto e utilizzo ancora questi semini se faccio i taralli fatti in casa con il finocchietto e poi a seconda delle varie situazioni. Della barbetta, invece, di solito metto alcuni rametti nella pasta, perché da un sapore particolare, un’ aroma diverso e nei legumi soprattutto nei fagioli, ma anche nelle lenticchie se non trovo l’alloro, perché per le lenticchie uso di più l’alloro e, invece, per il resto dove credo possa dare un sapore e un aroma diverso, allora lo metto. Lo metto, perché mi piace,perché so che è un buon digestivo e, infatti, facendo un infuso con pochi grammi risulta molto efficace e poi per me è il simbolo del ringiovanimento.

Questi prodotti li coltivi tu o li trovi in natura?
Coltivarli no, perché nascono spontaneamente e quindi li trovo nella campagna, perché so che là non sono stati usati pesticidi, è pulito, mi posso fidare, perché sono delle verdure che io posso consumare tranquillamente, senza avere dubbi e non sono neanche contaminate dal passaggio delle macchine, perché diciamo, la casetta, il posto dove le prendo, è collocato abbastanza lontano dalla strada, quindi non parliamo di smog, di inquinamento, però l’unico inquinamento può essere dovuto all’aria, alla stagionalità, alle condizioni atmosferiche, però inquinamenti di altro genere no.

Ci sono, invece, dei prodotti che coltivi tu o che coltiva qualcun’ altro della tua famiglia?
Io in particolare non ho il tempo e non ho la possibilità di fare l’orto, però lo fanno molti miei parenti, che portano avanti i nostri terreni, che li seguono. Loro a seconda della stagione continuano a farlo e coltivano soprattutto pomodori, melanzane, peperoni, zucca gialla, zucca verde, zucca lunga, prezzemolo, rosmarino, timo. Tutto questo loro lo coltivano e molte volte, spontaneamente me lo portano, perché sanno che a me fa piacere, che lo utilizzo. Il basilico, il basilico fresco anche coltivano e io d’estate lo utilizzo molto, per fare il pesto. Anche il basilico è una spezia molto profumata che mi piace. Mi piace il profumo, mi piace il sapore che da dove lo utilizzo, se lo utilizzo nel sugo, nella pasta con il pomodoro fresco “p’ fa’ duj rascatjedd” ( per fare due cavatelli), soprattutto d’estate, quindi, è una cosa che mi piace.

Cosa stai per preparare?
In questo momento dovrei fare duj’ scarpedd.

Ti servono per accompagnare il pranzo o per i prossimi giorni?
Mi servono per la cena di stasera e anche, se sono pronte, se riesco a prepararle, le assaggeremo a pranzo.

Questo alimento lo cucini spesso o solo in particolari circostanze?
Io lo faccio, in genere nel periodo natalizio, però se qualche volta mi viene richiesto dai miei lo ripeto oppure spontaneamente, se un giorno decido di farlo, mi alzo la mattina e anche con una piccola quantità, pur di farle assaggiare, di far contenti i miei lo faccio.

È un piatto legato alla tradizione?
Alla tradizione e alla devozione, perché secondo mia nonna, tutto quello che si faceva a Natale e che si preparava, era per lei per conservare la tradizione che le era stata trasmessa dalla mamma, che era una panettiera e lei ha seguito questo mestiere, perché avevano un forno e servivano il paese e quindi ho visto preparare tutte le specialità legate al pane, perché ero piccola e stavo con mia nonna, quindi lei lo faceva e io ho visto come lo faceva e poi lo distribuiva portando “un piccolo tumbagn sop’ a test” (una piccola spianatoia sopra la testa) e infatti lei si lamentava, diceva “ehi figghja mj tuccm tuccm vjr quand vuozz si so fatt sop a cap” (toccami toccami vedi quanti bernoccoli si sono creati sulla mia testa), questo dovuto a l’ tant cos che ho portato per servire le famiglie più importanti del paese”, che non facevano il pane e lei lo portava in queste case. C’era sempre per gli altri, c’era per il povero, c’era per chi passava in quel momento e dava loro, dava qualsiasi cosa, da un pezzo di focaccia liscia, a un pezzo di focaccia, a ‘iranator ( focaccia con pezzi di lardo e sugna), le cose più svariate che lei poteva preparare, secondo le risorse e le cose che aveva in quel periodo.

A quale tradizione è legata questa pietanza delle pettole?
L’scarpedd? Da noi si chiamano scarpedd, in altri posti della Lucania sono chiamati in modi diversi, però, a Montalbano le chiamiamo l’ scarpedd. Non lo so, lei diceva che lo faceva per la tradizione che le era stata trasmessa dai suoi e lo faceva per devozione, perché doveva nascere Gesù e questa devozione, per lei, era quella che siccome in un paese come Montalbano si iniziava qualche giorno prima del Natale, addirittura una settimana, ( a prepararle) e quindi non tutti facevano st’ scarpedd nello stesso giorno, lo facevano in giorni diversi e allora c’era la distribuzione. Loro non ne facevano poche, ne facevano come minimo due o tre “sport’” (ceste di vimini). Io ero piccola e mi ricordo che la nonna mi chiamava e diceva vieni, vieni, porta questo piattino alla signora Giuseppina, tornavo e mi dava un altro piatto da portare ad un’altra famiglia, ad un’ altra signora, sempre del vicinato, perché erano calde e le doveva fare assaggiare e poi soprattutto mi faceva portare qualcosa dove c’era stato un lutto in famiglia, perché là non si poteva far sentire “la puzza dell’olio”, diceva lei e allora era il modo per farle assaggiare e per far sentire la sua presenza e la sua vicinanza a questa famiglia.

Questa ricetta, che stai per preparare, è una ricetta tipica del tuo paese?
Sì, sì, è una ricetta tipica del mio paese e la sto facendo proprio come la faceva mia nonna e infatti lei preparava il giorno prima il lievito madre, preparava u’ luat discja jedd (il lievito madre diceva lei), “beh figghja mj preparam u’ luat” (figlia mia prepariamo il lievito madre) e questo luat, che diceva lei, veniva fatto con acqua, farina e conservava, lei, nei giorni precedenti un pizzico d’ luat e se non lo teneva mi mandava da una signora o andava lei a prenderlo e diceva “damm nu pizzic d’ luat” ( potresti darmi un po’ del tuo lievito madre?), per preparare questo lievito madre, che poi veniva usato il giorno dopo per fare qualsiasi cosa dal pane alle focacce e pure nel periodo natalizio, p’ l’ scarpedd.

L’hai preparato tu, quindi? Come lo hai preparato?
Io l’ho preparato ieri pomeriggio e quindi l’ho lasciato tutta la notte in questa coppa, un poco, non tanto, in base alla quantità che dovevo fare di queste scarpedd. Ora lo aggiungerò alla farina per preparare un impasto, che poi metterò a lievitare.

Cosa significa per te tipico, dato che abbiamo parlato di tipicità?
Per me tipica è questa farina, perché so che, ancora, c’è la possibilità di macinarla in qualche mulino nei pressi del nostro paese, con il grano che noi trebbiamo d’estate, allora si porta e si fanno secondo le esigenze, piccole quantità, che vengono consumate, mentre prima se ne portava di più, si faceva diciamo il mezzo quintale di farina, che poi veniva usata proprio per fare il pane nella famiglia, però dopo abbiamo eliminato questa usanza, invece, io ho imparato a prepararlo e infatti aiutavo mia madre e mia nonna a “trumbà” (impastare), “s’trumbà sop’ a spianatoia” e si preparava questo pane.

È un termine nuovo per te quello di tipico?
No, io l’ho sempre sentito da piccola. “Chess è na cos tipca du pajis nuostr, chess è na cos, che teniamo noi” (questa è una cosa tipica del nostro paese, questa è una cosa che produciamo noi).

Conosci qualcuno che prepara questa pietanza (l’ scarpedd), in modo diverso da come la prepari tu?
No, in genere cerchiamo di rispettare la tradizione, però ho sentito qualcuna delle mie colleghe che usa il lievito normale, il lievito di birra, ma invece di scioglierlo nell’acqua, lo scioglie nel latte, ha cambiato. Io no, non lo faccio, perché preferisco conservare la tradizione. Se lo devo fare è per provare, però in genere preferisco conservare quello che mi è stato trasmesso.

Da chi hai imparato a cucinare questa pietanza?
Dalla nonna e anche da mia madre, che l’ aiutava, anche se a lei non piaceva, però un po’, anche per ripiego, quando le toccava.

Tu la cucini in modo diverso da come te l’hanno insegnata?
Si senz’altro, perché non ho più il caminetto. Io per trent’anni, a casa di mia madre e ancora ho continuato per altri anni, perché ci andavo sempre e avevamo il caminetto in casa (la cucinavo in maniera tradizionale).

Cosa significa per te “originale”, visto che abbiamo parlato di originalità della ricetta?
Originale è qualche cosa che non è stata modificata. È originale una cosa che tu non vai a cambiare, non vai a modificare. Questo significa per me originale.

Della ricetta originale, hai cambiato solo il tipo di cottura o hai cambiato, anche, qualche ingrediente?
Allora, il lievito madre l’ho conservato, l’unico ingrediente che ho cambiato e che ora metterò è una bustina di purè, per non fare una patata lessa. Di solito mettevo una patata lessa, però sta volta non ho avuto molto tempo e allora mi è più facile fare così. È l’unica cosa che ho cambiato, per il resto userò il sale sciolto nell’acqua, che aggiungerò piano, piano, alla farina.

Qual’ è la cosa più importante per questa ricetta affinché risulti buona, secondo te?
Il lievito. Per me è importante il lievito e la lavorazione. La lavorazione, perché diciamo va lavorata in un certo modo. Non va fatta velocemente, però va fatta con i tempi dovuti e va fatta in maniera diversa da come vedo fare altre signore quando preparano anche la pizza. Io cerco di conservare il modo che mi è stato trasmesso, che mi è stato insegnato.

Puoi dirmi altre ricette tipiche del tuo paese?
Quello che io ho imparato erano rape e rascatjedd (rape e cavatelli), tagghjarjedd e cicr ( tagliolini con i caci), a lajanedd ( la lasagna), le quadratin’ p’ fa’ ‘u brod’ (quadretti di pasta in brobo), l’frzzul e l’orecchiett’. Queste sono le cose che si sono sempre fatte a casa mia.

Riguardo alla ricetta che stai preparando, quali ingredienti stai utilizzando o utilizzerai?
Allora la farina, l’acqua con il sale, il lievito madre e al posto della patata ho messo la bustina di purè e adesso la devo lavorare.

Come ti regoli sulle quantità?
Allora per ogni chilo di farina, secondo quanto mi è stato insegnato, metto un cucchiaio di sale, sciolto nell’acqua e per quanto riguarda il lievito su un chilo, io mi sono regolata e ho preparato trecento grammi di farina, ieri nel primo pomeriggio e quindi l’ho lasciato poi lievitare, tutta la notte e stamattina lo sto utilizzando.

Hai acquistato tutti gli ingredienti?
La farina si. Si tutte le cose, a parte l’acqua, perché utilizziamo quella del rubinetto, quella che scorre a casa nostra.

Nel tuo dialetto come si chiama il supporto su cui stai lavorando l’impasto?
U’ tumbagn’ (la spianatoia). A Montalbano si dice beh pigghj u tumbagn ch’amma fa duj rascatjedd (beh prendi la spianatoia, perché dobbiamo preparare un po’ di cavatelli), pigghj u tumbagn ch’amma fa na penn’ d’ lajanedd (prendi la spianatoia, perché dobbiamo preparare un piano di lasagna), pigghj u tumbagn ch’amma fa du taghhjarjedd p’ l’ cicr (prendi la spianatoia, perché dobbiamo preparare un po’ di tagliolini per i ceci). È così!

Come ti accorgi che l’impasto è pronto?
Quando incomincia a “scuccà” (scoppiettare), “quann a mass scocc” (quando l’impasto scoppietta), quando crea tipo delle bolle.

Una volta pronto l’impasto, deve riposare?
Sì, lo lascio riposare almeno un paio d’ore in una coppa, avvolto in una coperta. Metto la coperta oppure, anticamente, la nonna mia lo metteva in una tovaglia grande, quando loro facevano il pane e “u mttjern ‘nda sport’ ” (poggiavano l’impasto nella cesta di vimini). Mettevano tutto questo impasto nella tovaglia e poi ‘nda sport’, in un luogo caldo, dove non c’erano correnti e rimaneva a lievitare il tempo giusto, il tempo dovuto, quello che ci voleva.

Tu, invece, come lo metterai a riposare?
Io, ora, lo metterò in una coppa e poi in un plaid, una copertina di lana.

Per quanto tempo lo fai riposare?
Due ore.

Una volta pronto l’impasto, come lo utilizzi?
Una volta pronto devo prendere “a sartascn” (padella con un manico lungo), metterò l’olio e sul gas piano, piano, quando l’olio sarà pronto, ma non bruciato, non con il fumo, solamente caldo al punto giusto, metterò tre chicchi di sale grosso, quando vedo che fa le bollicine, l’olio è pronto e incomincerò a friggere, bagnandomi piano, piano, le mani in un po’ di acqua tiepida, perché l’impasto non si attacchi alle mani e friggerò “st’ scarpedd”.

L’impasto lo utilizzi solo per la frittura o lo utilizzi anche per altre preparazioni?
Allora, lo userò pe’ l’ scarpedd, poi, con un po’ di uva passa, che ho comprato, perché ora non ho tanto tempo, diciamo, per poterla preparare io, però mi ricordo che mia nonna quando era il periodo dell’uva, alla fine di agosto o agli inizi di settembre, i grappoli più belli, li attaccava ad un filo e ad un ferro e stavano tutti appesi questi grappoli e li lasciava curare piano, piano, lentamente, fin quando l’uva non si appassiva e allora quella che rimaneva più soda veniva messa a tavola per il cenone, veniva conservata, mentre gli altri chicchi, quelli che si erano appassiti “l’ mettja sop a na spas” (li collocava su di una spas, piano di vimini per l’essiccazione della frutta). Quando si rendeva conto che erano pronti li faceva a uno a uno, li metteva sop a spas e li lasciava ancora asciugare, poi dopo li prendeva, perché erano stati così, si erano potuti ricoprire di polvere e venivano lavati per bene, venivano tolti tutti i noccioli, infatti, io facevo questo lavoro, quello di togliere tutti i noccioli e poi prendevano un po’ di zucchero e li passavano dentro, perché poi avendo messo l’uva nell’acqua aveva perso un pochino di zucchero e venivano messi in questo impasto de l’scarpedd e non venivano fatti a carchi, ma venivano messi a pezzettini, se no l’uva passa usciva fuori, se tu allargavi l’impasto, però io il più delle volte riesco a farle anche tipo scarpedd, che ho visto che si poteva fare.

Queste scarpedd le stai preparando, perché, oggi, è un’occasione particolare?
Oggi è il cenone, quindi non devono mancare sulla tavola del cenone sia quelle salate e sia dolci, aggiungendo l’uva passa. Poi una parte di questo impasto lo utilizzerò per friggere il baccalà. Diluirò un poco l’impasto, lo allenterò, lo farò più lento, più liquido e verrà utilizzato per friggere il baccalà.

Quali sono le altre pietanze che preparerai per il cenone?
Allora, questa volta voglio fare le cose che facevano a casa mia, quindi farò gli spaghetti olio e aglio, con il peperoncino. Farò il baccalà fritto e in umido, con la cipolla, pomodoro, una foglia di alloro, due olive nere e solo questo perché, poi, anticamente, mi diceva mia nonna che non avevano tutti la possibilità o potevano permettersi questo baccalà anche perché arrivava dal mare e solo poche famiglie, quelle che avevano i soldi, potevano farlo e allora quel poco che compravano, che prendevano cercavano di utilizzarlo in molti modi. Se qualcuno non aveva niente facevano l’acqua sale al baccalà. Allora, una volta che l’avevano messo a bagno o lo avevano comprato già pronto, facevano tanti pezzettini, mettevano l’olio “n’da na cazzarol” (casseruola con due manici), poi aggiungevano la cipolla e la facevano rosolare per bene, poi ci aggiungevano una foglia di prezzemolo, due pomodorini e un po’ di acqua, poi ci versavano il baccalà ed era importante, siccome tenevano il caminetto, diceva mia nonna, prendere un pezzo di pane, arrostirlo e metterne una fetta per ogni piatto, su cui poi versavano l’acqua sale al baccalà. Chi poteva farne di più lo faceva fritto, perché aveva l’olio, ma chi non aveva l’olio, purtroppo, doveva accontentarsi di una ricetta un po’ diversa e poi alcuni utilizzavano le patate, perché il baccalà era poco e allora diciamo nella preparazione, se era quello con la cipolla, al baccalà, per farlo aumentare, aggiungevano pezzettini di patate oppure facevano tipo “a tortier” (la tortiera), affettavano le patate, anche perché loro le mettevano in campagna, quindi le patate ce n’erano di più, mentre il baccalà lo dovevano comprare e non era facile che tutti quanti potessero avere questa possibilità e allora aggiungevano altri ingredienti per soddisfare le esigenze soprattutto se era una famiglia numerosa.

Non tutti, quindi, preparavano le stesse pietanze per il Cenone?
No, no, non era possibile. Mia nonna diceva che dovevano essere nove cose, però le famiglie povere non contavano gli alimenti, contavano anche l’olio, il sale, l’ scarpedd o perché gli erano state regalate o perché l’avevano fatte loro, poi il baccalà chi poteva fritto, il baccalà in umido, il baccalà con la cipolla, vari tipi a seconda di quello che potevano fare, poi, contavano, diciamo, il finocchio. Facevano la rosa bianca, la lessavano o facevano il cavolo nero oppure i cappucci sfritti e non dovevano mancare, diceva lei, le noci. Le noci per loro erano qualcosa di sacro, quindi ci dovevano essere, per forza, sulla tavola, il giorno del Cenone e un’altra cosa, ma erano sempre cose che loro avevano conservato,erano le melagrane, che le appendevano ad un filo. Per quanto riguarda le mele loro le conservavano, diceva, nella paglia e in ogni casa c’era “u’ ndumbiat” (il soppalco), che serviva per due usi. Nella parte vuota, diciamo, d’estate quando si trebbiava mettevano il grano, mentre sopra che c’era una specie di tavola, ad un angolo, mettevano la paglia e sulla paglia poggiavano queste mele e quindi per Natale loro tenevano le mele, poi, se qualcuno non aveva proprio niente, se veniva regalata una cassetta di arance, diceva mia nonna che prendevano una coperta, la mettevano sotto il letto e le poggiavano ad una ad una vicine, queste arance, per farle mantenere prima che arrivasse il freddo, perché si conservavano fino a Giugno. “Sop’ u cannizz” (un piano di canne), poi, una cosa che facevano erano i fichi secchi, quindi al cenone di Natale, c’erano pure i fichi, che non mancavano, le mandorle, perché avevano qualche albero in campagna e poi loro facevano le varie preparazioni con i fichi e le mandorle.

Dato che non tutti avevano gli stessi alimenti per il Cenone, si scambiavano qualche alimento?
Si, c’era l’abitudine di dare, di dare molto, soprattutto da parte di coloro che avevano, perché la campagna produceva, produceva molto e quindi c’era questo scambio sia tra le famiglie che nel parentado, tra di loro se lo facevano, ma se lo facevano anche con gli amici e davano soprattutto a chi non aveva niente, ai poveretti.

Questo scambio si faceva, anche, per mantenere un rapporto di vicinato o solo tra parenti?
Nei paesi erano tutti “cumbar” (compari) e amisc, quindi si conoscevano tutti, perché, poi, la popolazione non era tanta, erano un numero tale per cui tutti si conoscevano.

Come si chiama lo strumento di metallo che hai usato per sollevare la massa?
A rasol (la spatola per raschiare via la massa dalla spianatoia), questa mi serve se no come faccio. A rasol, questa veniva utilizzata.

La consistenza dell’impasto, come risulterà alla fine della lavorazione?
Morbido, morbido e come senti il rumore delle mie mani che scattn, così è la massa, “adda scattà ‘nda l’ man” (deve scoppiettare sotto le mani che la lavorano).

Questo secondo te è fondamentale per il risultato finale?
Sì, sì, perché è un modo diverso di preparazione, non va fatta subito, subito e messa a riposare, ma ha bisogno di questa preparazione particolare.

Per quanto tempo la lavori in questo modo?
Mi regolo, me ne accorgo quando è pronta.

Cosa stai utilizzando per impastarla con questa preparazione?
Solo l’acqua ora, l’acqua e la lavoro con le mani. Sotto devo aggiungere sempre l’acqua.

Secondo te, cosa significa “tradizionale”?
Tradizionale è qualcosa che portato nel tempo si conserva. Non può essere tradizionale una cosa che tu vai a comprare e che è surgelata. Tradizionale, proprio, perché, anche se sono passati tanti anni, tanti mesi, addirittura qualche secolo, ancora c’è qualcuno che ha, diciamo, la buona volontà, la capacità di conservare questa tradizione.

Per te, quindi, la tradizione è solo qualcosa che deve essere trasmesso agli altri?
Sì, sì. Diciamo, è tradizione quello che viene trasmesso, quello che viene ricordato, la memoria di tutto quello che tanti anni fa i nostri nonni, i nostri bisnonni hanno fatto e che a qualcuno è stato trasmesso così bene, che ancora qualcuno ci crede in quei valori, in quelle cose e conserva questa tradizione, perché in molte famiglie è sparita (questa tradizione di preparare le scarpedd in casa) e, infatti, ci sono molte persone che amano comprare, vanno al forno, comprano le cose. ma non le fanno più loro. Non le fanno, perché non le sanno fare; non le fanno, perché non le hanno conosciute; non le fanno, perché si stancano e amano le cose già pronte.

La trasmissione delle tradizioni, secondo te, avviene solo oralmente
No, per me è importante vedere, perché se tu non vedi, non fai, non puoi ricordare. È importante, allora, vedere, fare, conservare e ripetere.

Ti hanno lasciato qualcosa di scritto nella tua famiglia, per trasmetterti le tradizioni nell’ambito della cucina?
No, no, di scritto no, so, perché ho visto e ho fatto. Io non ho niente di scritto, cioè ora scrivo, per non dimenticare e per far conoscere a qualcuno dei miei, che apprezza certamente queste cose.

Cosa significa, per te, “locale”?
Locale, del posto, al massimo come lontananza cinquanta chilometri, quindici chilometri, trenta chilometri, non di più. Non può essere locale una cosa che rispetto al nostro paese viene da Potenza o da un altro posto. Sarà anche buona da apprezzare, per la genuinità, per il modo in cui sono stati coltivati, però per me locale è tutto quello che si produce sul posto.

Cosa significa, per te, “naturale”?
Naturale, può essere qualcosa che è nata spontaneamente, ma può essere naturale, anche, qualcosa che viene coltivato ancora in una certa maniera.

Cosa significa “genuino”?
È qualcosa che ti fa ricordare, così buono, che non è stato modificato geneticamente o con tutte le cose che ci sono ora, con la chimica, con la sperimentazione. È qualcosa che è stato conservato nel tempo, addirittura dalle piante, ai semi. Tutto quello che ancora ci fa ricordare i vecchi sapori, le vecchie tradizioni.

Secondo te, quindi c’è stata una modificazione dei prodotti nel tempo?
Per me sì. Sì, infatti ci stanno le zucche ad ombrellino. Ci sono delle cose che sicuramente prima non esistevano, c’erano quelle e basta, invece, ora, avendole modificate, anche i semi, ci danno delle qualità diverse: zucchine striate, zucchine con forme particolari, perché i semi sono comunque diversi, non conservano sicuramente quelli di cento anni fa, cinquant’anni fa, assolutamente.

Il cambiamento è avvenuto solo nella coltivazione o anche nella conservazione?
Secondo me è avvenuto sia nella produzione, nella conservazione, un po’ in tutte le cose. Questo cambiamento si vede, si nota e anche nel modo di rapportarsi con le persone che non hanno conosciuto né i sapori né la trasmissione delle tradizioni, della tipicità, del locale dei vari prodotti.

C’è un cambiamento, anche, nel gusto secondo te?
Sì, sì.

È il gusto che cambia, secondo te o sono i sapori dei prodotti?
I sapori cambiano e quindi cambiando i sapori, tu non ricordi i gusti di una volta, perché comunque sono diversi. Le cose “so cchiu sciapit” (sono più insipidi).

Cosa intendi per “sciapit’”?
Che non ha sapore, no ha niente, sembra una cosa artefatta, una cosa che non porta da nessuna parte, a mio avviso.

Secondo te, quali sono i modi migliori per conservare un alimento?
Allora per quanto riguarda le cose che io conservo e che cerco di fare, soprattutto l’estate, come melanzane, peperoni, le conservo nei barattoli, sempre in una maniera genuina con sale o aceto. Vengono bolliti, rimangano per più ore nel sale, a seconda della preparazione che io devo fare e, poi, vengono messi nei barattoli e coperti con l’olio. Se si tratta delle olive, le conservo nei modi più svariati, se si tratta delle olive nere, ad esempio, prima vengono trattate con il sale, poi, dopo i giorni che sono necessari, perché si possano mangiare, vengono lavate, asciugate e messe pure “sopa na spas’” [spas’: piano di vimini per l’essicazione della frutta], che io ancora conservo, perché ce l’ho queste cose di mia madre oppure nelle cassettine vuote e vengono messe ad asciugare e poi io preparo qualche bustina da mettere nel congelatore, per farle mantenere di più.

Questi metodi di conservazione li usi solo tu?
No, li usavano anche mia madre e mia nonna. Io non faccio tutto quello che potevano fare loro, perche ora tu trovi i prodotti in tutti i mesi, anche se non sono di stagione, mentre anticamente, mi ricordo che loro facevano l’orto estivo e l’orto invernale, allora quando arrivava il mese di settembre, non toglievano subito, per esempio i peperoni, le melanzane, i pomodori, per mettere le rape, le cicorie o altre verdure come i finocchi, ma lasciavano quell’orto estivo ancora fino a quando non arrivava la neve o il freddo, per cui raccoglievano sempre, anche nel periodo di Natale l’ cimarul, l’puntarul d’ l’ piparul (tipi di peperoni piccoli, gli ultimi nati nella stagione autunnale), le melanzane e anche se erano più piccole, arrivavano fino a Natale, qualche pomodoro e solamente con il freddo, diciamo, non c’era più produzione, però cercavano di recuperare al massimo fino all’inizio dell’inverno. Quando, poi, arrivava il freddo forte le piante si bruciavano e non producevano più. Anticamente, siccome non tutti avevano i frigoriferi e avendo la possibilità di avere fino a Natale questi prodotti, prendevano le melanzane, diceva mia nonna, le affettavano, prendevano un filo con l’ago, un filo bianco e mettevano una fetta accanto all’altra, poi le appendevano e le facevano asciugare al sole, queste fette, che poi utilizzavano durante l’inverno, le lavavano e poi le facevano con la cipolla, con il pomodoro. Aggiungevano, per dare un po’ di sapore: formaggio, uova e cercavano di mangiare, perché non è che avevano molte cose a disposizione o tenevano frigoriferi e congelatori, allora dovevano cercare di inventare e di attrezzarsi in maniera diversa rispetto a noi.

Oltre alle olive essiccate sotto sale e nell’acqua, cos’altro prepari come conserva?
Allora, d’estate: la salsa; i barattoli dei pomodori, con i pomodori così normali, solo spaccati e messi nei barattoli; i pomodori piccoli; i pomodori pelati. Faccio tutte queste conserve. Le faccio ancora, anche se non sono, poi, per le quantità che facciamo, eccessive, anche perché io l’orto non lo faccio, ma cerco di comprare da un venditore, da un paesano, che io conosco e di cui mi posso fidare, almeno per il 70-80%, per avere una garanzia in più, rispetto alle aziende che usano grossi quantitativi di pomodori e che sono più soggetti a trattamenti.

Prepari anche confetture o delle conserve di frutta?
Si, soprattutto confetture. Di marmellate, soprattutto quella di arance, perché diciamo ci vuole molto tempo, infatti, il più delle volte io non uso la pectina, le bustine quelle confezionate, ma aggiungo ad ogni chilo di albicocche, di pesche, due mele, le mele fatte a pezzettini e cerco di sostituirle alla pectina e di conservare la frutta come faceva mia nonna, che metteva le mele per addensare.
Beh! Mi sembra proprio fatta. È il momento di metterla a riposare.

Cosa stai preparando?
Sto preparando nella pignatta, il baccalà con la cipolla, il pomodoro e una foglia di prezzemolo. Una volta che ho fatto imbiondire nell’olio la cipolla, ci aggiungerò il pomodoro, insieme ad una foglia di prezzemolo, in più stavolta rispetto alla ricetta tradizionale voglio aggiungere due olive nere con qualche foglia di alloro, che mi piace sia come aroma che come profumo.

Per quale occasione lo stai preparando?
Lo sto preparando per il cenone di stasera, insieme a due patate fatte a tocchetti, che dopo andrò a condire con un po’ di peperoncino, con uno spicchio d’aglio fatto a pezzettini e con un po’di prezzemolo.

Sono piatti della tradizione che si preparavano anche quando tu eri giovane?
Sì, si facevano, diceva sempre mia nonna, perché dovevano contare, durante il cenone, nove cose e non tutti avevano la possibilità di avere baccalà, pesce, cioè le cose che ci sono ora e allora inserivano anche le patate, inserivano “u cappucc’ sfritt”, inserivano la rosa bianca e i peperoni, quelli cruschi e poi facevano i peperoni fritti e i peperoni arrostiti, perché ancora loro riuscivano a recuperarli nell’orto estivo, che avevano fatto, perché lo portavano fino all’inizio dell’inverno, fino a quando non arrivava il freddo per cui riuscivano a recuperare l’cimarul, l’puntarul (vedi sopra), che erano i peperoni, qualche piccola melanzana ed altre cose.

Cucini questi alimenti in modo diverso rispetto alla tradizione?
Solo nel baccalà ho detto che aggiungerò le olive nere e l’alloro, mentre per il resto no, erano le cose che venivano fatte così, con il peperoncino e con l’aglio a pezzettini e un po’ di prezzemolo.

Conosci qualcuno che cucina questi alimenti in modo diverso da come li cucini tu?
Qualcuno al posto delle patate fatte così con il peperoncino o perché non gli piacciono o perché non le può mangiare fa le patate a purè, perché ama cambiare, ma nella tradizione venivano fatte proprio in questo modo.

Da chi hai imparato a preparare questi alimenti?
La maggior parte delle cose le ho imparate dalla nonna, perché mia madre faceva ben poco. Non amava tanto fare queste cose, per cui io stando di più con mia nonna ho imparato a fare la maggior parte delle cose, perché le ho viste fare e quindi insieme a lei … , guardando, più che facendo io. La memoria mi porta a questi ricordi, che per me sono importanti, mi piace rifare e quindi mi piace anche tramandarle in famiglia.

Qual è la cosa più importante da fare per la buona riuscita di queste ricette?
Conservare i sapori, i profumi, gli aromi, le cose che mi fanno ricordare il passato.

Come mai hai scelto questo tipo di pentola per la cottura di questa pietanza?
Perché mi ricorda quella che usava mia nonna, un po’ diversa, un po’ più bassa, che noi ancora teniamo conservata e dove lei faceva di solito delle minestre particolari, i legumi o il brodo, che venivano fatti vicino al fuoco. “Iusà u pignatjedd” (usava una piccola pignatta, un’ anfora di terracotta con due manici) e che sono questi dal più grande al più piccolo, a seconda delle cose che dovevano cucinare. La maggior parte delle cose che venivano cucinate vicino al fuoco erano legumi, però facevano anche le cose del maiale, il brodo con gli avanzi del maiale, che venivano messi in salamoia “ ‘ndu vasett” (un vaso di terracotta), sotto sale “a ‘ncantarat s’chiamàie” e loro poi facevano con questi pezzi, che poi erano solo, più che carne erano appena, appena, qualche filo di carne che si vedeva, erano gli ossi e facevano questo brodo un po’ particolare, perché diciamo non è che potevano permettersi il lusso di comprare altre cose, anche se poi avendo la campagna usavano anche i polli, i conigli.

La cottura era sul fuoco?
Sì, sì, la maggior parte della cottura veniva fatta sempre sul fuoco o “ ‘nda cazzarol” (nella casseruola con due manici) o “ ‘nda sartascn” (nella padella con un manico), a seconda di quello che dovevano preparare o “ ‘nda pignat” ( nell’anfora di coccio grande) o “ ‘ndu pignatjedd” (nell’ anfora di coccio piccola).

Cucini spesso questi alimenti che stai preparando?
Il baccalà si, spesso lo faccio, perché è una cosa che piace in famiglia e di tanto in tanto, anche se non siamo nel periodo natalizio, siccome arriva al mercatino, al mercato grande o nei negozi, io riesco a prenderlo e quindi lo cucino.

Non lo cucini, quindi, solo in occasioni particolari come quella di oggi?
No, lo faccio in maniera diversa. Posso farlo al forno o posso farlo allo stesso modo, però anche in periodi diversi da quello natalizio.

Lo leghi ad una dieta?
No, lo faccio perché ci piace.

Tutti gli ingredienti che hai usato li hai comprati?
No i pomodori no, perché li ho fatti io questa estate e poi li ho messi sotto vuoto. Sono stati bolliti nella caldaia “ ‘nda caurar”, che ancora io tengo, perché la usava mia madre e quindi queste provviste io continuo a farle sia che siano la salsa, i “boccacci” ( i pomodori tagliati e metà e inseriti nei barattoli), i pomodori pelati, i pomodorini, tutte queste cose.

Gli altri alimenti che stai utilizzando, invece, li hai acquistati?
La rosa bianca si dal fruttivendolo, le patate al supermercato e il baccalà al mercato, però, l’ho messo io a bagno, ho fatto io un procedimento. L’ho tenuto per quattro o cinque giorni nell’acqua, in una coppa nel frigorifero, fino a quando ha perduto tutto il sale, cambiando due volte al giorno l’acqua, la mattina e la sera.

Acquisti spesso questi prodotti?
Se mi piace, li prendo, il baccalà, le patate.

Ti capita di riceverli in dono?
L’unica cosa, le verdure di più, ma per il resto no. Il baccalà non mi viene regalato lo devo comprare io.

Per quanto riguarda la preparazione del baccalà, vedo che hai lasciato la pelle?
Perché per questa ricetta veniva lasciata la pelle del baccalà, mentre per fare quello fritto, l’ho tolta tutta, l’ho fatto a tocchetti e dopo andranno in questa pastella, che è sempre ricavata dall’impasto delle scarpedd, un po’ diluito con l’acqua e che poi andrò a friggere.

Cosa stai preparando?
Sto preparando i peperoni cruschi.

Anche i peperoni cruschi fanno parte della tradizione del cenone?
Sì, sì.

Questi peperoni da dove vengono?
Questi veramente mi sono stati regalati da un mio cugino, che fa l’orto in campagna e me li ha portati. Allora io li ho appesi durante l’estate, li ho lasciati nel garage in un luogo fresco e asciutto e li ho fatti curare.

Li hai essiccati tu, quindi?
Sì, sì.

Li cucini spesso?
Si perché da noi si usano, soprattutto, quando faccio le rape “p’ l’ rascatjedd” (con i cavatelli) o con le orecchiette, allora mi piacciono, come contorno per questo piatto.

In quali altri modi si possono preparare oltre che fritti?
Allora oltre che farli così, di solito mi piace allargarli, controllarli per bene, poi, preparo l’uovo sbattuto, il pane grattugiato e li cucino come se fossero delle cotolette di peperoni ed è un modo diverso. Altrimenti li faccio a pezzettini, li lavo e con un filo di olio, un goccino di acqua, un po’ di sale, li faccio cuocere, metto anche il prezzemolo e poi ci aggiungo solamente il formaggio e l’uovo sbattuto, mi piace pure così e se c’è qualche pomodorino di quelli secchi lo metto insieme ai peperoni, in questa ricetta.

La cottura per i peperoni cruschi deve essere abbastanza veloce?
Deve essere velocissima, altrimenti rischiano di bruciarsi, perché non ti da il tempo, l’olio diventa bollente e sono delicati per cui o li fai subito o niente. Di solito, anticamente, la nonna mi diceva che andavano anche cucinati in giornate particolari, quando c’era il vento di tramontana, perché se era scirocco, rimanevano umidi e non si sentiva quel trick track, che è tipico del peperone crusco.

Hai intenzione di friggere anche altre cose per il cenone?
Si, ora sto facendo i peperoni verdi e anche questi mi sono stati regalati, però avendoli messi nel congelatore, ora senti scoppiettare l’olio, proprio per questo motivo.

Cosa stai preparando?
L’ scarpedd. Essendo lievitata la massa, al punto giusto, ora le sto friggendo, nell’olio.

L’olio che usi per la frittura lo hai comprato?
No, veramente è di mia produzione, in quanto avendo alcuni oliveti, di solito, lo facciamo noi. Lo faccio io, per la mia famiglia.

Quindi è olio d’oliva, perché utilizzi l’olio d’oliva per friggere?
Si è olio d’oliva. Veramente lo utilizzo, perché il sapore è completamente diverso e lo uso, veramente, per tutte le fritture. A parte che per l’ scarpedd lo uso anche per la frittura di pesce, per le zucchine, per le melanzane, qualsiasi cosa anche, perché, noi lo teniamo e allora lo preferisco agli altri oli, anche se possono sembrare più leggeri o diversi.

Anche quando eri giovane si usava l’olio d’oliva, per friggere?
A casa mia abbiamo sempre usato l’olio d’oliva, l’olio di semi lo uso per qualche dolce, qualche volta se è richiesto nella ricetta, ma per le fritture prettamente preferisco l’olio d’oliva.

Come capisci che l’olio è pronto per friggere?
Veramente, sempre per un’antica tradizione, mi è stata trasmesso di mettere tre pezzettini di sale, quello grosso e nel momento in cui li vedo friggere, l’olio è pronto e posso proseguire.

Come si chiama la pentola in cui stai friggendo?
A sartasc’n’.

Perché preferisci friggere in questo tipo di pentola?
Perché, anticamente, l’scarpedd si friggevano sul fuoco, nella sartascn, solo che non era certamente come questa di rama latta, ma quella era proprio adatta, specifica per fare l’scarpedd e poi bisognava avere, diceva sempre mia nonna, il fuoco sempre bello allegro, allegro, sott’ a sartascn e diciamo la legna che veniva bruciata eran l’ tjerr (legnetti sottili e secchi che sembrano i rami della vite), che venivano presi apposta, perché erano più sottili e tenevano sempre la fiamma al punto giusto, per poter avere una buona riuscita del prodotto.

Secondo te il tipo di pentola che usi, cambia il sapore del prodotto finale?
È quella giusta e senz’altro sì. Sicuramente sì.

E il tipo di cottura che scegli?
Sì, per me, sì. L’ho sempre fatto in questo modo, per me va bene e continuo a farlo.

Secondo te, dato che hai assaggiato l’scarpedd cotte sul fuoco, il sapore di questo alimento è diverso se cucinato sul gas?
Sì è molto, ma molto diverso. A parte il fatto che essendoci una fiamma , vivace e allegra, vengono più rosse, vengono completamente diverse. Queste, nonostante penso che l’olio sia al punto giusto, non riescono ad avere la doratura del prodotto, che si riesce ad avere sul fuoco.

Ma il sapore di questo prodotto, secondo te, è cambiato solo a causa del diverso tipo di cottura o è cambiato, anche, il tuo modo di assaporare i cibi?
Facendoli in una maniera diversa, anche il sapore non è quello dei miei ricordi di infanzia, lo trovo alquanto diverso.

È possibile che questo dipenda anche da un cambiamento dei prodotti che usi per preparare l’alimento da friggere?
Un po’ sì, ad iniziare dalle farine, che non sempre sono quelle garantite, se non provengono dal grano genuino, di un terreno di tua conoscenza in cui è stato coltivato. La farina, la cottura, l’olio, se non sono quelli giusti, non si riesce ad avere una buona riuscita del prodotto che stai preparando.

Come capisci che l’scarpedd sono pronte per essere tolte dall’olio?
Quando sono dorate. Devono essere dorate, però essendo molto lenta la fiamma del gas, anche se è il fornello quello più grande, perché non è quella del fuoco, non vengono proprio rosse e sono anche costretta a girarle più volte rispetto a come si faceva prima, quando bastava girarle una sola volta e il fuoco riusciva a tenere la temperatura dell’olio sempre giusta, invece, qui sul gas si abbassa.

Come si chiama l’attrezzo che usi per togliere l’scarpedd pronte dall’olio?
Questo era, proprio una cosa che usavano a casa mia e che io mi sono portata ora da me ed è a fricigghjedd’, che serve proprio per prendere l’ scarpedd.

Lo trovi più comodo rispetto ad uno strumento moderno?
Sì, per me è più comodo. Sì, sì, mi trovo benissimo. É da anni che la uso, per cui va bene così.

Come riesci a dare la forma all’impasto da friggere? In cosa ti bagni le mani?
Allora, mi bagno le mani nell’acqua e poi prendo un pezzetto di massa e cerco di allargarla piano, piano, con le dita e poi la immergo nell’olio bollente. L’acqua permette che l’impasto non si attacchi alle dita. Non bagnandomi le mani, l’impasto mi rimarrebbe incollato alle dita e rischierei di scottarmi.

Anche prima si preparavano in questo modo?
Sì lo facevano così, tenevano vicino al fuoco una coppetta, sempre pronta, con l’acqua e ogni volta che prendevano un pezzettino di massa, bagnavano le mani.

Friggerai qualche altro alimento, dopo aver preparato l’scarpedd?
Si, prima passerò a friggere l’scarpedd con l’uva passa, ottenute aggiungendo allo stesso impasto l’uva. L’uva essendo dolce dava la possibilità di creare proprio un dolce, che veniva aggiunto agli altri che si preparavano per il cenone, durante i giorni che precedevano il Natale, l’arrivo della nascita di Gesù.

Quali erano gli altri dolci che si preparavano?
Allora, a Montalbano si usavano fare le “incartellate” ( pastafrolla arricciata, da un lato, a cui si dava una forma circolare dopo averla allungata, resa sottile e tagliata a striscioline con un attrezzo, che ha in cima una rotella girevole dentellata e che venivano fritte e poi ricoperte di zucchero a velo, di vin santo o di decotto di fichi ) e l’ “cauznjedd” ( panzerotti dolci di pasta morbida, ripieni di ceci, cioccolato e cannella o altri aromi, che venivano, poi, fritti).

Ci sono sempre stati questi dolci, anche quando eri bambina?
Sè, sè, sè, io me li ricordo. L’ “cauznjedd”, che venivano riempiti con un impasto a base di ceci, a cui si aggiungeva un poco di cioccolato, di cacao e i vari profumi, la scorza del limone, la scorza del mandarino e, se c’era, un po’ di liquore: l’anice o qualche altro liquore che si preferiva.

Tu hai preparato qualcuno di questi dolci o ne hai preparati altri?
Veramente quest’anno non ho avuto la possibilità di preparare quelli tradizionali, però ho preparato dei dolcetti che piacciono ai miei familiari, come dei dolcetti con le mandorle, dei sempre freschi con l’uva passa e altre cose che non riguardano la tradizione, perché mi è mancato proprio il tempo materiale per dedicarmi alla realizzazione di questi prodotti, tipici di Montalbano.

Oltre alle scarpedd e alle scarpedd con l’uva passa quale altro alimento friggerai?
Il baccalà nella pastella, fatta sempre dalla massa d’ l’ scarpedd e poi farò i “lmbasciun” (le cipolline selvatiche).

Le cuocerai tutte nello stesso olio?
Sì, si possono fare nello stesso olio, perché siccome veniva messo abbondantemente, ti dava la possibilità di friggere più alimenti, però, seguendo un certo iter, cioè prima l’scarpedd, poi l’scarpedd con l’uva passa, poi il baccalà e se era il caso, che uno riteneva, poteva friggere qualche altra cosa, forse non è corretto, però questa era la tradizione. Prima si faceva così, anche perché non avevano tanto olio a disposizione e quindi utilizzavano lo stesso. Ora si invita a cambiare, per ogni prodotto, l’olio, però essendo che rimane pulito si può fare.

Il fatto di friggere alimenti diversi nello stesso olio, secondo te, altera il sapore dei prodotti finali? C’è una contaminazione di sapori?
No, perché l’olio rimane pulito, non penso che ci possa essere una contaminazione, perché rimane abbastanza pulito, trasparente e, infatti, se ti avvicini puoi vedere come l’olio rimane pulito, trasparente e non ha di queste problematiche, non subisce variazioni notevoli.

Cosa stai preparando?
Veramente sto preparando gli spaghetti olio e aglio, che era proprio la classica ricetta tradizionale che si faceva la sera del cenone della vigilia di Natale, tanti e tanti anni fa e io la sto riproponendo.

Come si dice nel dialetto montalbanese che la pasta è scotta? Esiste un termine per dire che la pasta è troppo cotta?
Si esiste un termine, ma in questo momento mi sta sfuggendo. “Spappulat”. Si credo che il termine sia “spappulat”.

È quando, invece, la pasta è cruda?
No, non si usa molto il termine crudo per la pasta, perché secondo me loro usavano molto la pasta fatta in casa, dato che non esisteva la pasta confezionata e appena messa la pasta fresca faceva subito “u vugghj”, il bollore, per cui il termine crudo, secondo me, non c’era. Non mi ricordo di averlo sentito molto.

Esiste un termine per dire troppo brodoso?
Schuttulend. Sì, sì, questo me lo ricordo, perché quando un piatto era troppo brodoso loro dicevano: “Eh! A fatt tropp schuttulend”.

Se, invece era troppo asciutta una pietanza?
Troppo asciutta: è jars.

Come viene definita una pietanza con troppo olio?
Precisamente non me lo ricordo, penso che ci siano più espressioni come “navighiamo nell’olio”, “ci facciamo un bagno nell’olio”. Preciso, preciso, no

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Ciambotta (Grottole)

Ciambotta (Grottole)
preparata da Michelina Orecchione
intervistata il 14 gennaio 2015 da Camilla D’Aria

https://vimeo.com/127059427

Che cosa prepariamo oggi?
Facciamo la ciambotta.

E’ un piatto tipico di Grottole?
Sì è un piatto tipico di Grottole.

Chi ti ha insegnato a fare questo piatto?
Mio papà.

E in che cosa consiste questo piatto?
Peperone, melenzane ,sedano, cipolle… tutta questa roba.

Quindi è un secondo diciamo?
Un secondo, un primo, ognuno come lo vuole usare.

Che cosa hai messo l’olio nella pentola?
Ho messo l’olio, sto facendo la cipolla… abbondante di cipolla perché bisogna farla… ecco così.

Per fare questa ricetta e comprare questi ingredienti sei uscita a fare spesa stamattina?
Stamattina sono uscita a fare spesa… prima ognuno c’è l’aveva in casa perché c’avevano l’orto, facevano tutto tra di loro, ora invece si compra tutto.

Questi alimenti li compri sempre dalla stessa persona o cambi fornitore?
No delle volte cambio, vado dal fornitore più biologico.

E oggi come pranzo fai questo o hai preparato qualche altra ricetta?
No, come pranzo faccio questo, basta e sufficiente

In genere ti piace cucinare o lo fai per necessità?
No, mi piace cucinare.

E che piatti ti riescono meglio? Dolci, primi, secondi?
No più roba così, perché i dolci non mi piacciono, più roba di verdura, ciambotta, roba di pasta al forno tutta roba normale.
Peperoni, tolgo un po’ questo, faccio i peperoni…

Quindi in questa padella metti i peperoni hai detto?
E sì… faccio i peperoni. Peperoni e melanzane, li suddivido in modo che vengono più… così…

E questa ricetta chi te l’ha insegnata invece?
Mio padre…

Sempre tuo padre quindi…
Mio papà… io sono stata a Genova quando ero piccola… allora si andava a lavorare e ognuno quando in casa c’erano due o tre persone si andava insieme al papà e andavamo insieme e papà ci insegnava… non lavoravamo però stavamo in casa, lavoravamo in casa, facevamo da mangiare, lavoravamo, facevo, lavavo la roba facevo da mangiare… poi allora io ero piccola e mio papà diceva: “cosa prepariamo oggi?” E mio papà diceva “devi fare così così e così prendi fai la ciambotta ed era fatta.

Eravate una famiglia numerosa?
5 figli… 7 persone.

E cucinavi sempre tu o ti aiutava qualcuno?
No no cucinavo sempre da sola… anche se ero piccola cucinavo sempre da sola.

Quindi hai imparato da piccola a cucinare?
Sì sì da piccola mi è sempre piaciuto cucinare.

Quanti anni avevi più o meno?
12 -13 anni… e ora anche se c’ho 20 persone me la sbrigo immediatamente… preparo per 10 15 non faccio eccezione quello che è faccio.

E oggi ti aiuta qualcuno a cucinare? O cucini sempre da sola?
No no, cucino sempre da sola e pure insegno pure ai miei figli a cucinare… perché c’ho 3 figli maschi e loro quando io non ci sono devono imparare a cucinare e lo fanno pure loro… perché la vita non sai che ti riserve e bisogna saper far tutto al tempo d’oggi… se uno non sa far niente, che va trovando tutto ciò che si compra allora non è più buono il servizio… ed è così… adesso faccio soffriggere la cipolla e dopo soffriggo…

Prepari spesso questa ricetta o raramente?
Spesso.

In inverno in estate?
Quando ti piace… la preparo sempre…

E’ un piatto più per i giorni normali o lo prepari pure per le feste?
No no pure per le feste… se qualcuno lo richiede e dice invece di fare questo fai un po’ di ciambotta.

Chi decide cosa cucinare tu o i tuoi figli?
Decido io quel che mi va quel che non mi va non cucino qua non è che siamo al ristorante, quel che c’è si mangia, o vogliono o non vogliono, cara mia è già tanto quel che facciamo,

Ora che fai le melenzane a pezzi?
Sì le sbuccio un po’…

Togli pure la buccia?
Sì le sbuccio, così vengono più leggere più digeribili… e questo è… bisogna saper far tutto sulla vita se no non ci siamo.

I cibi li prendi sempre freschi o li congeli pure?
No, congelati non mi piacciono, ogni cosa ha il suo tempo. Io faccio pure le melenzane sott’olio tutta roba… faccio il salame, faccio tutto, il salame però… lo cresciamo noi qualcosa.

Hai l’orto? Hai gli animali?
Compro il maiale e dopo lo ammazziamo, un po’ di galline per uso casa, per roba nostra.

E di ortaggi hai qualcosa o compri tutto?
No di ortaggi i peperoni, i miei figli mettono i pomodori, facciamo la salsa, facciamo roba più che genuina facciamo la salsa perché se devi andare a comprare la salsa a me non mi piace… questo facciamo…

Quante melanzane usi per questa ricetta?
Due o tre pure una se una persona è una… due o tre, non è quello il problema.

E questa ricetta per quante persone è oggi?
Per 6 persone.

Quindi metti 3 melanzane?
Melanzane, peperoni, a occhio…

Quindi non ci stanno delle dosi? E’ a occhio?
A occhio a occhio.

Questa ricetta la fai a pranzo o a cena?
Di solito a pranzo a cena l’importanza che si fa… puoi mangiarla fredda, puoi mangiarla calda.

Quindi si può conservare e la mangi anche il giorno dopo?
Sì, questa non è che è come adesso che tutti si compra e si butta, no no, fino all’ultimo si mangia.

Poi dove sta la cipolla aggiungerai che cosa? Peperoni?
E sì, ecco qua… queste sono melanzane che poi devono soffriggere.

Per quanto tempo più o meno cucinano?
Fin quando… un dieci minuti… non c’ è orario… fin quando si ammorbidiscono un po’.. poi bisogna mettere un po’ di sale… olio è olio nostro è non è olio di semi.

Avete gli alberi di ulivo?
Sì, ma quest’anno niente olio.

Perché?
L’annata è andata male… ci abbiamo l’olio… l’olio nostro non è olio di semi, è olio di oliva veramente genuino… metto i peperoni.

Quindi tu usi soprattutto roba naturale non ti piace comprare le cose…
Roba naturale no no se c’è roba naturale… va bene così, perché roba comprata se devi fare questo non va bene, aggiungo un altro peperone…

Poi quali altri ingredienti serviranno?
Un po’ di patate, quant’è ci vuole un po’ di salsa oppure i pelati fin quando viene finita no?!… questo era il pranzo che più piaceva a mio marito.

Gli piaceva questa pietanza?
Tanto tanto tanto.

Perché?
Perché gli gustava tanto che c’era da vedere…tanto che gli gustava che diceva a me quann a fa a ciambott? metto il sale…

Quindi tu gliela preparavi spesso?
Spesso spesso, la sapeva fare pure lui.

La sapeva cucinare anche tuo marito?
Uuuuh sì sì, sapeva cucinare, perché lavoravamo, eravamo fuori in Germania e purtroppo dovevamo accorciare le braccia, non c’era nessuno per farci da mangiare e quindi dovevamo arrangiarci.

Quindi quando lavoravi tu cucinava lui?
E sì, cucinavamo entrambi chi arrivava prima, cucinava. Sempre chi arrivava prima era compito suo… così facevamo.

Sei stata tanto tempo in Germania?
6 anni… e sì la vita ti riserva, cara mia, tante brutte cose.

Stavi meglio prima o adesso?
Meglio prima, eravamo giovani, lavoravamo, avevamo un buon lavoro e poi qua abbiamo trovato i guai, senza lavorare, una vita da cani si fa qua, devi sempre lavorare per niente, lavoro, lavoro, se stavamo meglio in Germania?! Stavamo benissimo! Mio marito 12 anni.

Che lavoro faceva?
In fabbrica… si lavorava in fabbrica.
Questo è il sedano… lo faccio stare un po’ a bagno, che dopo si aggiunge e poi le patate all’ultimo ed è fatta la ciambotta

Il sedano dove lo metti? Dove stanno i peperoni?
Sì, mo bisogna apprim’ farl’ ben’ cucinare… rosolare… nelle melanzane aggiungo poco poco di acqua, prendo un bicchiere…
Ora sbucciamo le patate… proprj’ a casarola manier’, sbucciamo le patate e le aggiungiamo all’ultimo all’ultimo quando abbiamo messo già un po’ di salsa oppure i pelati quel che c’hai, aggiungiamo la salsa, le patate e dopo aggiungiamo pure se uno piacciono le uova, le uova le metti e sono buonissime.

E tu le metterai oggi le uova?
Sì, sì che le metterò le uova! Metto le uova, metto le patate.

Ma questa ricetta era una ricetta povera dato che è fatta solo di verdura?
Povera povera povera, di quel che hai in casa si fa, povera.

Conosci altre ricette tipiche di Grottole?
E sì, facciamo patate coi peperoni quelli secchi oppur patan’, mo ca ven’ ‘u carn’val’ fascim’ iavulicchj’ fuort’ e marang’l’ amar’.

Questo è un proverbio grottolese?
E’ un proverbio, ma è pure che si mangia lo stesso, sia roba da cucinare e mangiare, semp’ robb’. Viene chiamat a nzalat’, l’insalata perché si fa con arance amare e peperoni secchi.

E cucini anche quest’altra pietanza?
Sì, sì che cucino anche quest’altra pietanza. Quando mi piace… oppure faccio il pane duro… la mollica…la mollica la soffriggo… e a San Giuseppe faccio questa roba qua… fascim u pan com ven chiamat? Aspett’… mo nan’ m’ ven’… a past ca sagn’tedd’… a sagn’tedd’ ca m’ddica sfritt’! Ma buonissima! Quella è proprio tipica grottolese, ma buona ehhh! Si soffrigge…

Che cos’è? Un primo?
E’ un primo, sì, una pasta, un primo.

E come si fa?
Si prende la mollica e si soffrigge mollica aglio e mandorle no mandorle no madonn com’ s’ chiamav’n’ eee… mo non mi viene, non l’amen’l’ so’ le noci, le noci si fanno poco a poco e si fanno soffriggere con olio e aglio a pezzettini piccoli e poi aggiungi la mollica quand’ è fritta aggiungi la mollica e la fai rosolare bene bene e dopo prendi il sugo, lo fai a parte, cucini la pasta la sagna e metti come se usi il formaggio così metti la mollica ma buonissima…è un piatto che è buonissimo. Questa è roba che facciamo spesso, facciamo un po’ di brodo, quel che è…

Usi più spesso verdure o carne?
Insomma, uno e l’altro pure, non c’è che devi dire che non usi le carni, no l’uno e l’altro. Non è che proprio devo dire che non ne uso, uso uso le carni, uso qualsiasi cosa non è che è, quel che c’è da preparare si prepara. Ma a sagn’ ca m’ddica sfritta è nota specialità che tu non hai l’idea di come è buona… ca sagna’ recc’ quella che si compra oppure la fai tu un po’ di sagna.

Tu la pasta la compri o la fai in casa?
Delle volte la faccio in casa, delle volte la compro, se c’è la compro, non è che c’è sempre tempo da farla.

E la pasta fatta in casa chi ti ha insegnato a farla?
Mia mamma, mamma non è che è tanto un problema ,ci vuole poco poco di farina, non è che ci vuole tanto a farla, fascim’ l’ cavatiedd’, ‘n picch’ d’ sagntedd’, questo facciamo, non è che facciamo, questo è quel che si fa, a uso di prima che mo è tutto bisness mo è tutta robba che non serve. Si compra sì, e purtroppo devi mangiare… e così è… voi siete giovani e non vi piace tanto… e invece noi facciamo… c’è sempre da fare.

Quindi tu hai la passione per la cucina?
E bhe è logico, se non c’è passione non c’è niente. Faccio le focacce pure io, non è che compro sempre, quando mi piace compro qualcosa quando no, la maggior parte la faccio io, pure una focaccia normale la faccio sempre io, è normale si viene a risparmiare. Se tu vai al forno devi spendere sempre quelle 2 o 3 euro invece con 2 o 3 euro tu mangi, e così è se no non si arriva. Se vuoi comprare tutto non ci sei!

Tu pensi di essere brava a cucinare?
No.

Perché?
Lo devono dire gli altri, non lo devo dire io, non devi essere tu a dire che io sono brava a fare questo. No, devono essere gli altri quand’è che assaggiano, fanno l’assaggio allora puoi dire si o no. Io non mi ritengo di essere brava, mi ritengo di essere giusta per fare questo di essere brava no.

In casa hai una dispensa dove tieni i cibi?
Sì ,sì perché non è che si esce tutti i giorni per comprare, compriamo la pasta e la mettiamo a deposito e dopo… non è che si esce sempre a comprare, quel che c’è in casa si cucina…non è che si esce tutti i giorni a comprare, si compra il pane perché il pane devi per forza uscire per comprarlo se no…
Questi devono soffriggere poi quand’è che sono soffritti allora si può… Questa è la nostra cucina.

Quindi mo che cosa hai aggiunto? Il sedano?
Il sedano!

Alle melanzane?
Sì alle melanzane, è lo stesso pure ai peperoni, ma i peperoni non sono ancora fatti e li ho aggiunti qua che c’è più spazio. Ora li mettiamo insieme…

Quindi queste erano le melanzane col sedano?
Le melanzane col sedano, ora si amalgama e mettiamo un po’ di salsa e cuoce. Facciamo soffriggere un altro poco, mettiamo un po’ di salsa, la salsa normale, quella nostra. Allora aggiungiamo le patate e all’ultimo si aggiungono le uova, ho messo un po’ di più di patate in modo che piace. Vado? uno… due… tre… quattro… apposto! Ed è fatta!

Quindi mo è finita la ricetta?
E’ finita la ricetta! la mettiamo in un piatto?

Quindi le uova le fai fare per poco tempo?
Fanno subito… vedi?!

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Pane cotto con cavolo e peperoni secchi (Banzi)

Intervista a Carmela Guglielmucci.

Buon giorno, signora Carmela, so che ti piace cucinare, è vero?
Sì, mi piace molto cucinare!
Eh, ti ritieni brava?
Sì sì, mi ritengo una persona brava in cucina.
Quindi ti fa piacere sentirti dire  che sei brava?
Si si, mi fa piacere sentirmi che sono brava.
Chi te lo dice?
Sia in casa mio marito e i miei figli sia gli amici che spesso invito a pranzo a casa mia, che per me è anche un modo per stare insieme e io mi diverto nella preparazione delle ricette e molte  volte faccio anche delle nuove ricette.
E’ importante saper cucinare?
Eh, sì è importante saper cucinare perché bisogna saper dosare gli ingredienti, sia per la soddisfazione personale, sia per stare insieme; per me è anche un modo di rilassarmi.
Conosci altre donne brave in cucina?
Sì, ho molte amiche che sanno anche  cucinare molto bene; sono delle vicine di case, ehmm, di casa, e molte volte cuciniamo anche insieme, ehmmm, ci scambiamo anche delle ricette.
E perché  cucinano bene?
Sì, cucinano bene perché lo fanno tutti i giorni e ci mettono anche tanta passione.
Per chi cucini in genere?
In genere cucino per la mia famiglia, quindi per mio marito e i miei figli.
Chi ti aiuta in cucina?
La maggior parte da sola.
Prepari le pietanze sempre in cucina, in casa, oppure hai anche altri posti?
Sì, la maggior parte delle volte quasi tutti i giorni le preparo in cucina, però ho anche una  tavernetta dove uhmmm cucino quando siamo in tanti perché c’è più spazio. Poi in questa  tavernetta preparo pure… uhmm, sono attrezzata per la preparazione di dolci tipici del nostro  paese, quindi di Genzano, le cosiddette  “pastelle”, i  ppastell, che sono dei biscotti che prepariamo per i matrimoni, e quindi è un luogo dove mi rilasso e stando da sola con me stessa.
Quali sono le ricette che sai cucinare?
Mi piace cucinare tutto, sia dei piatti tipici come per esempio uhmmm i capònt e fagioli , lagh’n e ceci, il brodetto, che sono delle verdure miste che prepariamo a Pasqua conla  carne d’agnello che questo è proprio, diciamo, un piatto antico, sia dei piatti meno tradizionali come per esempio risotto, lasagne  etc…poi mi piace preparare i dolci, le torte, il pesce, diciamo  che preparo un po’ tutto.
Ti piace sempre cucinare?
Bè, sì sì, mi piace cucinare perché mi rilasso; stando in cucina io mi rilasso e mi piace pure sperimentare nuove ricette.
E ti piace mangiar bene?
Beh, sì, penso che a tutti piace mangiar bene, o no? Eh!
Cosa ti riesce meglio?
Beh, veramente mi riesce un po’ tutto, però mi piace soprattutto preparare i primi piatti perché in  genere, aggiungendo dei condimenti sono dei pasti completi.
E cosa , invece, non ti piace cucinare?
Diciamo che non mi piace cucinare quei piatti che dicono che sono già pronti, come uhmmm, per  esempio, quattro salti in padella o questi sughi pronti li ritengo poco salutari, perché secondo me  contengono molto, molti conservanti.
Chi ti ha insegnato a cucinare?
Beh, veramente ho imparato quasi da sola, perché da adolescente mi incuriosiva  ehmm, guardare mia madre mentre cucinava.
E quando hai cucinato per la prima volta?
Ti devo dire , forse pure un po’ prima , però  ehmmm intorno ai quindici anni, perché siccome mia madre andava in campagna e quindi, quando tornava dalla campagna doveva trovare pronto, dovevano trovare pronto da mangiare; io la sostituivo nella preparazione dei piatti ,delle…di cosa preparavamo si decideva la sera prima .
Sei stata costretta o hai imparato per gioco?
Diciamo che non sono stata costretta, però è stata la necessità perché una volta diciamo che era così.
E quando eri bambina chi cucinava?
Beh, quando ero bambina cucinava mia madre.
Le nuove ricette come le impari?
Le nuove ricette le imparo scambiando con le amiche, guardando molte volte la trasmissione, le trasmissioni televisive che fanno, e, a volte, anche comprando delle riviste.
In genere ti svegli presto per cucinare?
A volte sì, dipende se durante la mattinata sono impegnata, specialmente quando sono impegnata nella preparazione di queste pastelle, perché io le preparo anche per i matrimoni e quindi la mattina mi alzo forse pure un po’ prima  delle cinque, e mi preparo qualcosa per il pranzo e poi inizio a preparare ‘sti biscotti.
E oggi ti sei svegliata presto per cucinare?
Veramente in genere mi alzo sempre presto, però per la preparazione del pancotto, la preparazione del pancotto non richiede molto tempo e…quindi mi sono alzata presto perché è mia abitudine ma non perché dovevo preparare questo piatto.
E’ un piatto tipico?
Bè sì, è un piatto tipico della nostra zona.
E’ un piatto che si cucina durante tutto l’anno?
Sì, sì, è un piatto che si prepara tutto l’anno però l’unica variante è la verdura, perché non tutto l’anno si trovano determinate verdure perché questo piatto si prepara sia con il cavolo sia con le cime di rape che si fa soprattutto d’inverno che è molto buono e sia con una verdura campestre che in dialetto si chiamano le “cime d’ fòr” che è una verdura, diciamo che è come la famiglia delle rape, però è una verdura campestre chè è pure molto buona; però in mancanza delle verdure si può fare con le patate.
Cosa significa tipico, secondo te?
Un piatto tipico è un piatto che, secondo me, cucinavano i nostri nonni, i nostri bisnonni, perché era un piatto… è un piatto con gli ingredienti molto , che allora, erano molto reperibili perché non c’erano molte cose come adesso.
E’ un termine nuovo o è un termine che esisteva anche quando eri bambina?
Mah, ti devo dire che io da piccola non ho mai sentito questo termine, perché prima erano quelli i piatti che si mangiavano, erano piatti molto poveri , però per me molto buoni.
Questa pietanza si cucina anche in altri posti?
Mah, penso di sì, però soprattutto nel sud Italia, perché al nord non l’ho mai sentito, perché veramente  ho tenuto a pranzo delle persone del nord e veramente gli ho preparato questo piatto, loro l’hanno apprezzato tanto però non l’avevano mai sentito dire tanto è vero che hanno voluto pure la ricetta.
E conosci qualcuno che la prepara in modo diverso?
Bè, uhmm, ti devo dire che io sappia, no perché diciamo che nel nostro paese lo prepariamo quasi tutti uguali.
Da chi hai imparato a prepararla?
Questo piatto veramente l’ho imparato da mia madre perché spesso lo preparava perché era un piatto economico e poi avevamo sempre a disposizione la verdura, perché  essendo che i miei erano agricoltori e quindi coltivavano anche… avevamo un piccolo orto per le esigenze della nostra casa e quindi avevamo sempre a disposizione ‘sta verdura.
Quali ingredienti hai usato per prepararla?
Ehmm, un po’ di pane  raffermo  che molte volte, sai, resta un po’ in cucina e, un cavolo, e i peperoni secchi  che li faccio seccare pure io, olio e sale.
E dove li hai acquistati?
Il pane l’ho acquistato da un panettiere perché adesso non è che facciamo più il pane fatto in casa,  mentre il cavolo, i peperoni e l’olio sono di nostra produzione.
E c’è un motivo per produrre in proprio gli ortaggi?
Sì, perché sono più genuini  e si risparmia.
Qual è la cosa più importante di questa ricetta?
Allora, ti devo dire che secondo me  la cosa più importante di questa ricetta sono i peperoni secchi che si friggono nell’olio, che poi successivamente quest’olio che si è insaporito con i peperoni  si usa per condire il pancotto.
Occorre molto tempo per prepararla?
Mah, ti devo dire no, dipende  dalla verdura come è, se per esempio in questo periodo i cavoli sono un po’ più duri, perché mentre d’inverno sono più teneri perché i cavoli nell’inverno prendono il gelo e diventano più teneri e più dolci  e quindi cuociono prima però diciamo che circa una ventina di minuti e il piatto è già pronto.
Quale è la procedura?
La procedura è questa: questo che ho fatto io oggi ho mondato il cavolo, ho mondato il cavolo e l’ho lavato, poi in una pentola ho messo l’acqua, l’ho fatta bollire e ho fatto cuocere il cavolo in acqua salata. Quindi dopo una quindicina di minuti ho aggiunto il pane, il pane raffermo solo per un minuto e temporaneamente in un’altra padella ho messo l’olio, l’ho fatto riscaldare e ho fatto friggere i peperoni che poi con l’olio l’ho condito.
Oggi è cambiata la dieta alimentare, secondo te?
Beh, sì, sì perché si sono molto persi i cosiddetti piatti tipici, piatti tipici come pure tante cose che prima si preparavano in casa e a favore di tutte queste cose che si usano adesso forse non so se sono di una preparazione più facile, non lo so, perché anche questi piatti sono facili pure da preparare, però è proprio il gusto, forse non lo so,  si sono persi tanti piatti tipici.
E ci sono piatti che non si preparano più?
Ti devo dire che io, a casa mia, preparo tutti piatti tradizionali  e i miei figli anche sono giovani li gradiscono, però diciamo che i giovani non imparano a preparare questi piatti e questi piatti, queste tradizioni vanno perdendo e quindi è difficile che si preparano; i giovani non li preparano. Anzi, proprio questo pancotto non lo sanno fare più. I giovani non lo sanno proprio fare.
E nel piatto come deve presentarsi la pietanza?
Bah, ti devo dire che la pietanza non richiede una particolare attenzione all’impiattamento, perché è un piatto molto semplice.
E cos’altro diresti di te per dire chi sei?
Bah, ti devo dire che sono una persona a cui piace cucinare, mi piace stare in compagnia, e anche se a volte i piatti non mi riescono come desidero, perché non è che sono una cuoca… come ti devo dire, non mi perdo d’animo; pure se non mi riesce bene  non mi perdo d’animo, anzi per me  è sempre un’occasione di migliorarmi.

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Scarole e cicoria con cotiche di maiale / Patate e peperoni cruschi / Sciuscillo (Anzi)

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 https://vimeo.com/34635223

Intervista a Camilla Mente         

Camilla a che ora ti sei alzata stamattina? Ti sei alzata presto per cucinare?

Mi sono alzata al solito orario, non troppo presto.

Piu o meno?

Alle sei.

Quindi presto?

Diciamo che per me non è presto. Sono abituata a svegliarmi a questo orario per organizzarmi la mia giornata a casa: faccende domestiche, spesa, cucina..insomma tutto quello che fa una casalinga.

Quanto tempo impieghi per la cucina?

Dipende dalla cucina. Ci sono cucine per le quali ci vuole molto tempo come quella che ti ho preparato oggi ed altre, invece, che si fanno, diciamo, all’ultimo momento ad esempio uno spaghetto con il pomodoro; non ci vuole molto tempo per prepararlo.

Oggi, ad esempio, che cosa hai cucinato?

Eh oggi ho cucinato la verdura cioè cicorie e scarole: il nostro piatto tipico che poi dopo vi farò vedere come è stato preparato.

Sei andata a fare la spesa stamattina?

Si.

Dove?

Da Massimo Fieno, un negozio vicino casa mia.

Come mai da Massimo e non in un altro negozio?

Perche Massimo è una persona di fiducia, tiene la roba buona e neanche troppo cara. E’ vicino casa ed è comodo.

Hai detto che Massimo è una persona di fiducia: che cosa intendi con il termine “ fiducia”?

Sai spesso la gente , pur di vendere, ti da anche cose che non sono fresche; invece Massimo è onesto , è appunto di fiducia, nel senso che se ha non so le mozzarelle che sono del giorno prima non te le vende.

Hai detto che questo negozio è vicino casa tua; presuppongo, dunque, che vai tutti i giorni a fare spesa?

Certo.E’ a due passi da casa quindi non occorre che io faccia spesa magari una volta a settimana quando ho la comodità di prendere giorno per giorno quello che mi serve per la mia cucina quotidiana. E poi ci sono dei prodotti, come il pane, che tu compri giorno per giorno. Quindi, alla fine, si va comunque tutti i giorni a fare spesa.

Quindi Massimo è l’unico negozio dal quale ti rifornisci?

Si anche perché c’è molta scelta; in genere ha di tutto anche la frutta. E’ davvero un eccezione che io vada da qualche altra parte; diciamo che non capita quasi mai. Oggi la maggior parte delle persone va a Potenza a fare le grandi spese riservando ai piccoli negozi di paese solo i prodotti di uso quotidiano. Dicono che si risparmia.

E tu non condividi questa idea del risparmio?

Indubbiamente si risparmia ma a volte il risparmio lo puoi trovare anche in un negozio di paese come io da Massimo; quindi perché far guadagnare un estraneo piuttosto che una persona che conosci? E poi per quello che compro io; non ho famiglia, siamo solo io e mia sorella e non consumiamo chissà quanta roba, il necessario.

Quindi oggi hai comprato solo quello che serviva per la cucina quotidiana?

Si, solo quello che serviva oggi.

C’è qualcosa in particolare che ti piace cucinare, non so, preparare una ricetta piuttosto che un’altra? O magari c’è qualcosa che non ti piace affatto cucinare e perché?

Cucino un  po’ di tutto, non c’è niente di particolare che mi piace o non mi piace cucinare.

E qualcosa che riesce meglio?

Mi riesce quasi tutto. Basta metterci l’amore e la passione e tutto riesce.

Chi ti ha insegnato a cucinare?

Mia mamma e mia nonna.

Hai imparato da piccola?

Diciamo non troppo piccola, ero quasi adulta.

Come mai così adulta?

Perché non mi piaceva, prima non mi piaceva. Poi mi è nata man mano questa passione. E poi ho sempre lavorato, diciamo che non avevo tempo per dedicarmi anche alla cucina.

Ricordi quando hai cucinato per la prima volta? Magari c’è stata una particolare occasione?

Non c’è stata un’occasione particolare; quando mia madre non c’era ho dovuto cucinare.

Quindi non hai imparato per gioco, non so per curiosità?

No. In un certo senso sono stata costretta. E poi , come ti ho già detto, lavoravo.

Quando eri bambina chi cucinava a casa?

La mamma e la nonna.

Inventi nuove ricette oppure riproponi quello che ti hanno insegnato?

Praticamente faccio sempre quello che mi hanno insegnato, poi qualche volta capita che cucino qualcosa di diverso. Però non troppo spesso, ecco.

E quando ti capita di preparare qualcosa di nuovo da dove impari? Non so dai programmi televisivi tipo  “ La prova del cuoco”, da libri di cucina o da suggerimenti di amici?

In realtà quelle rare volte in cui capita di fare qualcosa di insolito, di diverso non prendo spunto da niente di tutto ciò; lascio libero sfogo alla mia fantasia, alla mia immaginazione e poi quel che ne esce, esce.

E in questi casi in cui prepari ricette originali, ti capita che il prodotto finito magari non è come te lo aspettavi? Magari non viene bene?

Quelle poche volte che mi sono cimentate in nuove ricette, il risultato è stato sempre buono anche perché dopo anni di esperienza in cucina impari a fare perlomeno gli abbinamenti giusti.

Mi hai precedentemente detto che vivi con tua sorella. Ti aiuta in cucina?

A volte lo fa ma la maggior parte delle volte cucino io anche perché lei è fissata con la dieta; a me, invece, piace mangiare.

A proposito di dieta: che cosa intendi tu per dieta? E’ cambiata, a tuo parere, la dieta alimentare?

Per me la dieta è il controllo dell’alimentazione che però deve fare chi ne ha bisogno. Ad esempio se una persona soffre di diabete alto deve evitare di mangiare quei cibi che gli fanno alzare il diabete perché sennò la persona si sente male. Oggi, invece, soprattutto tra i ragazzi, si fa la dieta per essere magre.

Quindi si pensa alla dieta come ad un qualcosa che, in un certo senso, ti permette di raggiungere la bellezza estetica così come ci viene riproposta anche dai modelli televisivi?

Esattamente. Prima , invece, queste cose non esistevano. Se si era magri è perché non si aveva il cibo, perché la gente era povera. Oggi invece il benessere porta a questi comportamenti. E poi si dice che le ragazze diventano anoressiche!

Quindi in che cosa è cambiata per te la dieta?

Credo che non sia cambiata, prima non esisteva almeno in questo senso.

Ci sono pietanze che non si cucinano più?

Sicuramente oggi si cucinano cose diverse rispetto al passato; abbiamo più disponibilità alimentari. E magari quei piatti poveri oggi non si preparano più o si preparano solo in determinate occasioni. Ad esempio prima si facevao la “ cuccia”, un insieme di ceci, mais, farro e grano. Fino a qualche anno fa, ad Anzi, la cucinavamo in onore di Santa Lucia, il 13 dicembre quando si faceva anche la festa di quartiere. Scomparsa questa festa, questa pietanza non si cucina più. Magari la si cucina in casi davvero eccezionali.

Che cosa ci prepari oggi Camilla?

La verdura:cicorie e scarole con cotenna e cotechino.

E come le cucini?

La verdura è stata precedentemente bollita, poi lessata; questo è quello che ho fatto stamattina altrimenti ci voleva troppo tempo; il resto lo facciamo adesso così ti spiego come si cucina questo piatto. Ora la facciamo consumare nel brodo che abbiamo ricavato dalla cotenna e dal cotechino.

Anche questi li ho fatti bollire stamattina.

Sono verdure paesane o sono state comprate?

No sono paesane, quelle campestri.

E qua invece che cosa abbiamo?

Qui ci sono le patate che stanno bollendo come contorno della nostra pietanza che dopo farò ad insalata. E poi ci sono dei peperoni, quelli secchi che hanno un nome tipico. Noi li chiamiamo paparul crusc che vuol dire essiccati.

E come sono stati fatti questi peperoni per essere così?

Questi sono peperoni freschi che sono stati seccati al sole e dopo verranno fritti nell’olio e diventeranno croccanti.

Vedremo dopo come Camilla ci prepara i nostri peperoni.

Quindi questa è una ricetta tipicà?

Si tratta di una ricetta molto antica. Innanzitutto è una ricetta povera perché anticamente questi prodotti venivano consumati solo dalla gente povera; quindi si mangiavano quasi tutti i giorni . Inoltre, anticamente, questi tipo di verdura si cucinava in un occasione paticolare: nel pranzo di nozze, probabilmente come antipasto arricchito con la cotenna, il cotechino e le polpette di formaggio.

Che cosa intendi per tipico?

Qualcosa di tradizionale che è stato tramandato nel tempo.

Il termine tipico esisteva anche quando eri bambina?

Credo di no. Quando ero piccola non esistevano cose tradizionali prodotti poveri. Nella mia famiglia a volte mangiavamo anche pane e cipolla quando non c’era altro. Infatti i peperoni, le patate, il cotechino erano cibi poveri che si mangiavano quasi tutti i giorni, soprattutto le patate. Ora invece le servono nei ristoranti come piatti tradizionali.

E questa cucina si prepara in altri posti?

Penso di sì. Questi prodotto sono tipici di un po’ tutta la Basilicata.

Da chi hai imparato a preparare questa pietanza?

Questo dalla nonna.

Hai cambiato qualcosa nella ricetta o è rimasto tutto invariato, così come ti è stato insegnato?

No non ho cambiato nulla.

Ritieni che nella ricetta sia presente un ingrediente più importante rispetto ad un altro?

Indubbiamente il cotechino e la cotenna, la roba del maiale che dà sapore a tutto il resto.

Per quante persone hai cucinato?

Per sei persone. Ho messo, infatti, sei pezzi di salsiccia, sei pezzi di cotenna, sei polpette di formaggio  che ancora devo fare e più o meno due chili di verdura.

E per quanto riguarda le patate e i peperoni?

Un chilo di patate  e 300 g di peperoni.

La ricetta per essere buona deve avere un gusto particolare?

Quella viene sempre bene perché fatta  con la roba di maiale, con roba paesana, quindi genuina.

E la pietanza presenta una forma particolare, si serve in modo particolare nel piatto?

No niente di particolare. Io servo la verdura con la cotenna e il cotechino, in un altro piatto le patate e in un altro ancora i peperoni. Però , ad esempio, sbriciolo un po’ di peperoni sulle patate per dargli più sapore.

Vediamo ora Camilla che fa le polpette. Quante uova metti Camilla?

Facciamo tre uova poi vediamo quanto formaggio se ne va.. poi magari ne mettiamo un’altra.

Eh hai capit cum’è u fatt.. non lo so si v’ì manget.. tu t’ì mang? O travagl mej.

Allora Camilla che cosa stai facendo in questo momento?

Sto spezzettando i peperoni per poterli friggere.

Come mai così piccoli?

Mah per comodità… per friggerli. Sono più comodi per poterli girare. Guarda gli ho tolto anche i semi!!

Hai detto prima che si tratta di peperoni essiccati.Quanto tempo ci vuole per farli essiccare?

Per questo ci vuole tempo. Si mettono nel mese di settembre e a novembre-dicembre sono pronti. Questi sono anche i peperoni con cui si fa la polvere.

Allora Camilla che fai?

Ora faccio le polpette e le metto nella verdura che dialettalmente si chiamo sciuscill che letteralmente significa formaggio.

Quanto tempo vogliono stare le polpette nella verdura?

Dieci minuti ma neanche dopodiché le nostre foglie sono pronte per essere mangiate.

Ora peliamo le patate per farle ad insalata dopo che hanno bollito per circa mezz’ora.

Friggiamo i peperoni.

Li togli subito Camilla?

Se no si bruciano. E si fanno a poco non li puoi mettere tutti in una volta. Ora con l’olio dei peperoni condiamo le patate.

E come mai con l’olio dei peperoni?

Perché in questo modo vengono più saporite. Ora è tutto pronto e si può mangiare: le patate con i paparul crusc sbriciolati, i peperoni, qui abbiamo a coir ( la cotenna) e il cotechino. Ora è pronto si può mangiare.

Questo è un pezzo in più. Come dessert ho fatto la pizza con la nutella anche perché so che vi piace. E’ il mio pezzo forte come sai.

Quindi questo non è un piatto tipico?

No, non è un piatto tipico; è un omaggio a voi giovani.

Ti piace cucinare?

In passato non mi piaceva. Man mano, poi, mi è venuta la passione.

Ti ritieni brava?

Abbastanza perché quando cucino e c’è qualcuno a casa, apprezza:mi fanno sempre i complimenti.

E’ importante per te saper cucinare e perché?

E’ importante saper cucinare anche perché si cucina tutti i giorni. Quindi diciamo per necessità ma è anche un piacere cucinare e soprattutto mangiare.

Grazie Camilla per la tua disponibilità.

Ah non c’è di che Mariangela.

 

Ricetta preparata da Camilla Mente intervistata ad Anzi (PZ) il 6 luglio 2009 da Mariangela Lorenzo.

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